Parigi gastronomica

Metti che a Parigi... ti venga fame
Scritto da: lamorachevola
parigi gastronomica
Partenza il: 03/12/2010
Ritorno il: 08/12/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
Parigi è per me una destinazione sempre gradevole. Posso vederla anche più volte in uno stesso anno e scoprire sempre qualcosa di nuovo e interessante. Questa è stata la volta della scoperta gastronomica: oltre alla coda di un’ora al gelo per salire sulla Tour Eiffel, oltre al pellegrinaggio presso tutti gli Apple Store della città (Opéra e nella galleria commerciale sotterranea del Louvre), oltre alle luminarie e alla neve che facevano tanto Natale in arrivo, questo viaggio a Parigi è stato un viaggio alla ricerca di posti diversi dove mangiare qualcosa di singolare e/o di tipicamente francese.

IL TOUR: 3-8 dicembre 2010. Partenza il 3 dicembre con Treno Artesia (TGV) Milano Centrale-Paris Bercy, notturno, ore 23 e poco più, con arrivo attorno alle 8 del mattino… trasbordo via metropolitana fino all’Hotel Icone, in rue d’Amboise 4, e poi colazione nello Starbucks che si trova a pochi passi da lì (Boulevard des Italiens). Muffin ai mirtilli e megacappuccino, un must… poco francese, ma non c’erano “croissants” all’orizzonte… o quantomeno la voglia di Starbucks era davvero tanta. Mi sono lasciata attrarre dall’aspetto dell’albergo, così come è presentato sul sito, confortata dal fatto che fosse stato ristrutturato nel 2009. Molte recensioni su web erano positive e la posizione era eccezionale, per cui, pur sapendo che spesso i 3 stelle di Parigi sono bettole di poco prestigio, ho ceduto. E ho fatto bene. Per quanto Rue d’Amboise, via secondaria, sembri la via di un sobborgo poco raccomandabile e l’esterno dell’hotel presenti muri scrostati e apparentemente fatiscenti, in realtà l’interno era pulito e decoroso, con un garage a disposizione e receptionist molto gentili. Certo… parlare francese, aiuta! Nel corso del soggiorno ci siamo mossi per lo più in metropolitana (per questo la Carte Paris Visite, pur cara, è stata un valido supporto) o a piedi, nonostante la neve e il freddo polare. E subito il primo giorno, viste le intemperie, ci siamo fiondati alle Galeries La Fayette e a seguire, diretti verso il Louvre, abbiamo pranzato al Café Ruc. Ora… nessun turista medio pranzerebbe al Café Ruc. Sbirciando dalle vetrate già appare evidente che per entrare si debba avere almeno una pelliccia e certamente un portafoglio gonfio. Se poi si avesse ancora qualche dubbio, il menu esposto fuori dalla porta dovrebbe far desistere i più. Invece la fame ha avuto il sopravvento e siamo entrati, nonostante i jeans, i cappelli di lana, gli ombrelli e la mise del turista-fai-da-te. Abbiamo constatato che in effetti è un locale vagamente retrò, con una clientela di età avanzata, molto chic, ma anche molto kitch… non troppo turistico, nonostante la posizione. Ho ordinato un risotto ai gamberi che si è rivelato essere eccellente. L’omelette alle erbe era perfetta e hanno servito anche un prosciutto spagnolo tenero e dolce. Certo, il prezzo è stato da urlo, ma almeno si è mangiato bene. Un antico detto francese vuole che “sur la rive gauche on pense et sur la rive droite on dépense”, ovvero sulla riva sinistra della Senna si pensa (in quanto sede della Sorbona, l’università più prestigiosa della città) e sulla riva destra si spende (in quanto zona più lussuosa…e ne abbiamo avuto la prova). Valeva quindi la pena cercare per cena qualcosa di un filino meno caro, sulla “rive gauche”, nel quartiere St. Germain. Dapprima ci ha attratti il Relais de l’Entrecôte (Rue St. Benoît, 20 bis), che dal nome prometteva di soddisfare davvero l’appetito con gusto. Purtroppo però c’era la fila fuori, perciò, vista l’ora, abbiamo scelto di andare in un ristorante accanto (Restaurant Brasserie Saint-Benoît),dove non solo l’entrecôte si è rivelata strepitosa, ma gli assaggi di dessert ci hanno fatto alzare da tavola che ci stavamo ancora leccando le dita (la mousse al mango è una meraviglia!)

