Magic Myanmar e isole malesi

Terra dove il tempo si è fermato e si respira speranza
Scritto da: ScillaAlberto
magic myanmar e isole malesi
Partenza il: 01/08/2015
Ritorno il: 24/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €

01/08-02/08

Partenza prevista da Milano Malpensa verso le 22:30, ma ci sono delle lungaggini nelle operazioni d’imbarco che ci faranno arrivare tardi ad Abu Dabi, dove prendiamo il volo per Bangkok e da qui a Yangon. Il ritardo del primo volo sarà la causa del mancato arrivo dei bagagli a destinazione; così a Yangon non ci resta altro da fare che compilare il modulo e lasciare l’aeroporto senza il bagaglio stivato. La Bangkok Airways non prevede nè la spedizione del bagaglio smarrito, nè un eventuale kit di prima necessità; fortunatamente il nostro hotel è un best western ed ha tutto l’occorrente per lavarsi. Andiamo a dormire esausti, speranzosi di riavere il nostro bagaglio per il giorno dopo.

03/08

Dopo un’abbondante colazione in hotel, usciamo a fare quattro passi per strada e veniamo inglobati da un mercato alimentare ai margini della strada. Siamo in zona Chinatown e la strada è un miscuglio di odori, rumori e colori. È quell’Asia sporca e brulicante di persone, motorini, macchine sgangherate, gorgheggianti gas di scarico, che ci ricordavamo. In questo mercato metropolitano c’è di tutto; dalla bancarella del macellaio, a quella della frutta e della verdura, al venditore di spezie, al furgoncino che trasporta blocchi di ghiaccio. Le persone sono tutte molto indaffarate e nessuno si occupa di noi, che a dire il vero siamo gli unici occidentali. Dopo un pò ci facciamo portare alla Shwedagon Paya dal taxi. Passiamo all’interno del luogo sacro tutta la mattinata: osservando, scattando foto, facendoci guidare da un vecchietto birmano che scaltramente si offre come guida non ufficiale e, non meno importante, riposandoci all’interno di un piccolo tempio. È il primo giorno e siamo stanchi per il viaggio ed il fuso, io in particolare ho un forte mal di testa, ma i farmaci sono tutti nel bagaglio, smarrito chissà dove. Verso l’ora di pranzo ci spostiamo in taxi (le strade pullulano di taxi) verso il centro storico dove vediamo la Sule Paya, il monumento all’indipendenza ed alcuni edifici dei dintorni. Fame e stanchezza si fanno pressanti, l’aria è intrisa di smog ed i rumori dei clacson aggravano il mio mal di testa , che sta diventando insopportabile. Ad un tratto adocchio un piccolo cartello ‘Rangon Teahouse’, ci ispira, saliamo le scale ed entriamo in un accogliente ristorante: pulito, spazioso e fresco. Qui mangiamo il nostro primo piatto birmano, fatto con riso basmati aromatizzato al cocco e pollo al curry, servito con diverse spezie e salse da aggiungere a piacere. Inoltre ci servono una zuppa di lenticchie. Il tutto è molto buono, fatta eccezione per una spezia che aveva un sapore che non saprei definire diversamente da ‘sapore di letame’! Davvero! Senza offesa, ma non ho mai assaggiato nulla di più disgustoso! Comunque è bastato non aggiungerla e tutto è stato piacevole. Dopo pranzo torniamo in albergo e alla reception ci dicono che hanno chiamato dall’aeroporto: hanno ritrovato i bagagli! Dopo un riposo forzato (continuo ad avere un insopportabile mal di testa), ci rechiamo all’aeroporto dove, dopo non rapide procedure, ci restituiscono il dovuto. Finalmente tornati in albergo scopro di avere la febbre; mi prendo subito una tachipirina e crollo. Mi risveglio per cena, la tachipirina deve aver fatto effetto perché sto un pò meglio, tanto da uscire a mangiare; ci rechiamo al Gekko, ristorante giapponese quotato in tripadvisor ed in effetti ci troviamo abbastanza bene. Fine della giornata: speriamo domani di stare meglio!

04/08

Sveglia all’alba per prendere il volo che ci porta a Mandalay. Questo volo inizialmente doveva essere alle 11:00, poi nel corso delle settimane ci è stato cambiato due volte, fino a diventare il volo delle 6:00. Arrivati a Mandalay ci facciamo portare dal taxi all’hotel M3 che grazie al cielo, nonostante siano solo le 9:00 del mattino, ci dà già la stanza: io sono esausta, ho la febbre e crollo in un sonno profondo che durerà circa 8 ore. Alberto resta con me tutto il giorno; anche lui ha un pò di sonno arretrato. Verso le 17 decidiamo di uscire per andare a vedere il tramonto sulla Mandalay Hill, ci facciamo portare fino in cima dal taxi per 8000 Khiat. Restiamo su per un bel pò a riposarci al fresco ed a scattare foto; è nuvoloso per cui i colori non sono un granché. Per tornare condividiamo un taxi con tre ragazze inglesi. Per cena restiamo in albergo; i noodls speciali M3 non sono male! Due tachipirine e si dorme, speriamo che domani vada meglio: ci sarà una giornata piena!

