Ritorno in nepal

Mr. Hari - Nepal 99 appunti di viaggio di giorgio marco Dopo un anno mi ritrovo in volo per il Nepal; un piacere non completamente soddisfatto, una promessa tra amici, ma soprattutto le montagne himalayane con i loro splenditi abitanti costituiscono il motivo di questo ritorno. I compagni di viaggio sono amici di Timau, in...
Scritto da: Marco Di giorgio
ritorno in nepal
Partenza il: 22/10/1999
Ritorno il: 10/11/2000
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Mr. Hari – Nepal 99 appunti di viaggio di giorgio marco Dopo un anno mi ritrovo in volo per il Nepal; un piacere non completamente soddisfatto, una promessa tra amici, ma soprattutto le montagne himalayane con i loro splenditi abitanti costituiscono il motivo di questo ritorno. I compagni di viaggio sono amici di Timau, in comune abbiamo la passione della montagna, si sono preparati con cura; attrezzatura, preparazione fisica e soprattutto conoscenza dell’ area del trekking. Ci sono tutte le premesse per fare un buon lavoro. Per interessi diversi abbiamo deciso di costituire due gruppi che avranno due obiettivi; il campo base dell’Annapurna (Nepal occidentale) e la valle del Langtang con i laghi di Gosainkund (Nepal centrale).

Dopo un breve scalo a Dacca raggiungiamo Katmandu, l’ aeroporto mi è familiare, riusciamo rapidamente a fare i visti d’ ingresso, quindi ci infiliamo dentro il primo taxi; l’ aria calda della sera i profumi esotici, la confusione del traffico, mi fanno riconoscere questa città come una vecchia e cara amica. Il giorno successivo dopo avere ingaggiato un paio di portatori ci dedichiamo alla visita di Katmandu, la città è autentica, la sua storia è visibile attraverso la Darbar Square, la stupa buddista di Boudhnath. La gente è quieta, i bambini numerosissimi sono curiosi e sereni, nel quartiere Thamel i mercanti offrono qualsiasi tipo di merce (cannabis inclusa), interessante il mercato degli articoli da trekking. Spendiamo il resto della giornata a curiosare per la città, a sera un buon filetto nella mitica Steck House di Thamel.

La mattina successiva dopo le ultime raccomandazioni salutiamo Gianni, Gaetano, Alan e Tullio diretti all’ Annapurna, ho qualche preoccupazione ma altrettanta fiducia. Prendiamo la corriera per Dhunche, durante il viaggio facciamo conoscenza del nostro portatore, il suo nome è Hari, ha circa venticinque anni, è di razza indù, il carattere è mite, parla un discreto inglese, durante il trekking si rivelerà una preziosa risorsa. Intanto la corriera si inerpica su una strada incredibile, la media alla fine del percorso sarà di 7 km/ora, i passeggeri sono in maggioranza abitanti dei villaggi di montagna a nord di Katmandu, è un piacere osservare questa calda umanità nei loro caratteristici abiti, nei visi i tratti degli occhi delle popolazioni “TAMANG” di razza cinese, in mezzo a loro qualche indiano. La corriera si avvia lentamente verso il nord, scende e sale continuamente queste vallate ampie e terrazzate, nonostante il disagio del percorso, il tempo scorre velocemente, in tarda serata raggiungiamo SYABRU BENSI (1450 mt.).

