Una settimana a New York… evviva il NY Pass

Il viaggio di Nanà (Emilio) e Ninì (Francè): sette giorni come due pietre rotolanti per le strade della Grande Mela
Scritto da: NINI''
una settimana a new york... evviva il ny pass
Partenza il: 28/07/2012
Ritorno il: 04/04/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ed eccoci giunti come ogni estate al fatidico momento di decidere la meta per le ferie: questa volta la scelta ricade per una settimana a New York, sconosciuta ad entrambi.

Visto il largo anticipo con il quale confermiamo il volo (una settimana dalla partenza è davvero notevole per i nostri standard) abbiamo tutto il tempo per “studiare” e preparaci: come muoversi, cosa vedere, dove andare la sera, addirittura l’alloggio: Boutique Hostel, due posti letto con bagno condiviso in camerata mista sulla 49 street tra la 8th e la 9th Avenue. Posizione ottima, economico (538 $ in due) e poi siamo in camere miste. E’ proprio quello che ci serve.

Intendiamoci: questo diario non vuole essere la madre di tutte guide di New York (ce ne sono di migliori) ma solo il resoconto fedele di un viaggio divertente, dinamico e scanzonato, come lo sono tutti quelli che affrontano Nanà e Ninì.

Sabato 28/07/12

Arriviamo con largo anticipo a Fiumicino per il volo US Airways in partenza alle 11.05: volo in orario ma servizio che lascia a desiderare e decisamente costoso (3$ per le cuffie che all’atterraggio dovrai restituire e 7$ per una birra?). Scalo all’aeroporto internazionale di Charlotte dove assolviamo alle pratiche di “schedatura” della dogana, ritiriamo e re-imbarchiamo i bagagli per la coincidenza per Newark, che parte con una ventina di minuti di ritardo.

Quando atterriamo in New Jersey come da accordi presi via mail è Johnny, il gestore dell’ostello, a chiamarci per sincerarsi che siamo arrivati e ricordarci che ci aspetta solerte sulla porta della nostra futura casa. Ritirate le valigie troviamo subito un taxi che ci porta a destinazione; fino a poco fa è piovuto e l’aria è fresca e frizzante.

Una volta arrivati al 324 della 49 st Johnny (un simpatico Koreano) è effettivamente lì ad accoglierci e capiamo subito il perché: il Boutique Hostel altro non è che un insieme di appartamenti sparpagliati per il Lower West Side che lui gestisce conto terzi. Ci consegna la chiave e ci porta in quella che sarà la nostra dimora per i prossimi sei giorni: 50 mq tra cucinino, tinello/disimpegno, bagno e due camere già occupate. A noi è stato assegnato un letto doppio con una piazza a scomparsa sotto l’altra proprio nel tinello: abbiamo visto posti peggiori.

Saldiamo il conto (da questo momento Johnny non lo vedremo più), ci diamo una rinfrescata e siamo pronti per la serata; nel frattempo facciamo la conoscenza di Phom la nostra coinquilina Koreana che sta aspettando che la madre la raggiunga qui nella Grande Mela da Chicago.

Nel viaggio in taxi ho intravisto il bagliore proveniente da Times Square e una volta in strada ci accorgiamo che da dove siamo bastano 10 minuti a piedi per arrivarci. Lo so che lo dicono tutti ma è vero, specialmente di sera: ti senti al centro del mondo!

Per cena decidiamo per il Bubba Gump, il ristorante al piano superiore dell’omonimo negozio di souvenir, e qui il fegato viene messo a dura prova per la prima volta: frittura di frutti di mare (porzioni americane cioè esagerate) innaffiata da un cocktail al limone con tequila e Corona; alla fine ci daranno i bicchieri in ricordo in quanto compresi nel prezzo.

Ci vuole una passeggiata e ci mettiamo a cercare un locale in zona per concludere la serata, passando in rassegna un pub irlandese con il caratteristico bancone lungo in legno ed un club alla moda dove tutti ballano e bevono: l’ambiente è abbastanza formale e noi siamo ancora in bermuda e maglietta, all’inizio ci squadrano poi nessuno ci calcola più.

