Namibia, dove le dune di sabbia scendono in mare

Un totale di 4.000 km percorsi in circa 13 giorni. Un viaggio impegnativo, a tratti stancante, lontano da rilassanti spiagge di sabbia bianca e ombrellini da cocktails colorati. Un’avventura dove la natura è la vera protagonista del viaggio e tu sei solo un timido spettatore, ormai senza parole, di fronte a tanta bellezza!
Scritto da: mariapaola79
namibia, dove le dune di sabbia scendono in mare
Partenza il: 12/08/2017
Ritorno il: 27/08/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Prima di entrare nel vivo del racconto voglio fornirvi qualche informazione pratica per l’organizzazione del viaggio. Noi avevamo poco più di due settimane, 13 giorni effettivi al netto dei voli, da pianificare al meglio. L’idea era visitare il paese con il classico “fly and drive”, quindi serviva noleggiare un’auto e prenotare le varie strutture lungo il percorso.

VOLO

Una volta stabilito un itinerario di massima la cosa più urgente era l’acquisto del volo e qui mi sono scontrata con il primo grande dilemma. Non esistono voli diretti dall’Italia e la maggior parte delle Compagnie, ad eccezione della Air Namibia, prevedono ben 2 scali! Abbiamo valutato varie combinazioni e i costi già a febbraio erano molto alti ma non sono una che si arrende facilmente. Grazie ai consigli di altri Turisti per Caso, ho contattato la Xenia Viaggi, un’agenzia con sede a Prato e specializzata in viaggi nell’ Africa australe. L’agenzia, avendo un contratto di collaborazione particolare con alcune compagnie, mi poteva garantire un biglietto aereo ad un prezzo ben più conveniente di quanto trovato autonomamente in rete. L’agenzia ci ha assistito nell’acquisto del volo, nel noleggio dell’auto e nella prenotazione degli alloggi. Il servizio fornito dall’Agenzia è stato impeccabile e mi sento di consigliarvela.

NOLEGGIO AUTO & GUIDA

Il secondo grande dilemma era noleggiare berlina o 4×4. Ovunque leggevo che in Namibia la maggior parte delle strade sono sterrate e l’uso del 4×4 era caldamente consigliato anche se aveva dei costi più elevati. L’agenzia ci ha proposto un’opzione di mezzo, un 2×4, un piccolo suv quindi che sulla base dell’itinerario sarebbe stato più che sufficiente, oltre a farci notevolmente risparmiare.

Ci siamo fidati ma con il senno di poi vi posso dire senza esitazione che il 4×4 in Namibia dovrebbe essere obbligatorio per legge! Ci è stata assegnata una Renault Sendero Stepway. Da subito mi sembrava alta e robusta, ma ci è bastato affrontare il primo sterrato per capire che non avremmo avuto vita facile.

Le strade namibiane sono piene di insidie: sassi acuminati, avvallamenti improvvisi, buche, dossi, e la cosa peggiore, i cordoli di ciottoli formati dal passaggio della lama delle livellatrici che passano quotidianamente per spianare le strade che il governo, per scelta, ha deciso di non bitumare.

A questo va aggiunto la polvere che si alza sistematicamente al passaggio di un’altra autovettura e crea una nuvola impenetrabile di polvere che ostruisce la visibilità per alcuni interminabili secondi.

L’uso di un 4×4 non ci avrebbe certo esentato da questi pericoli ma ci avrebbe reso la guida più piacevole, considerando che abbiamo trascorso praticamente tutta la vacanza in macchina. Inoltre abbiamo dovuto rinunciare a percorre alcuni tratti come la Welwitschia Drive o allungare il percorso al fine di evitare strade il cui transito era consigliato unicamente ai fuori strada.

Come documentazione per il noleggio dell’auto basta avere più di 21 anni, la patente di guida internazionale e una carta di credito per la cauzione che vi verrà restituita al momento della riconsegna del veicolo ( la cauzione, ovviamente non la carta di credito!)

Il navigatore non vi servirà, le strade sono poche e ben segnalate su tutte le mappe e cartine che potrete reperire, anche quelle secondarie. È una voce su cui potete risparmiare.

Come avevamo già sperimentato in Sudafrica, anche in Namibia la guida è a sinistra, retaggio della colonizzazione inglese. Vi ritroverete a percorrere lunghissimi tratti di strada in cui non incrocerete anima viva e, ammetto, a causa del fondo stradale sconnesso in maniera imbarazzante, in più di una occasione siamo stati costretti a guidare in contromano. Non si fa, lo so, ma in certi momenti la priorità è salvare le gomme e le sospensioni. Prestate sempre attenzione all’arrivo di eventuali veicoli dalla parte opposta, sembra banale ma dopo tanti zig zag si ci dimentica di stare dalla parte giusta. L’arrivo di un altro veicolo era sistematicamente annunciato da una nuvola di polvere che era impossibile non notare e ci dava il tempo di rimetterci sul lato giusto della carreggiata.

Come avrete intuito la velocità media è di 60/80 km orari quando si va forte e in certi tratti bisogna andare così piano che avremmo fatto prima se l’avessimo fatta di corsa. Per fortuna tra viaggiatori ho trovato molta solidarietà. A noi è andata bene ma più di una volta ci siamo fermati, assieme ad altri, a dare una mano a persone in panne, sapendo che avremmo potuto tranquillamente essere i prossimi.

Viaggiando a velocità ridotta, va da sè che, per percorrere 300 km ci si impiega il triplo del tempo che si impiegherebbe su strade asfaltate. Calcolate bene le distanze tra una tappa e l’altra, partite sempre presto la mattina in modo da essere in Hotel prima che faccia buio. Guidare su certe strade nell’oscurità della notte non è divertente. Non esistono lampioni e quando cala il sole sarete immediatamente avvolti dalla oscurità più totale.

Fate benzina ogni volta che potere, anche se il serbatoio è sceso solo di una tacca e nel dubbio tenevi una tanichetta in macchina per le emergenze.

Non voglio spaventarvi, le strade polverose e desolate che attraversano la Namibia non sono sicuramente comode ma regalano viste mozzafiato e panorami unici.

In conclusione: affittate un 4×4, guidate di giorno e con prudenza, calcolate bene le distanze, fate benzina non appena vi è possibile e prima di partire ripassate come cambiare una gomma.

ALLOGGI

Altra nota dolente. Come vi accennavo mi sono messa ad organizzare il tutto agli inizi di Febbraio e con mio grande stupore, nonostante il supporto di un agenzia e di corrispondenti locali molti alloggi erano già fully booked. Certo, agosto è un periodo critico ma credevo che muovendomi con ben 6 mesi di anticipo non avrei avuto problemi. Le strutture recettive non sono tantissime e negli ultimi anni la Namibia è stata presa d’assalto. La zona dove abbiamo avuto più difficoltà è attorno al deserto del Namib, che tutti puntano a visitare all’alba. Tutti i camp e alloggi vicini al cancello di ingresso del parco erano pieni e per vicino intendo un raggio di 50 km! Noi purtroppo siamo stati costretti a dormire a 80 km e sulle strade descritte sopra percorrere 80 km equivale ad una vita intera!