Per me il viaggio è esperienza di vita… pertanto se si è a Parigi la domenica mattina… cosa c’è di meglio che fare colazione agli Champs-Elysées? La meta la stavo pensando da tempo: la pasticceria Ladurée, creatrice dei famosi macarons ,noti in tutto il mondo e da poco arrivati anche a Milano, con l’apertura di un negozio Ladurée nei pressi di via Torino, giusto nel cuore della città, a due passi dal Duomo. La pasticceria Ladurée degli Champs-Elysées ha una facciata art-déco abbastanza caratteristica, che guarda gli Champs Elysées dal numero 75. Il suo prodotto più caratteristico è il “macaron“, di cui si possono assaporare i gusti (parfums) più disparati, tra cui il migliore in assoluto, a mio parere, è quello “caramel au beurre salé”. Ci si può accomodare la domenica mattina nella veranda (se si è pensato a prenotare) oppure accomodarsi sul retro, al bancone del bar, dove si può consumare una colazione completa e assaggiare la pasticceria di mignons di produzione propria che tengono incollati allo sgabello. Passare dalla veranda, vicina all’ingresso, al bar, implica l’immersione in un mare di gente accalcata al bancone, indaffarata a scegliere il dolce della festa da portarsi a casa. L’attraversamento della folla è uno sforzo durissimo, che però viene certamente ripagato! Essendo che si era in periodo natalizio, abbiamo pensato di andarci a godere i mercatini della Défense. Un susseguirsi di idee regalo originali e banchetti gastronomici irresistibili. Abbiamo infatti pranzato lì con Baguette à la Raclette, da leccarsi i baffi, baguette al salume e altre leccornie … salvo poi investire un patrimonio in oggetti di artigianato locale estremamente carini (sottopentole in legno intagliati in forme di fungo, mela, gatto, mucca eccetera, che si trasformano in centrotavola portafrutta), messi sotto l’albero per tutto il parentado. Per ripigliarci non poteva mancare una tappa alla Fnac, che giusto in quei giorni lanciava per la prima volta sul mercato (e disponibile solo in Francia!) il suo lettore di ebook (Fnac Book)… cui Supertechman non poteva rinunciare (regalo di Natale da parte di mio fratello e mia cognata… mai più senza!). Rientrando in centro abbiamo fatto tappa in un negozio che già avevamo avuto modo di conoscere nella sua patria natia, la Provenza. Si tratta di un negozio di biscotti dove si può entrare, scegliere la scatola (vuota) che piace di più e riempirla con le delizie del periodo. Inutile dire che c’è solo l’imbarazzo della scelta! Provare per credere: a due passi dall’Opéra.

