Myanmar tra pagode e sorrisi

Viaggio effettuato in parte in auto con autista e guida parlante italiano e in parte con mezzi pubblici
Scritto da: Anna Codino
myanmar tra pagode e sorrisi
Partenza il: 27/02/2016
Ritorno il: 13/03/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
27 Febbraio – 13 Marzo 2016

Itinerario: Yangon- Hpa-An- Mawlamyine- Bago- Yangon- Mandalay- Monywa- Bagan – Kalaw – Lago Ingle – Kakku – Yangon

Costo totale del viaggio: 1943 € a persona

Dopo averne sentito molto parlare come un luogo meraviglioso ma in veloce cambiamento, data la recente maggiore facilità per i turisti di visitarla, quest’anno scegliamo come meta delle nostre vacanze invernali il Myanmar. Volo acquistato qualche mese prima della partenza con Qatar al costo di 487 € a testa con partenza alle 9.45 da Milano Malpensa ( e utilizzo del nostro abituale parcheggio presso Hotel Mariuccia di Robecchetto con Induno 41 € per due settimane), scalo veloce a Doha e arrivo a Yangon alle 5 del mattino della domenica ( Myanmar + 5,30 ore). Visto fatto online dall’Italia (45 € a testa; http://evisa.moip.gov.mm).

In seguito ai molti racconti letti e ai diversi contatti con vari tour operator locali abbiamo organizzato il nostro viaggio per la prima metá con un driver e guida parlante italiana. Il nostro inglese, infatti, non è eccellente e quest’anno optiamo per lasciare a casa anche la faticaccia abituale, desiderosi di imparare storia e abitudini di questo paese. Abbiamo cambiato idea tantissime volte nei giorni precedenti alla partenza, intimoriti dal perdere la libertà che tanto ci piace nel muoverci da soli, abbiamo scritto a molte persone, fatto bilanci, ipotesi di spesa, sentito consigli di altri viaggiatori ed infine la decisione finale. Viaggio organizzato da Cho Cho Mar sino a Bagan costo 1800 $ comprendenti tutti i trasferimenti, volo interno Yangon – Mandalay incluso ed ingressi ai vari siti visitabili.

Nella seconda parte del viaggio ci muoveremo in autonomia. Gli alberghi li abbiamo prenotati noi dall’Italia con Booking.com, Hotel. com , Agoda.com e qualche mail scritta direttamente alle strutture.