Con due whisky e due birre in circolo ma soprattutto le ore di viaggio che cominciano a farsi sentire decidiamo di andare a dormire ma ecco che sulla via di casa scoviamo un altro piccolo pub irlandese interrato rispetto al piano stradale, il “Mean Fiddler” (sulla 47 st) bello pieno di gente, anche qui si balla, che diverrà una tappa fissa nelle prossime sere.

Domenica 29/07/12

Sveglia alle 8.00, usciamo subito alla ricerca della prima stazione della metro dato che sappiamo già dove andare: ci hanno detto che la messa Gospel dell’Abyssisian Baptist Church ad Harlem è irrinunciabile. Acquistiamo la metro card per tutta la settimana alla modica cifra di 28$ e con la linea C arriviamo sulla 135 st davanti al St. Nicholas Park, una tranquilla passeggiata in una sonnolenta Harlem domenicale e arriviamo in prossimità della chiesa, dove veniamo gentilmente rimbalzati: i nostri bermuda e le magliette non si addicono alla celebrazione.

Nessun problema: ci ripromettiamo di tornare per la funzione del mercoledì pomeriggio vestiti di tutto punto.

Decidiamo quindi di proseguire il giro per Harlem percorrendo verso sud il Powell Boulevard (7th Avenue) fino ad incontrare la Metropolitan Baptist Church: qui ci fanno entrare ma il coro di soli 4 elementi, seppur bravi, non ci entusiasma particolarmente e usciamo dopo pochi minuti. La fame comincia a farsi sentire, è quasi arrivata l’ora del brunch ed ecco che dall’altra parte della strada vediamo l’insegna “House of Pancake”, una tentazione alla quale cediamo facilmente: una torre di frittelle guarnite di fragole, banana, panna montata e sciroppo d’acero come se piovesse, ovvero la colazione dei campioni.

Proseguiamo sulla 7th fino alla 125 strada e la Rough Guide di New York (nostra fedele compagna in ogni momento) ci segnala che siamo nei pressi dell’Apollo Theater, tempio del Blues, Jazz, Soul, R&B;… basta guardare le targhe degli artisti disposte sul marciapiede di fronte all’ingresso: da pelle d’oca.

Abbiamo già deciso che la prossima tappa sarà il Museo di Storia Naturale ma con il pieno di zuccheri fatto siamo ben lieti di camminare ancora un po’, tanto che arriviamo fino alla Columbia University dove facciamo un giro all’interno. Riprendiamo la metro fino al cuore dell’Upper West Side dove raggiungiamo il museo ormai celebre come ambientazione di “Una notte al Museo”. All’ingresso ci aspetta una brutta notizia: il New York Pass non si ritira alla prima attrazione come credevamo ma avremmo dovuto procurarcelo prima!

Niente paura, c’è un centro informazioni all’angolo tra la 7th av e 48th st (non lontano da Times Square), risaltiamo in metro e lo raggiungiamo: 6 postazioni internet e tutte le cartine e depliant possibili. Prenotiamo il New York Pass settimanale che andremo a ritirare dopo e ci tratteniamo un po’ a chiacchierare con la ragazza italiana che lavora lì e che ci dà diverse dritte: cominciamo a buttar giù idee sugli itinerari da seguire nei prossimi giorni.

Ritiriamo i nostri New York Pass, la vera chiave della città, all’ufficio della Gray Line sulla 47th st e ci accorgiamo che sono già le 18.00, è ora di incamminarci verso il Bronx, destinazione Yankee Stadium: alle 20.00 ci aspetta la partitona NewYork Yankees vs. Boston Red Socks e questa volta i biglietti li abbiamo (96$ comodamente stampati a casa due giorni prima della partenza).