Prendiamo alloggio in un lodge, si tratta di una casa modesta con basamento in pietra, il piano rialzato è realizzato in legno, i servizi sono ” fuori”, le camere ospitano dai due/quattro posti letto dove puoi stendere il sacco a pelo. Nonostante la modestia del lodge è disponibile un menù estremamente vario; noodles, riso, patate, uova, vegetali, in ogni caso il cibo è adeguato alle necessità del trekking, di fatto rende perfettamente inutile il ricorso ad integratori o a cibi particolari. La sera sotto la luce di una lampada a olio si cena intorno ad un tavolo insieme ad altri trekkers. La mattina successiva ha inizio il trekking, Hari il nostro portatore ha qualche difficoltà a sistemare il carico, quindi ci avviamo attraverso un sentiero verso una densa ed umida foresta, mi rendo conto subito che Diego scambia il sentiero per un circuito di formula 1, gli ci vorrà qualche giorno (forse) per capire che non siamo a Monza, ma capisco il suo piacere, Claudio al contrario è attratto da tutto ciò che vede, la sua macchina fotografica è sempre in azione, sono sicuro che farà un buon lavoro. Il tempo è il massimo che un trekker possa desiderare, durante il giorno la temperatura si mantiene intorno ai 28 c°, il cielo è sereno, l’umidità è quasi assente. Il percorso sale una stretta valle a fianco di un corso d’ acqua incorniciato da ontani e betulle. Nel primo pomeriggio arriviamo al villaggio CHAMDANG denominato Lama Hotel mt.2480, troviamo alloggio al Green Wiew. Durante la cena facciamo conoscenza degli altri ospiti del lodge, si tratta di una ragazza francese Madalaine; è sola con la sua guida nepalese, è alla sua prima esperienza di trekking, parla un buon italiano, tra gli altri ospiti ci sono due ragazze austriache; Heidi e Cristine, hanno già una dozzina di giorni di strada alle spalle, vengono dall’ Helambu, hanno scollinato il passo di Laurebina 4700 mt., si vede benissimo che sono nel loro ambiente, che siano i Tauri o l’ Himalaya. I miei compagni Diego e Claudio sono già entrati in clima; apprezzano molto la cucina nepalese, sentono che è il loro trekking. Hari è discreto, ma quando hai bisogno di lui è sempre presente e disponibile. Oggi siamo diretti al villaggio di Langtang superiamo rapidamente la foresta, davanti a noi appare completamente innevato il LANGTANG Lirung mt. 7426. Maestoso e inavvicinabile. La valle ora si apre, lungo il percorso incontriamo mandrie di yak che scendono dagli alpeggi di Kyangjin, essendo il sentiero molto stretto devo farmi da parte per lasciarli passare, ho l’ occasione di osservarli, hanno il pelo simile ai bufali, per dimensione sono più piccoli dei nostri bovini. Superiamo GORA TABELA mt. 3000. In lontananza si vede il villaggio di Langtang 3400 mt., le case quadrate con i muri in pietra hanno il tetto piatto di tipo tibetiano, l’ aria fine dell’ alta quota, l’ assenza di rifrazione dei raggi solari rende forti i chiaroscuri al punto che il villaggio si mimetizza tra i colori della natura. Qui gli uomini sono dediti all’ allevamento degli yak ed altri bovini, le donne lavorano nei campi di grano racchiusi da muri di pietra, i bambini custoditi dai fratelli più grandi giocano fuori dalle case. Prendiamo alloggio al WIEW VILLAGE, abbiamo il tempo di gustare gli ultimi raggi del sole che solcano l’ aria frizzante del meriggio. Sinceramente penso che se esiste il paradiso questo gli assomiglia molto. All’ imbrunire ci ritiriamo nella Dinner Room, leggere il menù è ormai un divertimento, questa sera optiamo per la “gaelic soupe”, come immaginavo trova una accoglienza entusiasmante da parte dei miei compagni, ma ho già capito che sono capaci di mangiare qualsiasi cosa.

Il tempo non cambia, oggi siamo diretti a Kyanjin Gompa, il villaggio più avanzato della valle, il percorso non è molto lungo ma sale a quota 3900 mt., sarebbe opportuno per un buon acclimatamento effettuare il percorso con un passo adeguato, ma ciò è molto difficile spiegarlo a Diego che poco dopo innesta la quarta, il tragitto si snoda tra vasti pascoli, per alcuni tratti il sentiero si affianca a lunghi muri di pietra detti “muri mani” (pietra dove è incisa la preghiera buddista tibetiaba om mani padme hum.). La fatica comincia a farsi sentire, le pause sono più frequenti, effettivamente anche se il tragitto è breve lo ricorderò come il più impegnativo, comincio a sentire l’ effetto della quota, una volta preso alloggio a Kyanjin mi stendo sul sacco a pelo per un buon riposo. I miei compagni proseguono per il Kyanjin Peak.

