On the road alla scoperta del sultanato dell’Oman in completa autonomia

Tour dell'Oman, dai canyon dei monti Hajar, al deserto di dune rosse Wahiba Sands e gli scenografici wadi, la capitale Muscat e immersioni alle isole Daymaniyat
Scritto da: Saretta080
on the road alla scoperta del sultanato dell'oman in completa autonomia
Partenza il: 21/03/2016
Ritorno il: 28/03/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

Introduzione

L’Oman è un paese sicuro da girare in autonomia. Affittando la macchina (se si prevedono sterrati e deserto è necessario un 4X4) si possono raggiungere anche i luoghi più remoti.

Le strade principali sono asfaltate e collegano la capitale Muscat con i maggiori punti di interesse, come Nizwa, Sur e Salalah, permettendo di visitare paesini caratteristici abbarbicati sui monti o ai confini con le oasi, il deserto e i wadi.

L’entroterra offre molto dal punto di vista naturalistico. Non consiglio invece l’Oman come meta per una vacanza esclusivamente di mare; benchè ci siano spiagge facilmente accessibili, al di fuori delle strutture alberghiere è sconsigliato fare il bagno in costume, per rispetto delle usanze locali. Le spiagge più belle si trovano nella zona di Salalah, nel sud del paese e sull’isola di Masirah.

E’ possibile fare immersioni in diverse zone, a nord e a sud di Muscat, così come nella penisola del Musandam, ma i siti migliori si trovano alle isole Daymaniyat.

Nel mese di marzo le temperature sono elevate durante il giorno, 33°, con escursione termica la sera, 23°. Leggermente più fresco nelle zone montuose.

Al di fuori di Muscat, che è la città più turistica dell’Oman, è consigliato indossare abiti coprenti. Tuttavia io non mi sono mai sentita particolarmente osservata e ho notato sempre un atteggiamento rispettoso nei nostri confronti da parte del popolo omanita.

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Dell’Oman abbiamo cercato di vedere il più possibile, percorrendo un on the road circolare, dalla capitale Muscat a Nizwa attraverso i monti Hajar, il deserto Wahiba Sands, Sur e i wadi. Abbiamo purtroppo dovuto tralasciare la zona di Salalah, a sud e la penisola del Musandam, a nord.

L’affitto di una macchina è fondamentale, poiché le distanze sono notevoli e spostarsi in taxi non avrebbe senso.

Noi prenotiamo un Toyota Prado 4X4 all’arrivo, recandoci semplicemente presso gli uffici delle varie compagnie di noleggio all’interno dell’aeroporto. Arabia Cars ci ha affittato il fuoristrada per 7 giorni al costo di 570€; di benzina abbiamo speso pochissimo: 60€ per i 1400 km del nostro tour. Il navigatore ha un costo extra, ma abbiamo preferito acquistare una sim locale, così da poter consultare Google Maps dal cellulare e una cartina stradale per sicurezza.

Nel caso in cui non ci si volesse organizzare in autonomia, è possibile rivolgersi alle agenzie di viaggio locali, che provvederanno a fornire macchina e autista privato in modo da essere accompagnati durante il tour.

MUSCAT: 21 marzo – 23 marzo

Ci fermiamo a Muscat 3 giorni, poiché vogliamo fare qualche immersione.

Ho già constatato in fase organizzativa dall’Italia che purtroppo l’Oman non è ancora ben strutturato per il turismo subacqueo. I centri diving locali sono pochi e non garantiscono uscite giornaliere; conviene quindi informare il centro del proprio arrivo con il dovuto anticipo.

I siti di immersione sono collocati a nord di Muscat – le isole Daymaniyat – e a sud – l’area di Bandar Khairan; altri siti si trovano all’estremo nord, nella penisola del Musandam e all’estremo sud, a Salalah, ma in questi due casi non sarà possibile recarsi in giornata da Muscat, a causa delle distanze eccessive. Vengono proposte crociere subacquee di più giorni principalmente nella zona del Musandam.

