Perù e Colombia-alla riscoperta della Pachamama-2°

Perù e Colombia 2003 Turismo avventuroso e responsabile alla riscoperta della Pachamama (Madreterra) HAI GIA' LETTO LA PRIMA PARTE??? ALLORA PUOI PROCEDERE!Venerdì 8 Agosto - Cuzco (mt 3326) Ci alziamo alle 7,30 dopo una bella dormita. Fatta colazione, alle 9,30 andiamo in varie agenzie per informarci...
Scritto da: Paolo Ciscato 2
perù e colombia-alla riscoperta della pachamama-2°
Partenza il: 29/07/2003
Ritorno il: 23/08/2003
Viaggiatori: fino a 6
Perù e Colombia 2003 Turismo avventuroso e responsabile alla riscoperta della Pachamama (Madreterra) HAI GIA’ LETTO LA PRIMA PARTE??? ALLORA PUOI PROCEDERE!

Venerdì 8 Agosto – Cuzco (mt 3326) Ci alziamo alle 7,30 dopo una bella dormita. Fatta colazione, alle 9,30 andiamo in varie agenzie per informarci dell’Inka Trail di 2 giorni. Cominciamo dall’agenzia Sud America Travel, dove ritroviamo sia Carmen che Sonia, e ci dicono che costa 125 $ ma per i giorni che lo vogliamo fare noi è tutto esaurito. Ci propongono in alternativa la visita guidata della Valle Sacra, alla sera la salita ad Aguas Calientes in treno da Ollantaytambo, 2 pernottamenti ad Aguas Calientes e un giorno intero a Machu Picchu (compreso il biglietto di ingresso e la salita in bus da Aguas Calientes), il ritorno in treno ad Ollantaytambo al mattino per 95 $ esclusi i pasti (colazione/pranzo/cena). Non ci sembra la soluzione migliore a allora proviamo con la Flamenco Travel, la Luna Tours, l’Andean Life, la Gregory Tours. La storia è sempre la stessa. Ci dicono che i posti ci sono, poi telefonano per informarsi e i posti, ovviamente, non ci sono e allora ripartono con la proposta che ci ha già fatto la prima agenzia. Perdiamo l’intera mattina per non concludere niente. L’Inka Trail non s’ha da fare… né ora né mai! Restiamo stupiti che ci siano così tante agenzie. Lungo il quadrilatero di Plaza de Armas sono una di seguito all’altra. Secondo noi sono tutte rivenditrici di pacchetti turistici preconfezionati e standard organizzati da poche grandi agenzie. Così lucrano tutti un po’ di guadagno durante i pochi mesi di invasione turistica come c’è in questo periodo. Esasperati decidiamo per la proposta alternativa fattaci dalla prima agenzia che comunque ci sembra economicamente interessante. E’ lo stesso prezzo della visita giornaliera di Machu Picchu che si riduce a 4-5 ore. In cambio abbiamo anche la visita alla Valle Sacra, il giorno intero a Machu Picchu e “risparmiamo” 2 pernottamenti a Cuzco. In compenso avremo una levataccia per il treno di ritorno da Aguas Calientes a Ollantaytambo. Alle 13,30 pranziamo con il nostro formaggio grana in Plaza de Armas. Il cielo è coperto, ma non minaccia di piovere. C’è talmente tanta Polizia e forze dell’ordine che ci sentiamo tranquilli, come sempre fino ad ora. Qui, essendo il cuore turistico del Perù, tutto è più in ordine, controllato e valorizzato. Notiamo sulla collina dietro la chiesa della Compañia l’enorme scritta “W el Perù glorioso”. Inoltre vediamo sventolare su un’altra cima e su molti edifici l’arcobaleno della “bandiera della Pace”. Pensiamo che anche qui sia esposta per scongiurare qualche inutile guerra. In realtà è la bandiera di Cuzco che rappresenta l’arcobaleno, antico simbolo Inca. Andiamo all’Aerocontinente per confermare il volo Cuzco-Lima e iniziamo la nostra visita turistica. Cuzco, che in lingua Quechua significa “ombelico del mondo”, era il centro della civiltà Inca, fondata nel XII secolo da Manco Capac, il primo Inca figlio del sole. In realtà gli archeologi indicano che questo territorio fu abitato da altre popolazioni preincaiche. Gli Inca non avevano una lingua scritta ed è per questo che non si conosce molto di questa civiltà. La massima espansione e potenza del loro impero si registrò nel secolo precedente l’arrivo degli spagnoli di Francesco Pizarro nel 1533. Huayna Capac fu l’undicesimo e ultimo Inca a governare su un impero unito. I conquistadores ebbero la meglio sugli Inca perché questi stavano attraversando un periodo di decadenza con guerre civili che i conquistadores sfruttarono a loro favore. Quest’ultimi avevano inoltre una superiorità militare, con armi e cavalli sconosciuti agli indigeni. Cuzco e Machu Picchu furono i primi 2 siti peruviani ad essere decretati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 1983 (20 anni fa). Alla Cattedrale acquistiamo il boleto turistico che ci darà accesso a quasi tutti i siti turistici di Cuzco e dei dintorni. Visitiamo l’interno della Cattedrale, visitiamo dall’esterno la chiesa della Compañia, la chiesa della Mercede, la chiesa e il convento di San Francesco, e la Coricancha. Tutte queste chiese barocche racchiudono importanti opere dell’epoca coloniale. Da notare lo scempio fatto dai