Nepal in bicicletta

L'altro Nepal diario di viaggio di Andrea Abbà e Percivalle Gabriele 10/10 Milano - Kathmandu Inizia la storia di due uomini e dei loro pezzi di metallo con le ruote. L'aeroporto è pieno di business man giacca e portatile, siamo i soli sportivi. Ecco arrivano altri tre uomini rudi, alpinisti con zaini possenti e facce da spedizione. L'aereo...
Scritto da: zork
nepal in bicicletta
Partenza il: 10/10/2002
Ritorno il: 31/10/2002
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
L’altro Nepal diario di viaggio di Andrea Abbà e Percivalle Gabriele 10/10 Milano – Kathmandu Inizia la storia di due uomini e dei loro pezzi di metallo con le ruote. L’aeroporto è pieno di business man giacca e portatile, siamo i soli sportivi. Ecco arrivano altri tre uomini rudi, alpinisti con zaini possenti e facce da spedizione. L’aereo per Vienna non è grande ma il volo è tranquillo e non mi dispiace.

Vienna, corsa nell’aeroporto, le nostre biciclette verranno con noi? Temiamo che i nostri scatoloni non ci seguano, corriamo troppo veloci. E’ il dilemma di ogni viaggiatore…

Sette ore di volo, un aereo enorme, un film già visto ma in inglese ci allena alla lingua. Cibo accettabile, la meta arriva presto insieme alla notte.

L’atterraggio è brusco, sembra tutto si spezzi, capiremo solo dopo il perchè. La pista è minuscola come l’intero aeroporto del resto. Lunga coda per i visti d’ingresso, facce orientali, poliziotti cinesi con lunghe verghe di legno colpiscono i disturbatori che ci vogliono portare via con loro. Kathmandu è sotto assedio, militari in aeroporto e per ogni dove. L’amico Jeevan, nostro unico contatto, non può arrivare in bus e viene a piedi, i militari non lo lasciavano passare. Il bus corre rapido sulla strada scoscesa, l’autista di Jeevan pare un pazzo. Spuntano vacche e capre che mangiano immondizia insieme ai cani. Hotel Lai Lai, Jeevan è stato di parola. Doccia calda e un letto duro ma pulito. Un tè ottimo, due parole di benvenuto e poi via a riprendersi le ore di sonno perdute. Il compagno Percy barcolla.

11/10 Kathmandu Sveglia tardi, 10.30. Il cuscino “mattone” mi ha rotto la testa. Sole, caldo, scendiamo a colazione. Gente socievole i nepalesi, non sai mai bene se per interesse o per educazione. Hanno l’aspetto di chi ti dice “Ti aiuto, ma tu mi sarai riconoscente?”. Mangiamo molto alla inglese e poi decidiamo che è ora di liberare il metallo dagli scatoloni. Aiutati dai nepalesi sconvolti dal prezzo delle nostre biciclette (un anno di lavoro per quelli ricchi di loro), rimettiamo in sesto i nostri attrezzi da viaggio. Verso l’ora di pranzo torna Jeevan, il percorso è deciso, niente Jiri (direzione Everest), ci sono frane e pericoli che non sta a descrivere troppo. Ci consiglia la visita al Chitwan Park nel Sud, dice che ci piacerà molto.

Qui tutto costa poco, nulla se paghi in rupie nepalesi. Ma i turisti hanno grana da spendere e vanno un po’ sfruttati. Per ora cediamo, fa parte del gioco. In giro alla rinfusa per Kathmandu nel pomeriggio. Pochi passi ed è il caos più totale. Milioni di persone per strade sozze e fogne a cielo aperto, motociclette, risciò, piccole vetture che sputano piombo e suonano clacson all’impazzata. Si salutano ci dirà Jeevan, è tradizione, a me però han fatto venire un gran mal di testa. Lo smog ci uccide, Percy sclera tra la puzza e il caos, io mi diverto ma inizia a diventare pesante e vorrei tornare in hotel.

Ore 16, dopo la doccia ultima riunione con Jeevan. Da domani si pedala e non scherziamo più. Un buddhista ci ha segnato la fronte. Ci porterà fortuna? 12/10 Kathmandu – Muglin (113 Km) “Qui sono tutti poveri come bestie” il Percy con questo sconvolgente quanto reale pensiero si addormenta e si risveglia il mattino seguente. Pochi kilometri per uscire dalla città e ci rendiamo conto che ha perfettamente ragione. Mai visto tanta sporcizia, tante persone magre al limite della sopravvivenza che portano fardelli incredibili legati alla fronte da corde ruvide. Fogne a cielo aperto e una infinita coda di autobus, camion, mezzi “sputa-smog” in direzione Pokhara. Il Percy non sa più come uscirne e si lancia per ogni lato della strada esattamente come fanno loro, lo seguo. Venti kilometri e la situazione migliora, possiamo togliere le maschere da verniciatori. Inizia una discesa tortuosa e infinita in una valle meravigliosa e verde di terrazze. Lontano, nella nebbia si lasciano intravedere cime innevate, le intoccabili.

Paesini in sequenza, non si sa mai dove inizino e dove finiscano. Pochi hanno un cartello col nome mentre i ponti lo hanno tutti. Quasi un rituale. Dai bus la gente sopra il tettino saluta e incita. Siamo un evento per loro o forse siamo una salvezza. Bambini che corrono dietro di noi gridando e che vorrebbero toccarci. Donne lavano i panni e i bimbi insieme sotto gelide fontane. Belle ragazze abbassano lo sguardo, forse il nostro abbigliamento tecnico le imbarazza.

Inizia un saliscendi interminabile, pranziamo con i militari e un manager di una ditta si sapone per lavanderia vuole delle foto con noi e sogna di esportare il suo prodotto in Italia.

Valli strette e poi larghe all’improvviso, colli che paiono montagne e data l’altezza lo sono. Il Percy è stanco e non vede l’ora che finisca, io preso dalla foga e inesperienza affronto con potenza le salite.

Ecco infine Muglin, una festa in corso, canti e parole sconosciute, cantilene quasi fastidiose per le nostre stanche menti che hanno lottato per ore con il caldo e la fatica. Un lodge per camionisti ci accoglie accompagnati dalla polizia, il miglior biglietto da visita. Non ci disturberanno, tanto qui vengono solo per le prostitute. Ora sono qui e scrivo in questa che chiamare camera non fa ancora parte della mia mentalità occidentale. Il Percy dorme sfinito, non ha mangiato, stanchezza e nausea. Domani andrà meglio, meno kilometri e speriamo meno caldo.

Temperatura media 29° Altezza 250 m Mezzanotte, il Percy si sveglia in preda ad una crisi di fame, pasta carbonara in busta, true fear, cotto dal sonno da quasi fuoco al bagno e fa una brodaglia. Ma benzina è benzina e domani ancora in sella.