Noi optiamo per le isole Daymaniyat, a detta di molti il miglior sito d’immersione di tutto l’Oman; ci affidiamo ad Omanta Scuba Diving Academy, che, nonostante lo scetticismo iniziale dovuto alla comunicazione esclusivamente via mail e WhatsApp, si rivela un buon centro, con il quale prenotiamo due giornate consecutive. Purtroppo siamo sfortunati e le condizioni del mare non sono ottimali. Riusciamo a fare un solo tuffo, il secondo viene annullato a causa del vento e della forte corrente. Di quest’unica immersione fatta alle isole Daymaniyat non ho un ricordo eccezionale, poco pesce e barriera corallina monotona. Sicuramente se la giornata fosse stata più soleggiata i colori sarebbero risaltati maggiormente, ma il cielo grigio ha reso grigi anche i fondali. Il mese di marzo non è sicuramente la stagione migliore per immergersi in Oman a causa della scarsa visibilità, che ci hanno detto tende a migliorare nei mesi successivi. Gli unici abitanti della barriera che abbiamo potuto ammirare sono stati un paio di timidi ma enormi trigoni, qualche buffo pesce palla e nemo, impavido come sempre nel difendere la sua anemone. Ciò non toglie che immergersi rimanga per noi un’esperienza unica, già solo per il fatto di avere il privilegio di poter esplorare il modo sottomarino.

Rientrati al porto ci informano che il tempo peggiorerà e che quindi la nostra seconda giornata di immersioni è annullata. A malincuore ci rassegniamo e decidiamo di dedicarci alla visita di Muscat. Pernottiamo all’hotel Al-Falaj, poco fuori dalla città vecchia; esternamente questa struttura si presenta come un antiestetico condominio bianco, ma le aree comuni e le camere sono di buon livello e il buffet del ristorante davvero ottimo. Grazie al nostro fuoristrada ci muoviamo agilmente da una parte all’altra della città e visitiamo la suggestiva Grand Mosque Sultan Qaboos, la Royal Opera House con annessa l’Opera Galleria, uno sciccoso centro commerciale con boutiques di lusso e l’immancabile souq, colorato, caotico e profumato di franchincenso. Al tramonto è piacevole passeggiare sul lungomare, la corniche, godendosi la quiete della sera accompagnati dal canto del muezzin. Ed è proprio sulla corniche che si affaccia il tipicissimo ristorante Bait Al Luban, dove gustiamo ottimi piatti omaniti a base di carne, riso e spezie locali accompagnati dal pane arabo e per concludere i dolcissimi datteri.

DA MUSCAT A SUR: 24 marzo – 27 marzo

E’ giunto il momento di partire per il nostro on the road e, dato che ci addentreremo nell’interno attraversando i monti Hajar, decidiamo di fare scorte al supermercato. Enri è intenzionato a fare un barbecue, così acquistiamo una griglietta, alcool, carbonella, pane, spiedini e partiamo all’avventura.

24 marzo | MUSCAT – Rustaq – monti Hajar – Al Hamra – NIZWA

Per raggiungere la nostra prima tappa, Nizwa, ci sono due soluzioni: la prima più confortevole, percorrendo la superstrada che collega le due città in 2 ore; la seconda più avventurosa, uno sterrato che si inerpica su per i monti Hajar, fino a 2000 metri di altitudine.

Noi optiamo per l’avventura!

Da Muscat a Rustaq fila tutto liscio tramite un’agevole strada asfaltata.

Rustaq è un paesino ai piedi dei monti Hajar, che, come molti altri che visiteremo, presenta due principali punti di interesse: il mercato e il forte.

Il mercato pullula di vita dall’alba a fine mattinata, dopodichè, a causa delle alte temperature, tutti si ritirano nelle proprie case e in giro non si vede anima viva.

I mercati di queste cittadine sono strutturati in modo molto simile: la zona dedicata al pesce, alla carne e infine frutta e verdura. Riusciamo a fare scatti interessanti, ma sempre con un minimo di titubanza. I locali non amano farsi fotografare e conviene chiedere il permesso; quasi impossibile riuscire ad immortalare donne e bambini.