conquistadores che costruirono le chiese sopra le macerie dei Templi Inca distrutti, a simboleggiare una sprezzante supremazia politica, militare e religiosa. Così la chiesa di Santo Domingo fu costruita sul maestoso Tempio del Sole (Coricancha con le mura che erano ricoperte da 700 lamine d’oro di 2 kg l’una) e la chiesa della Compañia fu costruita sopra il Palazzo di Viracocha dell’ultimo sovrano Inca. Cerchiamo a lungo Avenida Loreto perché è indicata con il nome Quechua originale di “Intik’ijllu”. Anche Avenida Arequipa è indicata con l’antico nome di “Q’aphchik’ijllu”: sfido chiunque a pronunciarli! Percorriamo, quindi, Avenida Loreto e Calle Trionfo per vedere le mura Inca (comprese quelle dei 12 e 13 lati). Saliamo quindi fino al quartiere di San Blas e visitiamo l’interno della chiesa. Da evidenziare c’è un bellissimo pulpito intagliato. Scendiamo in Plaza de Armas lungo le ripide stradine che ormai sta tramontando. Ceniamo al ristorante Keros dove, per la prima e ultima volta, paghiamo anche il 10% di servizio. Facciamo un ultimo giro della piazza e andiamo a letto. Sabato 9 Agosto – Cuzco – 4 rovine (o 5?) Ci svegliamo alle 7 che pioviggina ed è il giorno meno indicato per fare a piedi il giro della 4 rovine, nei dintorni di Cuzco. Dopo colazione andiamo in taxi al terminal dei bus per la Valle Sacra (Urubamba) che si trova in Calle Puputi. C’è un minibus che parte quasi subito. Sono le 8,30 e il bus è pieno di bambini della scuola, tutti con la loro divisa, e ci sembra di essere in uno scuolabus. Saliamo la ripida strada che da Cuzco porta alla collina che la sovrasta. Dopo 20 minuti arriviamo a Tambo Machay, il sito più lontano da Cuzco. Scendiamo mentre continua a cadere una leggera pioggia. Muniti del nostro boleto turistico entriamo in quello che fu il Tempio delle acque. Qui c’è “El Baño del Inca” e, visto il tempo, siamo bagnati anche noi. Procediamo a piedi fino alla vicina fortezza di Puca Pucara, il forte rosso. Visitiamo i pochi resti e scendiamo a piedi verso il sito di Qenko. Lungo la strada abbiamo modo di assistere a scene bucoliche di vita quotidiana nei piccoli villaggi che attraversiamo. Inoltre rischiamo di restare intossicati dal fumo nero dei camion e delle auto che ci sfrecciano accanto. Vedendo tutto questo inquinamento il “protocollo di Kyoto” ci sembra una pura chimera. E intanto, in Europa ci fanno cambiare l’auto ogni 5 anni per essere in regola con le sempre più severe norme antinquinamento! Prima di arrivare troviamo una deviazione sulla sinistra che indica il Tempio della Luna. Non è segnato nelle nostre guide e siamo indecisi se andare a vederlo. Decidiamo di andare, nella speranza che cessi di piovigginare e che non sia molto lontano. Speranza vana perché comincia a piovere sempre più forte, tanto che le nostre mantelle non riescono a ripararci a sufficienza, e inoltre è lontano almeno 1 km. Non è segnato da nessuna indicazione, pertanto dobbiamo chiedere informazioni più volte per riuscire a trovarlo. Mia moglie rischia anche di venire azzannata da 4 cani inferociti. Arriviamo dopo un’ora di cammino dai 2 siti precedenti. Non avendo nessuna informazione scritta non capiamo molto. Ci sono solo alcuni turisti e cerchiamo di carpire qualche informazione dalle loro spiegazioni in spagnolo. Sulla roccia sono scavati degli scalini ed inoltre ci sono delle enormi fenditure dove riusciamo a passare, sentendoci dei provetti Inka Jones! Lasciamo la strada sterrata e ritorniamo sulla strada principale e arriviamo a Qenko. E’ costruito su una roccia calcarea scolpita con incisioni simboliche. Mentre visitiamo il sito e faccio la classica foto sul “Trono dell’Inca” smette di piovere. Riponiamo le mantelle e camminiamo per una ventina di minuti fino alla fortezza Inca di Sacsayhuaman, dove arriviamo alle 13,30. E’ la più grande e la migliore rovina che sovrasta Cuzco. Quello che rimane è solo una piccola parte di tutto il complesso perché i conquistadores usarono le pietre per costruire le case a Cuzco. Quando gli Inca edificarono la città di Cuzco gli diedero la forma del puma, animale sacro che rappresenta la vita terrena, di cui Sacsayhuaman ne rappresenta la testa. Le mura a zigzag (i denti del puma), poste su tre livelli, ne danno una grande consistenza e costituivano un elemento difensivo difficilmente espugnabile. Giriamo esterrefatti tra queste mura ciclopiche unite tra loro in maniera perfetta e con un sistema di inclinazione che le rendono antisismiche. Finita la visita ammiriamo il panorama di Cuzco dall’alto della collina che la domina. Scendiamo, ancora a piedi, il ripido sentiero ciottolato che conduce, in 20 minuti, fino a Plaza de Armas, dove arriviamo alle 15,30. Dopo aver camminato tutto il giorno sulle strade infangate, abbiamo