All’esterno lo stadio è maestoso (per arrivarci c’è un’apposita fermata della metro), mentre è quasi irreale l’ordine con cui la folla di fuori affluisce agli ingressi. Appena entrati facciamo un salto all’official store e non resistiamo alla tentazione di acquistare le magliette di Jeter (capitano ed interbase) e Texeira (prima base): vogliamo goderci il match da veri tifosi.

Raggiungiamo i nostri posti nel settore più alto ma che consentono comunque una perfetta vista del campo e del tabellone ed attendiamo l’inizio con due birre gelate ed una generosa porzione di patatine. E poi ecco l’inno nazionale che possiamo cantare anche noi (le parole scorrono sul maxischermo), la presentazione delle squadre e gli ordini di battuta, pronti via. La partita è tesa: Red Socks in vantaggio al secondo inning per due a zero, gli Yankees ci provano in tutti i modi ed al settimo accorciano con uno splendido home-run di Russel Martin per poi pareggiare all’ottavo con Robertson; in parità alla fine del nono inning si va ad oltranza ma i Red Socks sono ossi duri ed al decimo portano un battitore in casa base: finisce 3 a 2 per Boston! Ma è stato comunque uno spettacolo: abbiamo fatto il tifo da autentici Yankees dall’inizio alla fine e ci siamo divertiti come matti.

Il deflusso dallo stadio è ordinato così come l’afflusso, la partita è durata quasi 4 ore, riprendiamo la metro fino a Times Square e ci incamminiamo verso casa, non prima di un paio di cicchetti al “Mean Fiddler”.

Lunedì 30/07/12

Partiamo di buonora diretti verso Lower Manhattan e il Financial District, avendo già prenotato i pass per il memoriale dell’11 settembre (gratuiti sul web) per entrare alle 10.00; una colazione al volo su Church Street e seguiamo le innumerevoli indicazioni che conducono a Ground Zero.

Questa è la sola “attrattiva” (passatemi il termine) di New York che realmente non è possibile descrivere, bisogna andarci, per ognuno è diverso: io ad esempio sono incapace di qualsiasi commento, parlo solo quando interpellato da Emilio. Non ci tratteniamo troppo a lungo, circa 20 minuti ed una volta usciti dal parco ci concediamo un passaggio nel canonico negozio di souvenir, dove trasmettono senza soluzione di continuità su un 42” vari filmati di testimonianze dei parenti delle vittime: mi sembra un po’ fuori luogo, ma tanto è…

Nei nostri piani ora ci sarebbe un giro per Wall Street e dintorni, ma il vademecum del New York Pass ci ragguaglia sulla possibilità di un tour guidato il mercoledì mattina, quindi rimandiamo e raggiungiamo a piedi Battery Park per la prossima tappa: Statua della Libertà ed Ellis Island. Ritirati i biglietti a Castle Clinton (evviva il NY Pass) ci uniamo a quella che sembra un’interminabile fila per l’imbarco, ma che procede piuttosto spedita: il viaggio di andata ce lo facciamo a prua e ci godiamo il lento avvicinamento a Liberty Island.

Dopo la domenica di ambientamento vissuta su ritmi blandi abbiamo ormai imparato che ogni minuto è prezioso: scesi dal traghetto ci lanciamo al chiosco delle audio guide e seguiamo il tour che si snoda ai piedi di Lady Liberty con il naso quasi sempre all’insù, uno sguardo al profilo di Manhattan baciato dal sole, l’immancabile foto con la ragazza con la torcia e siamo pronti a ripartire.

Navigando verso Ellis Island è naturale pensare a quanti altri milioni di immigrati prima di noi hanno percorso questo stesso braccio di mare con negli occhi lo stesso nostro stupore e per un momento mi sovvengono le parole di “American Land” (Springsteen): “I docked at Ellis Island in a city of light and spire, I wandered to the valley of red hot steel and fire…”. Una volta approdati entriamo subito nel museo dell’immigrazione e ci dotiamo anche qui delle audio guide che ci permetteranno di girarlo in lungo e largo, partendo dalla Registry Room al primo piano e passando per le varie sale che ricostruiscono la trafila di controlli ai quali erano sottoposti gli immigrati; vedere poi i cartelloni in italiano che pubblicizzavano le partenze dai porti di Napoli, La Spezia, Livorno ecc… per le 10 lire di allora fa un certo effetto.