Certo che Parigi non è Parigi senza una crêpe! A questo giro abbiamo optato per la versione salata, rinunciando a quella alla Nutella. Una volta scesi ibernati dalla Tour Eiffel abbiamo fatto tappa a uno dei banchetti motorizzati che si trovano ai piedi della torre. Non c’era molta scelta, ma la “prosciutto e formaggio” è sempre un’opzione azzeccata! Il lunedì, sempre sotto pioggia e vento gelido, siamo andati nel quartiere della Bastiglia. Ricordavo che ci fosse una torre di mattoni rossi ad attenderci fuori dalla metropolitana. Ricordavo di averla vista quando scesi qui in una delle tappe della maratona di Parigi di qualche anno fa, quando uscii dalla metro per fotografare Supertechman a questo passaggio. L’abbiamo cercata, ma non abbiamo trovato alcuna traccia della torre. Intirizziti, ci siamo rifugiati in una viuzza del quartiere storico, entrando in un Quick per mangiare un’insalata. Occorreva rifarsi la sera, però. Abbiamo quindi puntato a una merenda del tardo pomeriggio da Poilâne, una delle migliori panetterie della città (oltre ai vari tipi di pane, da non perdere i dolci alle mele). Quindi tappa nuovamente al quartiere St. Germain, in cerca di qualcosa di tipico, che fortunatamente non abbiamo faticato a trovare. Si chiama Au Pied de Fouete da 150 anni è in Rue Saint Benoît (dove siamo ritornati per non perdere l’abitudine!). Il ristorante si sviluppa in altezza, con una specie di soppalco balconato e forse un piano sotterraneo. A noi è capitato di andare di sopra, proprio nella parte balconata, dove ci si siede tutti vicini-vicini e in larghezza ci stanno giusto una sedia, il tavolo, la sedia di fronte e una passaggio mignon per una cameriera magra che passa a prendere le ordinazioni, rischiando ogni volta di finire di sotto, capitolando dalla balconata. E’ un posto assurdo, per dirla con poche parole, ma dove si mangia divinamente. Parlare francese qui è d’obbligo. Ma per chi non conoscesse perfettamente la lingua, si consiglia la Tartiflette della casa e una Tarte Tatin in chiusura, per andare a colpo sicuro e uscire senza delusioni! Il martedì era giorno da dedicare al Louvre. Il martedì, ahimè, il Louvre è chiuso. Cambio di programma quindi, e giornata sotto l’acqua, prima, e sotto la neve, poi, in giro per Montmartre a visitare il Sacré Coeur, i negozietti di souvenirs inutili e il Moulin Rouge. Pranzo in una steak house proprio davanti al teatro, e caffè nello Starbucks accanto. La sera, però, gran finale in un ristorante trovato per caso su web, andando in cerca di “locali strani e singolari”. Oltre a Le Violon d’Ingres, dove lo chef, Constant, propone menu a base di cocottine varie, ma alla cui tavola siede spesso anche il presidente Sarkozy, un altro locale ha destato la mia curiosità. Si trova sull’Île Saint Louis, la più piccola delle due isole naturali della Senna. Quella su cui non sale mai nessuno, perché l’attrazione più grande, la Cattedrale di Notre Dame, è sull’Île de la Cité, giusto a fianco. Ma su l’Île Saint Louis c’è Nos Ancêtres Les Gaulois, un ristorante goliardico dove scegli il piatto principale (a base di carne) che ti viene servito direttamente a tavola, come il dessert (formaggi, frutta e dolci), ma non prima di aver consumato verdure, salumi e vino a volontà, senza limiti di sorta, servendosi direttamente “alla fonte” (un buffet libero da vincoli!). Il prezzo fisso è di 38 euro, ma, per chi ce la fa, si può mangiare all’infinito. L’ambiente assomiglia a una vecchia cantina, con i tavoloni, le luci basse e appese alle pareti come fossero torce, più saloni e personale affabile. C’è anche un “cantastorie” che agli italiani chiedeva di cantare con lui Marina, che il giorno stesso abbiamo sentito cantare a un rumeno in metropolitana. Fossimo stati in America, ci avrebbero chiesto di cantare Bella Ciao. E’ proprio vero che “paese che vai…”.

Qui qualche scatto dalla Ville Lumière.

NOTA A MARGINE: tra i “must see” di Parigi, a questo giro abbiamo incluso Colette (tra i concept store più freak della città, dove si trovano oggetti di valore incomprensibile, ma certamente non adatti a tutti i portafogli) evitando saggiamente, sebbene a pochi passi, La Maison du Chocolat, con la sua maledettissima fontana di cioccolato fuso in vetrina! Siamo entrati invece da Lancel, nei pressi dell’Opéra (pelletteria di lusso per definizione -propria-), dove Supertechman mi ha comprato una pochette meravigliosa su cui, giusto per quel giorno, era possibile far incidere le proprie iniziali. Peccato che la commessa mi abbia chiesto: “M M… comme M&M’s?”… “sì, qualcosa del genere!”, le ho risposto sorridendo.



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