Da Rustaq parte lo sterrato di 70 km che “scavalca” letteralmente i monti Hajar e conduce ad Al Hamra. Percorrere questa strada è possibile solo in caso di bel tempo, poiché se dovesse piovere i letti dei fiumi si riempiono d’acqua e i guadi diventano impossibili, oltre alla quantità di fango che invaderebbe il sentiero. Fin dai primi chilometri si apre davanti a noi un paesaggio molto suggestivo, fatto di canyons dalle pareti altissime e dove il terreno stepposo si alterna a piccole oasi dalle palme verdissime. Guadiamo qualche fiumiciattolo e ci godiamo lo spettacolo circostante, ma dopo pochi chilometri lo sterrato comincia a peggiorare, diventando una pietraia con salite e discese da brivido. Talvolta la pendenza è tale che devo scendere dalla macchina per indirizzare il mio fidanzato, per non parlare degli strapiombi che costeggiano la strada, e avanzare a passo d’uomo diventa fondamentale. In alcuni punti il sentiero si interrompe, le piogge dei giorni precedenti hanno cancellato il passaggio e ci ritroviamo più volte fermi, senza sapere in quale direzione procedere. Per fortuna grazie all’aiuto di Google Maps e di qualche omanita che sbuca dal nulla, riusciamo a proseguire, sempre più stupiti perché ci capita di entrare letteralmente dentro al fiume rischiando di impantanarci. Vorremmo fermarci per il nostro barbecue, ma non sappiamo quanto impiegheremo per raggiungere Al Hamra e decidiamo di proseguire per questo sterrato che sale sempre più su, fino a 2000 metri; guardando dietro e davanti a noi vediamo disegnata sul lato delle montagne la stradina percorsa fino a quel momento e quella ancora da percorrere. I paesaggi sono memorabili e io vorrei fermarmi ogni 10 minuti per scattare le foto. Dopo 3 ore ininterrotte la pietraia finisce e ci ritroviamo, quasi increduli, sull’asfalto; nell’ultimo tratto incontriamo qualche fuoristrada che percorre lo sterrato in senso contrario, ma per tutto il tragitto di andata eravamo solo noi due, la nostra macchina e qualche capra. Ci accostiamo a bordo strada e prepariamo il fuoco per il barbecue, peccato che la carbonella fosse di pessima qualità e abbiamo penato non poco per riuscire ad accenderlo. Quando finalmente pregustiamo i nostri spiedini, veniamo attorniati dalle capre. Prima ne sbuca una, con la quale faccio il grosso errore di darle confidenza e in un attimo ne arrivano una decina, tutte tremendamente affamate; dividiamo con loro il nostro pranzo, un boccone a noi e uno a loro e si mangiano anche la carne. Ma non sono erbivore le capre?! Siamo stremati e ormai in viaggio da diverse ore, attraversiamo quindi velocemente il paesino di Al Hamra con le sue antiche case in stile yemenita e proseguiamo per Wadi Ghul; qui facciamo una breve sosta per fare qualche scatto al suggestivo villaggio abbandonato di Ghul. Se avessimo avuto più tempo a disposizione ci saremmo spinti fino in cima al Jebel Shams, la vetta più alta dell’Oman (3028 metri), da cui si può godere del magnifico panorama sul Gran Canyon d’Arabia. Tuttavia dopo le nostre 3 ore di sterrato abbiamo fatto il pieno di adrenalina e non desideriamo altro che un letto. Raggiungiamo la città di Nizwa e ci sistemiamo al Safari Hotel, mediocre, dove ogni camera è un piccolo appartamento e ceniamo nel ristorante dell’albergo, decisamente il pasto peggiore di tutto il viaggio, attorniati da una marea di mosche e da una puzza insopportabile.

