Sci-alpinismo in norvegia

Finalmente si parte. L'appuntamento al casello di Montebello è per le 7 di sabato 14 aprile, destinazione Tromso, Norvegia, lat. 69.40 gradi Nord - 19 gradi Est. Qui mi aspettano alcuni dei partecipanti con i quali trascorrerò una settimana a bordo di una piccola nave, la “Polargirl”, che si rivelerà poi essere un caldo e confortevole...
Scritto da: orchiclasta
sci-alpinismo in norvegia
Partenza il: 14/04/2007
Ritorno il: 21/04/2007
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
Finalmente si parte. L’appuntamento al casello di Montebello è per le 7 di sabato 14 aprile, destinazione Tromso, Norvegia, lat. 69.40 gradi Nord – 19 gradi Est. Qui mi aspettano alcuni dei partecipanti con i quali trascorrerò una settimana a bordo di una piccola nave, la “Polargirl”, che si rivelerà poi essere un caldo e confortevole “rifugio…………galleggiante”. Atteriamo a Tromso verso sera. Il tempo non è dei migliori, ma non fa molto freddo. Ci si sistema a bordo, si cena e poi si esce a fare quattro passi, ma non si salpa, in quanto mancano parecchi bagagli e 5 paia di sci: dobbiamo quindi aspettare il loro arrivo, che si protrarrà fino alla domenica sera. Essendo sabato sera c’è molto movimento a Tromso, sopratutto di ragazzi, nei vari pub che qui sono numerosi. C’è molta euforia dovuta al fatto che in questo periodo, a queste latitudini, la luce del sole comincia a durare molte ore, più o meno dalle 3.30 del mattino fino oltre le 10 di sera, perciò sono tutti allegri e rilassati, anche i meno giovani. Intanto cominciamo a conoscerci un po’, e devo dire che si stabilisce da subito un rapporto molto empatico tra tutti i 30 componenti del gruppo. Due parole vanno spese per presentare i componenti di questo variopinto gruppo. Ci sono tre guide alpine di Cortina: Davide (Capazin), Alberto (Magico) e Paolo (Paolino), poi due maestri di sci: Silvio (Codan) di Serdese (S.Vito di Cadore), Luca di Livigno con le sue due stupende figlie Alessandra e Carlotta. Poi Claudio, Giuseppina, Massimo, Gigi, Ugo, tutti della valle del Boite, Franco (Francheto) da Abano, Enrica e Fabio dalla Svizzera, Ornella e Aldo di Bergamo, Edoardo, Guglielmino (h. Mt. 1,90), Antonio (classe 1949) da Crema, Alberto e Stefano ( i più giovani) della val Di Non, Tom e Peggy dalla California, ed infine i telemarkisti : Mariella (la Dolce), Simone (er Chimico), Silvano (er Fico), Luca (er Dottorino) Enzo (er Camicia) tutti “ de Roma”, ed infine il sottoscritto. Domenica mattina il tempo non è migliorato, e approfittiamo per fare un giretto per la città che si presenta deserta. Nel frattempo alcuni bagagli sono arrivati però mancano ancora le 5 paia di sci (dei romani). Aspettiamo intanto che il tempo migliori e finalmente alle 13 partiamo per la prima salita, il Tromdalstinden, dislivello 1300 metri che per la prima parte si effettua con discreta visibilità, mentre la parte finale non viene percorsa per la fitta nebbia e il vento che avvolge la cima. Scendiamo quindi, dapprima con poca visibilità e neve molto pesante, poi più in basso la neve migliora consentendoci una discreta discesa. Nel frattempo, fortunatamente, sono arrivati anche gli sci che mancavano. Il lunedì mattina la nave salpa verso l’isola di Arnoy, dove ci aspetta la cima del Trolldastind, mt. 1000. Il tempo non è incoraggiante, piove un po’ e quindi non fa troppo freddo, ma la regola è “ partire sempre” e va rispettata perchè la variabilità da queste parti è molto spinta. Infatti, poco dopo la partenza, il tempo migliora rapidamente ed esce il sole, ma anche un vento forte. Non importa: si sale decisi e si arriva in vetta sulla quale si trova una gigantesca antenna cilindrica in cemento armato. La discesa è bellissima, su neve primaverile ben assestata e si scia che è una meraviglia (il vento è cessato) e “purtroppo”, in breve, si giunge in riva al mare. Si parte per Havnnes dove arriviamo in serata, ormeggiamo davanti ad uno stabilimento di lavorazione dello stoccafisso, la temperatura intanto diminuisce ed inizia a nevicare debolmente. Il mattino seguente nevica e visitiamo lo stabilimento vedendo così come lavorano il “baccalà” tanto caro ai vicentini: dal lavaggio in vasche di acqua corrente, alla legatura a due a due, alla collocazione nei grandi essicatoi all’aperto, all’imballo per la spedizione nelle varie parti del mondo. A mezzodì del martedì