13/10 Muglin – Damauli (43 Km) La mattinata inizia all’insegna del Nescafè, abbiamo dormito si e no quattro ore tra la pasta, la festa, i camion del cazzo che gareggiano al clacson più potente e questi nepalesi che urlano come folli. Il tempo bigio preannuncia una giornata meno calda di ieri. Spendiamo ben 200 rupie per la notte d’inferno (un’inezia, poco più di due euro). I primi venti kilometri volano tra saliscendi e il sole si vede solo a tratti e ci lascia vivere. Il paesaggio è sempre impressionante e siamo a 240 metri mentre i colli intorno a noi superano abbondantemente i 1200 metri. La strada si impenna insieme al livello di povertà intorno a noi. Le case sono legno e lamiera e i letti di paglia. Ecco ancora il sole che inizia il suo lavoro di cottura e rende i pochi kilometri che rimangono da percorrere eterni. Il Percy indica l’orizzonte, l’Annapurna appare. Incredibili cime possenti e innevate all’orizzonte ci emozionano e dimentichiamo per un attimo il caldo (30 – 31°). Pranziamo assisititi da un’allegra famiglia di donne e bambini incuriositi che ridono di noi mentre noi non sappiamo da dove siano sbucati. Chissà che cosa pensano. Il caldo ci scioglie, non ho più voglia di pedalare per questa salita e il Percy nemmeno, ogni metro è una conquista. Saliamo sino a un passo a 600 metri ma pare un 6000 per il calore.

Un’assurda discesa ci riporta su Damauli a 300 metri, tutto il dislivello guadagnato è perso. Domani sarà dura. Sconvolti cerchiamo un lodge e una doccia, abbiamo la lettera di raccomandazione dataci da un viaggiatore nepalese la mattina stessa. Ci serve. Qui in fondo è una mafia primitiva… La camera è buona, riusciamo anche a mangiare cena e bere birra. Le montagne ci verranno incontro domani. Speriamo il sole non ci pieghi ancora.

Temperatura media 30° Altezza 313 metri Notte quasi totalmente insonne, zanzare tigre…

14/10 Damauli – Pokhara (54 Km) Colazione abbondante, due volti stanchi, persino il cameriere è timoroso. Poche parole, è tardi, si parte. La gamba è buona e oggi la temperatura sembra più mite. Siamo sui 26 gradi. Una salita poco ripida ma costante ci avvicina alle montagne innevate. Un ragazzo locale ci accompagna per un tratto di strada in bici, mi indica il Machapuchare, un 7000. Fantastico, sembra il Cervino! Parla inglese perfettamente nonostante viva in una casetta dispersa nella vegetazione. Proseguiamo uscendo dalla piccola valle e ci troviamo in una spianata. Il paesaggio è cambiato, qui il clima è secco e il terreno brullo e franoso. Un grande fiume taglia la pianura spaccata da una sorta di canyon formatosi a seguito delle numerose frane. La gente qui pare più fredda, alcuni sono quasi stizziti. Gli uomini sorridono di rado, solo donne e bambini ci salutano. Ci sono alberi stupendi per la strada, alcuni secolari cosi grandi che io e Percy non potremmo segnarne la circonferenza usando le nostre braccia. Uccelli di specie differenti dai colori spettacolari. Sarà a causa delle risaie interminabili ma qui i paesi sono molto allungati e si snodano per kilometri lungo i rettilinei della strada. Il clima è secco ma la temperatura torna presto al di sopra dei 30°. E’ dura, spesso ci fermiamo con enormi bufali sotto le fronde. A pochi kilometri da Pokhara su un’erta salita conosciamo un ragazzo del Butan, è qui per studio e lavora in città. Facciamo due parole mentre giungiamo alla meta, ma il suo accento inglese è quasi incomprensibile. Il limite Ovest del nostro viaggio è raggiunto. Asfalto sfasciato, sterrato accolgono i nostri pneumatici tagliati ormai dai troppi vetri per la strada. Polizia curiosa risponde con poco senso alle nostre richieste di indicazioni per raggiungere il lodge. Sulle rive del lago Phewa Tal, dopo mille negozi per turisti, mille spacciatori di hotel e due incantatori di serpenti troviamo la nostra nuova casa. La migliore sin’ora, Jeevan ha consigliato bene, si vede che è abituato a trattare con viziati occidentali. Domani resteremo ancora qui, andremo a piedi a vedere la catena dell’Annapurna, spettacolare.

Temperatura media 28° Altezza 780 m 15/10 Trekking Sarankot (a piedi) Ore 6.30. “Driiiiiiiin, would you like to see the mountains?”. È il cameriere che suona e grida. Percy è già scattato in piedi come una molla, io fatico a capire dove sono. Le montagne, ora ricordo! Apro le tende della camera ed ecco lo spettacolo. Il maestoso Machapuchare, il Cervino dell’Himalaya, la montagna sacra e inviolata del Nepal è li che mi sfida. Corro sul terrazzo raggiungendo il Percy, lo spettacolo non è descrivibile a parole. Dopo la rapida colazione prendiamo un trabiccolo di taxi che ci porta al tempio nella zona del Bazaar di Pokhara. Di li a piedi sono due ore di erta scarpinata per arrivare lassu a 1600 metri, nel punto vedetta della valle dove sorgeva il forte di difesa di Sarankot. Dopo l’asfalto mille scalini s’inerpicano sulla montagna. Incrociamo turisti ma soprattutto molti indigeni, tutti con del riso applicato alla fronte con la tika di colore rosso o arancio. Ci dicono che oggi è il giorno di maggiore festa nel Nepal e nessuno lavoro, tutti si ubriacano. Beh, nessuno lavora tranne coloro che vivono di turismo, qui loro lavorano sempre e hanno tristemente costellato lo splendido trekking di negozi di souvenir, di spacci di coca cola, di spacci di marijuana che peraltro qui coltivano come il riso. In cima lo spettacolo è ancora mozzafiato e ripaga della fatica. Da un lato il crinale dà sulla diga di pokhara, dall’altro sul lago Phewa Tal, enorme. Peccato le montagne siano ormai protette dalle impenetrabili nubi degli 8000. Una guida nepalese mi racconta che per i problemi del paese da nove mesi la gente non fa più trekking e lui ha figli… Percy intanto segue le discussioni di due thailandesi, madre e figlia che parlano con un israeliano al suo primo e, dice, ultimo trekking… Due corni rituali dialogano nella valle, si sente la potenza della religione. Decidiamo di scendere sul lago, un locale che vive in India si offre come guida ma noi ci fidiamo del nostro fiuto di piemontesi montanari e scendiamo soli. Migliaia di scalini nella foresta che rompono le nostre articolazioni. Un serpente ci fa sobbalzare giu nelle risaie. Ecco finalmente il lago, torniamo al lodge, dobbiamo preparare tutto per domani, torniamo a pedalare, chissà cosa ci aspetta sulla strada per Waling…