gli scarponi in una condizione pietosa. Si avvicina una frotta di bambini lustrascarpe che ci chiedono insistentemente di potercele pulire. Anche se ci sembra disumano pensiamo che è un modo per loro di sopravvivere. Io e Roberta ce le facciamo pulire e ingrassare. Entriamo in una piccola pasticceria per bere qualcosa di caldo e per mangiare un dolcetto, visto che non abbiamo pranzato. Siamo gli unici clienti del locale e mentre degustiamo la torta al cioccolato entra un bambino di circa 6 anni che comincia a suonare il flauto, poi continua la musica cantando, poi batte il tempo con due conchiglie. E’ anche stonato ma ci fa un’immensa tenerezza. Da noi i bambini della sua età trascorrono il tempo davanti alla Playstation oppure al parco giochi. Qui devono guadagnarsi da vivere. Andiamo in agenzia per confermare il pacchetto turistico che ci hanno proposto, girovaghiamo tra i negozietti e andiamo a cena da Andean Grill. Siamo nella balconata che domina la piazza, mangiamo una pessima pizza e piove a dirotto. Dopo aver letto le e-mail in un Internet Point torniamo all’hostal e andiamo a letto. Domenica 10 Agosto – Cuzco (mt 3326) – Valle Sacra – Aguas Calientes (mt 2000) Sveglia alle ore 7, colazione e alle 8,30 siamo pronti per salire sul bus turistico per il tour della Valle Sagrada. Peccato che il bus arriverà alle 9,20. Carmen dell’agenzia Sud America Travel che ci ha venduto il pacchetto confabula animatamente con la guida del tour e poi alla fine ci fanno salire. Percepiamo che ci siano dei problemi con la nostra prenotazione e perdiamo quel po’ di fiducia che ancora avevamo su questa agenzia. Finalmente partiamo e il viaggio procede tranquillo salendo prima la strada fatta a piedi ieri e scendendo poi fino a C’orao (si scrive proprio così), località famosa per le coltivazioni di patate e fagioli e perché rilevante centro sismico. Poco più avanti ci fermiamo al Mirador Taray dove facciamo le foto di rito con il fiume Urubamba (o Vilcanota) che scorre sinuoso tra le ripide pareti montuose. Alle 10.10 siamo a Pisac. E’ domenica e c’è un gran fermento perché è il giorno del famosissimo mercato. Scendiamo dal bus e con Patty mi incammino velocemente verso il centro pulsante della vita indigena, tralasciando le bancarelle turistiche che vendono le stesse cose già viste ovunque. Arriviamo nella piazza antistante la chiesetta dove arrivano i campesinos, vestiti con gli abiti tradizionali, a vendere le loro mercanzie, i loro ortaggi, le loro stoffe e molte altre cose. I turisti, noi compresi, sono attirati come le api al miele. E’ un paradiso per noi fotografi! Scorci, colori, odori, sapori, atteggiamenti, espressioni, smorfie, imprecazioni, modi di vivere e di essere vengono velocemente carpiti dal rullino che scorre veloce nella mia fotocamera e nella mia videocamera. Io e Patty facciamo mille peripezie per riuscire ad immortalare almeno una donna peruviana con il bambino avvolto sulla schiena. Per noi è una cosa “tipica”, per loro è un normalissimo modo di vivere. Vorremmo fermarci a lungo, anche se i turisti cominciano ad essere più degli indigeni. Mia moglie riesce ad acquistare una specie di piccola freccia fatta a croce con tutti i fili colorati che uniscono in forma romboidale le due asticelle perpendicolari. E’ il regalo per il nostro nipotino e da qui comincia l’avventura di questo ingombrante souvenir di cui dirò più avanti. Alle 11 si riparte in bus per le vicine rovine della fortezza Inca di Pisac. E’ famosa per le terrazze che si estendono lungo i fianchi della collina a descrivere delle ampie curve. Servivano per generare dei microclimi differenti tra i vari livelli, per l’abbellimento estetico, ma soprattutto per evitare l’erosione del suolo. La fortezza si trova in cima ad un’altura che consentiva di dominare la Valle Sacra dell’Urubamba. Entriamo per l’Amarupunku (porta del serpente). Visitiamo l’Intihuatana, il Tempio della Luna, in stile Inca Imperiale, il più nobile e raffinato con mura inclinate (circa 10-12 gradi) e finestre trapezoidali per rendere la struttura antisismica. Ogni pietra combacia perfettamente con le altre a formare un puzzle ciclopico. Gli Inca erano di origine Quechua. Al tempio del Sole la guida, che parla solo spagnolo, ci fa vedere una roccia scolpita con una mezza croce andina e ci spiega il suo significato. Il livello più alto rappresenta il cielo ed è raffigurato dal Condor, la parte centrale è la Terra con il Puma e la parte più bassa è il mondo sotterraneo con il Serpente. Il 21 giugno, giorno del solstizio d’inverno (siamo sotto l’equatore e le stagioni sono invertite), l’ombra di questa roccia completa la croce andina con la parte mancante. Ripartiamo e ci fermiamo a pranzare al ristorante Casagrande di Urubamba. Alle 15,30 