si parte perchè il tempo è migliorato; la cima del Kjevalstinden, dislivello mt. 1100, però si presenta coperta da nubi e sferzata da un fortissimo vento. La salita inizia a poche decine di metri dalla nostra nave. Inizialmente attraversiamo un boschetto di basse betulle molto fitto arrivando poi su un bel pendio molto ampio, ma via via che ci si alza il vento ed il freddo si fanno sentire. Tuttavia si procede sicuri e spediti, ma purtroppo a quota 940 dobbiamo fermarci per la fitta nebbia e quindi si decide di scendere, anche perchè il vento e il freddo sono sempre più intensi. La discesa, appena la visibilità diventa buona, nonostante tutto è abbastanza soddisfacente, mentre nel fitto boschetto di betulle si deve interpretare in modo creativo il percorso da fare e non mancano degli svarioni che vanno a scapito di alcuni di questi poveri piccoli alberelli. Io intanto comincio ad essere afflitto da una fastidiosissima tracheite che mi farà saltare la gita di domani. La mattina del mercoledì il tempo è bellissimo e fa freddo a Lyngen, ma il mio stato di salute, anche su consiglio dei medici di bordo, sconsiglia la mia partecipazione alla salita del Kavringtinden, dislivello mt. 1400, con quasi mezzo metro di neve polverosa caduta nelle ultime 24 ore: DA PIANGERE!!! I medici di bordo intanto si prodigano attorno al mio capezzale imbottendomi dei farmaci, che provvidenzialmente avevano al seguito, con buoni risultati, tanto che il giorno successivo sarò in grado di essere di nuovo in gioco. Anche oggi, giovedì, la giornata non può essere migliore: il cielo del nord è di un azzurro incredibile e fa freddino al porto di Olderdallen, dove sbarchiamo di buon mattino. Il monte Gilavarre, mt. 1167, sarà la nostra meta. All’inizio il solito bosco di betulle con in più la neve ghiacciata che rende all’inizio la salita un po’ rognosa, ma appena fuori da questo tratto si aprono dei bellissimi pendii coperti da uno strato superficiale di 20 / 30 centimetri di neve polverosa, tanto che, superato uno di questi pendii, molti decidono di scendere questo tratto con gli sci per approfittare delle magnifiche condizioni. Salendo il panorama che si apre davanti ai nostri sguardi è senz ‘altro inconsueto e bellissimo, infatti i fiordi visti dall’alto delle montagne che saliamo sono di una bellezza incredibile ed emozionante. Non immaginavo che fosse così bello sciare in Norvegia, e per la qualità della neve, e per sciare…….in riva e con vista sul mare. Arrivati in vetta ciò che si vede attorno è grandioso ed assomiglia in tutto alle alpi centro occidentali, anche se le quote non superano in questa zona i 1500 metri. In aggiunta, come già detto,il fatto che dalla vetta si veda il mare amplifica la bellezza e lo stupore. La discesa da questa vetta, come previsto, è stata adrenalina pura: in primis per la neve polverosa, poi perchè le tre diaboliche guide di Cortina e i due maestri di sci che ci accompagnavano hanno scelto un percorso diverso da quello fatto in salita. Perciò , dopo una prima breve ma esaltante discesa, ci siamo affacciati su un canalone, esposto a nord, sovrastato da una enorme cornice che però, nella parte sinistra, lasciava un buon passaggio per scendere in sicurezza nonostante la verticalità iniziale del pendio. Compito di aprire le danze spetta, come sempre, al superbo maestro di sci Silvio Belli “Codan” di Serdese (S.Vito di Cadore) che, con sommo sprezzo del pericolo, si lancia sul pendio verticale incurante delle difficoltà e dei possibili tragici esiti. Lo seguiamo uno alla volta assaporando metro per metro questa discesa superlativa con la neve polverosa che arriva alle ginocchia. Arrivati in fondo a questo vallone si risale un’altro pendio esposto a sud, in questo caso con neve trasformata e scorrevolissima, e dopo breve tempo si arriva di nuovo in vetta per goderci un’altra discesa esaltante fino a poche decine di metri dl mare. Si salpa alla volta di Koghen (disl. Mt. 1300) per salire la cima omonima che si mostra al nostro arrivo in tutta la sua bellezza. Se il tempo tiene domani faremo il bis. Il mattino successivo , venerdì, il tempo è ancora discreto ma la nostra cima è un po’ coperta da qualche nube. Sbarchiamo quattro alla volta in barca perchè non c’è possibilità, per la nave, di attracco a riva. In questo frangente accade che un’onda gelida e infingarda bagnaiabbondantemente