Ritorniamo a Battery Park sempre gustandoci il viaggio dalla prua del traghetto ed appena usciti prendiamo la linea 4 della metro diretti a Brooklyn, scendendo alla prima fermata (downtown). La rete stradale qui non è la scacchiera lineare di Manhattan ma ci orientiamo subito e attraversiamo a piedi il quartiere residenziale di Brooklyn Heights, un perfetto connubio tra la frenesia della vicina isola e la tranquillità della periferia: non a caso è tra gli indirizzi più ambiti in città.

In 20 minuti arriviamo alla prossima tappa della lista, un must assoluto, la traversata a piedi del ponte di Brooklyn. E siamo fortunati che riusciamo a farla al tramonto, con il sole che si abbassa dietro la skyline di Manhattan in progressivo avvicinamento: non occorre fare delle foto… e chi se lo scorda!

Arriviamo ai margini del City Hall Park, intravediamo l’omonima sede del municipio e riprendiamo la metro fino a Times Square, dove facciamo gli scemi sotto la telecamera che riprende tutti i passanti di fronte alla gradinata dei ticket per gli spettacoli di Broadway.

Un salto a casa per lasciare gli zaini e facciamo la conoscenza delle due nuove coinquiline tedesche, turiste come noi; uscendo decidiamo di cenare nel quartiere di Hell’s Kitchen, ma nonostante l’offerta di ristoranti e pub sia decisamente ampia nessuno ci ispira abbastanza…abbiamo voglia di una bistecca! Nessun problema: a Times Square trovi tutto ciò di cui hai bisogno, anche un’ottima Steak House dove il nostro appetito viene ampiamente soddisfatto. Nel giro dei bar che segue, con l’ormai classica tappa al Fiddler, il destino ci fa incontrare di nuovo le nostre teutoniche compagne di casa, che ci concedono un brindisi ma si dileguano subito…appena le rivediamo scatta l’invito a cena.

Martedì 31/07/12

Sveglia alle 7.30 con ancora il sapore di whisky in bocca, prenotiamo (sempre al centro informazioni) il tour di Wall Street per il giorno dopo e plachiamo la fame chimica con un muffin. Poi linea gialla della metro fino a Madison Square Park, usciamo di fronte al famosissimo Macy’s e raggiungiamo a piedi il Garden, gli giriamo intorno e cominciamo una lenta risalita della 5th avenue. Sorpassiamo l’Empire State Building ed giungiamo dinanzi alla New York Public Library, sede del più grande sistema bibliotecario del mondo: entriamo ed arriviamo fino all’immensa sala lettura al terzo piano, io ho anche il tempo di trovare una raccolta di poeti Italiani e rileggermi l’Infinito di Leopardi in inglese.

Proseguiamo sempre sulla quinta strada fino al Rockfeller Center. Di sicuro a Natale con l’albero e la pista di pattinaggio è spettacolare, ma anche ora che è “spoglio” fa il suo effetto: siamo nel vero centro di New York. Senza ulteriori indugi entriamo e prendiamo (evviva il NY Pass) l’ascensore per la piattaforma panoramica al settantesimo piano, la “Top of the Rock”: la giornata è perfetta e di conseguenza anche la vista, che riesce spaziare dalla statua della Libertà fin quasi allo Yankee Stadium.