PERIODO

Siamo sotto l’Equatore, quindi le stagioni sono invertire rispetto alle nostre. Le temperature sono miti durante il giorno ( 20°- 25° ) ma c’è una forte escursione termica. All’alba e dopo il tramonto le temperature scendono drasticamente, avrete bisogno di felpe pesanti e talvolta anche un piumino non guasta. È comunque il periodo migliore per osservare gli animali. L’inverno namibiano corrisponde alla stagione secca, e gli animali si radunano attorno alle pozze d’acque per abbeverarsi. A differenza di altre zone dell’Africa in cui ho avuto la possibilità di fare dei safari, non dovrete guidare per ore nella speranza di stanare qualche bestiola. Basta appostarvi davanti ad una pozza e saranno gli animali a venire da voi. Ma non una o due zebre, centinaia! Ci sono momenti in cui le pozze sono talmente gremite da non sapere più dove guardare: zebre, elefanti, giraffe, orici, springboks, leoni e rinoceronti…solo per citarne alcuni e talvolta anche tutti assieme! Questo era il mio terzo safari, credevo che nulla avrebbe mai potuto eguagliare la grandiosità del Masai Mara ma devo dire che la Namibia, oltre ad essere una terra meravigliosa, per osservare gli animali è davvero unica.

ITINERARIO

Finalmente una buona notizia. Pianificare l’itinerario non è mai stato così facile. Con due settimane a disposizione il giro è quasi obbligato. Potete scegliere se compierlo in senso orario o antiorario ma per una prima volta in Namibia ci sono tappe imprescindibili. Con qualche giorno in più a disposizione, se non addirittura una settimana, ovviamente le possibilità si amplificano. Noi abbiamo dovuto rinunciare al Fish River canyon ma diciamo che con due settimane si riesce comunque ad organizzare un tour abbastanza completo. Poi si sa, una volta sul posto il tempo non è mai abbastanza e non si vorrebbe più ripartire ma questa è un’altra storia.

Bene, ora che i fondamentali li abbiamo ripassati, non ci rimane che partire. Mettevi comodi e allacciate le cinture. Non vedo l’ora di raccontarvi tappa per tappa questo splendido paese.

Partiamo il 12 agosto alle 17,30 da Malpensa con Air France. Dopo un primo scalo a Parigi ed un secondo a Johannesburg arriviamo a Windhoek il 13 Agosto alle 14,00.

In genere nutro un’antipatia viscerale per tutto quanto è francese e di Air France non avevo mai sentito parlare molto bene ma mi sono dovuta ricredere. Oltre a non averci perso nessun bagaglio siamo sempre partiti in perfetto orario e non ho davvero nulla da recriminare a questa Compagnia. Un’ottima scelta quindi.

13 AGOSTO

Un corrispondente dell’agenzia viaggi ci ha accolto al nostro arrivo in aeroporto per la consegna dei vouchers originali degli Hotels e l’assistenza nel noleggio dell’auto. Ci ha consegnato una brochure personalizzata con la descrizione di tutte le tappe del nostro itinerario, gli indirizzi, i numeri di telefono e le strade da seguire oltre alla cartina dettagliata del paese. Ci hanno anche fornito una carta telefonica (SIM) Namibiana da utilizzare nel nostro cellulare. Molto utile se avessimo dovuto chiamare l’assistenza in caso di emergenza o anche solo per chiamare in Italia alle tariffe namibiane evitando il roaming. L’abbiamo ricaricata il primo giorno presso una stazione di servizio con un credito minimo.

Vi consiglio di cambiare i soldi in aeroporto, dove il cambio è più favorevole, inoltre lungo il nostro itinerario non ci saranno molti stock exchange.

Uscendo dall’aeroporto assaporo il clima secco della Namibia. La referente si lamenta dicendo che oggi è una giornata molto calda. Le sorrido ribattendo che non ha la minima idea di cosa abbiamo patito fino a ieri in Italia! Per me qui è il paradiso! Recuperata l’auto, firmate tutte le scartoffie e controllato che non ci fossero segni già evidenti partiamo. L’auto è tirata talmente a lucido che mi sembra appena uscita da una concessionaria. Seguiamo la nostra referente che ci accompagna fino in Hotel per ripassare assieme l’itinerario, fornirci qualche indicazione utile e sciogliere tutti i nostri dubbi, almeno quelli iniziali. Il paesaggio si presenta da subito molto arido, desertico, molto più wild di quanto non lo aspettassi. L’aeroporto si intravedeva ancora nello specchietto retrovisore quando la nostra attenzione è attratta una famigliola di babbuini sul ciglio della strada che giocano e si rincorrono! L’Africa, con la sua natura è sempre pronta a sorprendermi e rubarmi un sorriso. Sono di nuovo in Africa e sono felice. Sento che la Namibia saprà regalarmi emozioni esagerate! Il centro di Windhoek dista circa 48 km, oggi è domenica e le strade sono semi deserte. Questo ci permette di famigliarizzare con la guida a sinistra senza troppi traumi. Già in Sudafrica l’avevamo sperimentata ma i primi giorni si è sempre un tantino impacciati e non avere il navigatore rendere l’impresa meno semplice della scorsa volta. Eccoci in hotel, il Safari Court Hotel.

L’Hotel è molto bello ma siamo talmente stanchi dal viaggio che non abbiamo la lucidità necessaria per apprezzarlo in toto. Urge una doccia per rimetterci in sesto, dopo tutto siamo in viaggio da un giorno e mezzo! Dobbiamo poi tenere conto che qui alle 18,00 cala il sole e il buio è repentino. Per cena vogliamo testare Joe’s Beerhouse, recensito ottimamente su tutte le guide e non a torto. Bellissimo locale, frequentato unicamente da turisti ma la qualità della carne è indubbia. Molto carino e curato anche il locale. Se fossimo rimanesti più giorni sono certa che ci avrebbe avuto nuovamente tra i suoi clienti! Domani lasceremo Windhoek per iniziare il nostro on the road! Alle 21,00 sono già a letto, un po’ per la stanchezza del viaggio, un po’ perché non vedo l’ora che sia domani!

14 AGOSTO

La prima tappa del nostro viaggio in Namibia sarà il Deserto del Kalahari, a circa 300 km di distanza da Windhoek. Imbocchiamo la B1 in direzione Sud verso Rehobot; a 10 km circa prima di Mariental giriamo sulla C20 e dopo 20 km raggiungiamo l’Anib Lodge. La strada scorre dritta e asfaltata, un lusso a cui dovremo presto dire addio.

Dal cancello di ingresso percorriamo una breve strada sterrata dalla caratteristica colorazione rossa che conduce alla struttura principale. Vari cartelli ci invitano a rallentare per non infastidire gli animali che potrebbero esserci nelle vicinanze. L’entusiasmo è alle stelle, non mi aspettavo una location così bella. Un oasi di silenzio e tranquillità.

Nell’area di fronte alla nostra camera si trovano delle simpatiche mangiatoie che, ad una distanza di sicurezza, offrono la possibilità di contemplare in tutta tranquillità su comodi divanetti e sedie a dondolo gli animali che vengono a rifocillarsi, per lo più Helan e Gnu. La struttura organizza per i propri ospiti dei game-drive nello splendido deserto del Kalahari ma quelli del pomeriggio sono già fully booked. Ripieghiamo su un giro in bici attraverso i walking trails della riserva fino al calare del sole. Con grande sorpresa incontriamo un sacco di animali. Avvistiamo subito un branco di zebre, che totalmente indisturbate dal nostro arrivo continuano a brucare placidamente. Poi è la volta delle dolcissime giraffe che con i loro movimenti un po’ scoordinati riescono sempre a farmi sorridere. Saremmo rimasti ad osservarle più a lungo ma alle 17,30 il sole sta già calando e il regolamento impone di essere di ritorno al Lodge prima che faccia il buio.