05/08

Nonostante non sia del tutto a posto, sento di farcela e di portare a termine il programma di oggi: gita in taxi, predisposta con l’albergo il giorno prima, ad Amarapura, Saigang e Inwa. La prima tappa è la visita al monastero dove assistiamo al rituale della colazione dei monaci. Avevamo visto lo stesso rituale a Luang Prabang in Laos e lo abbiamo trovato, qui, meno mistico, ma pur sempre interessante. Successivamente il nostro tassista cinese, che non parlava una parola di inglese e spesso chiedeva indicazioni sulla strada ai passanti, ci ha portato a visitare una serie di bellissime pagode a Saiging. Infine la visita a Inwa che consiste in un breve tratto in barca e poi un lungo tragitto su un carretto trainato dal cavallo; la cosa assurda è che il nostro autista era un bambino di circa 6-7 anni! Il tour è un pò turistico, ma molto interessante tra rovine di vecchie pagode e monasteri. Acquistiamo un bellissimo Gong che produce quattro suoni diversi da un ragazzino che parla anche un pò di italiano e che per buona parte del tragitto ci segue in bicicletta talora contrattando sul prezzo e altre volte improvvisandosi guida; ci è molto simpatico, ma è un vero osso duro a trattare sul prezzo! Alla fine risichiamo solo 10000 khiat dal prezzo iniziale. Al termine del percorso mi faccio applicare la Thanaka a forma di foglia sulle guance da una ragazza birmana. Infine ci rechiamo all U Bein Bridge per il tramonto, dove facciamo una piccola gita in barca; il ponte è bellissimo, purtroppo molto turistico. La giornata ci è costata: 45000 K per il tassista, 15000 per il pranzo (pollo con anacardi in un posticino dove ci ha condotti il tassista stesso), 2000k il tratto in barca a Inwa, 8000k il giro con il carretto, 15000 il gong, 1000 la Thanaka e ben 10 dollari il giro in barca al ponte. Abbiamo rinunciato alla visita dei siti a pagamento per cui era richiesto il ticket di 10$. Dopo esserci riposati in hotel, ci rechiamo per cena al Bistrot sulla 82esima (quotatissimo in tripadvisor), rischiando la vita ad ogni incrocio, visto che non esistono semafori, non c’è illuminazione e noi siamo a piedi, ma ce la caviamo e mangiamo del pesce accompagnato con vino cileno: non male, anche se il salmone era trota salmonata.

06/08

Oggi dedichiamo la giornata al riposo ed al trasferimento a Bagan. Fortunatamente avevamo prenotato tutti gli spostamenti con i voli interni perché nei giorni passati c’è stata in questa zona (Mandalay-Bagan) una tragica alluvione che ha causato la morte di 65 persone ( conto aggiornato ad oggi) e centinaia di feriti; molte zone sono state evacuate e per strada quasi ad ogni incrocio gruppetti di ragazzi armati di grandi contenitori d’argento raccolgono l’elemosina per aiutare gli alluvionati. A volte improvvisano anche canti e danze. Anche noi ovviamente abbiamo dato il nostro contributo. Via terra non credo sarebbe possibile spostarsi da Mandalay a Bagan. In volo abbiamo sorvolato il fiume Ayeyarwady e le zone alluvionate; è una cosa di proporzioni incredibili! Campi agricoli che sprofondano nell’acqua, tetti di case e cime di alberi completamente sommersi. Giunti all’aeroporto di Bagan, ci facciamo portare al Bagan Thande Hotel, in old Bagan, all’interno del sito archeoligico. L’hotel è molto bello, immerso nel verde e dotato di piscina, ed è proprio qui che trascorriamo l’ultima ora di luce. Cena al ristorante dell’albergo con pollo al curry e riso, accompagnati da uno spettacolo di marionette.

07/08

Sveglia alle 4:30 per andare a vedere l’alba; ci muoviamo con i motorini elettrici fornitici dall’hotel. Ci dirigiamo al Shwesandaw Paya e cominciamo a salire fino in cima, dove cerchiamo una buona posizione per vedere il sole sorgere. Lo spettacolo non è dei migliori (il cielo è sempre troppo ricco di nuvole in questo periodo dell’anno), ma comunque il cielo si tinge di rosa e vedere la vallata costellata dalle innumerevoli stupa è molto bello. Riprendiamo i nostri motorini e torniamo in albergo a fare colazione (il nostro hotel è molto vicino ai tempi principali). Successivamente risaliamo in sella per qualche ora girando tra le varie pagode e perdendoci tra i sentieri. La cosa più bella è stato scoprire le piccole pagode semi abbandonate, magari seguendo un sentiero poco battuto, e ritrovarsi ad essere gli unici al loro interno; girare un angolo e trovare una piccola scala buia che ti porta al terrazzo superiore o in un posto magico. Dopo qualche ora di escursione, inizia a sentirsi la stanchezza e soprattutto il mal di schiena visto che i mezzi sono poco molleggiati ed il terreno è spesso accidentato; così torniamo in hotel per riposarci e fare un bagno in piscina. Ri-usciamo per il tramonto e decidiamo di optare per un tempio meno gettonato rispetto a quello dove abbiamo visto l’alba, quindi girando un pò qua e là ne troviamo uno adatto a noi: vuoto e con una scaletta che porta sul tetto. Devo ammettere che se salire è stato divertente (infilarsi in una stretta scaletta buia i cui gradini erano visibili solo con le torce, salire sul terrazzo superiore e percorrere il perimetro della passatoia esterna per posizionarsi sul lato ovest), rimanere su, seduti sulla passatoia con nulla sotto di noi, nessuna protezione e nessuno nei paraggi, faceva venire le vertigini! Inoltre i tramonti lasciano sempre un pò a desiderare per via dei nuvoloni che oscurano il sole. Ricorderemo però questo momento come uno dei più emozionanti. Oggi abbiamo salutato il sole nascere e tramontare. Tornati in hotel, ci godiamo la piscina e poi cena con filetto di salmone e del vino autoctono: buono il pesce (lo chef è piuttosto bravo), mentre sul vino hanno ancora da lavorare!

08/08

Dopo colazione ripartiamo in sella ai motorini; oggi sono fortunata con il mezzo perché gli ammortizzatori funzionano! Inoltre quest’ oggi sono agghindata in stile birmano: blusa bianca e longyi viola acquistati ad una bancarella e Thanaka in faccia: raccolgo molti consensi tra la popolazione locale. Da annotare una coppia di bambini in una pagoda secondaria un pò malmessa e sporca che ci hanno fatto da guida nella visita della pagoda stessa; la bambina che avrà avuto 6-7 anni parlava 11 lingue! Per pranzo ci siamo rifocillati, nonché riparati da un acquazzone, in un ristorantino vegetariano molto quotato (infatti era pieno di turisti), sia su Lonely Planet che in tripadvisor. Dopo pranzo decidiamo di fare un giro a New Bagan e durante una sosta a visitare la pagoda ottogonale, veniamo assaliti da un gruppetto di bambini che voleva fare un giro in motorino; così ci siamo ritrovati a girare con 2-3 bambinetti festanti su ciascun mezzo! Infine bagno in piscina al tramonto e cena (pad thai molto buono) al ristorante dell’hotel, con annesso spettacolo di marionette. Riflessioni su Bagan: un posto splendido, soprattutto se ci si lascia liberi di seguire il proprio istinto. Il nostro hotel, così estraniato dal rumore dei turisti di massa, era il posto ideale per rivivere la quiete del sito archeologico anche una volta giunti in hotel, la piscina è stata poi la ciliegina sulla torta.