Una volta vinto l’aumento di pressione alle orecchie dopo la discesa ci accodiamo al prossimo tour guidato del vicino Radio City Music Hall, il famoso teatro che ricorda una conchiglia per la forma dell’auditorium: la guida è simpatica ed esauriente, nel giro è compresa la foto insieme ad una Rockette (le ballerine dello spettacolo Natalizio al Rockfeller Center) ed in definitiva rimaniamo ammaliati da un autentico tempio dello spettacolo. Dulcis in fundo in questi giorni si esibisce il Cirque Du Soleil… comincia a germogliare l’idea di acquistare i biglietti.

E’ già passata l’ora di pranzo ma non abbiamo fame, facciamo due passi fino alla Broadway e prendiamo la metro fino a Central Park West, usciamo quasi di fronte al Museo di Storia Naturale e questa volta (evviva il New York Pass!) ce lo giriamo da cima a fondo, con immancabile foto di fronte al Tirannosaurus Rex.

Percorrendo le sale dei Nativi Americani, i mammiferi Africani, gli Asiatici, i popoli del Pacifico, ecc… perdiamo completamente la cognizione del tempo, tanto che usciamo all’imbrunire, quindi torniamo in metro fino a Times Square e siccome siamo divenuti degli utilizzatori compulsivi del NY Pass ci facciamo un giro al museo delle cere di Madame Tussauds sulla 42 st: all’uscita ci capita di scambiare la riproduzione di Morgan Freeman per l’attore in carne ed ossa…forse è ora di andare a casa.

Una doccia veloce e siamo di nuovo in pista, direzione Empire State Building per una veduta notturna della città dopo quella diurna al Top of the Rock. Ma prima di salire all’osservatorio (evviva il NY Pass), tappa al secondo piano per il “New York Sky Ride”, la simulazione di volo sopra e tra le vie della città. L’ascensore ci porta fino all’80esimo piano, gli ultimi 6 si fanno a piedi ed arrivati alle passerelle esterne, nonostante la folla numerosa, rimaniamo senza fiato ad osservare quello spettacolo di luci e vita sotto di noi.

Scesi dopo una mezzora veniamo assaliti dalla stanchezza della giornata ma soprattutto dalla fame: abbiamo già scelto il West Village per trascorrere la serata ma per quando arriviamo con la metro sulla 14 st l’ora è tarda (sono passate le 23) e le cucine dei ristoranti stanno chiudendo. Fortunatamente scoviamo un piccolo pub sulla 12 st dove ci preparano un ottimo hamburger che innaffiamo con una pinta di Brooklyn Lager.

Non trovando locali nelle immediate vicinanze e in vista di una giornata lunga almeno come quella passata ce ne torniamo con calma a casa, ovviamente con cicchetto finale al Fiddler (ormai se non ci vedono arrivare si preoccupano).

Mercoledì 01/08/12

Arriviamo a Wall Street con un anticipo sull’inizio del tour sufficiente per una colazione con bagel e caffé di fronte alla New York Stock Exchange. Intorno alle 10 a.m. arriva la nostra guida, il simpatico Ned, che inizia il giro con una breve ma doverosa premessa sulla storia delle origini di New York, per poi passare a tutti i luoghi di interesse nei dintorni anche questi infarciti di cenni storici: la Federal Hall, la già citata Borsa Valori, la prima sede della JP Morgan, il Trump Building, fino ad arrivare al Bowling Green, il più antico parco cittadino, dove ha inizio la Broadway, il Toro simbolo del rialzo del mercato (come augurio di buona sorte non gli tocchiamo i maroni come fanno tutti, ci limitiamo alle chiappe) e la Trinity Church. Il tour si conclude di fronte al cantiere in perenne movimento di Ground Zero e siccome ha iniziato a piovere approfittiamo del vicino Century 21 per asciugarci e ricordarci che dovremo ritagliarci un po’ di tempo per lo shopping.

Ma non è questo il momento, il MOMA e le maggiori opere d’arte contemporanea ci aspettano: compresa una ruota di bicicletta completa di forcella fissata su uno sgabello di legno… mah!