Nel bellissimo ristorante della struttura, gustiamo per la prima volta quelle pietanze che diventeranno una costante del nostro viaggio, come la carne di Orice e di Sprinbook. Non me ne vogliano i vegatariani che mi stanno leggendo ma una carne cosi tenera erano anni che non l’assaggiavo. Durante la cena le cameriere ci hanno intrattenuto con canti tipici, intonati con una potenza che solo le donne africane sono in grado di liberare.

15 AGOSTO

L’indomani alle 05,30 siamo già operativi, pronti per il game-drive all’interno della riserva. Usciamo dal nostro Lodge che è ancora buio e fa freddissimo. Raggiungiamo una duna per ammirare l’alba da una postazione privilegiata. Non appena il sole fa capolino tutto attorno a noi si accende di un rosso talmente intenso che mi sembra ancora di sognare. Mentre noi estasiati scattiamo foto all’impazzata la nostra guida ci prepara il caffè e qualche stuzzichino dolce. Il paesaggio è unico, lunghe strisce parallele di dune rosso fuoco striate dal vento, alternate ad avvallamenti coperti di vegetazione. Il game-drive prosegue sempre a bordo delle robuste jeep. Avvistiamo kudu, zebre, struzzi, springbok, orici e giraffe. Purtroppo nella riserva non sono presenti leoni o altri felini ma i primi avvistamenti della fauna locale sono stati ugualmente emozionanti. L’escursione è stata molto interessante grazie anche al bravissimo driver che ci ha spiegato nel dettaglio le caratteristiche, non solo di tutti gli animali incontrati, ma anche delle diverse tipologie di piante, in particolare le acacie, che crescono numerose in questa zona. Al termine del game-drive ci gustiamo una ricca colazione a base di uova, bacon, yogurt, marmellata, pancakes e litri di caffè. Assieme alla carne di orice e springbok, la full english breakfast sarà un altro leitmotiv gastronomico di questa vacanza. A malincuore impacchettiamo le nostre cose e ripartiamo.

Dal lodge guidiamo verso Mariental, che ricorda una remota cittadina del far west. Punto strategico per fare rifornimento di benzina e acquistare qualche vettovaglia. Qui imbocchiamo la c14 verso Sossusvlei e abbiamo un primo assaggio delle tanto temute gravel road namibiane, su cui, volenti o nolenti dovremo abituarci a guidare. La possibilità di bucare in questa vacanza sarà fino all’ultimo il mio più grande spauracchio. Su tutte le guide e diari di viaggio che ho letto il giudizio è unanime: bucare è all’ordine del giorno! nulla di insormontabile, per carità, ma dipende sempre dal dove e da come avviene. Staremo a vedere, per ora faccio tutti gli scongiuri di cui sono capace. La tipologia di terreno non ci permette di superare i 40-50 km orari di media ma spesso dobbiamo ridurre a 30 km. Attorno a noi il paesaggio è lunare, e potrei quasi affermare che non incrociamo anima viva se non fosse per i polveroni sollevati dai 4×4 che vanno sparati come se niente fosse ma noi non ce lo possiamo permettere.

Sono le 17,00 quando stremati raggiungiamo finalmente Neuras Wine Estate. Abbiamo percorso 300 km ma tra buche, sassi, ghiaioni, dossi e accumuli di sabbia, la velocità che si può tenere non è elevata e mi sembra di essere in viaggio da una vita. Certo, è un viaggio on the road, una vacanza che si passa prevalentemente in macchina ma un mezzo più appropriato avrebbe reso il tutto più semplice. Siamo stanchi morti, non ci resta che dirigerci a cena e speriamo di stemperare tensione e stanchezza con un buon vino, il Neuras Wine Estate è infatti un’amena fattoria ai piedi delle montagne Naukluft, uno dei pochi vigneti al mondo ubicati nel deserto. Il vino prodotto, per altro eccezionale, non è in disponibile sul mercato, è una produzione limitata al territorio.

Purtroppo nonostante mi sia mossa con ben 6 mesi di anticipo non abbiamo trovato nessun alloggio nelle vicinanze di Sesriem e nonostante il Neuras Wine Estate sia un piccolo angolo di paradiso, dista ben 80 km da Sesriem e vi sarà ormai chiaro che 80 km sugli sterrati Namibiani non sono roba da poco.

Ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno vi posso confidare che al Neuras Wine Estate ho potuto contemplare uno dei cieli stellati più incredibili che avessi mai visto in tutta la mai vita. La fattoria era talmente isolata e lontana da altre fonti di luce artificiale che la via lattea era praticamente visibile ad occhio nudo!

16 AGOSTO

Oggi siamo diretti verso le alte dune rosse del Deserto del Namib. Tutte le guide consigliano di alloggiare dei dintorni di Sesriem, per poter essere dai cancelli del Parco alla 6,30 (orario ufficiale di apertura) e poter ancora assaporare la tenue luce dell’alba che piano piano accende le alte dune del deserto. Per poter godere dell’alba direttamente sulle dune dovrete avere la fortuna di alloggiare nell’ unica struttura all’ interno del Parco, il Sossus Lodge, di proprietà statale, le cui prenotazioni vengono prese da un anno all’altro! Io mi sarei accontentate di alloggiare anche nel circondario, invece stando ad una distanza di 80 km, per quanto presto potessimo partire mi ero già messa il cuore in pace, saremmo entrati presto ma sicuramente dopo tutti gli altri. Per dovere di cronaca, alle 5,30 e nel buio più totale eravamo già in auto ma abbiamo raggiunto Sesriem non prima delle 7,30! E infatti arrivati davanti al cancello di ingresso non abbiamo davanti nemmeno una vettura, almeno ci evitiamo la fila.

Arrivati al gate viene registrata la targa della macchina, successivamente ci rechiamo presso l’ufficio del Parco per pagare l’ingresso, costo di 170 NAD (dollari namibiani) per 2 persone e una macchina. Conservate la ricevuta che dovrà essere esibita al cancello prima di lasciare il Parco. Gli orari di apertura/chiusura del Parco possono variare, generalmente vanno dall’ alba al tramonto ma è sempre meglio controllare prima di partire.

Se il vostro intento è quello di entrare nel Parco appena aprono i cancelli troverete sicuramente coda, ricordate che il biglietto può essere tranquillamente pagato anche al ritorno, prima di uscire. Espletate queste piccole formalità ci possiamo addentrare nel Parco. Da subito le dune non si vedono, troviamo formazioni collinari rocciose che ricordano molto l’Arizona e la zona dei Parchi Americana. Dall’ufficio di ingresso inizia una lunga strada asfaltata, un lusso da queste parti, che attraversa per 60 km il Parco fino ad un parcheggio dove, chi come noi non è attrezzato di 4×4 deve obbligatoriamente lasciare la propria auto ed usufruire delle apposite navette.

Il paesaggio cambia in maniera repentina ed incredibile. Le montagne rossastre, mano a mano che ci si addentra all’interno del Parco, lasciano il posto a meravigliose dune dai colori che variano ai rossi agli arancioni, ocra, albicocca, oro… a seconda di come gira e batte la luce del sole.

Proseguiamo fino ad incontrare la famosa Duna 45 dove faremo sosta al ritorno.

Percorriamo gli ultimi 5 km che ci separano dalla zona di Sossusvlei e Deadlevi con il comodo servizio navetta, al costo di 150 NAD a persona.