25 marzo | NIZWA – Bahla – WAHIBA SANDS DESERT

La mattina seguente, a Nizwa, non riusciamo ad alzarci sufficientemente presto e arriviamo tardi al mercato del bestiame, alle h 11 stanno già sbaraccando. Ci è spiaciuto non poter assistere alla compravendita dei dromedari, che sono ormai caricati sui camion e in partenza con i loro nuovi proprietari. Visitiamo il forte di Nizwa, dopo Muscat l’unico altro luogo dove abbiamo notato una certa concentrazione di turisti. Dall’alto della torre il paesaggio è scenografico: una distesa di piantagioni di palme da dattero attorniate da casette color ocra. Dopo un ultimo giro nel colorato mercato ripartiamo, direzione Wahiba Sands Desert. Facciamo alcune tappe intermedie, tra cui la cittadina di Bahla, dal cui forte si gode di un bel panorama e proseguiamo per Birkat Al Mouz, dove vorremmo fermarci per pranzo. Ci rendiamo però conto che questo paesino è in realtà un micro villaggio e non c’è anima viva in giro, né tantomeno un ristorante. E’ ormai primo pomeriggio e sotto al sole cocente e ai 33° ci rimettiamo alla guida, affamati. Ci fermiamo finalmente a pranzare in un locale lungo la strada. Il proprietario ci tratta come degli ospiti d’onore e gli altri commensali incuriositi ci osservano mentre sbraniamo riso, pollo, verdure e pane arabo, tutto ottimo. Abbiamo speso 5€ in due e come spesso accade in viaggio, ci si ritrova a mangiare meglio nei ristoranti locali che in quelli turistici. Proseguiamo lungo la statale superando Ibra e giungiamo nel paesino di Al Wasil, porta d’ingresso del tanto atteso deserto, il Wahiba Sands. Abbiamo prenotato tramite Booking.com in un campo tendato, il Desert Retreat Camp. Benchè nella prenotazione fosse indicato il punto d’incontro per recarci al campo con il proprietario, noi ci attardiamo e manchiamo l’appuntamento. Raggiungeremo il campeggio in autonomia, d’altronde con il nostro 4X4 non avremo nessun problema a guidare sulla sabbia. Le indicazioni inviateci via sms sono chiare: proseguire fino alla fine della strada asfaltata, costeggiare i pali della luce nel deserto e poi sempre dritto per 10 km. E’ quel “sempre dritto per 10 km” che ci preoccupa, non avendo alcun punto di riferimento. Il paesaggio cambia bruscamente, dal deserto roccioso si intravedono le prime dune di sabbia rossa, finissima e levigata dal vento. Qualche dromedario in libertà si incammina pacioso verso l’orizzonte. Alla fine dei pali della luce avanziamo sempre dritti, cercando di seguire le tracce lasciate dai fuoristrada sulla sabbia, e il Desert Retreat Camp ci si presenta davanti, con le sue tipiche tende beduine; all’interno solo un letto con zanzariera e per terra delle stuoie. Il bagnetto è poco più arretrato, in muratura ma senza tetto. Siamo circondati da altissime dune e ci affrettiamo a scalarne una, in modo da arrivare in cima per goderci il tramonto. Il sole che cala all’orizzonte rende ancora più caldi i colori del deserto e ci scateniamo con le foto, nelle più svariate pose. Il deserto ha un fascino indescrivibile, l’atmosfera è ovattata e lo sguardo si perde, chilometri di sabbia giallo-rossa in ogni direzione, il cosiddetto Quarto Vuoto, che si spinge fino all’estremo sud dell’Oman. Il buffet della cena viene allestito sotto alla tenda principale, siamo una quindicina di ospiti in totale e si mangia seduti per terra, sui cuscini. Le temperature scendono e ci raduniamo attorno al falò a sorseggiare un tè prima di andare a dormire. Le luci vengono spente ed è in quel momento che ci si rende conto della quantità di stelle che punteggiano il cielo. La notte fila liscia, il silenzio interrotto solo dal leggero sibilo del vento.

26 marzo | WAHIBA SANDS DESERT – Wadi Bani Khalid – SUR

Prima di lasciare il deserto facciamo una breve cammellata, esperienza decisamente turistica, ma ci tengo ad osservare le dune dall’alto di un dromedario. Ci rimettiamo in viaggio, lasciandoci alle spalle la sabbia rossa del Wahiba Sands e ci dirigiamo al Wadi Bani Khalid. I wadi sono letti di fiume, che a seconda della stagione hanno una portata d’acqua differente, talvolta sono completamente asciutti, ma in caso di forti piogge sono soggetti a piene improvvise. Gli omaniti attraversano i wadi con i loro fuoristrada per raggiungere i villaggi ai confini con le oasi, che, in caso di piena, rimangono isolati. Il giorno in cui ci rechiamo al Wadi Bani Khalid siamo praticamente gli unici turisti. Il percorso da seguire per raggiungere le pozze più profonde e fare il bagno non è segnalato e così ci avventuriamo lungo le pareti del wadi; ci perdiamo in mezzo a labirintici canali d’irrigazione e spesso sconfiniamo nei palmeti e negli orti dei locali, che tuttavia non sembrano infastiditi dalla nostra presenza. Ci ritroviamo ad arrampicarci sulle rocce e in alcuni punti il trekking diventa anche rischioso, soprattutto affrontandolo in infradito come abbiamo fatto noi. Quando però dall’alto avvistiamo il wadi in tutta la sua maestosità, rimaniamo senza parole: una gola profonda costeggiata da ripide pareti di bianche rocce arenarie in mezzo alla quale scorre un torrente dall’acqua verde smeraldo. Ci godiamo il nostro bagno rigenerante, dopo tanta fatica, e sulla via del rientro ci perdiamo nuovamente. Tutt’ora se dovessi tornare al Wadi Bani Khalid, non sarei in grado di ripercorrere lo stesso sentiero, ma questo è il bello: ognuno può crearsi il proprio percorso, smarrendosi tra i palmeti per cercare di raggiungere quelle pozze dall’acqua cristallina. Ci rimettiamo alla guida e raggiungiamo la cittadina di Sur, il punto più a sud del nostro viaggio in Oman. Pernottiamo al Sur Plaza Hotel, una bella struttura con piscina e un ristorante di ottimo livello. Passeggiando lungo la corniche di questo tipico paesino, si può osservare la gente del posto che al tramonto si riversa in spiaggia per godersi le temperature leggermente più miti della sera.