09/08

Il programma di oggi sarebbe dovuto essere: arrivo al mattino presto a Kalaw (volo per Heho e taxi per Kalaw), dove fare il trekking di due giorni e una notte con arrivo al lago Inle. Purtroppo le cose non sono andate come previsto, perché ci hanno spostato il volo (tanto per cambiare) alle 9:20, con conseguente arrivo previsto a Kalaw per le 11:15-11:30; troppo tardi per il trekking, come mi ha riferito il tour operator locale che avevo contattato, ed oltretutto sarebbe stato difficoltoso per via dei temporali dei giorni precedenti che avevano creato troppo fango. Decidiamo così di andare direttamente al Lago Inle dove resteremo tre giorni. Il nostro alloggio (Inle Lake View Resort) sorge sulla sponda ovest del lago, isolato dalla principale zona turistica. Dopo aver sbrigato le procedure di check in, ed aver preso possesso della nostra bellissima stanza (la più bella in assoluto del viaggio), ci facciamo portare a fare il nostro primo giro in barca del lago. Vediamo la Phaung Daw Oo Pagoda, il monastero dei gatti che saltano (che in realtà non saltano), l’orto galleggiante e il paesino di Nyaung Swe, dove ci accordiamo con una agenzia turistica locale per organizzare la gita di domani. Come primo impatto il lago ci piace, ci ricorda un luogo simile visto in Cambogia, con la peculiarità dei pescatori che stanno in equilibrio su un piede e remano con l’altro.

10/08

Sveglia presto e una buona colazione, ci rechiamo al moletto privato del resort in attesa che ci vengano a prendere per la gita, attendiamo circa mezz’ora prima che il barcaiolo dell’agenzia arrivi. Si fa perdonare assecondando i miei desideri di avvicinarsi ai pescatori, così da poterli fotografare. La prima tappa è il mercato galleggiante; qui troviamo prodotti di artigianato locale e la zona alimentare, dove i locali vengono a fare le scorte di spezie e ortaggi. Dopo aver fatto qualche acquisto ritorniamo sulla barca, destinazione Inn Dein Pagoda. Appena scesi a terra, il nostro barcaiolo ferma un ragazzo del posto e gli chiede se può farci da guida perché noi abbiamo espresso il desiderio di fare visita ad un villaggio di etnia Pa-O, il ragazzo accetta ad un costo aggiuntivo di 20000k. Inizia il trekking: una salita sotto il sole di circa 5 km, fino a giungere ad una altitudine di 1200 mt (il lago è a 800) per visitare il villaggio Pa-O. Per la strada incrociamo dei fuoristrada su cui viaggia il ministro della cultura ed il suo Entourage, preceduti da un’auto della polizia, chiedono qualcosa alla nostra guida e risulta evidente dall’atteggiamento semi reverenziale assunto, il clima di timore verso le autorità.

Poco dopo incontriamo dei pastori che portano le vacche a pascolare e in prima fila c’è un toro che sembra un pò agitato nel vederci; noi ci spaventiamo e lui si spaventa ancor di più. Risultato: io e Alberto balziamo su un sasso ai margini della strada, il toro fa uno scatto verso il margine opposto e tutti i birmani presenti scoppiano a ridere di noi! In prossimità del villaggio, incontriamo alcune donne Pa-o che zappano la terra, le donne di questa etnia portano abiti neri ed un turbante a scacchi colorato in testa. Giunti sudatissimi al villaggio, facciamo tappa alla casa di un amico della nostra guida, conosciamo lui, la moglie ed il figlioletto di tre anni. Con estrema gentilezza e accoglienza ci fanno sedere a tavola e ci offrono del tè. Chiacchieriamo piacevolmente per una buona mezz’ora. La casa è una baracca di legno piena di oggetti, caratterizzata da uno spazio unico in cui la cucina è costituita da un fornellino a gas collocato a terra su cui il padrone di casa stava friggendo del pesce di lago, ed una serie di pentole, anch’esse adagiate a terra. Chiediamo quanto dobbiamo per il tè, ma ci dicono che non vogliono nulla. Lasciamo comunque una piccola offerta. Successivamente veniamo condotti in un laboratorio di lavorazione di bronzo e argento, anch’esso una baracca con due lavoratori: uno con la fresa che forgiava il grosso e la moglie che con uno scalpello definiva i dettagli. Come ultima tappa veniamo portati nella casa di un’altra signora, che é in compagnia del figlio e della nuora. Ci fanno sedere per terra su dei cuscini e ci offrono il solito tè e una ciotola con dei deliziosi fagiolini salati. La signora produce stoffe e dei copricapo che noi useremmo tranquillamente come sciarpe, oltre (credo il marito) a delle sculture e piccoli oggetti di legno. Le acquisto una sciarpa-copricapo e me la faccio sistemare in testa, suscitando la sua approvazione e simpatia. Chiacchieriamo un bel pò e sembra davvero compiaciuta e contenta di conoscerci, tanto che alla fine ci regala due ranocchi in legno che emettono il suono passandogli la bacchetta sul dorso (tipici souvenirs che nei viaggi precedenti in Asia ci eravamo guardati bene dall’acquistare). È giunta l’ora di incamminarci sulla via del ritorno, vista l’ora di trekking che ci attende (anche se il ritorno sarà meno faticoso). Giunti a valle ci dedichiamo alla visita delle più di mille stupa che caratterizzano la pagoda. Infine la guida ci riaccompagna dal nostro barcaiolo che ci ha atteso tutto il tempo e si congeda. Siamo stanchissimi, ma al tempo stesso felici per avere avuto una sensazione di autenticità da ciò che abbiamo visto, evidenziato anche dal fatto che eravamo gli unici turisti e la gente era incuriosita da noi, soprattutto i bambini per cui eravamo qualcosa di strano (e anche per il toro!). Cena al nostro ristorante: un pollo cucinato in stile indiano da leccarsi i baffi.