Temperatura media 27° Altezza 1580 m ps mangiato una pizza Margherita, non male… Incredibile! 16/10 Pokhara – Waling (65 Km) La tappa di oggi potrebbe avere titoli differenti: le prime montagne, gli allevatori, i terroristi, la polizia,… All’alba salutiamo ancora una volta la spettacolare catena dell’Annapurna. Dopo la colazione imbocchiamo la via per il Nepal del Sud. La strada si impenna da subito con decisione lasciandoci poche speranze. Una salita continua e tortuosa ci porta sulle alte colline con mille giri, ci orientiamo un po’ con le montagne. Il passo è a 1200 metri dove ci accolgono una sbarra e un gregge di pecore in mezzo alla strada. “Please don’t make photo here…” mi ammonisce subito un ragazzo minaccioso e l’atmosfera si fa subito pesante. Le persone che incontriamo sono per la maggior parte allevatori. Ma nessuno qui pare essere gentile, anzi sembrano tutti molto sospettosi. Il primo paese un po’ grande si presenta con due posti di blocco dove polizia e militari perquisiscono auto e bus. Ma noi siamo tourist, è un lasciapassare universale qui. Comunque intuiamo che la zona è piuttosto calda, ci avevano detto che gli scontri avvenivano soprattutto in montagna e nella jungla e qui ci sono entrambe… Oggi non riesco a godermi a fondo il panorama, forse perchè assomiglia molto alle valli montane che abbiamo in Italia ma più probabilmente perche’ sono agitato e mi sento fuori posto. Anche i bambini non sono più gli stessi, ora salutano con “Hello monkey” o con “Give me one rupie”… Povertà e vacche magre, qui tutti i prati hanno pendenze assurde e vediamo moltissimi pastori con meno di dieci anni. È il paese dei bambini, incrociamo villaggi in cui gli adulti non si vedono quasi, solo orde di ragazzini.

A pranzo la temperatura tocca i 36,2°, Percy mi fa notare il nuovo record. Non sappiamo esattamente dove sia Waling ne cosa ci aspetti ma poco importa. Alcuni ragazzi pastori ci guardano mangiare insospettiti, è un incubo e noi siamo pesci fuor d’acqua. All’improvviso sbuca un camion carico di poliziotti, ci salutano. Poi altri due ragazzi con bici sfasciate, uno dice di fare l’attore, ci chiede una foto e ci offre maria… Ripartiamo in fretta e per fortuna la zona seguente pare più tranquilla. Percy oggi pedala bene, io non ho digerito il salmone in scatola, forse per colpa della tensione. Pochi kilometri ed ecco Waling, più grande di quel che ci aspettavamo, non era neppure sulle carte. Scegliamo a caso uno dei due lodge del paese ed è assolutamente squallido anche se non sporchissimo. Oggi anche i cani erano più rabbiosi e due volte siamo stati costretti a tenerli a bada coi bastoni. Dicono che Tansen sia una zona tranquilla e che domani andremo proprio in un bel posto. Intanto ci facciamo una bella pasta all’italiana in camera col fornelletto di Percy.

Ore 20, tutti serrrano le saracinesche e io resto qui solo col compare che sonnecchia (ormai lo chiamo tasso eheh) e la bici nella camera perchè sotto era troppo pericoloso. Penso a casa e ho un po’ di nostalgia. Temperatura media 31° Altezza 700 m (1200 m max) 17/10 Waling – Tansen (64 Km) Dire che l’ultimo giorno della prima settimana inizia male sarebbe dire poco. Penso di aver dormito si e no 3 – 4 ore a tratti tra una lotta con le zanzare e una con fenicotteri enormi. Mi sono persino messo nel sacco a pelo, imitato in seguito dal Percy… Pessima idea con 28° e umidità elevatissima. Il cielo è molto nebbioso alla mattina, si scende a 24°, sono un fascio di nervi per la notte insonne e non vedo l’ora di pedalare. Dopo aver portato giù le biciclette un indigeno mi tocca indicandomi la strada. Assisto in diretta alla decapitazione di una capra… Ci voleva! La strada scorre in fretta, non fa caldo e il saliscendi si presta a sciogliere le gambe. Lentamente mi riprendo. Il paesaggio è sempre montano ma la jungla si fa fittissima e ci regala orizzonti mozzafiato con il fiume che serpeggia tra piante scurissime. I colli aspri sembrano inviolati e di assoluto possesso della natura ma i nepalesi si sono adattati anche qui e noi ci divertiamo a scovarli abbarbicati su qualche pendio impossibile o in mezzo alla foresta. Hanno la pelle più scura qui rispetto al Nord, a volte indossano turbanti indiani al posto del tradizionale topi nepalese. Camminano scalzi e notiamo una differenza di caste decisamente più netta. Qui i ricchi esistono e ci filmano con costose telecamente mentre passiamo. Al cippo dei 26 kilometri da Tansen la strada si impenna, ci aspettavamo una salita, siamo scesi a 400 m… Ma non QUELLA SALITA! Vediamo bus inerpicarsi sui tornanti sopra di noi, la salita è tremenda e non concede tregue. Per fortuna le gambe girano bene e oggi vado come una motocicletta nonostante il carico. Anche Percy è in forma e lo aspetto di rado. Incrociamo pochi paesi rispetto agli altri giorni ma moltissimi bus e motociclette ci sorpassano. Stiamo andando verso uno dei luoghi di vacanza preferiti da nepalesi e indiani. La strada sale, sui 1000 metri ci fermiamo a pranzare su un paracarro in pietra, che spettacolo la strada sottostante… Dopo un rapido pasto ripartiamo, è tardi e se salirà cosi sino a Tansen rischiamo di arrivare di notte (qui il sole tramonta alle 17.30). Quota 1100 e la strada si distende in un falsopiano, passato il colletto vediamo Tansen sulla montagna accanto a noi. Tiro un po’ per arrivare e Percy mi segue a ruota, non è tempo di riposare ora. 12 kilometri possono essere lunghi qui. Ma questa volta siamo stati troppo apprensivi, infatti solo gli ultimi 4 ci fanno faticare con un’altra salita che deviando dalla Highway principale arriva su a Tansen. Cerchiamo il lodge indicato dalla nostra guida cartacea, non è male anche se qui l’acqua calda è sempre un sogno… Il “tasso Percy” ronfa sino all’ora di cena, poi cerchiamo un posto dove mangiare e ne troviamo uno eccezionale. Persino la pizza ha da insegnare a molti italiani. L’esercito presidia la notte anche qui con un coprifuoco preventivo alle ore 20… Che vita! Domani andremo su senza borse a Palpa, qui nei dintorni.

