Avventura andina 2

Chincha (Costa sud del Perù) Alle 11 arriva l'auto di Kike, una Toyota Station wagon guidata dal signor Mario e con a bordo Estefania, figlia del mio amico. Si parte, con Valeria e Blanca che subito si addormentano. Ica, Palpa, dove pranziamo, Museo e casa di Maria Reiche, Nasca. Un riposo prima di intraprendere la lunghissima salita che ci...
Scritto da: gabrielepoli
avventura andina 2
Partenza il: 01/07/2004
Ritorno il: 03/07/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 500 €
Chincha (Costa sud del Perù) Alle 11 arriva l’auto di Kike, una Toyota Station wagon guidata dal signor Mario e con a bordo Estefania, figlia del mio amico. Si parte, con Valeria e Blanca che subito si addormentano. Ica, Palpa, dove pranziamo, Museo e casa di Maria Reiche, Nasca. Un riposo prima di intraprendere la lunghissima salita che ci condurra’ a Puquio, nel cuore delle Ande centrali. L’intenzione e’ di dormire a Chalhuanca e poi, domattina, partire per Cusco…ma non andra’ cosi’. La strada e’ buona. Ma la salita impressionante. L’auto, tuttavia, si comporta bene, nonostante il cambio automatico. Arriviamo finalmente in cima ed entriamo nella riserva di Pampa Galeras, dove le vigogne vivono tranquille, a centinaia. E’ ormai l’imbrunire, ma procediamo placidi fino all’inaspettato casello dove e’ necessario pagare pedaggio. Mario rallenta, l’auto si spegne e continua la sua corsa per qualche metro oltre il baracchino del casellante. L’addetto ci rincorre trafelato, mentre, venti metri oltre, la camionetta della polizia accende le luci e i due gendarmi ci guardano con occhio torvo. Mario inveisce contro l’auto, arrabbiato cerca di accendere il motore, inutilmente. Il casellante ci porge seccato il biglietto e riscuote la tassa. L’auto scende in folle fino ad un piccolo spiazzo. E’ ormai notte. I poliziotti si avvicinano scuri in volto, ma subito si fanno gentili, capiscono il nostro problema e si adoperano per aiutarci. Non c’e’ verso, l’auto si rifiuta di accendersi. Spingiamo il mezzo fino ad una baracca dove vendono mate de coca e gallette. Le ragazze, infreddolite, si stringono l’una all’altra, mentre Mario, i poliziotti e altre 4 persone scrutano il motore. Trascorreranno due ore in inutili tentativi. Siamo isolati, ad un’ora buona dal villaggio di Puquio. Che fare? Anche il bagno e’ un problema. C’e’ un capanna in mezzo al nulla. Con la torcia elettrica della polizia, accompagno le signore fra l’ichu della puna, sotto il cielo rischiarato dalla luna piena. Alla fine, si decide di far trainare l’auto da un grosso camion, mentre con le ragazze salgo su un bus che, provvidenzialmente, passa in quel momento. Percorriamo l’ora di viaggio in piedi, fino a Puquio. Rimediamo quattro letti in uno spartanissimo hostal, preoccupati per la sorte di Mario. L’indomani, mi alzo prima delle sei. Il titolare dell’hostal mi comunica che Mario e l’auto sono arrivati durante la notte e si trovano ad un chilometro da Puquio. Mi faccio preparare un paio di panini e cammino velocemente. Trovo Mario addormentato, con la testa appoggiata al volante. Alle 10 del mattino la soluzione e’ trovata. Un meccanico del villaggio ha scoperto un piccolo buco nella calotta e lo chiude col mastice. Si riparte. Il sole picchia forte ad oltre 4000 metri di altitudine, la’ dove l’auto si ferma ancora una volta. La strada e’ deserta, il vento impetuoso. Un’ora abbondante senza anima viva. Finalmente un camion. Non puo’ trainare l’auto, ma ospita a bordo me e le ragazze e, mentre Mario attende un altro mezzo per spingere l’automobile, noi partiamo verso Chalhuanca, dove arriveremo alle tre del pomeriggio. Il tempo di mettere qualcosa sotto i denti e arriva Mario. Ci vuole altro tempo per riparare il mezzo e allora decidiamo di lasciare Mario in paese a riposare per il resto del giorno e della prossima notte, intanto che noi noleggiamo un’auto che, dopo 7 ore, ci deposita davanti al bellissimo hostal Gloria della mamma di Kike. Ora, dopo una bella doccia, mi sento come nuovo. Una festa andina Tradizioni di un popolo millenario Sul far della sera, il dolce suono della quena –il flauto andino- percorre la stretta valle allungata ai piedi di montagne innevate. Il quieto villaggio si scuote; donne dalle larghe gonne a più strati si affrettano, cariche di bimbi, verso la piazza principale. Gli uomini sono già in chiesa, puliti, pettinati; indossano gli abiti migliori, per l’occasione adornati da lustrini e nastri di mille colori. La fiesta sta per iniziare. Il prete è arrivato da lontano. Quanto costeranno ai mayordomos, gli organizzatori della cerimonia, le spese per il suo viaggio! E quanto costeranno i cibi, le birre, la chicha e l’ingaggio dei musicanti! Non importa; oggi è la festa della Santa Patrona. La chiesa è gremita, la folla ondeggia sulla scalinata del tempio, sulla piazza. Quando inizia la processione, i fedeli si inginocchiano, pregano la Vergine e inviano un bacio agli Apu. La statua della Madonna percorre le strade di ciottoli; mille persone l’invocano. Ma ora la Santa è tornata al suo posto, dietro all’altare. E’ il momento di ringraziare le divinità andine; gli Apu, la Pachamama, Illapa, Inti. Il primo sorso di aguardiente, le prime gocce di chicha e di birra sono per loro. I canti religiosi sono dimenticati; il charango, la quena, il sicuri intonano allegre melodie. Si balla fino all’alba, per le strade, nelle case, dentro ai cortili; si mangia e si beve, di più, sempre di più, fino a cadere. Tre persone si abbracciano e si giurano eterna amicizia; all’angolo, due ubriachi si azzuffano, un altro urina più in là. Il curandero, lo sciamano del villaggio, termina il rito propiziatorio con offerte agli dei andini e al Dio cattolico. Ora può unirsi alla festa; dalla chuspa appesa al collo estrae morbide foglie di coca, le appallottola racchiudendo la llipta, mastica piano. Un sorso di cañazo, il forte liquore di canna. A ballare, ora.


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