11/08

Oggi abbiamo organizzato con l’hotel l’escursione a Pindaya, quindi partiamo con il taxi alle 8:00. Il tragitto tra le colline e i campi agricoli è molto bello. Abbiamo notato che in Birmania la donna viene impiegata anche nei lavori molto pesanti. Dopo circa 1h 45′ arriviamo a destinazione: le grotte con tutti i loro Budda sono spettacolari! Vale la pena visitarle. Il tassista ci conduce anche nel luogo dove viene prodotta la carta e gli ombrelli dei monaci; assistiamo al procedimento produttivo dalla corteccia fino al prodotto finale ed acquistiamo due paralumi di carta. Ci viene offerto del tè e degli assaggi di prodotti locali, come il cioccolato del Myanmar, le arachidi crude, un’insalata di zenzero, ed altre spezie molto gustose. Sul muro del negozio troneggiano innumerevoli scritte dei visitatori che sono passati di lì, con indicato il nome, la data e la nazionalità; ovviamente non ci tiriamo indietro. Durante il viaggio ci imbattiamo in un orda di ragazzini chiassosi tutti vestiti con longyi verdone, era la pausa pranzo scolastica. Il tassista ci racconta che le vacanze dalla scuola qui vanno da marzo a giugno. Tornati all’albergo, facciamo un piccolo pasto di frutta e succhi al mango e ripartiamo con la barca per l’ultima gita sull’ Inle Lake. Andiamo a visitare i paesini che ospitano le produzioni di tessuti a partire dal fiore di loto e le produzioni di sigari. Resto impressionata dal constatare come dalla natura e con una produzione completamente manuale (con l’aiuto di qualche macchinario in legno), si ricavino oggetti così sofisticati (e costosi: una sciarpa in loto parte da 70$). Sulla via del ritorno una parte di lago era coperta da nuvoloni neri e minacciosi, con qualche fulmine; mentre nell’altra metà splendeva il sole. Per un buon tratto ci è andata bene, ma alla fine abbiamo preso l’acqua, tuttavia è stato bellissimo l’arcobaleno a semicerchio completo che si è creato. Una riflessione su questi tre giorni sul lago: già dalla prima uscita in barca organizzata con l’hotel avevamo notato che il barcaiolo, oltre a non parlare mezza parola d’inglese, era piuttosto svogliato, per nulla propositivo e dava l’impressione di non veder l’ora di tornare in hotel. Questo è stato il motivo per cui per il giorno seguente abbiamo deciso di appoggiarci ad un tour operator locale, per poter definire i nostri obiettivi, ricevere qualche suggerimento e decidere così la nostra escursione. Ed è stata una scelta azzeccata perché, oltre la maggior gentilezza del barcaiolo, siamo stati assecondati ed accontentati in tutto. Quest’oggi abbiamo voluto ridare una chance all’hotel, ma ce ne siamo pentiti perché il barcaiolo che ci è capitato era antipatico, menefreghista e superficiale (oltre a sbiascicare il suo già stentato inglese, per via del betel che gli ingombrava perennemente la bocca e che per la prima volta in undici giorni mi ha dato una sensazione di ribrezzo). Se non avessimo rotto le scatole noi per vedere qualche cosa in più, per lui la gita si sarebbe risolta in un’ora, probabilmente. Tutto questo stride con lo zelo e la gentilezza di tutto il personale dell’hotel.

12/08

Anche oggi c’è un cambio di programma: avevamo previsto di recarci alla Golden Rock, tuttavia in questi giorni in quelle zone il tempo è peggiore del solito, che già di per sé in questo periodo è piovoso, quindi abbiamo valutato che il gioco non valesse la candela (avremmo dovuto lasciare gli zainoni al deposito bagagli aeroportuale, portandoci solo gli zainetti con un cambio per la notte. Farci portare a Kinpun, prendendo uno degli ultimi track in partenza per la Golden Rock e dormire su) e con rammarico decidiamo di rinunciare. Dovremo quindi trovare un’alternativa per passare questi due ultimi giorni in Myanmar. Iniziamo con il volo (l’unico che non ha subito cambiamenti di orari) per Yangon delle 9:25. Alle 10:30 siamo già fuori dall’aeroporto e c’è il sole; la tentazione di riprendere l’idea della Golden Rock è tanta, ma abbiamo un problema con la prenotazione di un albergo per la Malesia, che sarà la tappa successiva del nostro viaggio, e ci serve al più presto una connessione internet funzionante. Ci facciamo portare così ad un hotel (Clover City Center), sperando abbia posto. Impieghiamo più tempo nel trafficatissimo tragitto in auto dall’aeroporto che a volare da Heho a Yangon! La stanza c’è, anche se molto piccola, e la connessione pure! Non riusciamo purtroppo a risolvere il problema della prenotazione: AGODA ci ha cancellato la prenotazione per un problema di carta di credito, senza darci la possibilità materiale (tra la comunicazione di rilevata problematicità della carta e la cancellazione sono trascorse solo poche ore, di notte!) di fornire un’altra carta. Così, essendo alta stagione in Malesia, perdiamo la possibilità di riprenotare nel resort scelto e facciamo moltissima fatica a trovare un’alternativa. Tutto ciò con la connessione wifii dell’hotel che purtroppo salta in continuazione. Risultato: passiamo buona parte del pomeriggio a spulciare siti di prenotazione online. Ovviamente mando una mail di fuoco ad AGODA che si scusa per il problema ,dovuto ad un proprio errore tecnico, e si offre di risarcirmi con un 15% di sconto sulla prossima prenotazione. Comunque alla fine prenotiamo in un altro resort, molto meno bello di quello che avevamo scelto, ma non abbiamo grosse alternative. Usciamo a fare un giro per il centro e ci perdiamo nel mercato delle pietre di Aung San, che prende il nome dal suo fondatore, il padre di Aung San Su khi. Avrei voluto recarmi alla Shwedagon Paya per il tramonto, ma piove abbondantemente ed ininterrottamente per diverse ore fino a sera. Usciamo per cena, ha smesso finalmente di piovere, e saliamo allo Ski Bistro dove ceniamo con la bella vista sulla città. Tornati in hotel parliamo con Thomas, uno dei ragazzi della reception, perché vorremmo organizzarci per l’indomani una visita a Bago con il taxi. Thomas ci propone di fare prima la Golden Rock e poi Bago, io replico che non pensavo ci fosse tempo a sufficienza per andare e tornare in giornata dalla Golden Rock, ma Thomas risponde che è fattibile, anzi ce lo consiglia. Accettiamo. Il costo è importante: 160 $ per portarci alla fermata del track, aspettarci durante la nostra salita (e discesa) alla Golden Rock, portarci a Bago nei vari luoghi di interesse, con guida parlante inglese, e riportarci in hotel per sera; tutto in un giorno solo.