arriviamo a Ollantaytambo, a 97 km da Cuzco e alla fine della valle. E’ un importante sito Inca con una fortezza a gradoni formati dai terrazzamenti. Manco Capac si ritirò qui dopo essere scappato da Cuzco in seguito alla sconfitta subita nella fortezza di Sacsayhuaman. E qui fu l’unico posto dove gli Inca riuscirono a vincere una battaglia contro gli spagnoli di Pizarro. La guida ci illustra le varie vicende e le caratteristiche del sito mentre comincia a piovere. Poco dopo esce un pallido sole con un bellissimo arcobaleno che abbraccia l’intero centro di Ollantaytambo. Sulla collina di fronte si vedono i granai Inca abbarbicati alla nuda roccia. Arriviamo al Tempio del Sole dove ci sono delle enormi pietre rettangolari perfettamente allineate con degli esili intarsi verticali che le rendono ancora più stupefacenti. Prima dell’uscita c’è anche la zona delle fonti sacre. Alle 16 la nostra comitiva riprende il giro verso Chinchero e poi Cuzco, mentre noi ci fermiamo qui perché ci dobbiamo trasferire in treno ad Aguas Calientes. Ne approfittiamo per restare all’interno della fortezza fino all’imbrunire. Usciamo che ormai siamo rimasti gli unici turisti e, dopo aver gironzolato per le poche bancarelle ancora aperte, andiamo in Plaza de Armas dove abbiamo appuntamento con Carmen alle 18,30, davanti alla statua dell’Inca. Viene appositamente da Cuzco per consegnarci i biglietti (Backpacker) del treno per Aguas Calientes. Mentre aspettiamo assistiamo a scene di vita quotidiana di un villaggio peruviano. Arriva un camion con molti indios in piedi sul cassone. Sono tutti vestiti con gli abiti tipici dai mille colori. Scende una donna con il suo enorme fardello e paga l’autista del camion. Poi, uno alla volta scendono anche tutti gli altri. Ognuno con le proprie povere cose. Nonostante sia domenica questi peruviani hanno lavorato tutto il giorno! Intanto si avvicina una persona e ci chiama per nome. E’ stato incaricato da Carmen di accompagnarci nel suo “ristorantino” (si fa per dire) per farci aspettare che arrivi l’ora di partire in treno. Fuori fa freddo ed è buio. Il locale si trova lungo la strada ciottolata che conduce da Plaza de Armas alla stazione dei treni ed è molto spartano, una via di mezzo tra un’osteria, e un micromarket. Ci fa accomodare in una stanza adiacente dove c’è anche un letto. Ci sediamo, ordiniamo un mate de Coca e intanto arriva Carmen con i biglietti. Alle 19 ci mettiamo pazientemente in fila davanti alla stazione che è ancora chiusa da alte cancellate. Ognuno di noi turisti ha il proprio zaino e i pochi bagagli per pernottare ai piedi di Machu Picchu, mentre i campesinos hanno i loro fagotti pieni delle cose che non sono riusciti a vendere. Spira un vento gelido e l’oscurità della notte è rotta solo da alcuni potenti fari. Finalmente aprono i cancelli e fanno salire per primi i turisti. Andiamo sulla carrozza assegnataci, sistemiamo gli zaini e ci rilassiamo un po’ mentre mia moglie è costretta a tenersi in mano la freccia. Il treno Perurail parte alle 19,45 e siamo talmente stanchi che mi addormento subito. Non percorriamo il famoso tragitto a zig-zag in salita perché quello si trova subito fuori Cuzco mentre noi percorriamo solo il tratto terminale della ferrovia. Mi sveglio dopo 1 ora e 45 minuti, quando il treno si ferma lungo i binari della stazione di arrivo. Questa è la via principale di Aguas Calientes e qui scorre la vita. Bancarelle, ristorantini, addirittura la stazione di Polizia, convivono con la ferrovia che è, per questo luogo, segno di progresso e benessere economico. Scendiamo e ritroviamo Sonia, con sua figlia piccola, che ci accompagna al vicino hostal Las Bromelias, dove abbiamo la prenotazione per le 2 notti. L’hostal è spartano e non molto pulito. La nostra camera non è disponibile e allora ci portano nel vicino hostal Gringo Bill’s. Esteriormente sembra migliore ma la camera che ci viene assegnata, dopo che Sonia ha confabulato e litigato a lungo con la receptionist, è un insieme di umidità e disordine. Sonia ci informa che alle 22,30 ci ritroviamo in un ristorantino con gli altri turisti del “suo” gruppo, per concordare la visita a Machu Picchu del giorno dopo. Siamo stanchi morti e vorremmo andare a letto. Davanti l’hostal c’è una piazzetta dalla quale, guardando verso l’alto, si vedono tutto attorno le ripide cime delle montagne che circondano la valle, rischiarate da una pallida luna. Abbiamo la sensazione di essere proprio nel cuore di Machu Picchu. Andiamo all’incontro e conosciamo Aldo che ci farà da guida. Dopo aver bevuto l’ennesimo mate de Coca andiamo finalmente a letto. Lunedì 11 Agosto – Machu Picchu (mt 2350) La sveglia suona inesorabile alle 5, attendiamo nella piazzetta gli altri turisti italiani, che arrivando in