Il villaggio originariamente ospitava i pochi pastori dediti all’ alpeggio, recentemente con la diffusione del trekking sono stati costruiti diversi lodge dotati di un discreto comfort, sfruttando una fonte naturale di acqua calda si riesce anche a fare una doccia. In attesa del ritorno dei miei compagni sorseggio un te al gelsomino; davanti a me una giovane ragazza tamang lava con cura i suoi lunghi capelli neri, singolarmente indossa un paio di jeans di velluto che mettono in risalto un corpo flessuoso, la carnagione è resa scura dal sole d’ alta quota, gli occhi neri a mandorla, indecifrabili, mettono in rilievo l’ abisso di storia che ci separa.

Prima di cena facciamo visita al caseificio di Kyanjin, essendo stato edificato con l’ assistenza tecnica di un ente svizzero non è molto diverso dalle nostre malghe, eccezionale è la qualità dello yogurt servito con la proverbiale cortesia dei pastori. Il giorno successivo mentre Diego e Claudio vanno al Tsergo Ri Peak, io e Hari ci avviamo verso il Kyanjin Peak mt. 4600, il percorso si fa presto ripido, superiamo il livello della neve e con fatica raggiungo la cima dove sventolano le bandiere di preghiera, da qui è visibile con tutta la sua grandezza il Langtang Ri, in direzione opposta esploro visivamente il valico del Ganja La quota 5106 mt. Questo passaggio costituisce l’ unico modo per superare la valle da questo lato, per far questo oltre ad una buona guida è indispensabile avere una tenda, viveri e l’ attrezzatura invernale, quindi è fuori dalla nostra portata, però poteva costituire una variante interessante.

Rapidamente ritorniamo al villaggio, nel frattempo sono arrivati diversi gruppi di trekkers, molti di loro viaggiano in gruppi organizzati, pernottano in tenda e sono seguiti da uno stuolo di portatori, ho la sensazione spiacevole di rivedere quel turismo tipo ” tutto compreso ” che prende molto e da poco. A sera ci troviamo ormai ritualmente intorno al tavolo per la cena; Hari ci aiuta a scegliere il menu, questa sera insieme alla zuppa all’ aglio la scelta cade sui “momi” ovvero tortelloni tibetiani, è inutile dirlo sono ottimi, Claudio non rinuncia al dal bhat (riso e lenticchie) che gli creerà nel tempo qualche problema, il servizio a tavola impeccabile è fatto da un paio di bambine, qui i bimbi sono parte attiva nell’ impresa familiare. Nel tavolo accanto c’è Robert, un giovane londinese, viaggia solo, proviene dal campo base dell’ Everest, è disarmante la disinvoltura con la quale la gioventù anglofila si muove.

Oggi ci aspetta una lunga discesa, ripercorriamo la valle a ritroso, puntiamo al villaggio CHAMDANG , la discesa è gradevole, si sente subito l’ effetto dell’ abbassamento della quota, effettivamente dopo quattro giorni di trekking si comincia a carburare, nel pomeriggio raggiungiamo il lodge dove abbiamo alloggiato quattro giorni orsono, qui ritroviamo Heidi e Cristine che ormai sono al termine del loro trekking; sono in piena forma, il tempo di scambiarci le nostre impressioni, una buona birra, la promessa di rivederci, un affettuoso saluto, quindi si avviano verso SYABRU BENSI non prima di averci lasciato un piacevole regalino… La cena si conclude con una buona sigaretta e due passi per il villaggio; alcuni portatori intorno ad un fuoco cantano una piacevole cantilena, al centro il più giovane accompagnandosi al canto dei suoi compagni effettua una danza dal significato misterioso, il suo viso segnato dalla vita dura lascia trasparire una profonda serenità. Riprendiamo la discesa verso ……, superiamo il Langtang Khola attraverso un ponte sospeso di straordinaria manifattura, è un saliscendi continuo all’ interno di una foresta tropicale, il sentiero dopo aver toccato la quota più bassa circa 1700 mt, torna decisamente a salire, fino a che non intravediamo in lontananza il nostro obiettivo; il villaggio di Syabru; si trova adagiato sul crinale di una altura completamente circondata da larghe terrazze destinate ad uso agricolo. Raggiungiamo le prime abitazioni, le scene di vita del villaggio non sfuggono a Claudio che instancabilmente e con estrema delicatezza rimette in funzione la .Canon.., sinceramente vedere questi contadini intenti a realizzare con le canne di bamboo; cesti, stuoie o delle donne nei loro gesti secolari tessere le loro stoffe in stile tibetano, o pulire a mano il miglio, è un vero spettacolo; i colori, i volti scolpiti dalla loro vita.., forse è proprio questo il motivo che mi spinge a percorrere questi sentieri…