Consiglio spassionato: anche se siete equipaggiati di 4×4, di non sfidate la sorte e utilizzate le navette. Non avete idea di quante jeep abbiamo incrociato rimaste insabbiate e senza l’aiuto dei ranger credo non ne sarebbero mai usciti. Guidare su certi terreni, se non si ha una certa pratica, non è per nulla facile, bisogna tenere una velocità costante e mai frenare all’improvviso. Ma dalla teoria alla pratica c’è un abisso e il fatto di essere alla guida di un 4×4 non vi rende invincibili.

Visitiamo da subito Sossusvlei, un enorme lago effimero circondato da dune di sabbia alte fino a 200 metri. Ci troviamo solo a qualche chilometro di distanza dalla Deadvlei e come avremo modo di apprezzare successivamente il panorama è completamente diverso. Avremmo voluto raggiungere la Deadvlei sempre con il servizio navetta ma c’era così tanta gente in fila che dopo mezz’ ora di attesa decidiamo di incamminarci a piedi. Sono circa 3 km in piano ma ricordate che siamo sempre nel deserto e il caldo inizia a farti sentire! Camminare qui non è facile, le scarpe si riempiono subito di sabbia e si sprofonda.

Dopo circa mezz’ora di cammino la Deadvlei fa la sua apparizione, dall’alto appare come un grande lago ma di acqua nemmeno una goccia. In effetti centinaia di anni or sono le acque del fiume Tschaub arrivavano fino a qui, poi nei secoli il vento ha formato una vera e propria diga di sabbia, che ha impedito all’ acqua di raggiungere questa zona e di conseguenza le piante sono morte. Nonostante gli alberi abbiano più di 900 anni, non si sono decomposti a causa del clima secco che caratterizza questa zona. Troverete numerosi cartelli che invitano i turisti a non salire e non toccare i tronchi degli alberi. Per favore siate rispettosi, è un luogo tanto strabiliante quanto delicato e va preservato. La vista di questa diga è impressionante: i tronchi scuri e secchi che che sembrano sculture si stagliano contro il fondo bianco accecante del Vlei e uniti all’arancione intenso delle dune che lo circondano creano un contrasto molto scenografico. Un paesaggio a tratti spettrale, a tratti magico.

In molti si cimentano nella scalata della Big Daddy, la duna più alta del mondo con i suoi 305 metri, ma ho letto che ci vogliono circa 2 ore e la morsa del caldo inizia ad essere opprimente, è ora di fare ritorno.

Con la navetta, e questa volta senza far fila, facciamo ritorno al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto e all’ombra di un’acacia terminiamo il contenuto della nostra colazione take away che il Neuras Wine Estate ci aveva amabilmente preparato.

Sulla strada del ritorno ci fermiamo alla famosa Duna 45 e questa duna si che la scaliamo!

Ultimissima tappa della giornata prima di uscire dal Parco è il Sesriem Canyon, un piccolo ma suggestivo canyon scavato dall’ acqua del corso dei millenni. Il canyon non regge certo il confronto con la spettacolarità del paesaggio visto stamattina ma è una passeggiata piacevole, e tenuto conto che in questa vacanza passeremo la maggior parte del tempo in auto e le occasioni per camminare sono veramente limitate, vale la pena fare una deviazione.

Il Deserto del Namib è stato indubbiamente il luogo più straordinario di tutto il viaggio e forse di tutti i miei viaggi! Pernotteremo una seconda note al Neuras Wine Estate.

17 AGOSTO

Stamattina sveglia comoda, lasciamo il Neuras Estate verso le 9,00 e per la prima volta percorriamo i 40 km che ci separano dalla C 19 con la luce del sole! Nonostante la visibilità sia nettamente migliore le condizioni della strada rimangono quelle di ieri, anzi più la percorriamo più sembrano peggiorare. Ma buche e dossi a parte, dove lo troviamo un altro paesaggio cosi sfacciatamente incontaminato?

Dopo alcune ore di auto arriviamo in posto il cui nome già di per sé è evocativo. Cosa vi aspettereste di trovare in un posto che sia chiama Solitaire? Eppure, di tutte le tappe che avevamo in programma questa mi attirava in modo particolare, non so spiegarne il motivo ma l’idea di un posto in mezzo al nulla dove era possibile assaggiare la torta di mele più buona del mondo era già di per sè un ottimo motivo per farla diventare una tappa imprescindibile.

Solitaire si trova all’incrocio tra due strade principali, la C14 e la C24, che attraversano il Namib Naufkluft National Park e che collegano Sossusvlei a Walvis Bay, praticamente in mezzo al nulla. Solitaire, un piccolo insediamento formato da un lodge, per altro molto carino, una pompa di benzina, un piccolo emporio e la famosa pasticceria di Moose McGregor. Tutto avvolto da sabbia, polvere, cactus e rottami d’auto che sembrano catapultarmi sul set di un film western. Moose McGregor era un avventuriero scozzese che negli anni ’90 decise di stabilirsi qui ed aprire la sua pasticceria. La sua specialità era la torta di mele, preparata secondo una vecchia ricetta di famiglia, una torta talmente buona che McGregor è diventato famoso oltre i confini nazionali. McGregor si è spento nell’ Aprile del 2014 ed è stato sepolto proprio qui a Solitaire. Trovate la sua tomba proprio all’ingresso. La torta è davvero cosi buona come dicono.

A circa 80 km da Solitaire un cartello in mezzo ad una distesa infinita di sabbia ci indica che abbiamo raggiunto il Tropico del Capricorno. È solo un cartello, nulla di più ma io trovo suggestivo trovarmi qua e una foto sotto il cartello a testimoniare il nostro passaggio è d’obbligo!

Proseguiamo oltre, la strada che ci separa da Swakopmund è ancora lunga, anzi lunghissima.

Un cartello mi avverte che stiamo attraversato il Gaub Pass un vero e proprio passo montano ma non aspettatevi di risalire una cima, come appunto accade in montagna. Qui curva dopo curva sembra di compiere un viaggio nelle viscere della terra. A poca distanza dal Gaub Pass incontriamo il Kuiseb Pass, il paesaggio non cambia: rocce, curve, discese improvvise e polvere. La strada scende tortuosa in una gola dove crescono solo piante grasse e licheni. Non mancano numerosi punti panoramici dove è possibile fermarsi a scattare una foto.

Arriviamo a Swakopmund nel tardo pomeriggio. È la seconda città più grande della Namibia e dopo tanti giorni immersi nel nulla e circondati da una natura incontaminata, il primo impatto con la civiltà è strano, provo quasi fastidio. Mi sento spaesata nell’incontrare tante macchine tutte assieme, le prime code, il traffico, i cantieri.

Pernottiamo due notti presso l’Atlantic Villa Guest House, un moderno complesso con vista Oceano nel tranquillo quartiere di Vogelstrand, a circa 6 km dal centro. Al nostro arrivo siamo talmente stravolti dal viaggio che chiediamo in reception di prenotarci un tavolo per evitare di vagare in macchina altre ore, vogliamo solo cenare e andare a dormire. Suggeriamo un paio di posti che ci avevano consigliato ma prontamente sostengono che sono tutti pieni perché hanno già chiamato poco fa per altri ospiti. Dopo aver guidato per più di 8 ore di fila siamo davvero troppo cotti per replicare e li lasciamo fare. Ci riservano un tavolo presso il l’Anchor Point, poco distante dal molo. Dobbiamo quindi fare ritorno in città ma per fortuna, grazie alla cartina ed indicazioni forniteci lo troviamo subito. Le porzioni sono super abbondanti ed è tutto squisito. Andiamo a dormire soddisfatti e ritemprati.