I quadri ce li gustiamo più delle sculture: Van Gogh, Warhol, Picasso, Monet, Pollock, Modigliani… anche qui non ci accorgiamo del tempo che passa e quando usciamo è già ora di recarsi ad Harlem: alle 18.30 avremo l’ultima occasione per assistere al coro gospel dell’Abyssisian Baptist Church.

Quindi linea 1 della metro fino alla 135 st, ma c’è un piccolo problema: abbiamo il necessario per cambiarci ma siamo ancora in braghe corte in piena Harlem, continua a piovere e non abbiamo idea di dove poter effettuare il suddetto cambio. Passeggiando incrociamo una tavola calda e abbiamo l’illuminazione: entriamo, anticipiamo la cena con riso ed ali di pollo croccantissime e nel frattempo sfruttiamo il bagno (delle donne dato che quello degli uomini è fuori uso) per cambiarci.

Non posso fare a meno di sorridere ripensando ai visi allibiti degli inservienti che hanno visto entrare due turisti in pantaloncini e maglietta ed uscire due distinti gentiluomini pronti per la funzione imminente!

La fila all’ingresso della chiesa è ridotta, questa volta entriamo senza problemi e ci fanno accomodare su una panca centrale. Arrivano subito il tastierista con un chitarrista ed un addetto alla batteria e dopo una mezzora il coro ed il pastore, poi lo spettacolo ha inizio: i coristi intonano un inno da pelle d’oca ed in men che non si dica siamo tutti in piedi a cantare (il ripetersi delle strofe ci aiuta non poco nel partecipare). La celebrazione va avanti così per una mezzora abbondante, la partecipazione dei fedeli è assoluta, poi c’è una lettura dal libro di Isaia e la predica finale: il tempo è volato e quando usciamo sono quasi le 20.00.

A questa ora Harlem è bellissima, piena di gente e pulsante di vita, pur non essendo “elettrica” come il resto di Manhattan, si direbbe a misura d’uomo: passeggiamo tranquillamente (gli unici due bianchi in giro a quest’ora) per il Powell bld e arriviamo sulla 125 st allo Showman’s Café, piccolo ma accogliente locale che di solito propone musica Jazz e Blues dal vivo ma non questa sera. Ci tratteniamo il tempo di una birra e due chiacchiere con la proprietaria, quindi raggiungiamo a piedi il famoso Cotton Club che scopriamo però essere chiuso.

Decidiamo di cambiare aria per dare una svolta alla serata, quindi metro per l’Upper West Side dove usciamo all’altezza della 79 st in cerca di un bar e fortunatamente in zona ce sono diversi, soprattutto su Amsterdam avenue. Entriamo il quello più affollato e capiamo il perché: tutti i drink a metà prezzo questa sera e cameriere carine, il mix perfetto. Noi cominciamo a darci dentro con la Tequila fino a quando la gente non comincia ad andar via, quindi ce ne andiamo anche noi.

L’ora è tarda e torniamo a casa per la prima sera senza passare al Fiddler.

Arrivati notiamo subito qualcosa di strano, la luce accesa… poi apro la porta del bagno, avverto un vago odore di rigurgito e mi piego in due dalle risate: la bionda delle due tedesche (l’altra è mora) sta dormendo abbracciata alla tazza! La svegliamo con fare deciso ma tranquillo e constatiamo che tutto sommato è abbastanza lucida per raggiungere il letto da sola.

Ci addormentiamo maledicendoci per non aver avuto la prontezza di farle una foto: ci avremmo riso per anni.

Giovedì 02/08/12

Arriviamo intorno alle 8.00 a Columbus Circle e facciamo colazione su un tavolino ad un chiosco con il Central Park che si estende dinanzi a noi. Alle 9.00 noleggiamo le nostre bici per il giro del parco (evviva il NY Pass) e partiamo per la nostra tappa cronometro.

Fermandoci solo per un paio di foto manteniamo un’andatura moderata percorrendo tutto il perimetro del parco, vedendo sfilare il lago “Reservoir” a sinistra e tratti di 5 th avenue a destra, il più riconoscibile indubbiamente dove spicca il Guggenheim Museum; seguendo il percorso lambiamo il sud di Harlem ed arriviamo nell’Upper West Side.