Temperatura media 25° Altezza 1233 m 18/10 Tansen – Tansen (Km 7) Dopo una dormita eccezionale senza nessun disturbatore decidiamo il da farsi per la giornata. Le gambe sono ingessate dalla stanchezza muscolare e quindi ci prendiamo tempo per una bella colazione. Stiamo allineandoci agli usi di questo popolo di nullafacenti. Decidiamo quindi per un giro a piedi nella mattinata e ci rechiamo sul colle dietro a Tansen. Il sentiero è decisamente verticale, sembra che qui il concetto di curve sia piuttosto ignoto. La guida dà il colle per 1600 m ma il mio altimetro ne segna 200 di meno, forse è colpa della pressione o dell’umidità assurda di questi luoghi. Scendendo torniamo al paese passando a visitare un tempio considerato tra i migliori del Nepal (esclusi quelli della valle di Kathmandu). Molto bello ma a noi occidentali dice sicuramente molto poco, tutte queste decorazioni di cui non comprendiamo il significato… Va ben oltre l’arte che conosciamo noi.

Per il pranzo optiamo per il bis della pizza di ieri sera che poi diventa un tris dal momento che, per la prima volta, piove. Si, piove, ma per mezz’ora, quindi rompo le palle al Percy finchè non lo convinco a inforcare la bici e fare un giro per le colline. In una strada sterrata scoviamo un tempio buddhista con una magnifica statua e un gruppo di giovani indigeni che giocano e ballano… Almeno di giorno si divertono! La sera è ancora cena nel locale dove ormai siamo abituè e dove il cameriere ci guarda come volesse dire “Ma quanto cazzo mangiano sti italiani…”. Infatti stasera mi dedico alla cucina nepalese e ingollo il mitico Dal Bhaat, un vero e proprio misto esplosivo ma niente male! Qui usano le spezie in modo serio…

Ora sono qui e digerisco mentre il Percy scoreggia… Oggi abbiamo tirato fuori il vero made in italy ma domani si pedala e chissà dove si va a finire…

Temperatura media 23° Altezza 1400 – 1600 m 19/10 Tansen – Aruncola (107 Km) Il tappone o se vogliamo “tre tappe in una”. Dopati dalle mangiate di questi due giorni e dalle dormite “come si deve” io e il Percy oggi siamo dei leoni e vogliamo arrivare il più possibile vicino all’ingresso del parco. La prima tappa prevedeva Butwal, altra capitale nepalese, ma ci divoriamo i 41 Km di discesa in poche ore nonostante qualche dovuta tappa per il paesaggio stupendo e per qualche piccolo incidente. Il primo per colpa di una buca non vista dal Percy e presa in pieno da me che gli stavo a ruota a 40 Km all’ora. Si sono sganciate le due borse frontali senza danni per fortuna. Poi in un paese il Percy con uno slalom quasi da calciatore schiva due cani ma non riesce a non mettere sotto una borsa il terzo, senza danni anche questo. Più a valle, dopo essere stati inseguiti più volte da cani neri che ormai ci perseguitano, sono io a rischiare di investire una donna che, sicuramente sorda, non aveva sentito i miei campanellini assordanti.

Butwal è praticamente India, cambia d’improvviso sia la gente che il paesaggio che si apre in ampie spianate. Il caldo indiano ricomincia a picchiare “da Africa”… Fuggiamo dalla città a ritmo forsennato, quasi a voler sfuggire da caldo e civiltà. Imbocchiamo la Highway che percorre il Nepal del Sud, la strada più battuta dagli indiani che vengono quassù. A ritmo di cambi da stradisti maciniamo kilometri e quasi senza accorgercene passiamo anche Sunabal, quella che doveva essere la nostra seconda tappa. A questo punto un venditore di acqua ci dice che siamo ai piedi di un colle che ci separa dal parco, quindi o di qua o di la. Nemmeno a chiederlo, oggi siamo Coppi e Bartali, non ci ferma nessuno. I sette kilometri di salita verticale però ci danno un bel colpo di grazia. Sulle prime curve ci imbattiamo in una famiglia di scimmie, la zona è jungla e quindi è normale, ma noi arriviamo dalle montagne e siamo stupiti. La discesa rapida ci porta nella bassa pianura. Ancora pochi kilometri e ci decidiamo per lo stop. Una stazione di servizio con lodge annesso ci accoglie. In seguito sapremo di non poter anticipare l’entrata nel parco, domani è domenica e ce ne eravamo scordati…

Qualche cosa faremo, intanto mangiamo e parliamo con il padrone che è stato 2 anni in Germania, 6 mesi in Polonia e 6 in Finlandia… E noi che ci crediamo dei giramondo! Dalle vacche ai macachi sacri, a un passo dall’India anche il secondo angolo del nostro tour è passato. Festeggiamo dormendo su tavole di legno mentre gli indiani di la mangiano Dal Bhaat con le mani e forse pensano a casa esattamente come noi.

Temperatura media 33° C Altezza 114 m Aruncola – Thana (34 Km) Lo chiamerei lo “sclero day”, la notte è andata bene, niente zanzare nonostante la vicinanza del fiume, la stanchezza ha reso più morbido l’asse su cui dormiamo. In India fachiri… Oggi la tappa è finta, non sappiamo dove andare ma la giornata deve passare e abbiamo al massimo una trentina di kilometri da percorrere. Partiamo a rilento sulla Highway quando il sole è già alto e brucia la pelle. Su e giù, up and down la chiamano qui. Passiamo un paio di paesi ma nessun lodge. La gente qui è ignorante, quasi nessuno conosce l’inglese e in più ci sfottono. Iniziamo a pentirci di aver detto si a Jeevan per il pseudo safari, qui è già abbastanza Africa per la strada con questi bufali enormi e queste scimmie. Arriviamo a Thana, un posto orrendo con pochi lodge esternamente orrendi. Decidiamo di chiedere ancora una volta alla polizia e ci indicano un “good lodge”, peccato che il ragazzo mi fa vedere una stanza con i residui di una violenta sbornia e mi fa passare tutta la poesia. Andiamo avanti, piuttosto pianto la tenda nella jungla! Avanti si ma per dove? Superiamo senza accorgercene il bivio per il parco e, solo dopo alcuni kilometri alcuni ragazzi maleducati che gestiscono una gasoline ci avvertono. Torniamo ma un passante ci dice che non ci sono lodge fuori dal parco. Non resta che fare dietro front per Thana, che sclero! Rimango a qualche metro dal Percy, sono abbattuto, non ho più voglia. Mi propone una tappa alle porte del paese per il pranzo e lo seguo volentieri. Due parole e mi rinfranco un po’, vedremo gli altri lodges, siamo fiduciosi. Infatti al primo tentativo troviamo una sistemazione simile a quella della sera precedente, anzi, persino meglio. Il padrone pulisce anche il bagno per noi, incredibile. Da domani molleremo le bici per un paio di giorni e vedremo un po’ di bestie come noi. Beh proprio come noi non penso…