La visita al villaggio è soprattutto una esperienza culturale, una opportunità per capire la vita di una comunità Tamang, sembra un già visto, è inevitabile un accostamento con i ricordi del paese della mia infanzia feriale; l’ architettura delle case costruite con pietra e legno, i primitivi attrezzi agricoli, le stalle, le legnaie, i profumi, … La serenità perduta…..

Troviamo alloggio all’ Evening View, splendita la visione del Ganesh Himal 7405 mt., da qui siamo ad un giorno di strada dal confine con il Tibet, avrei voglia di incamminarmi in quella direzione… In attesa della cena apriamo una trattativa con un paio di bambini per acquistare la loro mercanzia; parlano un buon inglese (meglio di noi), sono abilissimi a difendere il prezzo della loro merce, la loro allegria è contagiosa, finisce come al solito; lo zaino di Claudio si ingrandisce sempre di più. La sera ci ritroviamo nella dinner room, in pratica è un unico accogliente locale, una tenda ci separa dalla zona notte dei nostri ospiti nepalesi, intorno al tavolo ritroviamo la ragazza francese Maddalene con la quale Claudio avvia una lunga disquisizione su uno scrittore francese. L’ illuminazione della lampada a olio allunga le ombre nei visi dei compagni di viaggio rendendo le immagini cariche d’ intensità, il piacere di queste sensazioni si accompagna ad un buon boccale di birra, queste serate fatte di poche cose, ma di sapori lontani concludono le nostre giornate.