18 AGOSTO

L’indomani la sveglia suona sempre all’alba, dobbiamo essere al molo di Walvis Bay per l’escursione di Sandwich Harbour. Walvis Bay è una cittadina che dista circa 35 km da Swakopmund facilmente raggiungibile grazie alla B2, la comoda strada costiera asfaltata che collega le due cittadine. L’escursione è stata prenotata con anticipo dall’Italia con la compagnia Sandwich Harbour. Il costo non è irrilevante (€ 90 a persona) ma li vale davvero tutti! Alle 8,00 puntuali partiamo a bordo di un potente Land Rover guidato dal simpaticissimo Mike, la nostra guida e driver. Con noi c’è un’altra coppia conosciuta sul posto.

Facciamo una prima sosta alla Sandwich Harbour Lagoon, la baia popolata di fenicotteri rosa. Giusto il tempo di qualche foto per poi ripartire. Stiamo percorrendo una strada che sembra asfaltata ma in realtà è composta di sale! Sale che si è compattato e solidificato. Il colore scuro del fondo è semplicemente dovuto al passaggio delle gomme delle auto. Raggiungiamo la famosa zona di Sandwich Harbour, un luogo che toglie il fiato! Mike ci sfida scalare la duna, in tre minuti netti lui è già sulla cima mentre io non sono nemmeno a metà! È come scalare una montagna di neve fresca, i piedi affondano fino alla caviglia; due passi avanti e uno e mezzo all’indietro alla ricerca di un punto in cui la sabbia sia più compatta. Arrivo alla cima stremata e senza più fiato ma la fatica viene ampiamente ripagata dallo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi. Dune dorate a perdita d’occhio. Tenui giallo e azzurro pastello sono i colori predominanti che conferiscono al paesaggio un aspetto etereo, quasi onirico. Rimarrei qua per sempre ma Mike mi esorta a scendere dalla duna, ora ci aspetta la parte più divertente. Con la jeep ci siamo divertiti a correre su e giù per dune con una pendenza pazzesca! anche un pilota esperto come Mike spesso deve ingranare la retromarcia e ritentare la manovra. Bisogna essere davvero bravi per non ribaltarsi ma non ho mai avuto paura nemmeno per un momento. Mi fidavo di Mike che si stava divertendo più di noi e si capiva che sapeva il fatto suo.

Al termine dell’escursione facciamo ritorno a Swakupmund per pranzo. Il The Tug di cui tutti parlano è al completo ma di fronte scorgiamo il Jetty 1985. Il ristorante si trova alla fine alla fine di un lungo pontile che si protende verso l’Oceano Atlantico. La location è molto suggestiva e grazie alle enormi vetrate si ha quasi l’illusione di trovarsi in mare aperto. Il locale è molto carino e raffinato ma non richiede un abbigliamento elegante. Cucina di ottimo livello, con i piatti abbondanti e curati. Personale attento e gentile. I prezzi sono più elevati per la media dei ristoranti in Namibia, ma resta a buon mercato per noi europei.

Purtroppo la giornata vira in peggio. Improvvisamente è scesa una nebbia fittissima, sembra di essere in Pianura Padana in pieno novembre e anche la temperatura è calata drasticamente costringendoci a passare dalle mezze maniche al piumino!

Questo repentino cambio climatico ha dettato le sorti del pomeriggio. Eravamo tentati dall’idea di un giro panoramico in elicottero per vedere Sandwich Harbour da un’altra prospettiva, ma al di là del costo esorbitante non avremmo visto quasi nulla a causa della fitta nebbia. Se siete interessati a questa attività di consiglio di muovervi per tempo prima di partire in modo da permettere all’agenzia di abbinarvi ad altre persone. Prenotando in loco il costo era tutto a carico nostro e pagare più di 300 euro per 30 minuti di volo mi sembrava eccessivo.

Abbandoniamo definitivamente l’idea dell’elicottero e trascorriamo il pomeriggio passeggiando per le vie della città. La sensazione è quella di non essere più in Namibia e di essere stati catapultati in Nord Europa.

Nella tranquilla Swakopmund non c’è molto da fare se non passeggiare tra le tipiche case eredità della lunga colonizzazione tedesca e fare un giro al crafts market dove sicuramente avrete la possibilità di acquistare oggetti di artigianato locale ma bisogna avere la pazienza di contrattare, dote che mi manca totalmente.

Per cena ci rechiamo al Kukis Pub. Il locale è apparentemente vuoto ma tutti i tavoli sono prenotati. Ci fanno accomodare al bancone e attendere una 15 di minuti in attesa di sistemare tutte le persone con prenotazione che stanno mano a mano arrivando. Il locale è sempre molto affollato, quindi la prenotazione è consigliata ma non date retta a chi vi dice che senza è impossibile sedersi; qualcuno che arriva un ritardo o proprio non si presenta c’è sempre, anzi dal numero di tavoli rimasti vuoti attorno a noi direi anche più di uno.

Il locale è frequentato per lo più da stranieri e in agosto in prevalenza da italiani, un dettaglio che in genere mi spinge ad andare in altri posti ma questo Pub merita davvero. Lo stile è quello classico di una birreria tedesca, con arredamento di legno rustico e dall’atmosfera gioviale e molto rilassata.

Nonostante il locale fosse molto affollato il servizio è stato veloce ed efficiente. Prezzi sempre molto contenuti in proporzione alla qualità e quantità di quello che viene servito. Offre un menù molto vario, con cucina internazionale e locale. Noi ordiniamo due bistecche, di orice e sprinboks davvero tenere e gustose!

Tenete sempre a portata di mano qualche dollaro da lasciare ai parcheggiatori, vi chiederanno di poter controllare la vostra macchina mentre siete a cena. Accettate e al ritorno lasciategli dai 20 ai 40 NAD di mancia. Si tratta di una prassi comune in tutta la Namibia. Questo però non vi autorizza a lasciare oggetti in bella vista sul sedile posteriore, siamo pur sempre in Africa, ci sono un sacco di persone povere che chiedono l’elemosina e come in tutte le grandi città ci vuole un minimo di attenzione.

Stasera fa davvero molto freddo e dopo cena rientriamo subito in hotel anche perché alla sera Swakupmund non offre chissà quali attrazioni e a dirla tutta diventa un po’ spettrale. Non ci resta che andare a dormire godendoci, per una notte, qualche ora di sonno in più.

19 AGOSTO

Lasciamo Swakopmund per dirigerci verso la regione del Damaraland. La fitta nebbia di ieri avvolge ancora la città ma basta imboccare la C34 verso Nord, in direzione Henties Bay per vedere spuntare di nuovo un pallido sole. Ci lasciamo alle spalle la civiltà, le strade trafficate, i semafori, le vetrine ed i negozi per piombare nuovamente nel nulla più assoluto. Mi guardo attorno alla ricerca di qualche punto di riferimento ma invano.

Stiamo percorrendo un tratto della famigerata e tanto temuta Skeleton Coast, “La costa degli scheletri”.