il sedile sul quale appoggiano i miei vetusti glutei. Ultimato lo sbarco saliamo un bel pendio coperto da uno strato di neve polverosa di alcuni centimetri che fa ben sperare. Il sole si fa vedere a intermittenza creando bellissimi chiaroscuri e si approfitta anche per fare alcune fotografie Ma ahinoi dopo un paio d’ore di salita, da ovest, lontano sul mare, vediamo che s’avanza un esteso fronte grigio sulla cui direzione non ci sono dubbi: viene verso di noi!! Infatti, dopo poco più di mezz’ora, siamo rag-giunti da questo fronte che oltre alla nebbia ci scarica addosso raffiche di vento e una bufera di neve. Questo ci costringe ad un rapido rientro in quanto la visibilità non ci consente di proseguire. Tuttavia la discesa non è poi male e la neve ci consente di sciare in modo divertente. Aulla spiaggia, dove siamo sbarcati poche ore prima, non troviamo la nave ad attenderci per l’imbarco e dobbiamo quindi proseguire lungo questa spiaggia con gli sci ai piedi, in mezzo alla bufera per quasi un’ora, raggiungendo così una insenatura sottovento dove qui ci attende, in rada, la nave per l’imbarco che avviene con le modalità del mattino, con la differenza che di bagnato al mattino avevo solo il sedere, mentre nel pomeriggio di bagnato abbiamo tutto. Fin qui la parte che riguarda l’attività scialpinistica. Poi naturalmente, c’è tutto il resto del tempo che si passa a bordo del “rifugio galleggiante Polargirl”, governato da tre marinai più un cuoco che, per quel che riguarda la conduzione della nave e tutta l’organizzazione in generale, sono stati di un’efficenza encomiabile. Ad ogni rientro a bordo si approfitta delle comodità offerte dalla nave: chi fa la sauna in una sauna vera installata sul ponte coperto, altri invece preferiscono stare a mollo in una tinozza collocata sul ponte scoperto, piena di acqua di mare (di Norvegia) riscaldata a 40° da una stufa a legna immersa nella tinozza stessa. Chi invece non volesse utilizzare queste dotazioni può optare per delle efficienti docce ai piani delle cabine. La vita di bordo è confortevole: abbondano generi di conforto liquidi e solidi che, dopo ogni ascensione, insieme alle varie specialità gastronomiche che ognuno di noi ha portato dai rispettivi luoghi di provenienza, in attesa della cena serale, sono molto apprezzate da tutti. La colazione e la cena sono due momenti abbastanza piacevoli, anche perchè la cucina di bordo (norvegese) non è niente male, e addirittura una sera, dopo essere riusciti a trovare in un negozio sette chili di spaghetti (made in Italy), Gigi (che ha un albergo al passo Giau ed è cuoco provetto), con l’aiuto di Magico ha preparato un ottimo sugo all’amatriciana, regalandoci una spaghettata molto apprezzata da tutti indistintamente. A colazione c’è abbondanza di vari tipi di cereali, formaggi e salumi, succhi di frutta, latte, yogurt, caffè, aringhe con cipolla in agrodolce o con una salsa di pomodoro, salmone affumicato che è una delizia, con il quale oltre alla colazione si fanno degli ottimi panini grondanti di salmone da portare nel sacco durante le gite. Non è mai mancata la buona e buonissima musica grazie ai numerosi “ I POD ” in dotazione di molti, che viene diffusa da un apposito apparecchio per la gioia di tutti. E, a proposito di musica, la cosa curiosa e per certi aspetti sorprendente, è che in questi otto giorni trascorsi tra persone che della montagna, chi per passione e chi per professione, ne hanno fatto una delle proprie ragioni di vita, con mio personale sollievo, nessuno ha mai, dico mai, mostrato voglia o intenzione di iniziare una “canta” di canzoni di montagna, come spesso accade in situazioni analoghe. Che fosse perchè essendo noi tutti “al mare”, fortunatamente, mancava il pathos necessario? ! Infine, come detto all’inizio di questo “diario”, mi preme ritornare sulla bella atmosfera che si è creata in questo gruppo composito di persone che provengono da varie parti d’Italia e del mondo: immediatamente tutti abbiamo reciprocamente sentito nelle nostre corde una buona “vibrazione” verso i nostri compagni di avventura. Perciò la serenità e l’armonia che è aleggiata fin dai primi momenti non è mai venuta a mancare per tutto il tempo, anzi, il momento in cui siamo ritornati ci siamo resi conto che questo “incanto” avrebbe lasciato un vuoto in tutti noi.


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