Giunti all’altezza della 72 st ci fermiamo a Strawberry Fields, settore del parco dedicato alla memoria di John Lennon, che ha vissuto nel Dakota Building fino a quando non fu ucciso nel 1980 proprio all’ingresso di casa, qui all’angolo tra la 72 st e l’8 th av. Dopo una foto al mosaico di “Imagine” sul sentiero usciamo dal parco per vedere il suddetto ingresso e proseguiamo sempre in bici fino al Lincoln Center, giungendo alla rinomata Juliard School of Music, poi torniamo al parco, ma anziché rientrare tagliamo sulla 64 st fino a ritrovarci di nuovo sul lato Est.

Il tempo è dalla nostra (il noleggio dura 3 ore) quindi ripercorriamo ancora lo stesso tracciato, con un ritmo più lento, fino alle 12 quando riconsegnamo le biciclette.

Linea 4 della metro fino alla Grand Central Terminal, dove ci dotiamo delle audio guide (evviva il NY Pass) per il tour della stazione. Dalla guida apprendiamo poi che chiamarla stazione è riduttivo: tra negozi, ristoranti, il mercato, e quelli che negli anni 30 erano appartamenti praticamente è una città nella città. Molto suggestivo è il soffitto dell’atrio principale, completamente affrescato come un celo stellato.

La prossima meta è Coney Island, ma prima il rockettaro che è in me vuole soddisfazione come l’economista Nanà è stato soddisfatto dal Wall Street Walk, quindi facciamo tappa nell’East Village al 315 della Bowery, sito del leggendario CBGB, il club che negli anni 70 vide la nascita del garage punk con le prime esibizioni di Ramones, Patti Smih, Blondie… adesso del glorioso passato rimangono solo alcuni cimeli in una bacheca all’interno, che è diventato un negozio di abbigliamento vintage: il povero Joey Ramone si starà rivoltando nella tomba!

Saltiamo sulla linea Q della metro e scendiamo all’ultima stazione: siamo a Coney Island. Raggiungiamo subito il Board-walk, la famosa passerella in assi di legno che costituisce il lungomare e riconosciamo la spiaggia, teatro del finale di “I guerrieri della Notte”.

Via le scarpe e passeggiamo tra i pochi presenti bagnandoci di tanto in tanto i piedi nell’Atlantico. Avvistiamo la famosa ruota panoramica ed il vicino luna park, quindi succede quanto di più prevedibile: ridiventiamo all’istante due bambini, compriamo il biglietto valido per tutte le giostre (Attenzione: qui il NY non vale un piffero) e facciamo un giro su tutte, compreso l’utraottantenne ottovolante Cyclone (Attenzione: il Cyclone e la Ruota Panoramica hanno un proprio biglietto a parte!).

Anche se siamo a stomaco vuoto alla fine siamo entrambi un po’ più pallidi. Ritorniamo sul Board-walk e la fame ci porta fino al chiosco di Nathan’s, famoso per i suoi hot dog (la leggenda dice che ne sia stato l’inventore), che gustiamo con una ipercalorica porzione di patatine mentre il sole tramonta. Ancora due passi sul lungomare e riprendiamo la metro diretti ad Alphabet City, a nord dell’East Village, che ci hanno detto pullulare di locali e club.

Ed infatti così è: passiamo dal Back Room, ex bar clandestino dei tempi del proibizionismo, al bar immediatamente vicino, piccolo al limite del claustrofobico ma con ottimo spettacolo di burlesque, fino al Barramundi, dove è appena terminato il live jazz e assaggiamo un mojito inaspettatamente buono.

Nel tragitto per quest’ultimo ci imbattiamo in una folla di persone radunate ad un angolo di strada e pensiamo all’ennesimo locale: entrando scopriamo invece di essere alla mostra degli ultimi scatti che una fotografa del Village ha allestito in casa propria. Le foto non sono male, peccato solo che la birra sia già finita.