La sera prima di prendere sonno studio il percorso che ci aspetta nei prossimi giorni; da questo momento inizia la parte più difficile del trekking , si tratta di raggiungere i laghi di Goisakund, per poi superare il passo di Laurebina 4700 mt., la difficoltà non è di per se la quota ma piuttosto il percorso che per alcuni tratti risulta impervio, e diventa proibitivo se il tempo peggiora, Hari non dimostra il consueto ottimismo. La mattina successiva riprendiamo il percorso in direzione di Sing Gompa mt. 3200, il sentiero torna subito a salire all’ interno di una foresta verde ed umida, fino a raggiungere una sella dove fortunatamente troviamo l’ immancabile ‘the house tea ‘ (chiosco), il tempo di bere un “lemon te”. Diego è tutto preso a fare un personalissimo servizio fotografico, non ha molta confidenza con la macchina fotografica, ma ha molto chiari gli obiettivi….. Riprendiamo il percorso, ora più dolce , attraversiamo un bosco composto unicamente da alberi dal tronco rossastro e privi di corteccia, questo mutare dell’ ambiente naturale è una caratteristica di questi sentieri che solcano continuamente varie altitudini. Presto arriviamo a Sing Gompa; si tratta di un piccolo villaggio adagiato su un crinale. Le condizione meteorologiche sono mutate, il cielo è coperto, quindi la temperatura in sensibile discesa, ciò è una seccatura perché il giorno successivo ci aspetta una giornata impegnativa. Troviamo alloggio nella “dependance” di un lodge, questo significa che passeremo la notte al fresco. Il villaggio possiede un piccolo “gompa” (piccolo luogo di preghiera buddista) ed inoltre un ordinato caseificio, dove non manchiamo di gustare l’ immancabile yogurt. Come in tutti i villaggi che abbiamo attraversato è possibile vedere qualche lodge in costruzione, gli unici materiali edili disponibili sono la pietra ed il legno, per gli scavi viene utilizzata una corta zappa che viene manovrata in due, il primo la pianta nel terreno, l’ altro con l’ aiuto di una corda la estrae rimuovendo così il materiale, il trasporto della pietre è fatto tutto a spalla con l’ aiuto di un basto in legno, sono condizioni di lavoro durissime, è imbarazzante per noi europei vivere queste situazioni di enorme diseconomia, non si può non pensare al nostro spreco quotidiano, sento di amare questa gente resa umile dalla povertà. La serata trascorre come al solito, al lume di candela, confrontiamo le nostre impressioni, ci scambiamo le nostre opinioni, sento che i miei compagni hanno le stesse sensazioni, ciò rende solido il nostro rapporto. La notte la trascorriamo nel freddo del nostro alloggio che non ha neanche il conforto del calore della cucina vicina. In considerazione della faticosa giornata che ci aspetta Diego recupera il suo carico da Hari, ormai sempre più amico e meno portatore. La mattina si presenta con il cielo coperto, la temperatura è scesa in modo sensibile, dopo aver superato una lussureggiante ed umida foresta entriamo nell’ area protetta del Goisakund, man mano che il sentiero sale i panorami si fanno straordinari; peccato che il tempo peggiora, una bufera di neve rende il cammino più faticoso, per fortuna raggiungiamo un accogliente ricovero, si tratta di un lodge ben riscaldato, da qui si gode di un panorama fantastico, la vista va’ dal Ganesh Himal, al Langtang Lirung, in lontananza si vedono anche gli Annapurna. Riprendiamo il percorso, ormai siamo intorno ai 4000 mt. Il paesaggio diventa alpino, sotto un leggero nevischio affrontiamo uno sentiero completamente in cengia, decisamente esposta, le insidie possono venire dal terreno ora coperto da un leggero strato di nevischio che può nascondere pericolose formazioni di ghiaccio. Presto raggiungiamo il primo dei laghi di Goisakund il SARASWATI KUND, superato uno sperone roccioso cominciamo ad intravedere il lago di BHAIRAV KUND, mi rendo conto della unicità della situazione; l’ altitudine, l’ apprezza del tempo, il percorso impervio, sono tutti elementi che concorrono a rendere unico ed emozionante questo momento della mia vita.

Finalmente raggiungiamo il lago di GOISAKUND mt. 4400, a margine c’ è un piccolo villaggio formato da alcuni lodge che danno ospitalità ai trekkers o ai pellegrini indù che vengono fino qui per onorare il dio Shiva, troviamo alloggio al Namaste’ , dato che il tempo è migliorato nettamente i miei compagni decidono di proseguire verso una cima prospiciente il lago. Io preferisco fermarmi nella calda “dinner room ” . Intorno al caminetto, ci sono trekkers di tutte le razze; tedeschi, svizzeri, indiani e americani, tutti diversi e così singolarmente riuniti da una unica passione in un punto della catena himalayana, sento , che, anche se siamo separati dalla lingua, dalla cultura, abbiamo abbastanza cose in comune da rendere la nostra vicinanza una vera e propria comunità, se non altro per il nostro amore per la natura, per il piacere di incamminarsi all’ alba sui sentieri himalayani e la sera distendersi nel sacco a pelo e pensare alla giornata appena trascorsa.