27 marzo | SUR – Wadi Shab – MUSCAT

Siamo giunti al nostro ultimo giorno di tour, che ha inizio con la visita della fabbrica di dhow, le imbarcazioni locali – costruite interamente in legno – e del mercato del pesce. Tuttavia non dedichiamo troppo tempo alla bella cittadina di Sur, perché vogliamo raggiungere il Wadi Shab, prima di rientrare a Muscat. La Lonely Planet descrive questo wadi come il più turistico dell’Oman – e in effetti lo è – ma ci ha sorpresi con un trekking impegnativo e avventuroso. Avendo letto che in alcuni punti bisognerà entrare in acqua, commettiamo nuovamente l’errore di partire con le infradito, anziché con le scarpe da ginnastica, o meglio ancora, con i calzari da sub. Nel primo tratto si cammina agevolmente su di un sentiero battuto che costeggia il torrente, ma man mano che si avanza si deve guadare il torrente; all’inizio l’acqua arriva alle caviglie, poi alla vita e nel tratto finale ci si ritrova a nuotare completamente immersi. Per fortuna abbiamo portato con noi la borsa sub waterproof, così possiamo riporre all’interno i vestiti e la macchina fotografica; ma la maggior parte dei turisti, colti impreparati, nascondeva le proprie cose sotto alle pietre oppure le chiudeva alla bell’e meglio in un sacchetto della spesa. Il trekking dura 1h30 ed è impegnativo, sia per il caldo, sia per la fatica. Nel tratto finale – il più spettacolare – bisogna essere dei discreti nuotatori; l’acqua è profonda, ci si deve infilare in un cunicolo in cui passa solo la testa, con la corrente che ti risucchia all’interno di una suggestiva grotta. Dopo tutte queste fatiche ci accampiamo su una roccia e pranziamo con i panini che ci siamo preparati in hotel la mattina. In loco non si trovano né acqua, né cibo, né tantomeno toilettes, quindi bisogna partire organizzati. L’esperienza al Wadi Shab è stata sensazionale, la bellezza del paesaggio dominato dal contrasto tra le ripide gole di rocce bianche e l’acqua verde smeraldo è uno spettacolo unico. Non ci rimane che rientrare a Muscat dove pernottiamo nuovamente all’hotel Al-Falaj; la mattina seguente riconsegniamo la macchina in aeroporto e con il solito magone che accompagna ogni nostro rientro, torniamo in Italia. L’Oman mi ha sorpresa, non mi aspettavo tanta avventura e paesaggi così diversi tra loro che hanno reso la nostra vacanza estremamente varia. I momenti più intensi e carichi di adrenalina sono stati senza dubbio lo sterrato sui monti Hajar, la notte nel deserto e i trekkings nei wadi. Il fatto di aver girato il paese in completa autonomia ci ha permesso di goderci il viaggio al meglio e in pochi giorni abbiamo avuto una visuale abbastanza completa del sultanato.

Rimane un piccolo rimpianto per non aver avuto il tempo di attraversare il Quarto Vuoto, fino a Salalah, dove le dune di sabbia bianca si tuffano nel mare; un motivo in più per ritornare in futuro. Per maggiori informazioni potete visitare il mio sito: www.vogliadiesotismo.it

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