Fedele al proprio nome è zona spesso soggetta a tempeste e fitte nebbie, causate dalle correnti oceaniche fredde del Benguela che incontrano le masse di aria calda dell’entroterra dove, vi ricordo, domina il deserto. Per i navigatori che solcavano le acque tumultuose della costa, la nebbia è stata spesso causa di morte e numerose sono le navi che sono rimaste incagliate tra secche e dune sabbiose. Da qui la scelta di un nome così evocativo come Skeleton Coast.

Finalmente ecco il cartello che preannuncia il nostro arrivo alla Riserva Faunistica di Cape Cross.

Il promontorio di Cape Cross è l’habitat naturale della colonia di otarie più popolosa al mondo.

Il cancello di ingresso del Parco è aperto dalle 10,00 alle 17,00. Prima di procedere oltre dovrete fermarvi reception e pagare il vostro biglietto di ingresso. Per un’auto e due persone abbiamo pagato 180 NAD, circa € 10.

Su tutte le guide si legge che per quanto simpatiche queste otarie hanno un odore tremendo e consigliano di portarsi un fazzoletto o addirittura una sciarpa da mettersi davanti al naso per contrastare l’olezzo. A me sembrava un’esagerazione, ma non appena apro la portiera dell’auto mi sono dovuta ricredere. Non esagero se dico che la puzza era talmente potente da farmi lacrimare gli occhi! Poi poco alla volta ci si abitua anche perché lo spettacolo che si apre davanti ai vostri occhi è qualcosa di indescrivibile! La colonia conta più di 100.000 esemplari che potete osservare ad una distanza molto ravvicinata grazie ad una comoda passerella di legno.

Da Cape Cross si potrebbe proseguire sempre verso Nord fino a raggiungere l’Ugab Gate. Qui finisce la strada di sale e inizia la zona protetta. Per transitare in questa zona dovrete pagare un biglietto di ingresso ed assicurarvi di uscire prima del tramonto. Se da Swakopmund state viaggiando come noi verso il Damaraland potrete guidare fino alla remota Torra Bay e uscire a Springbok Water Gate. Lungo la Skeleton Coast non c’è assolutamente nulla ed è proprio questo il suo bello. Purtroppo, non avendo un 4X4 non ce la siamo sentiti ed è l’unico rimpianto di questo bellissimo viaggio.

Facciamo ritorno a Henties Bay e da li imbocchiamo la C35, direzione Damaraland. Lasciamo il freddo e l’aria satura di sale e umidità della costa per beneficiare di un clima caldo e asciutto. Altri 100 km ci separano da Twyfelfontein, la nostra prossima tappa.

Pernottiamo al Twyfelfontein Country Lodge, un vero e proprio miracolo architettonico. L’intera struttura è stata costruita con materiali e colori talmente in sintonia con l’ambiente circostante che fino all’ultimo non si vede.

20 AGOSTO

Siamo nel cuore del Damaraland e di colpo la natura attorno a noi torna ad accendersi dei suoi colori più vivi. Il Damaraland è una regione arida, ma il paesaggio offre colori e contrasti spettacolari, la pianura è spesso interrotta da catene montuose e stravaganti formazioni rocciose.

La giornata odierna è dedicata alla scoperta dei diversi punti di interesse della zona.

Partiamo dal Twyfelfontein Rock Paintings, qui trovate graffiti eseguiti scolpendo la dura patina superficiale che ricopre l’arenaria. L’intera area è protetta e il parco gestito da una cooperativa locale. La visita può avvenire solo ed esclusivamente con una guida, facilmente reperibile al vostro arrivo e ad una cifra irrisoria. La visita guidata dura circa un’ora.

Vi stupirete di fronte alla vista delle così dette “lavagne preistoriche”, enormi blocchi di arenaria su cui sono stati incisi tutti gli animali della savana: elefanti, giraffe, leoni, rinoceronti, struzzi. Sono positivamente colpita dall’abilità di questi popoli primitivi nel rappresentare le scene di vita del tempo.

Proseguiamo il nostro giro recandoci in auto nell’area che include la Burnt Mountain e le Organ Pipes. Le Organ Pipes si trovano a pochissimi km dal sito preistorico appena visitato.

Si tratta di colonne di dolerite a lastre parallele, che si sono solidificate milioni di anni fa, e ricordano appunto le canne di un organo. L’area non è molto estesa ma è piacevole passeggiare e osservare questi prismi scuri, alla ricerca di qualche angolazione interessante per qualche scatto.

Poco più a sud trovate la Burnt Mountain, la “Montagna bruciata“. Questa collina brulla e nera non è mai andata in fiamme, il colore scuro è dovuto alla forte ossidazione della pietra avvenuta nel corso dei millenni. Una zona dove non vi nasce praticamente nulla e offre uno scenario desolante ma molto suggestivo.

Nel pomeriggio partecipiamo ad un safari in jeep organizzato dal Lodge per osservare gli elefanti del deserto. Non si tratta di una specie di elefanti diversa da quella che vedremo più avanti in Etosha, bensì di pachidermi che si sono adattati alla vita in terre molto aride, assecondando il variare della vegetazione e dei corsi d’acqua. Possono rimanere anche alcuni giorni senza bere acqua e riescono a percorre una distanza di circa 70Km al giorno per procurarsi il cibo. Nel tempo hanno sviluppato zampe più lunghe e un corpo più snello e chiaro dei loro colleghi. Purtroppo veniamo subito ammoniti, a quanto pare il branco nell’ultimo periodo è solito stanziare a più di 3 ore di auto dal Lodge e diventa quindi impossibile raggiungerli. Nelle vicinanze è rimasto un unico esemplare, un maschio che conduce una vita solitaria e che speriamo di avere l’onore di vedere. La fortuna (davvero fortuna o sarà stato tutto studiato?) è dalla nostra parte e riusciamo ad intercettarlo praticamente subito. Il safari si è quindi svolto a seguirlo per osservarlo e studiarlo ma sempre nel rispetto dell’animale che non sembrava minimamente interessato o disturbato dalla nostra presenza.

A conclusione del safari ci hanno portato su di un’altura in attesa del tramonto. Mentre la palla rossa fa lentamente capolino dietro la montagna la pianura davanti a noi si colora di calde sfumature dorate, tonalità che conferiscono a questo posto un fascino ancora maggiore.

Brindiamo alla conclusione di un’altra magnifica giornata.

21 AGOSTO

Ore 8,00 di lunedì 21 Agosto, l’inizio di una nuova settimana. Di solito a quest’ora sono in macchina diretta verso l’ufficio. Oggi sono in macchina diretta verso Opuwo! Siamo operativi già da un paio d’ore, dobbiamo macinare ben 430 km prima di arrivare a destinazione e nonostante ci abbiano detto che la maggior parte della strada è in buone condizioni, ormai non ci crediamo più. Opuwo è l’ingresso verso la regione del Kaokoland, la parte più a nord della Namibia. Un’area remota dove la popolazione Himba, proprio grazie all’isolamento vive ancora in modo tradizionale.

Qui le possibilità di alloggio non sono molte. Nel centro di Opuwo ci sono alcune guest house ma sappiate che è una città molto caotica e poco ospitale, personalmente vi consiglio l’Opuwo Country Lodge, ufficialmente inaugurato dal presidente della repubblica, Hifikipunyu Pohamba il 25 agosto del 2005. L’Hotel si trova su di una collina, in un ambiente molto più rilassante e da cui si gode di una piacevole vista sulla vallata sottostante. A seconda del vostro budget potete scegliere se pernottare nell’area camping o nelle camere dell’Hotel.