ritardo mi fanno arrabbiare; andiamo a fare colazione nel locale della sera prima. Alle 6,30 siamo sul bus che sale da Aguas Calientes a Machu Picchu. E’ un susseguirsi di ripidi tornanti su una strada sterrata. L’idea iniziale era di salire a piedi, ma per fortuna abbiamo deciso diversamente. Il sonno, il freddo, l’umidità e la stanchezza di 15 giorni di viaggio massacrante ci affievoliscono l’entusiasmo di arrivare, finalmente, alla tanta sospirata meta: la città perduta degli Inca è ritenuta la meta archeologica più spettacolare e famosa del Sud America. Arriviamo alle 7 ed entriamo subito per poter visitare il sito senza la ressa dei turisti giornalieri che arrivano in treno da Cuzco verso le 10. Il cielo è un po’ coperto e chi è arrivato dall’Inca Trail alla sovrastante Intipunku (Porta del Sole) sicuramente non ha potuto ammirare l’alba infuocata. Saliamo un sentierino e, all’improvviso, ci si presenta innanzi la maestosità delle rovine Inca tra le due cime di Machu Picchu (Montagna Vecchia) e Huayna Picchu (Montagna Giovane) a sud. Restiamo senza fiato, questa volta non per la salita, ma per lo stupore. La pallida luce rende ancora più suggestiva la vista che ci si presenta innanzi. Ammutoliti, in un silenzio quasi irreale, ammiriamo questo scenario che abbiamo visto innumerevoli volte alla televisione o nei libri, ma che ora è proprio davanti a noi, anzi, siamo noi dentro a questo meraviglioso prodigio della civiltà Inca. Hiram Bingham che la scoprì nel 1911 non vide quello che vediamo noi ora (era, infatti, completamente coperto dalla rigogliosa vegetazione che gli consentì di non essere scoperto e distrutto dai conquistadores) ma provò sicuramente lo stesso stato d’animo di stupore e sorpresa. Nonostante il mistero che circonda le origini della città, si ritiene che svolgesse il duplice compito di avamposto dell’Impero Inca e di monumento alle divinità con un monastero dove si formavano le fanciulle che avrebbero servito l’Inca e il Willac Uno (sommo sacerdote). Lo si presume dal fatto che, dei 135 cadaveri ritrovati durante le ricerche, 109 furono donne. Giriamo un po’ e facciamo qualche foto. Alle 8 iniziamo la visita guidata con Aldo, la guida che abbiamo conosciuto ieri sera. E’ molto preparato e si immedesima in quello che ci racconta. Peccato che parli solo lo spagnolo, ma lo fa lentamente e riusciamo a capire. Scendiamo lungo la scalinata che separa la zona terrazzata (e allora coltivata) dalla città abitata. La guida ci fa notare la differenza delle costruzioni nello stile Inca Imperiale, eleganti e destinate al culto, da quelle “normali” dove abitava la gente comune e molto simili alle nostre costruzioni in pietra medioevali. Visitiamo i templi, vediamo la stele che indica i punti cardinali (quando ancora non conoscevano la bussola), vediamo il Tempio del Sole, una torre curva che consentiva di calcolare il ciclo solare nelle varie stagioni. Arriviamo quindi al tempio principale di Machu Picchu, l’Intihuatana, dove il sovrano Inca, figlio del sole, celebrava i culti alle divinità. La vista spazia a 360 gradi in un susseguirsi di verde, pietre, scalinate, terrazzamenti, templi, case con il tetto spiovente, con lo sfondo del cielo che nel frattempo è diventato azzurro. Alle 9,15 termina la visita guidata e giriamo liberamente fino ad arrivare alla roccia sacra. E’ da qui che parte il tortuoso sentiero che sale, per 350 mt di dislivello, alla cima dell’Huayna Picchu (mt 2701), che fa da sfondo alle rovine Inca. Sono le 10,30 quando decido di salire. Le mie compagne di viaggio decidono di non venire con me. Per salire bisogna dichiararsi in un apposito registro. Sono il 149° che sale oggi, il 7° italiano. Parto pensando di impiegarci circa 1 ora e 30 minuti come indicato nella guida Lonely Planet. Il mio passo è veloce e deciso, anche quando la salita si fa verticale. Supero molte persone che, ansimanti, mi fanno gentilmente passare. Ad un certo punto incontro degli italiani che stanno scendendo e chiedo a loro quanto ci hanno impiegato: 50 minuti. Penso di essere quasi a metà, quando, dopo soli 33 minuti, arrivo alla cima dell’Huayna Picchu. La fatica per arrivare alla cima è ampiamente ripagata dalla bellezza del panorama: davanti le rovine della città che sono talmente piccole che non si riesce a identificare i singoli luoghi, di fronte le altre cime ricoperte da una fitta vegetazione, sullo sfondo alcune cime innevate, e in basso il rio Urubamba che cinge alla base le montagne. Ridiscendo e ci ritroviamo all’entrata per mangiare qualcosa (qui è tutto carissimo e mangiamo quel poco che ci siamo portati nello zaino). Partiamo poi per salire all’Intipunku, dove arriva l’Inca Trail e da cui sorge il sole nel solstizio. Facciamo questa salita sotto un sole