Domenica 28 Febbraio: Yangon

Cho e la nostra guida Kyaw Minn ci aspettano puntuali all’aeroporto e ci accompagnano dall’albergo da noi scelto al centro di Yangon: il Chan Maye Guesthouse, a pochi passi dalla pagoda Sule (in fondo al racconto recensioni e prezzi hotel). Quando arriviamo è davvero presto e la nostra stanza è ancora occupata. Nonostante crolliamo dalla stanchezza decidiamo di lasciare i bagagli per dirigerci verso la Pagoda Shwedagon, che da sola merita la visita a questa città, giudicata da molti poco interessante. Questa pagoda è un simbolo importante di tutti i buddisti di questo stato, invitati a recarvisi, proprio come succede per la Mecca, almeno una volta nella vita. Non sono neanche le sette del mattino ma complice la domenica, il luogo si popola di famiglie che vi trascorreranno la giornata tra preghiere e pic nic, ragazze volontarie munite di scope e spugne e determinate a dare una bella pulita ai pavimenti e alle grate incrostate dalla cera delle candele, bambini con vesti da monaci che ripetono litanie insegnate dal loro maestro. Ovunque è sfarzo, statue adornate di luci psichedeliche e fiori, angoli dove si compiono riti propiziatori e persone che pregano in silenzio. Un’atmosfera unica che ci immerge in un mondo per noi tutto nuovo. Rimaniamo parecchio tempo nella pagoda ad osservare il tutto, assistendo all’innalzarsi nel cielo di un sole che in breve tempo comincerà a far sentire il suo calore. È l’ora della colazione e manco a dirlo seguiamo i consigli della nostra guida e dimenticate brioches e cappuccino ci tuffiamo in un piatto locale a base di salse dall’ottimo sapore e pane fritto. Il tutto condito con una bevanda che ci aveva fatto inorridire e che si rivelerà invece ottima! Chi lo avrebbe mai detto che spremere un lime dentro a del caffè nero produce un gusto nuovo ma niente male! Con la pancia piena ci rechiamo al lago Kandawgyi ma il tentativo di fare una passeggiata sulla passerella nel verde viene stroncato dal caldo e dalle forze che cominciano a mancare e dopo una breve visita al maestoso Buddha sdraiato della Chaukhtatgyi Paya andiamo a prendere possesso della nostra stanza. Doccia rigenerante e poi di nuovo via a piedi per il centro della città, osservando i fascinosi palazzi coloniali che costeggiano le vie, curiosando tra le persone sdraiate sull’erba di un parco, mettendoci scrupolosamente in fila per osservare i capelli del Buddha (ma quanti capelli aveva questo signore? Ce ne sono sparsi un pò qua è la e con vari poteri magici attribuiti!) e saltando sul traghetto che attraversa il fiume Yangon per raggiungere Dalah. Ci limitiamo in questo caso ad una breve traversata andata e ritorno, ascoltando i consigli della nostra guida che ci racconta di diversi brutti episodi accaduti recentemente ai danni dei turisti in questa zona. Un cartello affisso nel nostro albergo conferma la necessità di fare attenzione. Peccato, pensiamo….ahimè dove arrivano i turisti compaiono spesso anche pericoli e contrattempi dai quali essere messi in guardia. Concludiamo il pomeriggio con una passeggiata a Chinatown fermandoci a cena nella nota 19 strada, regno dello Street food (ottimo ed economico, si cena con circa 10 $ in due) che riuscirete a godervi a pieno solo se non siete tipi troppo schizzinosi e con una passione estrema per il rispetto delle norme igieniche nei locali che cucinano e vendono cibo. Torniamo in albergo con un taxi che ci riporta alla nostra stanzetta dove crolliamo ormai stremati. Avvertenza sulle regole per entrare nelle pagode: occorre necessariamente entrare a piedi nudi (no scarpe ma alche no calze) quindi utilissimo portarsi appresso una scorta infinita di salviettine per ripulirvi. Si entra inoltre con “abbigliamento decoroso” che per loro vuol dire spalle coperte e gonne o pantaloni sotto il ginocchio. Bandite quindi canottiere ( che qui vengono chiamate “Spaghetti blouse”) ed abbigliamento da turista in vacanza al mare. Stringete i denti e preparatevi a patire un po’ di caldo.

Lunedì 29 Febbraio: Hpa -an

Il nostro programma iniziale prevedeva oggi di dirigerci verso la Golden Rock, che però è in restauro, quindi abbiamo cambiato itinerario all’ultimo momento decidendo di trascorrere questi due giorni nello stato Kayin, un pò fuori dai circuiti tradizionali battuti dai turisti. Ci occorrerá moltissimo tempo per uscire dalla trafficata Yangon e dopo circa cinque ore di macchina e una sosta per un buonissimo ed economico pranzo a base di noodles e verdura, raggiungiamo la nostra prima meta, la grotta Ba Yin Nyi Gu nei dintorni di Hpa-an. All’interno di grotte naturali sono state collocate diverse statue del Buddha che creano un’atmosfera particolare e suggestiva. Sotto le grotte alcune piscine di acqua termale ospitano diversi locali che paiono divertirsi molto. La seconda grotta che visitiamo poco distante, Kaw Goon Gu, è caratterizzata dal fatto di essere decorata con incisioni sulle pareti in alcuni punti molto ben conservate. Anche le grotte, esattamente come le pagode, si visitano rigorosamente a piedi scalzi.