Da Twyfeltontein impieghiamo 6 ore per raggiungere Opuwo e nonostante le condizioni della strada ci avrebbero permesso per una volta di viaggiare ad una velocità più sostenuta, la presenza di mucche e caprette che pascolano ai bordi della carreggiata ci obbligano alla massima prudenza.

Opuwo è una città che subito destabilizza e forse non particolarmente interessante ma credo comunque che valesse la pena una tappa per avere una panoramica completa di questa terra straordinaria.

Arrivati in Hotel chiedo in reception se fosse possibile organizzare una visita ad un villaggio Himba per il primo pomeriggio. L’ Hotel è solito organizzare questo genere di escursione ma oggi sono al completo. Riescono però a mettermi in contatto con una guida di Opuwo. Ci diamo appuntamento alle 15,00 alla stazione di benzina del famoso incrocio a T che si incontra non appena arrivati in città.

Prima di partire ci rechiamo al supermercato per comprare alcuni doni da regalare al villaggio. È infatti consuetudine non offrire denaro ma generi alimentari di prima necessità per ringraziarli della ospitalità.

Ad una trentina di km dal centro di Opuwo ci infiliamo in una stradina sterrata che sparisce nel bush, veniamo inghiottiti dai bassi cespugli mentre la guida ci indica il percorso.

I villaggi tradizionali Himba, sono costituiti da un numero variabile di capanne a forma conica disposte sempre a cerchio e realizzate principalmente di fango, letame e sterpaglie.

La guida sarà il nostro interprete, gli Himba infatti non parlano inglese ma un loro dialetto che sarebbe impossibile da decifrare.

In questo momento sono presenti solo donne e bambini, gli uomini durante il giorno sono in giro alle prese con il bestiame. Le donne sono praticamente nude, fatta eccezione per un gonnellino di pelle di vitello, sandali ricavati da vecchi pneumatici e numerosi gioielli di ferro, rame e ossa che abbelliscono il loro corpo statuario. La pelle è ricoperta di una mistura a base di erbe, burro e ocra che protegge la pelle dal sole, dalle punture di insetto e conferisce al loro copro la classica colorazione lucida e rossastra, simile alla terra. Un unguento che ricopre anche i capelli raccolti in tante treccine la cui estremità si apre in una sorta di pom pom, rivelando capelli crespi e nerissimi. Sono fiere del proprio corpo che esibiscono senza imbarazzo e sono estremamente fotogeniche ma il loro sguardo è palesemente malinconico e velatamente scocciato. Siamo liberi di camminare per il villaggio e la guida mi esorta a fotografare tutto quello che voglio ma io mi sento terribilmente a disagio. Non nego che la visita ad un villaggio Himba era nel mio immaginario una delle tappe più attese del viaggio. Le foto che circolano sul web di questa donne bellissime e sorridenti mi avevano fatto sognare prima ancora di arrivare ma ovviamente la realtà è molto più complessa di come la immaginiamo. Di certo in questo villaggio il tempo sembra essersi fermato. Gli Himba conoscono ovviamente il nostro modo di vivere ma per scelta non hanno voluto omologarsi alla società moderna e preferiscono continuare a seguire le tradizioni del proprio popolo. La situazione che ho di fronte a me è quindi autentica, non ci sono dubbi, non sono realtà costruite ad uso del turista come spesso si trovano altrove ma c’è comunque qualcosa che non mi convince, mi sento stupida per aver preteso di capire durante la visita di un’ora un bagaglio culturale che si tramanda da secoli e che è rimasto immutato. Nel frattempo le donne del villaggio hanno allestito un mercatino di collanine, bracciali e altri oggetti creati da loro. Comprare qualcosa mi sembra doveroso anche se avrei di gran lunga preferito portare altri generi alimentari. Ma anche questo fa parte del rituale del visitatore.

Saluto, carica di bracciali e di interrogativi a cui non potrò mai dare una risposta.

22 AGOSTO

Oggi saremmo dovuti tornare a Sud e pernottare al Rustig Toko Lodge, una tappa intermedia prima di raggiungere il momento topico della nostra vacanza in Namibia, ovvero il safari ad Etosha.

Il fatto però di esserci spinti fino a Opuwo ed andarcene senza vedere le Epupa Falls proprio non ci andava giù. Avevamo la sensazione di perderci qualcosa ed il fatto che tutte le persone incontrate lungo il nostro percorso avevano in programma una visita alle cascate ha rafforzato i nostri dubbi.

Dopo essermi accertata con l’ Opuwo Country Lodge che avessero ancora una stanza libera per la notte e aver chiamato il Rustig Toko Lodge per disdire la prenotazione partiamo alla volta delle Epupa Falls, sul fiume Kunene che segna il confine naturale tra la Namibia e l’Angola.

La strada che collega Opuwo alle Epupa Falls è percorribile anche con auto normali ma, mai e poi mai, sottovalutate la guida.

180 km ci separano dalle Epupa Falls e la strada, seppur in condizioni migliori di come ce l’eravamo figurata nasconde trappole insidiose. Non vi voglio spaventare, ma non mi stancherò di ripetere che guidare con la massima prudenza nelle strade namibiane è fondamentale per assicurare alla vostra vacanza un happy ending.

Le Epupa Falls sono una sorta di oasi verde in mezzo al nulla. Le verdi acque del fiume Kunene spiccano tra le rocce granitiche rosse e nere, punteggiate da enormi baobab, palme e cespugli. Dove il fiume si apre a ventaglio e l’acqua si getta in una voragine di 70 metri formando decine di cascate che si raccolgono in una stratta gola. Per apprezzare al meglio le cascate e l’esplosione di verde che caratterizza questa zona dirigetevi sulla collina che sovrasta la cascata, il così detto belvedere. Sembra un miraggio in pieno deserto. Tutt’attorno il nulla, ed eccezione di un camping in mezzo ad un palmeto in prossimità della cascata principale e un piccolo insediamento di Ovahimba. Al di là del fiume c’è l’Angola, tristemente nota per la guerra civile che per anni ha tormentato la popolazione. Decidiamo di fare due passi lungo il corso d’acqua e ci addentriamo nel palmeto. Non lasciatevi tentare dalle tranquille acque del fiume, solo i locali conoscendo bene la zona possono permettersi il lusso di fare un bagno, il fiume è balneabile ma popolato da numerosi coccodrilli. Noi non ne abbiamo visti ma forse è stato meglio così. Opuwo e a maggior ragione la zona delle Epupa Falls è l’unica tappa del nostro itinerario a non essere “malaria free” ma la stagione è secca e il rischio di un eventuale contagio quasi nullo. Zanzare non ne ho viste ma se viaggiate in questa zona, magari con bambini al seguito, è bene tenerlo a mente. Consumiamo il nostro pranzo al sacco nel palmeto e facciamo ritorno a Opuwo, non pienamente soddisfatti ma sicuramente senza rimpianti per aver assecondato la nostra curiosità. Il momento migliore per vedere le Epupa è nei mesi di aprile e maggio quando il Kunene è carico d’acqua, ad agosto lo spettacolo è più contenuto. Quindi a mi chiede se valesse la pena spingersi fino alle Epupa Falls, dico…forse in un’altro periodo dell’anno ma avevo letto così tanti commenti entusiasti anche da chi le aveva visitate in agosto che forse è un’esperienza molto soggettiva. A voi la scelta.