Temperatura media 29° Altezza 127m 21/10 Thana – Chitwan Park (39 Km) La notte è andata bene tutto sommato, qualche zanzara ma è normale, qui a due passi c’è il più grande fiume del Nepal. L’appuntamento è alle 10, possiamo fare con comodo dato che qui di norma ci svegliamo alle 5. Prepariamo un Nescafè e poi, lenti e calmi come nepalesi ci avviamo sotto un sole ormai cocente. Alla fermata del bus, luogo dell’appuntamento, ci attendono solo bambini. Un’orda di bambini della locale English Boardin School che parlano inglese meglio di noi. Il più sveglio mi consegna un foglio, vuole il nostro indirizzo e poi ci dà il suo. Si fa promettere una cartolina dall’Italia e intanto ci tiene compagnia. Ore 10.30 siamo stufi, imbracciamo le bici e ci lanciamo solitari sulla sterrata che porta all’interno del parco. Il paesaggio di campi e risaie è fantastico ma migliora ulteriormente una volta passato lo sguarnito cancello del parco. È Africa. Siamo sconvolti, una immensa distesa di moquette verde, alberi a fusto alto, bufali per ogni dove. Procediamo incantanti fin quando un guarda parco ci avverte che abbiamo completamente sbagliato direzione e che dobbiamo tornare sulla Highway, a Thana e ancora indietro. È di nuovo lo sclero, le mountain bike sfrecciano sulle pietre del guado e poi sulla sterrata, l’odio spinge il Percy ai 40 km/h sull’asfalto. Fin quando, finalmente, ecco il nostro uomo, ci viene incontro e ci invita a seguirlo su una bici scassata che ogni tanto perde la catena. Altri kilometri infiniti in mezzo ai campi, poi le nostre bici caricate su una canoa, al di la di questo immenso fiume ci daranno il benvenuto. Su una jeep distrutta assaporiamo la jungla e i suoi odori. Ci fermiamo per vedere i cervi pomellati che costeggiano la strada, sopra di noi ancora scimmie. Dentro al villaggio i lodge sono palafitte e tutto ha l’aspetto di un luogo iperturistico per coppiette. Il direttore ci dice che alle 16 ci sarà la gita in elefante e ci spiega in breve le regole del parco. Non ascoltiamo quasi, vogliamo mangiare. Se ne accorge e ci porta al lunch dove a colpi di Dal Baath gli dimostro come mangia un italiano. Una rapida doccia e si parte sul dorso di un elefante. Non è semplice descrivere con parole ciò che gli occhi vedono in questi momenti. Il parco è immenso e ha paesaggi completamente differenti e ostili. Scoviamo rinoceronti intenti a fare il bagno per sfuggire al calore, scimmie, moltissimi uccelli, tartarughe e le misteriose impronte della famigerata tigre reale. Il tramonto ci sorprende a bocca aperta in mezzo ai canneti. L’elefante dondola abilmente governato dal suo guidatore, si torna a casa. Qui la giornata ce la scandiscono loro, va bene così anche se non siamo più abituati, del resto sarebbe troppo rischioso aggirarsi soli. Alla sera alcune diapositive sul parco, poi una cena ottima e via a dormire. Domattina in piedi alle sei, il parco è grande e gli animali non aspettano certo noi.

Temperatura media 27° Altitudine 96 m 22/10 Chitwan Park Inizio a scrivere subito dopo pranzo perchè la mattinata è stata molto intensa. Non amo molto questa vita da villaggio turistico, alle 5.45 ero sveglio e volevo farmi un giro a piedi ma tanto qui non si può, pericoli ovunque… Dopo colazione ci hanno di nuovo messi in sella a un elefante e la foresta si è aperta innanzi a noi. Centinaia di uccelli, altri rinoceronti, oggi persino due coccodrilli di cui uno pericoloso per gli uomini. Un cerbiatto ha fatto capolino solo un attimo per poi sparire. Sopra gli elefanti non disturbiamo l’ambiente ma gli animali più piccoli hanno paura e fuggono. Tutti tranne queste dannate zanzare… Dopo il passaggio in canoa lungo il fiume e il rientro in jeep andiamo a vedere dove tengono e addestrano gli elefanti. C’è un cucciolo di appena 5 giorni, che spettacolo. Tutti intrattenimenti da turisti insomma, ma per due giorni possiamo resistere… Aspetto il pranzo, qui ho sempre fame. Dovrò recuperare… Nel pomeriggio ci lasciano qualche ora per riposare e io faccio un po’ di manutenzione alla bicicletta. La sabbia e la polvere iniziano a far girare male la catena. Più tardi è ancora elefante, questa volta solo io e Percy (le altre coppie ci avevano abbandonati, sconfitti senza dubbio dal nostro modo di mangiare all’italiana…). Un giro di due ore non ci consente di vedere altri animali. Il paesaggio al tramonto è sempre magico. Si torna per cena, questa sera niente elettricità e io ho la macchina digitale scarica. Domani si riparte in bicicletta, meno male, qui mi stavo quasi annoiando.