Nonostante che l’ altitudine consigli un buon riposo lontano dagli strapazzi, la serata trascorre piacevolmente tra ‘abbondanti’ libagioni, Claudio riesce a barattare del buon parmigiano con una discreta erba, Diego sorprendendomi inizia una interminabile discorso in spagnolo(?) con un ragazzo californiano, il suo nome è Jack, ci farà compagnia insieme alla sua compagna Willy, americana di razza cinese, fino a Katmandu. Ormai siamo giunti al giro di boa, domani superato il passo inizieremo la lunga discesa della Valle dell’ Helambù. La mattina, dopo una notte inquieta, inizia con la ricerca dei calzettoni di Diego (sembra che Claudio li abbia imboscati), subito dopo partiamo per il passo, il cielo è sereno, la giornata promette bene, lentamente attraverso un sentiero coperto di neve ci incamminiamo verso il passo, bisogna procedere cautamente, non è consentito nessun errore, Hari nonostante il carico e che calzi solo un paio di mocassini non perde il buon umore, Claudio sorprendendoci calza un paio di ramponcini (sempre previdente). Giunti sul passo, ci scambiamo i complimenti, quindi foto di rito, ed ha inizio un lungo ed interminabile saliscendi, lungo il percorso incrociamo i resti di un aereo thailndese precipitato nel 1992. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo la località di Tharepati (3600), (grazie Diego per lo zaino) , si tratta di una sella panoramica e punto d’ incontro con il circuito dell’ Helambu.. Purtroppo per dormire non troviamo di meglio che una baracca, certo che oggi avrei avuto piacere di trovare un alloggio pi adeguato, nonostante ciò riusciamo a cenare discretamente, quindi una buona sigaretta, e possiamo anche affrontare la notte, in lontananza si vedono le luci di Katmandu, il cielo è immensamente stellato. Indosso tutto quello che ho nello zaino e mi infilo nel sacco a pelo.

L’ alba si consuma in pochi istanti, il tempo di fotografare la corona hymalaiana che ci circonda, fa ‘ freddo, ma ci aspetta la discesa che ci porterà nel caldo delle foreste sottostanti, ormai abbiamo la sensazione di tornare a casa, ci aspetta una lunga discesa, nel primo pomeriggio dopo avere attraversato un paio di villaggi raggiungiamo Kutumsang 2500 mt. Dopo diversi giorni si riesce con l’ aiuto di due secchi d’ acqua a fare una doccia, la cena si consuma intorno al fuoco della cucina, posso osservare la padrona di casa che seduta sul pavimento acconto al fuoco prepara la nostra cena; lavora con un’ attrezzatura secolare, i gesti sapienti, intorno al fuoco c’è il resto della famiglia; una nidiata di fanciulli chiassosi, i vecchi.. Hari segue personalmente la preparazione della cena, ha messo in dieta Claudio…

Penultimo giorno di trekking, siamo diretti a Chisopani 2180 mt, siamo in piena zona agricola, i villaggi si alternano, si comincia dopo un paio di settimane a mangiare qualche frutto; mandarini e banane ecc. La temperatura sale decisamente verso i trenta gradi, verso il tardo pomeriggio raggiungiamo Chisopani, il villaggio è servito da una strada carrozzabile in terra battuta, questo è il segno evidente che siamo alla fine del trekking, da una parte sono contento ma già sento la malinconia, prendiamo alloggio in un alberghetto gestito da indiani, sento già la nostalgia delle case tamang, ormai è l’ ultima serata, ci lasciamo andare; Jack e la sua compagna cenano insieme a noi , questa sera abbiamo anche il dessert; sui tratta di banane cucinate nello zucchero., birra abbondante e una ottima sigaretta chiude la serata.

La mattina successiva raggiungiamo Sundarijal in pieno relax, siamo a Katmandu, abbiamo percorso ridendo e scherzando circa 200 km, siamo andati oltre le migliori previsioni, si tratta di uno di quei trekking destinati a rimanere impressi nella mia memoria per tutto il resto della vita, devo ringraziare i miei compagni, perché hanno capito la magia di questo paese , ne hanno capito l’ anima e credo che anche per loro rimarrà lungamente nei ricordi A Katmandu ritroviamo i nostri amici alla Steak Hause, intorno ad un filetto ci raccontiamo le nostre esperienze, è un momento di felicità, siamo al termine di una esperienza che avevamo ideato, progettato e finalmente realizzato. Abbiamo ancora il tempo di fare un rafting sul trisuli khola, ancora qualche piacevolezza, ed il ritorno a casa. Ed ora pensiamo alla prossima….



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