13/08

Sveglia presto, la partenza è prevista per le 7:00. In auto siamo in 4: io, Alberto, il tassista e un altro ragazzo che parla inglese, diciamo la guida. Il viaggio fino al camion che ci porta sulla montagna dura circa 3,5 ore. Giunti alla fermata acquistiamo degli impermeabili lunghi che vengono venduti dai venditori ambulanti per 1000k, nonostante avessimo anche i nostri k-way, perché temevamo un peggioramento della pioggia, che al momento era lieve. Dopo circa 20 minuti di attesa siamo saliti sulle panche in legno del camion, ma non siamo partiti fino a che tutti i posti non erano esauriti. Durante il viaggio di andata la pioggia si è effettivamente aggravata, ma grazie al cielo eravamo attrezzati. Bisogna tenersi forte e non pensare troppo a ciò che si sta facendo, perché la guida spericolata sui tornanti, con la pioggia che cade a dirotto, potrebbe non essere la cosa più saggia che si sia fatta nella vita! Finalmente giunti in cima, abbiamo la fortuna di cogliere un momento di diradamento delle nubi, così da avere la veduta del panorama sottostante, su cui troneggia la grande roccia d’oro, in bilico costante. Dura poco, il tempo di fare qualche foto, e poi il tutto viene nuovamente inghiottito dalla nebbia. Non è un buon periodo per venire fin quassù e se non avessimo avuto quello squarcio di cielo azzurro sarebbe stata una visione veramente scialba, ma sono molto felice di esserci venuta. Sulla via del ritorno ci fermiamo a visitare Bago che ha dei punti di interesse notevoli, tra cui una pagoda molto simile alla Shwedagon, ma leggermente più alta, dove è conservato anche un pezzo della vecchia stupa crollata dopo il terremoto, un Buddha sdraiato ENORME e quattro Buddha seduti di trenta metri ciascuno. Torniamo in albergo verso le 20, stanchi, ma soddisfatti! Il clever City center non è certo uno dei migliori hotel della vacanza: la stanza è piccolissima e nel bagno la doccia non è separata dal resto, per cui si bagna tutto. Tuttavia ha una buona posizione e un personale molto giovane e propositivo, se non fosse stato per loro non avremmo visto la Golden Rock. Ceniamo al Bbq all’angolo e andiamo a dormire; domani lasciamo il Myanmar, direzione Malesia.

Porterò con me il ricordo della gente; tanto semplice e povera, quanto altruista, soprattutto in questo momento in cui molti villaggi sono stati colpiti dall’alluvione. Ricorderò le donne, che, con i volti coperti dalla Thanaka e i coloratissimi Longy, hanno una femminilità ed una compostezza uniche, anche mentre zappano la terra o trasportano pesi. Degli uomini ricorderò soprattutto i sorrisi sdentati e rossi di Betel. Porterò con me le immagini di Bagan, con i suoi templi antichi e spettacolari; i paesini fatiscenti delle zone collinari, dove la terra viene ancora lavorata con l’aiuto dei buoi; i pescatori sul lago Inle che remano con un piede, stando in equilibrio sull’altro; le tuniche purpuree dei monaci che in fila indiana ricevono le elemosine di cibo, ma soprattutto ricorderò la pacificità di una popolazione tanto bistrattata dal proprio governo. Tanti auguri gente del Myanmar, perché il futuro vi riservi la libertà!

14/08

Il volo per Kuala Lumpur parte alle 8:30 e dura circa 2 ore e mezza, ma c’è il fuso di 1 ora e mezza, per cui atterriamo alle 12:30 ora locale. Arrivati a Kuala ci facciamo portare all’hotel, il Pacific Regency Hotel and Suite. Non essendoci la camera subito disponibile ci fanno un up grade, anche se ho la sensazione che non sia reale (avevamo prenotato una suite e, non dico che quella concessaci fosse una brutta stanza, ma, se fosse vero l’up grade, avremmo dovuto avere una camera super! Inoltre ho letto in alcuni commenti dell’hotel perplessità simili). Comunque la nostra stanza va più che bene, l’hotel è piuttosto centrale ed il rapporto qualità prezzo molto buono. Usciamo per pranzare e cediamo quando vediamo l’insegna di un ristorante italiano ‘Trattoria Il Porcellino’: abbiamo bisogno di sapori nostrani. Alberto ordina la pizza che non è malaccio, potrebbe essere la pizza di qualche pizzeria molto scarsa italiana, mentre io che non ho fame mi mangio un’insalata mista e mi rendo conto di quanto anche una semplice insalata possa apparire deliziosa dopo due settimane di sapori asiatici! Rifocillati, torniamo in hotel per riposarci e docciarci, a K L fa un caldo abominevole. Usciamo nel tardo pomeriggio per recarci alle Petronas Towers che sono davvero splendide, soprattutto viste dal parchetto antistante, dove c’è anche una piscina bassa a cui punto per poter immergere i piedi così da rinfrescarmi, ma appena mi avvicino all’acqua vengo redarguita dalla poliziotta: solo i bambini posso entrare.. Dannazione! Il mall all’interno del complesso delle Petronas è immenso, alto 5 piani, è uno dei principali centri commerciali della città. Vorremmo completare la visione d’insieme delle torri con un aperitivo allo Sky bar del Traders, l’hotel di fronte, ma non riusciamo a trovare un tavolo libero:è sabato sera del resto! Concludiamo la nostra serata con una birra altrove, in una zona lungo la strada verso l’hotel, in cui ci sono una serie di pub.