Senza che ce ne accorgiamo siamo già all’una di notte ed io vengo di nuovo assalito dalla fame, ma fortunatamente siamo nei pressi di “Kat’s Deli”, famoso per i suoi panini e come ambientazione del finto orgasmo di Meg Ryan in “Harry ti presento Sally”.

Dopo un paio di hot dog (erano meglio quelli di Nathan) riprendiamo la via di casa, naturalmente facendo prima un salto al Fiddler per l’ultima birra della giornata.

Dimenticavo: le tedesche sono ripartite senza nemmeno salutare.

Venerdì 03/08/12

Ultimo giorno nella grande mela, decidiamo di prendercela comoda.

Dopo la colazione arriviamo a piedi sulla quinta strada alla St. Patrick’s Cathedral, un meraviglioso contrasto gotico con lo sfarzo circostante, e facciamo un giro all’interno.

Usciamo e cominciamo ad adocchiare le vetrine, ma prima di darci alle spese usiamo per l’ultima volta i nostri NY Pass al Rockfeller Center per il tour negli studi di registrazione della NBC: breve ma intenso.

Finito il tour dedichiamo il resto del pomeriggio allo shopping compulsivo sulla 5th avenue: la carta di credito salta spesso fuori dal portafoglio tra la Nike Town e gli innumerevoli negozi di abbigliamento distribuiti lungo questa arteria del consumismo.

Al tramonto siamo a Times Square e d’impulso decidiamo di acquistare i biglietti per lo spettacolo “Zarkana” del Cirque du Soleil che si tiene al Radio City Music Hall alle 20.30: non abbiamo abbastanza tempo per tornare a casa quindi ci andiamo con le borse della spesa ancora in mano.

Bisogna ammettere che, seppur soggetti allo sconto della “gradinata” di Times Square, i biglietti non sono a buon mercato (60$ l’uno), ma usciamo dal teatro consapevoli che sono valsi ogni singolo centesimo: lo spettacolo è semplicemente strepitoso, inoltre ce lo siamo goduto in uno dei teatri più belli del mondo.

Dopo un salto a casa per lasciare gli acquisti ed un cambio veloce scegliamo il Meatpacking District, quartiere alla moda tra Chelsea ed il West village, per la nostra ultima sera.

Arriviamo come sempre con la metro e ceniamo in un ristorante il cui interno ricorda in tutto e per tutto l’Alfred di “Happy Days”.

All’uscita notiamo che ci sono frotte di persone che si mettono in fila per entrare nei numerosi club e discoteche della zona. Noi facciamo altrettanto ma conciati come siamo (Nanà in bermuda, io in jeans di una settimana e maglietta dei Ramones) quando arriva il nostro turno veniamo regolarmente rimbalzati sempre con lo stesso “Sorry but it’s a private party…”

Constatato che non siamo abbastanza “fighetti” per il Meatpacking stasera, torniamo ad Alphabet City (più ruspante e nelle nostre corde), dove giriamo un paio di bar facendo del nostro meglio per raggiungere un decente stato etilico…suvvia, è l’ultima sera!

Rientriamo a casa intorno alle 3.00 a.m. e purtroppo non riusciamo a salutare il Mean Fiddler perché a quest’ora non fanno più entrare.

Sabato 04/08/12

Nonostante le poche ore di sonno ci alziamo per le 7.00 ed arriviamo in metro da Macy’s per le compere dell’ultima ora, i souvenir e regali.

Nel ritornare a casa per prelevare le valigie ci concediamo l’ultima colazione in piena tradizione americana: donuts e caffè bollente.

Alle 11.00 prendiamo un taxi sulla 7 th avenue (il secondo in 7 giorni) che ci porta all’aeroporto di Newark.

Abbiamo un volo alle 15.00, destinazione: Montego Bay, Jamaica.

Ma questa è un’altra storia…



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