caldo e accecante. Arriviamo dopo circa 1 ora. Non c’è granché da vedere. Ritorniamo alla città, passeggiamo e ci fermiamo ad ammirare i vari scorci finché quasi tutti i turisti giornalieri se ne sono andati. Poi, alle 16,30 ci incamminiamo per scendere a piedi fino ad Aguas Calientes. Imbocchiamo il sentiero che scende ripido tagliando perpendicolarmente la strada sterrata. Parte del sentiero ha una serie di scalini irregolari che rendono disagevole il cammino. Giunti ai piedi della montagna pensiamo di essere arrivati, mentre un cartello indica che manca ancora 1,5 km. Siamo stanchi, dopo tutta la strada fatta oggi a piedi e finalmente, dopo un’ora e 15 minuti dalla partenza, arriviamo al nostro hostal. Qui non troviamo nessuno ad attenderci e non abbiamo le chiavi per entrare. Io e mia moglie scopriamo di essere stati “buttati fuori” dal Gringo’s Bill. La nostra poca roba, freccia compresa, ci è stata messa in un lurido sgabuzzino. La recuperiamo e attendiamo fiduciosi, nella piccola piazzetta, che arrivi qualcuno per avere finalmente le camere e poterci rinfrescare un po’. Usciamo e passeggiamo avanti e indietro per la stradina in salita fiancheggiata da numerosi ristorantini che porta verso le terme. In vari posti sono appesi dei cartelloni che protestano contro la società Perurail che vuole appaltare ad altre società la gestione della ferrovia, mettendo in pericolo i posti di lavoro indispensabili per la sopravvivenza di questa località turistica. Vogliamo mangiare il famigerato cuy e cerchiamo un ristorante che ci ispiri fiducia, visto che sono in gran parte vuoti. Alla fine entriamo e ordiniamo 2 cuy al horno (forno) da dividerci. Nell’attesa ci scambiamo le nostre impressioni su quanto abbiamo visto e vissuto oggi. Dopo una lunga attesa, durante la quale abbiamo assaggiato il pane con aglio, ci viene servito il porcellino d’India, tagliato a metà e completamente bruciacchiato. Sul nostro piatto sembra proprio un grosso topo, con le dita delle zampette rattrappite nel suo ultimo gesto di sopravvivenza. I porcellini d’India li avevamo visti nel convento di Santa Catalina ad Arequipa, nelle isole Uros e sapevamo che prima o poi ne avremmo mangiato uno. Ma ora siamo incerti sia per l’aspetto e sia perché, essendo tutto secco, non ci sembra che ci sia molto da mangiare. Ci facciamo forza e mangiamo quel poco di commestibile che troviamo. Le patate e le altre poche verdure che ci vengono servite alleviano il gusto di bruciacchiato, l’unico che riusciamo a percepire. Concordiamo che il cuy non è un granché! Ritornati in hostal andiamo a letto perché domani ci aspetta una levataccia. Martedì 12 Agosto – Aguas Calientes – Ollantaytambo – Chinchero (3700 mt) – Cuzco Ci svegliamo alle 4,30 (es muy temprano!) dopo una notte tranquilla. Alle 5,10 siamo già lungo i binari, dove eravamo scesi all’arrivo e attendiamo il treno diretto a Cuzco. E’ buio e il treno non c’è ancora. Vediamo arrivare altra gente che va in un’altra direzione. Aspettiamo un po’ e capiamo che dove ci siamo fermati noi non è il posto giusto. Seguendo gli altri arriviamo in una piccola stazione coperta dove già ci attende il treno. Dopo il controllo biglietti saliamo sulla nostra carrozza. Sistemiamo gli zaini e la freccia e alle 5,45 partiamo per Ollantaytambo. Lungo la strada assistiamo al risveglio della vita peruviana. Vediamo gente piena di fardelli e attrezzi che si reca al lavoro nei campi, bambini che vanno a scuola vestiti tutti con la stessa divisa, venditori con i loro grossi fagotti che raggiungono i posti turistici, contadini che si recano al mercato a vendere i loro prodotti e tante altre espressioni di una vita tanto diversa dalla nostra ma semplice e genuina. Arriviamo a Ollantaytambo dopo 2 ore. Usciamo dalla stazione che splende un bel sole e ripercorriamo la strada ciottolata che conduce a Plaza de Armas. Qui facciamo colazione in un bel locale che si chiama “Il Cappuccino” e il cappuccino con brioche che prendiamo è davvero buono. Dobbiamo andare a Chinchero e pensiamo di andarci in bus. Bisogna però andare ad Urubanba e poi cambiare. Si avvicinano dei taxisti che ci propongono di accompagnarci per 35 NS. Contrattiamo con un altro, che è di Chinchero, per 20 NS (5,6 Euro) ma ci fa capire di non dire il prezzo agli altri taxisti. Dopo aver concordato con quest’ultimo, litigano tra di loro perché, forse, hanno capito che questi gli “rovina” il mercato. Partiamo alle 9 e, dopo 2 brevi soste per far fotografie, arriviamo a Chinchero alle 10. Facciamo a piedi la stradina che porta al centro del paese. E’ un tipico villaggio Andino con la piazza quadrata animata da molti venditori che espongono sul prato, al centro della piazza, le loro coloratissime mercanzie. Anche questo è un mercatino