15/08

Sveglia presto per recarci alle Batu Caves quando ancora la temperatura esterna è accettabile. Raggiungiamo la prima stazione dello Sky Train più vicina e prendiamo il treno per la stazione centrale. Particolarità: i biglietti sono dei gettoni di plastica. Sui treni l’aria condizionata é da freezer! Dalla stazione centrale prendiamo un altro treno per Batu Caves. Devo ammettere che le Batu Caves non mi hanno colpita. Bella l’enorme statua all’inizio della scalinata, bella anche la faticosissima scalinata, ma poi non resta molto altro. Le grotte sono enormi e ci sono un paio di piccoli templi induisti dove stanno facendo dei cerimoniali. Qua e là le solite scimmie mangiatrici di tutto ciò che i turisti gli offrono, ma dopo aver visto il santuario delle scimmie ad Ubud, non mi destano molto interesse. Quindi tutto sommato, niente di imperdibile. Facciamo colazione con succhi e biscotti acquistati ad un piccolo market all’ingresso e poi ritorniamo in centro, questa volta scegliamo il taxi (50ringitt). Il caldo è soffocante o forse noi siamo stanchi, ma torniamo il hotel per rilassarci e svolgere una procedura complicata: dobbiamo fare il VISA on line per ritornare in Myanmar il 24/08, per ripartire per l’Italia il giorno dopo (quando avevo fatto il piano voli non avevo calcolato che, usciti dal Myanmar, il visto sarebbe scaduto e necessitavano di un nuovo visto).

Purtroppo non riusciamo a fare l’applicazione al VISA, non vengono riconosciute idonee le nostre carte di credito. Mando una mail al sito e restiamo in attesa, nel frattempo abbiamo trovato un’agenzia on line che per 20 dollari in più ci farebbe da intermediario, con la possibilità di pagare tramite paypal. Accantoniamo per un attimo il problema ed usciamo a cena. Ci rechiamo a Bukit Bintang, la zona della movida di KL, dove cominciamo con una birra bianca al locale bavarese, dove le cameriere, somaticamente poco vicine alle caratteristiche bavaresi, sono però vestite con gli abiti tipici, creando un contrasto piuttosto divertente. Per cena avremmo optato per la steak house, ma non c’era posto e l’attesa era eccessiva, per cui abbiamo ripiegato sull’italiano Giovino. Esausti dei soliti sapori abbiamo ordinato un antipasto di formaggi italiani, non male, ma poi non siamo stati coraggiosi fino in fondo e non abbiamo ordinato la pasta, forse avremmo dovuto perché i piatti di pesce non erano un granché. Tornati in albergo, facciamo il bagaglio, domani sveglia all’alba per l’ennesimo volo, questa volta si va al mare. Il taxi per l’aeroporto costa molto più che all’andata: 120 ringgit, contro le 74 dell’andata, ma non siamo riusciti a spuntare un prezzo migliore.

16/08

Con il volo air Asia atterriamo a Kota Baru, dove all’interno dell’aeroporto stesso, appena dopo aver ritirato il bagaglio, c’è uno sportello che indica ‘taxi per le isole’; basta rivolgersi a loro che ti vendono direttamente, oltre al trasporto in taxi al porto, pure il traghetto per le Perhentian. Veniamo quindi trasportati, senza alcuna difficoltà, fino a destinazione: Coral Bay, Kecil Island. Approdati al molo, il resort che avevamo prenotato è molto visibile, perché troneggia sulla baia e da fuori sembra davvero un bel resort, sembra. Lo shari-la vince il premio per la peggior stanza di tutto il viaggio: stanza buia, senza finestre, con un bagno di un metro quadrato, doccia inclusa e piano doccia assente, pure l’asse del water ha segni di usura. Di notte ci sono le zanzare e nessuna zanzariera, l’aria condizionata fa un rumore dell’accidenti e, per concludere, non riusciamo ad utilizzare le prese della corrente elettrica. Tuttavia il cosiddetto ‘resort’ ha dei punti a suo favore: da qui si vede il tramonto ed ha una spiaggia privata con un buon reef. È proprio qui che passiamo le prime ore del nostro soggiorno alle Perhentian, in attesa di poter effettuare il check in. Dopo aver preso possesso delle camere, mangiamo qualcosa ad uno dei chioschetti di Coral Bay e ci rechiamo a Long Beach attraverso il sentiero. Long Beach è una visione celestiale: una lingua lunghissima di sabbia bianca e un mare cristallino: finalmente! Per il tramonto ritorniamo al nostro ‘resort’, che ha un bar panoramico, ma scopriamo tristemente che non servono birra, nè altri alcolici! La cena la consumiamo ad uno dei ristoranti sulla spiaggia, anche questo non serve birra, ma al chiosco di fianco sì, per cui andiamo a prendercele e le portiamo al tavolo. Si mangia pesce alla griglia, ma, come ci aspettavamo, non lo cucinano molto bene!

17/08

Oggi cascasse il mondo dobbiamo fare il visto per il Myanmar, per cui chiediamo la possibilità di utilizzare il pc dello shari-la, visto che la connessione con la wifii è ballerina. Dal sito ufficiale non ho ricevuto risposta, per cui ci affidiamo ad una agenzia online che permette il pagamento con paypal, spendendo 20$ in più. Tutto sembra essere andato a buon fine, non ci resta che attendere. In mattinata ci facciamo portare alla Turtle Beach con il taxi da Coral Bay, che scopriremo poi non essere la mossa più saggia poiché per andare a Besar è meglio prendere i taxi da Long Beach che è più vicina, da Coral Bay costa il doppio (20 ringgit per persona). Turtle Beach ci lascia senza parole. È in assoluto il posto più bello delle Perhentian e forse di tutti i posti mai visti al mondo: una lunga striscia di sabbia bianchissima, contornata da una vegetazione lussureggiante e bagnata da un mare di cristallo. Pochissime persone e nient’altro, solo una piccola recinzione dove vengono protette le uova delle piccole tartarughine. Ci godiamo questo paradiso per qualche ora, dopodiché il taxi ci è tornato a prendere per portarci a Long Beach, dove mangiamo qualcosa e passiamo il resto del pomeriggio. La sera per cena decidiamo di tornare a Long Beach, sempre attraverso il sentiero, e scopriamo un atmosfera molto più bella e romantica della sera precedente a Coral Bay. Ci sono dei tavolini sulla spiaggia, dove si può bere una birretta fresca, seduti sulle stuoie, alla luce delle torce, mentre dei ragazzi fanno degli spettacoli col fuoco, sulle note di Bob Marley; what else? La cena ad uno dei ristoranti sulla sabbia non è invece memorabile, ma siamo contenti lo stesso.