Temperatura media 26° Altitudine 98 m 23/10 Chitwan Park – Narayangadh (47 km) Mattina, 5.30 sono sveglio come un grillo, vado a dormire troppo presto qui in Nepal. Comunque alle sei ci hanno messo l’ultimo elephant ride per salutarci e quindi siamo subito in sella al grosso erbivoro. Il giro mattutino è affascinante, non ci si abitua mai ad uno spettacolo del genere, troppo bello. Vediamo qualche cerbiatto addormentato tra gli alti canneti e moltissimi uccelli variopinti. Dopo colazione ci spediscono, prima con la jeep sino al guado e poi con la canoa. Che fatica il conducente per vincere la potente corrente del fiume! Appena in sella ecco il primo problema meccanico, il mio deragliatore si è abbassato e tocca contro la corona. Saranno stati i colpi presi sulla jeep… Risolviamo tutto in pochi minuti e ci lanciamo sullo sterrato per tornare alla Highway. Passando per le campagne osserviamo stupiti metodi di lavorazione della terra che in Italia si usavano trenta anni fa. Che posto! La Highway ci accoglie più trafficata del solito ma oggi le mie gambe non girano bene. Sarà la stanchezza o l’umidità del parco ma sono in crisi. Inoltre l’eccesso di cibo piccante negli ultimi giorni ma ha procurato una infiammazione urinaria e stare in sella non è divertente… Dopo una quarantina di kilometri mi stacco dal Percy, la schiena duole e non regge più. Mi aspetta e mi propone di fare tappa ma dopo pochi kilometri piombiamo inaspettatamente in Narayangadh e la nostra fatica di oggi si conclude prima di mezzodì. La città è grande e trafficata ma con l’aiuto della guida non fatichiamo a scovare un lodge. Hotel Setanchuli, un nome un programma… No, in realtà ci troviamo bene, siamo ad un passo dal grande fiume e il simpatico cuoco ci intrattiene con racconti di turisti dopo la cena e ci insegna anche qualche parola in nepalese. Un suo amico lo informa che la strada per Deman è percorribile, cambiamo programma al volo, da domani sarà dura ma questo era il nostro giro, io e Percy lo avevamo pensato così e noi piemontesi abbiamo la testa dura ed entreremo a Kathmandu da guerrieri! Temperatura media 32° Altitudine 184 m 24/10 Narayangadh – Hetauda (81 Km) Siamo pronti per la partenza molto presto, io ho dormito nonostante le zanzare, alla fine con una dose massiccia di Autan sono riuscito a tenerle a bada. Il nostro amico cuoco ci fa portare persino la colazione in camera, ci tiene a fare bella figura con gli italiani. Dopo lo scambio di biglietti da visita usciamo dalla sozza Narayangadh e attraversiamo la caotica Bhrathapur con il suo minuscolo aeroporto e poi via in un falsopiano eterno in mezzo al Chitwan Park. I cartelli segnalano pericolo di attraversamento tigri, coccodrilli e rinoceronti… Roba da non credere! Passiamo poco dopo per Sauraha, nota per il suo accesso economico al parco e per questo iper affollato da indiani. Ma questa strada è tutta un grande caos. Gli autisti dei bus si lanciano come folli nei sorpassi mentre la polizia con i controlli anti terrorismo genera code infinite. Del resto il pericolo c’è e lo abbiamo visto sulle montagne. La strada costeggia il grande fiume Kaura Kola e lo spettacolo dopo i monsoni è assolutamente incredibile. A tratti è il deserto, a tratti la jungla. Dopo una quarantina di kilometri arriviamo nell’area dove i monsoni hanno lasciato maggiori segni del loro passaggio… Impressionante. Il cuoco ci aveva detto che qui di rado muore qualcuno annegato nelle piene ma è anche vero che successivamente molti muoiono di fame per avere perso tutto. Siamo stanchi, il giro si fa sentire nelle gambe e soprattutto nella testa. Il caldo raggiunge livelli insopportabili, facciamo tappe continuamente per bere, mangiare e “sbollire” la testa. Il count down dei cartelli è arrivato a -10 kilometri da Hetauda e la strada sale un po’. Alla nostra sinistra le montagne verdi, a destra la pianura indiana. 5 kilometri dopo si mangia pranzo sotto l’ormai consueta fermata del bus, unico posto all’ombra. Arriva un venditore, sigarette dice, è giovane e curioso ma noi siamo troppo stanchi e nepalesi per comportarci da turisti socievoli. Hetauda si presenta con una circonvallazione per i camion, credo l’unica in tutto il Nepal… Strade quasi pulite e cestini per l’immondizia! Ma dove siamo? Svoltiamo in direzione delle montagne e il Motel Avocado ci accoglie dopo che il Percy, contrattando “a bestia” ha ottenuto uno sconto del 50%. Un posto magnifico. Quasi un hotel occidentale. È il premio per quello che stiamo per fare forse. Lassù i 2000 ci aspettano mentre qui ci riposiamo e speriamo che le zanzare siano clementi.

Temperatura media 33° Altitudine 400 m 25/10 Hetauda – Deman (54 Km) L’impresa. Altre o molte parole oggi sarebbero superflue o forse sono troppo stanco per dirle. Sdraiato sul letto comodo e pulito dell’Everest Panorama Resort (il nome dice tutto…) ripenso alla paura della partenza stamani, la levataccia, l’esercito che abbiamo trovato prima della salita, militari e mitragliatrici spianate per ogni dove a perdita d’occhio, il paesaggio mozzafiato, la strada senza traffico, la fatica, la caduta stupida ma dolorosa in salita che mi ha sbucciato un gomito e il morale, la gente dura e poverissima che vive a 2000, 2200 metri di altitudine, la nebbia, il freddo, la salita che non finisce mai, le risate di sclero mie e del Percy, il sostegno, le attese, un’intesa ormai consolidata dal sudore e infine la vetta, entrare senza pensare in quella casa “bar”, essere un nepalese come loro e stupirsi delle loro occhiate dubbiose, chiedere un tè e berlo al latte anche se sei allergico, mangiare frittelle e legumi cucinati chissà come e dove. Ma cosa importa? Questa è L’IMPRESA del giro, io e Percy non lo scorderemo mai, una sorta di patto di sangue, una birra per festeggiare e ora il sonno che mi coglie da eroe della strada (oggi per altro molto accidentata) che ci ha portati a 2488 metri. Buonanotte a tutti.

Temperatura media 12° (30 alla partenza) Altitudine 2400 m 26/10 Deman – Kathmandu (Km 86) Che notte a Deman… Per la prima volta sono stato male, problemi di stomaco dovuti a quel latte… Se sei allergico dopotutto è difficile che passi solo perchè hai fatto 2000 metri di dislivello! Vabbeh comunque si è risolto il tutto con un giretto in bagno verso le tre del mattino. Il Percy era nel mondo dei sogni.

Alle 5.45 come promesso vengono a picchiettare alla nostra porta e, pochi minuti dopo siamo a 8 gradi sopra un balcone ad osservare il più grande spettacolo del Nepal. Le montagne degli Dei, tutti gli 8000 schierati al nostro cospetto. Magnifico! L’alba è paurosa e la dividiamo con un signore inglese impallato di fotografia.

Partiamo tardi, dopo il nostro Nescafè, siamo tranquilli, io ho una pace dentro indescrivibile. Ora so di aver visto tutto, per me il viaggio è finito li. La discesa su Naubise ci presenta di sorpresa un passo a 2030 metri che dobbiamo riconquistare, ma poi si scende per ore, incredibile. Vediamo la strada distendersi infinita sotto di noi, mille curve, mille campi e risaie. E allora giù sino a Naubise dove ritroviamo ancora il caos di camion della partenza ma che ora vediamo con altri occhi. Telefoniamo a Jeevan, giusto per sapere dove trovarci ma in realtà non ne abbiamo tanta voglia… E ancora saliamo, altri 600 metri sino al colle di Kathmandu mangiandoci l’asfalto e cantando canzoni piemontesi che lasciano di stucco i nepalesi che incontriamo. Nulla ci dà più fastidio, i Tata, i clacson, lo smog, l’invadenza,… Siamo come loro, cantiamo e urliamo su per i tornanti e ridono di noi e con noi. Prima di entrare in città facciamo a gara con i bus come pazzi e ingaggiamo sfide frontali con i camion Tata che alla partenza ci intimorivano. Poi, con l’aiuto di un vigile ritroviamo l’hotel, Jeevan e la loro civiltà. “Avventura nel mondo” la chiamano loro ma hanno la mania di organizzare tutto e Jeevan ci guarda sbaccalito mentre gli narriamo le nostre follie che suonano strane persino a un nepalese come lui. Ma lui non capisce e cerca ancora di chiuderci in un modello di turista standard. Andremo a Bhalktapur, dove regna il turismo. Intanto stasera abbiamo fatto un giro per Thamel, la via turistica di Kathmandu. Che tristezza! Più courrà (bianchi) che nepalesi… Tutto così europeo, cosi occidentale. Ma chi viene qui che razza di Nepal vede? Come ho detto per me il vero giro è finito, ora si scorazza un po’ e si fa i turisti. A domani.