23-24-25 AGOSTO

Oggi lasciamo ufficialmente Opuwo, dove abbiamo pernottato una notte in più rispetto al previsto per muoverci verso Sud, stiamo per entrare ad Etosha, il momento topico della vacanza. Se mi avete letto fin qua converrete con me che esiste più di un valido motivo per organizzare un viaggio in Namibia. Il safari all’Etosha è la ciliegina sulla torta!

Il parco è visitabile dall’alba al tramonto attraverso grazie ad una fitta rete di strade bianche che conducono alle famose pozze d’acqua di Etosha, alcune naturali altre artificiali, quindi create dall’uomo e dove gli animali sono soliti andare ad abbeverarsi. All’interno del Parco i safari vengono effettuati a bordo del proprio veicolo ed è vietato l’ingresso a moto e motociclette.

Il parco è tagliato in due da una strada principale che unisce le strutture principali: Namutoni, Halali e Okaukuejo. Dalla direttrice principale dipartono numerose stradine secondarie tutte indicate da cippi segnaletici di pietra recanti le indicazioni e i nomi delle pozze in stampatello rosso e ben visibile.

I gate di ingresso sono 5: Anderson’s Gate, Von Lindequist Gate, Namutoni Camp, Galton Gate, King Nehale Lya Mpingana Gate. Scegliete il gate di ingresso a voi più comodo in base al vostro itinerario.

Noi provenendo di Opuwo entreremo a ovest dal Galton Gate, non prima di aver passato un veterinary check. Ci vengono disinfettate le ruote e successivamente ispezionato il bagagliaio. Volevano assicurarsi che non trasportassimo carne o altri generi alimentari che potrebbero nuocere agli animali del parco.

Entrare nel parco non è un problema anche per chi volesse fare un safari giornaliero, basta rispettare gli orari di apertura e chiusura dei cancelli e pagare l’apposito permesso da tenere sempre con voi a da esibire in uscita. (Noi per 3 giorni abbiamo pagato 510 NAD)

Decisamente più difficile è soggiornare all’interno del parco, soprattutto in alta stagione. Tenete conto che a Febbraio quando abbiamo iniziato ad organizzare il nostro viaggio molte strutture erano già fully booked. E così ho dovuto rinunciare alla possibilità di pernottare a Okaukuejo, la cui pozza sembrava essere la migliore per gli avvistamenti ma siamo stai comunque ben ripagati da altre meravigliose sorprese.

Noi abbiamo pernottato in Etosha un totale di 3 notti (2 notti presso il Dolomite Camp ed una notte presso l’Halali) e credo sia stato un buon compromesso per vedere con calma diverse zone del parco e tornare nelle pozze con maggiore affluenza, anche in orari differenti. Personalmente amo talmente tanto i safari che i giorni per me non sarebbero mai abbastanza e visto che i giorni di ferie non sono illimitati bisogna per forza scendere ad un compromesso.

L’ideale sarebbe pernottare una notte in ogni lodge Dolomite Camp, Okaukuejo, Halali e Namutoni in modo da avere una panoramica completa del Parco e poter perlustrare in tutta tranquillità le zone attorno ad ogni camp senza dover macinare km e km ogni giorno per gli spostamenti. Se proprio dovete fare una scelta e ridurre i giorni vi consiglio Okaukuejo e Halali. Le strutture sono sicuramente più spartane rispetto al Dolomite Camp, che è un gioiellino ma sarete in una posizione centrale che vi permetterà di raggiungere con facilità sia le pozze ad est che ad ovest.

Imprescindibile l’acquisto di una mappa per orientarsi all’interno del parco. Noi l’abbiamo acquistata presso uno dei curio shop presenti dal Gate di ingresso, dopo aver richiesto il permesso di transito. La mappa vi sarà utilissima per capire le distanze in km tra una pozza e l’altra, dove sono dislocate le stazioni per il rifornimento di benzina, ect. o banalmente la distanza dal Gate di ingresso alla struttura dove pernotterete.

Durante la stagione giusta, la nostra estate, grazie all’altissima concentrazione di animali preso le pozze d’acqua, un safari in Etosha è un successo assicurato. Non dovrete vagare ore ed ore per avvistare qualche esemplare di giraffa o zebra, come ad esempio mi era capitato in Sudafrica. Qui sarà la natura a venire da voi, basta spostarsi da una pozza all’altra ed aspettare. Non vi riporto nel dettaglio le attività delle singole giornate o gli avvistamenti perché un safari non è mai uguale all’altro. Il safari è soprattutto un buon mix di fortuna pazienza e fiducia. Quindi il mio consiglio più spassionato è: quando arrivate a una pozza non scappate via subito se la pozza è vuota. Parcheggiate, rilassatevi e abbiate la pazienza di aspettare. La savana riserba sempre un sacco di sorprese, soprattutto quando meno te lo aspetti. Credo comunque di avervi fornito le informazioni principali e utili in fase di programmazione del viaggio, per qualsiasi altra domanda contattatemi in privato e sarò felice di rispondervi.

26 AGOSTO

La prima settimana è trascorsa come da tradizione lentamente, la seconda invece è volata. Ci svegliamo all’alba per il nostro ultimo game drive prima di fare rientro a Windhoek, domani ci attende il volo di rientro in Italia. Rinviamo l’uscita da Etosha quanto più ci è possibile ma alle 15,00 siamo costretti a salutare questo paradiso. La strada verso Windhoek è molto lunga, ci attendono 400 km e abbiamo abbondantemente superato il limite di orario che ci eravamo dati. Volevamo evitare di ritrovarci a guidare con il buio ma la pozza del Okaukuejo in ultimo ci ha regalato un’emozione dopo l’altra ed era impossibile alzarsi, un po’ come quando in televisione trasmetto il tuo programma preferito solo che qui il film era in diretta e non capita tutti i giorni di assistere a certe scene. E chissà dopo la nostra partenza quali altri meravigliosi animali saranno arrivati!

Usciamo dall’Anderson gate, con un groppo in gola e poca voglia di parlare ma il nostro cuore scoppia da tanto lo abbiamo riempito. Prima di uscire da Etosha vi chiederanno il voucher che vi hanno consegnato all’ingresso. Il rientro a Windhoek è interminabile. Alle 18,30 è calato il buio più totale, non ci sono lampioni quindi potete fare affidamento solo sui fanali della vostra auto e sullo sguardo attento del conducente. Ci sono numerosi facoceri che pascolano lungo la strada e non voglio pensare a cosa potrebbe succedere se improvvisamente decidessero di attraversare. Arrivati a Windhoek torniamo a cena da Joe’s Beerhouse, dove tutto è iniziato. L’ultima notte soggiornato al Safari Hotel, la versione low cost del Safari Court Hotel dove abbiamo pernottato all’inizio della vacanza. Si trova esattamente di fronte all’altro, è solo la parte dell’hotel più vecchia, con camere effettivamente un po’ datate ma molto ampie e comunque perfette per le nostre esigenze.

Salutiamo cosi la nostra Africa che ancora una volta non ci ha deluso anzi, ci ha sorpreso anche più di quanto non ci aspettassimo. Salutiamo i colori che ci hanno tenuto compagnia per queste 2 settimane e già fantastichiamo ad un possibile ritorno.

Se vi è piaciuto il mio diario e lo avete trovato utile vi invito a passare sul mio blog, dove trovate un’ampia galleria fotografica. Se avete dubbi o domande non esitate a scrivermi, sarò felice di rispondervi. http://civediamoquandotorno.it

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Deserto del Namib



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