folcloristico famoso ma poco turistico e oggi, martedì, siamo quasi gli unici turisti. Girovaghiamo cercando qualche oggetto originale da acquistare. Notiamo subito che qui i prezzi sono più economici che a Cuzco. Nell’aria si ode un suono melodioso che proviene da un venditore di ocarine e strumenti tipici andini, che, come il pifferaio magico, cerca di catturare l’attenzione di noi turisti. A lato della piazza, rialzato di alcuni metri c’è un grande spazio antistante la chiesa coloniale. Il tutto è costruito sulle pietre originali e perfettamente incastrate di un sito Inca. Dopo aver passeggiato a lungo baciati da un piacevole sole primaverile scendiamo verso la strada principale per prendere un mezzo che ci condurrà a Cuzco. Ci fermiamo prima in una bancarella dove assaggiamo i vari tipi di cereali (tipo pop corn e tanti altri) sia dolci che salati. In attesa del bus un taxista, dopo aver contrattato, ci propone di portarci a Cuzco per 12 NS (3,4 Euro). Accettiamo ma scopriamo, subito dopo, che nel bagagliaio fa salire anche 3 donne con le loro mercanzie. Cosa non fanno per guadagnarsi la giornata! Partiamo alle 12,30, corre come un matto e in 40 minuti arriviamo a destinazione. Scendendo dal taxi mi cade la macchina fotografica ma, per fortuna, si rompe solo il filtro UV. Ritorniamo all’hostal El Peregrino e ci viene assegnata la camera da 4 letti che avevamo prenotato. Ci sistemiamo e riusciamo ad intasare il water. Inoltre manca l’acqua e la padrona è costretta a portarci un po’ di secchi d’acqua. Usciamo per pranzare e ritorniamo al ristorante Emperador, ma questa volta ci mettiamo proprio sulla balconata per poter ammirare la sottostante Plaza de Armas con le sue innumerevoli bellezze, messe in risalto dalla splendida giornata di sole. Dopo il pranzo ritorniamo, a piedi, a Santo Domingo per entrare a vedere i resti della Coricancha (“Cortile d’oro” in lingua quechua). Qui dobbiamo pagare un biglietto a parte perché non è valido il boleto turistico. Del più ricco Tempio Inca non rimangono che poche pietre e bisogna lavorare di fantasia per immaginare le decorazioni in oro che ricoprivano ogni pietra, le pannocchie d’oro e d’argento che venivano usate per le cerimonie e tutto ciò che rappresentava la magnificenza Inca. Ripercorriamo ancora Avenida Loreto con le mura Inca e arriviamo a Calle Trionfo per rivedere la pietra dai 12 angoli. Troviamo qui un bambino che ci chiede da dove veniamo. A sentire che siamo italiani ci dice in spagnolo: “Italia, capitale Roma, Presidente Ciampi, moneta Euro” e così comincia a spiegarci che da un lato della Calle ci sono le mura Inca, tutte perfettamente intagliate e allineate, e dall’altro lato ci sono le mura degli “Inca…paci” perché sono state ricostruite successivamente in modo grossolano! Ci porta a vedere il muro sul quale le pietre raffigurano il puma, animale sacro e simbolo della Città. Alla fine ci fa vedere la pietra dai 13 angoli. Continua incessante con le sue spiegazioni e alla fine gli diamo 1 NS e una penna. Rimane deluso perché si aspettava di più. Ritornando verso il centro ci fermiamo al museo di Santa Catalina che sta quasi per chiudere. Abbiamo solo 15 minuti ma decidiamo di entrare ugualmente, almeno per avere ancora un foro di controllo sul nostro bel boleto turistico, per poter poi dire:”io c’ero!”. Passeggiando per il centro imbuchiamo le cartoline (che arriveranno dopo 1 mese!). In una piccola zona artigianale acquisto per 20 NS (5,6 Euro) una bella scacchiera circolare con le pedine che rappresentano gli spagnoli e gli Inca. La sera trascorre tranquilla e per l’ultima cena a Cuzco scegliamo un ristorante carino, dove il gruppo musicale Awkis ci allieta la serata con la nostra canzone preferita “Achakachi”, che sentiremo, qui, per l’ultima volta. Acquistiamo anche un CD di musica andina per portarci in Italia le sonorità di questo viaggio. Visto che domani ci aspetta un’altra levataccia decidiamo di andare a dormire presto. Mercoledì 13 Agosto – Cuzco – Lima Alle 4,30 la sveglia ci provoca un scarica improvvisa di adrenalina. Ci alziamo, facciamo una fugace colazione, salutiamo la padrona che si è sempre dimostrata gentile e disponibile e scendiamo a prendere un taxi che in 10 minuti ci porta all’aeroporto per 3,5 NS (1 Euro). La famosa freccia, siccome viene considerata un’arma impropria, viene spedita con la sola precauzione di una targhetta con scritto: “fragile”. Ridiamo sapendo che è l’ultima volta che la vedremo. Sicuramente, così fragile e piccola, si perderà nei meandri di qualche hangar o dell’aereo. Alle 7,30 decolliamo per Lima con il volo Aerocontinente. Sorvolando il Perù vediamo alla nostra destra le cime imbiancate della famosa Cordigliera delle Ande. Avvicinandoci a Lima si comincia ad intravedere