Temperatura media 20° Altitudine 1390 m 27/10 Kathmandu – Bhalktapur (27 Km) Mi sveglio ormai per cantare con il gallo, alle 6 al massimo sono in piedi. Do una lavata alla bicicletta giù nel cortile con i nepalesi mentre il Percy dorme ancora, poi dopo colazione, partiamo guida alla mano per cercare di vedere finalmente qualcosa di sensato in Kathmandu. Con qualche itinerario e 200 rupie d’ingresso in Durbar Square ci togliamo la voglia di vedere templi. L’architettura qui è molto barocca, la nostra Venezia al confronto pare minimalista. Come al solito osservo la gente e mi aggiro curioso tra le bancarelle del mercato di piazza. Qui tutti vogliono venderti tutto, oggi come se non bastasse siamo gli unici due turisti (segno evidente della crisi). Compro dall’unica signora che simpaticamente mi chiede da quanto tempo sono in Nepal. Chiacchero con lei accovacciato sulle ginocchia. Certo che qui senza noi turisti sono veramente in rovina… C’è gente di tutte le razze che si arrangia a succhiare quello che può dal commercio coi turisti e poi ci sono militari a frotte, giusto per non dimenticare di essere in guerra, e poi quei due templi enormi con figure paurose e minacciose che ricordano antichi dipinti del nostro Medioevo, quando la religione doveva fare paura. Dopo pranzo siamo ancora in sella alla volta della nostra ultima (o quasi) “casa”. Tra le possibili strade che portano a Bhalktapur scelgo la più semplice, la Ring Road. Avete presente pedalare in tangeziale all’ora di punta? Peggio, qui il piombo che sputano fuori i veicoli ti entra dappertutto e le mascherine non trattengono lo smog. La strada saliscendi ci lascia respirare solo una volta arrivati a destinazione. Jeevan ci attende per farci da guida in città ma dopo poco rinuncia, siamo troppo spiriti bradi ormai. Bhalktapur è molto bella, pulita e silenziosa (con quel che costa entrarci!…). È l’emblema di ciò che il turista occidentale si aspetta dall’oriente. Enormi templi e grandi piazze, mercati di ogni genere. Nella piazza centrale hanno girato persino il film “Piccolo Buddha” di Bertolucci. Tutto lindo e impeccabile, guide che parlano qualsiasi lingua. Simboli misteriosi, luoghi proibiti (per fortuna) a chi non è religioso professante. Persone che non si possono fotografare (pensano gli si rubi il sangue), senza dubbio una bella cartolina del Nepal, ma come diciamo a Jeevan, il Nepal è ben altro e noi lo sappiamo. È inutile vedere finte cartoline ora che siamo alla fine del viaggio, perchè leggiamo negli occhi della gente. Domani andremo a “caccia” di Nepal qui in giro. Notte.

Temperatura media 23°C Altitudine 1320m 28/10 Bhaktapur – Changu Narayan (trekking) Finalmente un po’ di freddo! Anche se chiamare freddo i 19° del risveglio forse è eccessivo. Ormai siamo acclimatati per i 30° quindi forse è quello il motivo. Dopo colazione partiamo alla volta dell’unico trekking che si può fare in un giorno a piedi da qui. Il santuario di Changu Narayan, sulla collina di fronte a Bhaktapur. La strada sale gradualmente in mezzo alle risaie dove la gente, in pieno periodo di raccolta, lavora con sistemi un po’ … Antichi. Alcuni da queste parti parlano discretamente l’italiano e si dilettano a provarci con noi anche se poi cedono per il vocabolario limitato. Per entrare in città si paga, qui è molto frequente, fanno in modo che il turismo finanzi i restauri ormai necessari un po’ ovunque (anche se, ci diranno poi, finanziamo anche l’esercito…).

Il tempio è molto bello, sovrastato da una campana d’oro e vale senza dubbio le due ore di cammino sotto un sole che oggi ha superato i 40°…

Mangiamo in un prato adibito a pascolo prendendo un po’ di sole, oggi siesta! Ma ci stufiamo presto e scendiamo percorrendo un sentiero che passa in un bellissimo bosco di pini che ci rituffa con le aquile che sovrastano il nostro cammino nelle risaie. Qui i nepalesi sono comunque più acculturati e quasi tutti parlano inglese molto bene.

Di ritorno in albergo scatta la solita pasta all’italiana col fornelletto, ormai un rito di merenda; poi io decido per una fugace passeggiata in paese. Tanto per stare li ad oziare… Mangio ancora le mitiche frittelle fatte di riso a forma di ciambella, penso che il mio fegato presto mi lascerà… Poi mandiamo due e-mail nell’internet cafè teoricamente chiuso (oggi sarebbe sciopero contro il terrorismo). Scopriamo poi, in albergo, sull’Himalayan (il Times nepalese) che ieri a poca distanza da noi sono esplose quattro bombe… È guerra! Ne parliamo con Jeevan ma lui non sembra affatto preoccuparsi, dovremmo farlo noi? Poi domani si torna in bici a fare salita, un’altra cima, l’ultima… Notte. (Mangiato troppe cipolle a cena, puach!) Temperatura media 32° C Altitudine (max) 1500 m 29/10 Bhaktapur – Nagarkot (18 Km) Le possibilità sono due: o iniziamo a sentire la stanchezza o siamo diventati due ghiri. Sveglia difficoltosa stamattina, fa un freddo cane, siamo increduli. Prepariamo le borse e scendiamo a colazione. Jeevan dorme ancora, alla fine svegliamo anche lui. Dobbiamo partire presto, è meglio pedalare sul fresco, si fa più strada. Infatti divoriamo i 18 Km in due ore nonostante il dislivello che ci porta nuovamente a 2000 m passando per splendidi boschi di pini. Sotto di noi lo smog di Kathmandu è impressionante mentre dall’altro lato, gli 8000 si avvicinano innevati e intoccabili. L’hotel dove ci ha sistemati Jeevan è il più alto, di qui si ha un 360° spettacolare su tutte le valli e sulle montagne. Domattina all’alba ci sarà di nuovo da riempirsi gli occhi. Per ora cuciniamo una pasta sul terrazzo e mangiamo cibo nepalese comprato a una bancarella poco sotto. Dopo prendiamo il sole finchè c’è, lo sbalzo di temperatura qui è sempre notevole tra notte e giorno. Alla fine ci addormentiamo entrambe sino a sera, siamo proprio cotti…

Sono io a risvegliarmi per primo, oggi giornata tranquilla, di la si è riempito di giapponesi in vacanza che non mi piacciono, tutta gente fatta con lo stampo… Mah ho già di nuovo sonno, intanto Percy gioca con una candela, speriamo non incendi il locale… Fuori pochi gradi e qui dentro pochi di più… Notte.