18/08

Oggi usciamo con la barchetta per il tour di snorkelling che prevede diverse tappe: Coral point, shark point, Turtle point, light point e romantic beach. I coralli più belli e i pesci più numerosi e colorati lì abbiamo trovati a light point, a Turtle point abbiamo visto una tartaruga marina e uno squaletto a shark point. In generale, comunque, ho fatto snorkelling migliori. Al rientro al resort abbiamo una notizia bella ed una brutta: la bella è che ad Alberto è arrivata la lettera di approvazione per il visto e la brutta è che la mia procedura è ancora in attesa perché il pagamento con paypal era stato fatto anche per il mio visto con l’account di Alberto. Rispondiamo alle mail per chiarire la situazione e incrociamo le dita. Aperitivo e cena ancora a Long beach.

19/08

Oggi è l’ultimo giorno qui alle Perhentian, per cui decidiamo di rivedere i posti che ci hanno colpiti di più. Cominciamo con Turtle beach, la nostra preferita, dove assistiamo alla schiusura di due tartarughine, che tuttavia non vengono lasciate libere di raggiungere il mare, probabilmente verranno liberate tutte insieme al momento più opportuno. Verso le 13 qui si forma una schiuma nel mare, anche l’altra volta era successo, poi passa e ritorna stupenda. Rimaniamo a Turtle beach tre ore, dopodiché ci facciamo portare a Long Beach a mangiare e bere qualcosa, ed è qui che grazie alla connessione del ristorante riceviamo anche la mia lettera di approvazione via mail. Fiuuu! Dopo pranzo attraverso il sentiero, torniamo a Coral Bay, dove sarà più economico il taxi boat per romantic beach. Prima di andare a romantic beach, Alberto ha bisogno di fare una pausa dal sole e di rilassarsi in camera, mentre io vado a sondare il reef del nostro Shari-la resort. È qui che faccio un incontro eccezionale e non mi riferisco allo squaletto o ai mille pesci che ci sono (e che mi fanno un pò riconsiderare l’utilità della gita del giorno prima), ma ad un piccolo pescetto che inizia a seguirmi. Da principio credevo volesse attaccarmi perché invadevo il suo territorio (mi è capitato più volte di ricevere qualche morsetto dai pescetti del reef), quindi mi sono allontanata, ma dopo un pò me lo sono ritrovata di fianco. Ho pensato ad una coincidenza ed ho continuato a dedicarmi al mio snorkelling, finché non ho realizzato che quel pescetto aveva nuotato nella mia scia per tutto il tempo, a volte urtandomi le gambe. Mi allontanavo, mi voltavo e me lo ritrovavo sempre lì, come un fedele amico. Ho cercato di scacciarlo in tutti i modi, ma non se ne andava. Non sapevo più che pensare, ma nonostante fossi soddisfatta dello snorkelling, mi dispiaceva uscire dall’acqua perché evidentemente quel pescetto mi aveva confusa per sua madre (o qualcosa del genere!). Ad un certo punto è arrivato Alberto e siamo andati insieme a fare dell’altro snorkelling, volevo che vedesse anche lui lo squaletto, e nel frattempo il pescetto sempre lì; anche Alberto era esterrefatto (e divertito). Visto lo squalo, le murene, la razza e i mille pesci e coralli eravamo piuttosto stanchi e soddisfatti, ma in pena per il mio piccolo compagno. Decido così di uscire dall’acqua ed il pescetto ha cominciato a schizzare avanti e indietro, come cercasse qualcosa per poi scomparire alla nostra vista. Dopo un pò sono rientrata e nel giro di un quarto d’ora eccolo di nuovo lì che mi gira attorno! Come un cagnolino che ti fa le feste, lui mi faceva i girotondi! La cosa mi rendeva lusingata, ma allo stesso tempo tanto triste. Mi sono seduta nell’acqua a guardarlo e lui se ne stava lì, protetto dalla conca del mio corpo, tranquillo e fermo. ‘Cosa diavolo pensi pesciolino?’ ‘Per chi mi hai scambiata?’ Il nostro idillio è durato più di due ore, poi a malincuore sono dovuta uscire. Chissà se il pesciolino giallo avrà ritrovato la sua vera casa.. Per il tramonto volevamo andare a romantic beach attraverso il sentiero ed abbiamo cominciato ad incamminarci per un sentiero che secondo noi era quello giusto. Cammina cammina ci troviamo uno sbarramento:un albero era caduto e ci bloccava la strada. Noi impavidi e gasati scavalchiamo il tronco e proseguiamo, sentivamo i rumori del mare e la spiaggia non doveva essere lontana. Finché finalmente intravediamo il mare e scendiamo fino alla bellissima spiaggia di.. Long Beach! Ma come?! Dovevamo essere a Romantic Beach! Increduli e divertiti da noi stessi, con le pive nel sacco, ritorniamo a Coral Bay e ci facciamo portare col taxi a romantic beach, così per andare sul sicuro. La sera, casualità, decidiamo di non recarci a Long beach, ma di provare il ristorante dello shari-la. Mai scelta fu più azzeccata, perché non appena abbiamo preso posto a sedere si è alzato un vento fortissimo che di lì a poco ha portato una tempesta. Grazie al cielo eravamo riparati! Dopo aver cenato, notando che il temporale non aveva intenzione di smettere, abbiamo deciso di tornare in stanza, ma raggiungere il nostro bungalow significava lavarsi completamente, per cui Alberto si è spogliato i vestiti e rimanendo solo in mutande è andato al bungalow per portarmi l’ombrello! Mio eroe!