sotto di noi una coltre di foschia. E’ la garùa che ricopre ogni cosa. Atterriamo dopo 56 minuti e aspettiamo a lungo i bagagli. Dopo averli ritirati tutti scommettiamo sul fatto che arrivi la freccia. Dopo aver perso ogni speranza, stiamo per uscire quando vediamo sbucare la freccia e avanzare sul nastro trasportatore come in segno di sfida. Ci guardiamo allibiti e ci mettiamo a ridere. Ci complimentiamo mentalmente con l’organizzazione aeroportuale peruviana. E pensare che ho letto in qualche diario che il trasporto aereo peruviano è un colabrodo! Usciti dall’aeroporto troviamo Rafael, il taxista del primo giorno che, come da accordi intrapresi circa 15 giorni prima, ci attende per accompagnarci all’hostal. E’ stato bravo a fidarsi di noi! Avremmo potuto non arrivare, o arrivare in ritardo, o arrivare un altro giorno. Lui invece è lì a confermarci, ancora una volta, che in Perù non tutto è così disorganizzato e inaffidabile come ci avevano detto. In circa 30 minuti e per 10$ ci porta all’hostal Bonbini dove, ieri, abbiamo prenotato telefonicamente una camera. Arrivati all’hostal andiamo, a piedi, a ritirare le valigie che abbiamo lasciato in deposito all’hostal Roma che dista poche decine di metri. L’hostal è buono, il meglio che abbiamo avuto finora. C’è anche un gruppo di Viaggi Avventure nel Mondo. La camera è ampia con 4 letti. Alle 10, dopo averci sistemato, chiediamo a Rafael di portarci al Museo de Oro che si trova alla periferia est della città. Concordiamo il prezzo di 20 NS (5,6 Euro) e ci arriviamo in 30 minuti. Poiché, essendo un museo privato, apre alle 11,30 decidiamo di andare in un Internet Point per leggere le e-mail e per mandarne delle altre. Acquistiamo anche un po’ di frutta che mangiamo prima di entrare al museo. Alle 11,30 acquistiamo il biglietto unico (carissimo!) e visitiamo, senza guida, prima il Museo de Oro, situato nel piano interrato e poi il Museo delle Armi al piano terra. Nel Museo de Oro c’è una ricca collezione di migliaia di oggetti in oro, argento, pietre preziose, ceramica, stoffe, copricapo in piume, delle varie civiltà Inca e preincaiche. Ci sono anche qui dei resti scheletrici con il cranio schiacciato o trapanato. Peccato che non ci siano molte spiegazioni (in inglese neanche a parlarne!) e che sia tutto poco curato nell’esposizione. Il Museo delle Armi è considerato uno dei migliori al mondo e in effetti è molto fornito. Siccome però noi siamo più propensi alla “bandiera della Pace”… di Cuzco, non riusciamo ad apprezzarlo molto. Qui troviamo e salutiamo per l’ultima volta gli sposini genovesi. Usciamo che sono le 13,30 e giriamo per i negozietti che ci sono lì attorno. Sono carissimi e decidiamo di tornare subito in centro. Il taxista che ci accompagna (per 15 NS-4,2 Euro) ha un tic e continua ad accelerare e a frenare leggermente. Arriviamo in Plaza de Armas che abbiamo il mal d’auto. Visitiamo la cattedrale, la Plaza de Armas, il centro artisanal, e passeggiamo per il centro in cerca di un cambio. Qui fanno il cambio nero lungo le vie, ma noi non ci fidiamo di quei pacchi di banconote che sventolano per convincerci a cambiare. Ad un certo punto troviamo un baracchino dove cambiamo ad un tasso molto conveniente (1 Euro=3,753 NS) e ogni banconota ci viene timbrata con il suo nome, come garanzia che non è falsa. Arriviamo fino a Plaza San Martin dove sono accampati centinaia di manifestanti. Contrattiamo un taxi che per 5 NS (1,4 Euro) ci porta, in 25 minuti, nel quartiere di Miraflores. Scesi a Parque Kennedy camminiamo fino ad arrivare al Parco dell’Amore con la vista sul sottostante oceano pacifico. Siamo venuti in questo posto così romantico per vedere il tramonto, ma lo spettacolo è rovinato dalla garùa che ingrigisce tutto. Giriamo un po’ per le viuzze piene di ristorantini e decidiamo di cenare da “Marcellino Pizza e Vino”. L’offerta è un piatto di camarones (gamberoni) per 2 persone con 2 bicchieri di vino per 20 NS (5,55 Euro) oppure una pizza per 2 con 1 litro e mezzo di Pepsi per 17 NS (4,72 Euro). Prendiamo prima uno e poi l’altro. Il cibo è buono e, non sazi, prendiamo ancora un piatto di gamberoni. Dopo cena andiamo a bere il caffè in un locale, aperto sulla strada dove ci si siede sui sacchi di juta pieni di caffè. Prendiamo ancora il taxi (stavolta per 7 NS-2 Euro perché è buio, c’è più traffico ed è anche più pericoloso) e torniamo in hostal. Prepariamo le valigie, cercando di separare la molta roba sporca e la poca pulita. Ci poniamo dentro anche gli zaini luridi dopo averli riposti in sacchetti di plastica. Spegniamo la luce della camera e finisce, così, il nostro avventuroso viaggio in Perù.

IL VIAGGIO PROSEGUE IN COLOMBIA. Vieni a leggerlo! Ciao, Paolo



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