Temperatura media 19° Altitudine 1980 m —- Pensieri prima del ritorno —- Dopo la lunga cavalcata attraverso questo stato che non conoscevo e questa gente così diversa da me, ora, qui sdraiato sul mio letto mi sento parte di tutto questo. Ne parliamo più volte scherzosi col Percy definendoci “nepalis” ma in realtà un po’ lo siamo diventati, tanto che questa musica orientale che ora sento non dà più fastidio come allora.

Inevitabile ora un po’ di nostalgia di casa, no, non potrei non tornare ora. Anzi, non vedo l’ora di sedere su quell’aereo che mi riporterà in occidente, nella mia cultura, arricchito da questa esperienza e con la coscienza e la voglia di riprovarci e viaggiare ancora. Ora che so che in realtà il mondo in cui viviamo non è poi cosi grande voglio vedere quanto posso e sentire addosso, come in questo istante, la sensazione di essere parte di un popolo e del suo modo di vivere. Percy è stato un buon compagno di viaggio, ci siamo aiutati molto e sempre. Ora siamo un po’ stanchi… Anche di sopportarci eheh…

Comunque vale la pena di sognare per 21 giorni di non essere quel che si è e vivere una vita parallela. Quel che dura e che ci spinge a tornare è l’amore verso le nostre persone care. Il resto non conta. Quelle campane ormai suonano dentro di me e questo non è altro che il mio nuovo paese adottivo.

30/10 Nagarkot – Bhaktapur (19 Km) A 2000 m si dorme male, o per lo meno è così la prima sera. Poi io col raffreddore russo e il Percy si scazza e picchia contro il letto sino a svegliarmi… Insomma, notte agitata. Poi, alle 5.45 ci chiamano per l’alba sulla torre dell’hotel, solo che siamo in allegra compagnia di una ventina di japanis e qualche tedesco e rompono il giusto con le loro macchinette fotografiche… Il cielo è un po’ coperto ma lo spettacolo come sempre è grandioso. Fa un freddo cane quindi decidiamo di restare in albergo fino a quando il sole non si decida a scaldare un po’ la valle. Poco prima delle 10 leviamo le tende e ci lanciamo sulla strada di ieri, ma questa volta in discesa e in poco tempo siamo tornati a Bhaktapur. Giretto a piedi alla ricerca di cibo per il pranzo e poi torniamo in albergo per cucinare. Il Percy è cotto e anche io ho un discreto mal di testa. Lui dormirà sino alle 17.30 io solo mezz’ora (per questo mentre ora scrivo la mia testa ciondola…). Stasera una ciotola di Dal mi ha tirato su l’umore. Abbiamo qualche problema a farci recuperare a Milano… Domani vedremo di risolvere, speriamo di tornare a casa presto. Inizio ad essere un po’ stanco e quindi mi stufo facilmente. E poi qui ormai sono come a casa, che vacanza è? Eheh… A domani. Notte.

Temperatura media 19° Altitudine 1320 m 31/10 Scrivo già dal sedile dell’aeroplano il resoconto dell’ultimo giorno di Nepal dei due “gloriosi” uomini e dei loro pezzi di metallo con le ruote ed ora, forse, anche un cuore. La notte di piombo è volata in un soffio e la mattina è stato un rapido preparativo di mezzi e bagagli per il rientro al “bel paese”. Due parole con Jeevan, non è riuscito a trovarci un imballo per le biciclette, poco male, le consegneremo nude e crude all’areoporto. A colazione ci passano innanzi i vari gruppi italiani di Avventura nel Mondo e ci rendiamo conto di quanto la loro esperienza sia diversa dalla nostra. Si lamentano per l’acqua non abbastanza calda… Quante docce gelide ho fatto nel vero Nepal? Non parliamo molto con loro e dall’altro lato ci guardano non capendo se siamo dei trapiantati o dei turisti. I preparativi terminano con la mattinata, per pranzo panini aglio, olio e sale sul terrazzo. Poi, scendiamo a fare l’ennesimo giro nella città del “Piccolo Buddha”, dato che abbiamo pagato tutti i conti non abbiamo più una rupia, ora siamo proprio come loro. Sediamo su un muretto guardando i turisti passare, alcuni bambini ci abbordano ma presto capiscono che non siamo i “tourist”. Il tempo non scorre ma ora quasi non ci dispiace, torniamo all’albergo ma resistiamo poco dentro, troppa aria viziata dal consumismo…

Meglio uscire ad insegnare l’italiano a un bambino che a sua volta, stupito, ci insegna qualche parola in nepalese. Ci chiede soldi per un libro di scuola e io gli spiego che non è così che funziona, almeno non con tutti i turisti. Sembra capire o forse è solo una mia illusione. Certo è che resta a parlare con noi sino a cena.

Ceniamo a casa di Jeevan, una palazzina che mostra con l’orgoglio di chi non aveva nulla ed ora ha molto. Conosciamo i suoi genitori, vediamo la sua stanza e solo a cena le sue sorelle. Si, solo a cena dal momento che ci servono mentre noi mangiamo daal bath seduti a gambe incrociate su una stuoia. Qui funziona così, le donne lavorano e servono l’uomo, poi mangiano, cultura antica, orientale. Ora hanno spento le luci sull’aereo, dormo.

Riprendo il racconto mentre sono ormai in volo su Vienna. Un aereo molto piccolo ci attende per portarci a Milano, siamo pochi passeggeri. Ero rimasto al dopo cena, e come non ricordare l’ultimo sapore, la grappa di riso offertaci da Jeevan, buona per noi che ormai abbiamo palato avvezzo ai loro sapori. Ci portano all’aeroporto con il bus di Jeevan, è l’addio. Un saluto veloce, come loro solito, in fondo sono dei napoletani con il cuore nordico…

Dentro l’aeroporto le nostre biciclette suscitano l’interesse della polizia, il capitano invita Percy a sedere accanto a lui e a raccontargli il nostro peregrinare. L’ultimo baluardo della loro curiosità viene interrotto bruscamente da un japponese che, ovviamente critica la lentezza e inefficenza nepalese…

Forse non inefficiente ma pazzo il poliziotto lo è, vuole far passare le bici nella macchina dei raggi x, ma desiste quando vede che non ci stanno proprio. Il resto è volo, ancora di notte, ancora su un aereo enorme che ha persino i videogames nei monitor posti sugli schienali dei sedili. Ma io dormo e anche Percy, è il riposo di noi soddisfatti che a dispetto della grande fatica abbiamo visto tanto. Ora stiamo volando sulle nostre Alpi, le montagne di casa e, dall’aereo, lo spettacolo è meraviglioso. Non saranno gli 8000 del Nepal ma sono nostre e, cattive più che mai, salutano il ritorno dei due folli uomini e dei loro pezzi di metallo con le ruote… E un cuore.

The end



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