20/08

Dopo una nottataccia, l’ultima, con le zanzare dello shari-la, facciamo il check out e raggiungiamo il mama’s a Coral Bay, dove avevamo prenotato nei giorni precedenti il trasferimento a Redang per 100 ringgit ciascuno. Il viaggio dura un’ora e veniamo portati direttamente alla spiaggia davanti al nostro resort, il Laguna Resort. L’efficienza, la cordialità e l’organizzazione dello staff alla reception ci conquistano immediatamente, forse perché scottati dall’antipatia e dalla disorganizzazione del front Office dello shari-la! In attesa che la stanza sia pronta, usufruiamo dei lettini del resort e ci godiamo un pò di mare. Anche la stanza è all’altezza della bellezza della struttura, da questo punto di vista Redang batte Perhentian 1 a 0, vedremo col resto. Andiamo a mangiare qualcosa al ristorante del paradise e poi torniamo ai nostri lettini: oggi giornata relax. In serata ci facciamo un cocktail al bar del Laguna (qui l’alcool non è bandito: 2 a 0 per Redang) e ceniamo al summer point.. La scelta alimentare comprende esclusivamente piatti cinesi.. Alle Perhentian quanto meno ti grigliavano il pesce (2 a 1).

21/08

Oggi giornata da nababbi sui nostri lettini fronte mare, tra bagno, tintarella, un buon libro e qualche giro con la maschera. Ci facciamo uno snorkelling in autonomia agli scogli di fianco alla spiaggia e vediamo almeno una decina di piccoli squaletti, oltre ai vari altri pesci! L’ Aperitivo al bar sulla spiaggia con una pina colada al tramonto è la giusta chiusura di questa giornata oziosa. Per cena fatichiamo ad uscire dalla stanza, soprattutto per via di un temporale improvviso: acqua a secchiate! Ceniamo al ristorante del Laguna dove il menù comprende anche pietanze occidentali, puntiamo su una bistecca, che risulta essere troppo cotta, patate (buonissime) e un bicchiere di vino rosso: non da leccarsi i baffi, ma almeno sono sapori diversi.

22/08

Stamattina decidiamo di andare a fare snorkelling al parco marino con l’organizzazione del Laguna: grave errore! Inizialmente sembrava fossimo soli, poi è arrivata un orda di cinesi chiassosi. Abbiamo riempito tre barche da 50 persone l’una e siamo stati scaricati tutti al parco marino, dove chiaramente c’erano già altre persone. Risultato: in una lingua di mare relativamente piccola centinaia di cinesi scoordinati che nuotano col salvagente, armati di pane per attirare i pesci e festanti, felicissimi di essere lì. Noi siamo rimasti nella zona con meno persone, ovviamente. Di positivo c’è che non si disperdono uniformemente, ma tendono a stare tutti insieme nello stesso punto. Lo snorkelling per il resto non sarebbe neanche male, c’è anche un relitto molto bello. Di squali e tartarughe nemmeno l’ombra, almeno nella zona senza cinesi, dubito comunque ci fossero con tutto quel casino. La gita fortunatamente dura solo un paio d’ore, non vedevo l’ora di tornare! Sarebbe stato meglio appoggiarsi a qualche altro resort, magari più piccolo, così si suddivide lo spazio con meno cinesi, oppure trovare qualche barcaiolo che ti porti, ma non è una cosa semplice. Il resto della giornata lo trascorriamo oziando in spiaggia. È l’ultimo giorno di vacanza. Domani mattina ripartiamo per il lungo viaggio di ritorno. Anche stasera c’è un forte acquazzone che ci obbliga, ma ne siamo felici, a cenare al ristorante del Laguna. Il mio burger è piuttosto buono mentre Alberto cade alla tentazione di mangiare la pizza. E non gli va troppo bene! Avremmo voluto concludere la serata con una sfida a biliardo, ma i tavoli sono tutti occupati. La domanda meglio Redang o le Perhentian resta senza risposta. Redang è più da ozio in spiaggia, una spiaggia molto bella, con un mare stupendo e con la possibilità di fare snorkelling in autonomia. È tuttavia più difficile organizzare spostamenti o escursioni nell’isola senza incappare nell’orda dei cinesi, quindi si tende a restare dove si è. Al contrario alle Perhentian ci si può muovere indipendentemente da tutti, in ogni dove ci sono taxi boat o qualcuno pronto ad organizzarti un’escursione. A redang è difficile anche trovare un ristorante, si mangia nei ristoranti dei vari resort, rivolti soprattutto ad una clientela cinese e quindi con scarsa scelta alimentare al di fuori di quella. Alle Perhentian è difficile o quasi impossibile trovare un alloggio di buon livello e dormire con le zanzare che ti mangiano a lungo andare ti fa impazzire. Alle Perhentian al massimo trovi una birra ( e solo su Kecil), mentre a Redang puoi sorseggiare un cocktail al tramonto. Cosa è meglio? Credo che sia meglio fare prima le Perhentian e chiudere con Redang, penso che sono felice di non essermi persa nulla.

23/08

Inizia il piano di rientro: traghetto di un’ora e mezza dal resort a Terengganu, bus per l’aeroporto (il tutto organizzato impeccabilmente dal Laguna resort) e volo per Kuala Lumpur, dove poche ore dopo prendiamo il volo per Yangon. Atterriamo a Yangon verso le 19, c’è un gran movimento: gente, rumori, odori, quel caldo umido che ti entra sotto la pelle, i Longy, le donne con la Thanaka, i sorrisi, la gentilezza. Tutto un altro mondo rispetto alla Malesia! Mi accorgo ora di averne sentito la mancanza. Il taxista che ci scorta al Myanmar Life Hotel, che dista pochi km dall’aeroporto, dopo averci chiesto la provenienza comincia a parlarci di calcio, oggi in Italia inizia il campionato e lui lo sa. Dal calcio passiamo alla politica e per la prima volta sento un birmano parlare senza remore di Au Sang Su Chi e della speranza che il governo militare cada; gli diciamo che tifiamo per loro e lui sembra emozionarsi. È talmente una bella rappresentazione di ciò che più ci piace di questo popolo che gli lasciamo un abbondante resto di mancia. Il nostro hotel è perfetto (tranne che per la colazione, ma questo lo avremmo scoperto il giorno dopo): grande, arioso, con una piscina da poter sfruttare domani mattina, ( il volo per Milano parte alle 15), vicinissimo all’aeroporto per cui c’è una navetta gratuita e con ristorante aperto 24h. Il personale è gentilissimo e sorridente, dopo esser stati in Malesia la differenza è palese! Myanmar non avrai il mare della Malesia, almeno in questo periodo dell’anno, ma hai un animo bellissimo.

24/08

Dopo la scarsa colazione, ci facciamo qualche nuotata in piscina e andiamo a prepararci per il viaggio definitivo fino a Milano.



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