La nostra terza tappa è un posto magico, forse complice la luce del tramonto che troviamo al nostro arrivo. Kyauk Kalat è un monastero che si affaccia su un lago artificiale residenza di un famoso monaco, molto amato da queste parti anche per aver dato sostegno alla leader democratica Aung San Suu Kyi, chiamata rispettosamente “la signora”. Una roccia alquanto particolare si staglia verso il cielo e il piccolo tempietto che la sovrasta lo rende un gioiellino unico. Tutto attorno la verdissima campagna. Uno di quei posti dove, senza un valido motivo, ti fermeresti per ore, semplicemente godendo di una pace e di una tranquillità ma soprattutto di una energia positiva difficile da non percepire appena arrivi. Riprendiamo la nostra auto e attraversiamo diversi campi dove decine e decine di statue sono state collocate in ordinate file. L’autista si ferma al primo campo ma poi corre dritto mentre noi ammiriamo dal finestrino questi luoghi particolari che spuntano all’improvviso. Trascorriamo la notte nel monastero Thamanyat che con un buon grado di adattabilità (ma neanche troppa visto che ci vengono persino offerti due letti mentre noi eravamo preparatissimi a dormire per terra) costituisce un’ottima sistemazione. I monaci offrono ospitalità gratuita ed è buona norma non presentarsi a mani vuote. Noi portiamo una grossa anguria che ritroveremo alla sera sotto la statua del famoso monaco sotto forma di offerta. Ai nostri letti, forniti di semplici materassi di gommapiuma, viene fornita anche una privacy appendendo due grandi copriletti che ci separano dalla zona circostante. Accanto a noi un salone dalle improbabili meraviglie: foto abbellite da lampadine multicolori, tre gatti dalle magre sembianze che circolano liberamente e due signore molto indaffarate che riordinano, ci portano della frutta, parlano una lingua incomprensibile e fanno continuamente grandi sorrisi. Cena in un posto che più tipico non si può dove con circa 7 $ in quattro mangiamo una quantità infinita di cibo ottimo ordinato dalla nostra guida ( e menomale… tutto scritto in birmano!). Dopo cena attratti dal “bar del paese” strapieno di gente assaggiamo il the indiano, dolcissimo e arricchito di latte condensato. Particolarità di questa zona: carne, pesce ed alcolici vietati sino a tre miglia dal monastero. Servono quella che loro chiamano “carne finta” a base di soia e verdure.

Martedì 1 Marzo: Mawlamyine

Questa notte non si é dormito tantissimo, un po’ per il caldo un po’ per una sorta di muezzin buddista che usciva da un altoparlante collocato su una collina per gran parte della notte. Ma la colazione fatta ad una tea house in compagnia dei monaci ci ripaga di tutto. Va bene che questi signori mangiano solo due volte al giorno ma le portate sembrano quelle di un pranzo di Natale: riso con verdura, banane fritte, polpette di verdura naturalmente fritte, altro cibo buonissimo non meglio identificato ma chiaramente fritto. Il tutto accompagnato da pane…fritto. Qualche foto ricordo e saltiamo di nuovo sulla nostra macchina. Giro veloce al mercato dove non resistiamo alla tentazione di acquistare due longyi, tipiche stoffe che qui indossando indistintamente uomini e donne creando lunghe gonne. Peccato che mentre su di loro pare un abito da sera su di noi fa effetto metà pareo da mare e meta vestaglia da ospedale!!! La nostra prima meta è la grotta Saddan, bella non tanto per le statue che contiene ma per le formazioni maestose di stalattiti e stalagmiti. Si percorre tutta, un pò faticosamente perché appunto a piedi scalzi, sino ad uscire dopo circa 15 minuti dalla parte opposta ( utile una torcia). Per gran parte del tragitto si é accompagnati dal verso dei pipistrelli e se si alza la testa in alcuni punti se ne possono vedere centinaia appesi al soffitto ( e a dirla tutta si cammina anche sui loro escrementi ma meglio non pensarci…). Appena si esce alla luce un gruppo di pescatori si offre per accompagnarci al punto di partenza per 5000 k e, a parte che il breve tragitto tra le risaie ha il suo fascino, pur di non ripercorrere il gabinetto dei pipistrelli se ne potrebbero pagare anche 50.000!!! Seconda tappa ad un gigantesco Buddha sdraiato dentro il quale si può entrare ed ammirare scene della vita del Buddha ricostruite con coloratissime statue di legno. La struttura è ancora in costruzione e nella collina di fronte si stanno preparando le impalcature per una statua uguale a quella già esistente. Pare che in Myanmar tutti i siti di devozione vengano costruiti utilizzando donazioni. Veniamo anche noi colti da questo spirito e piacevolmente colpiti dal listino prezzi a disposizione dei donatori lasciamo 5000 k per un sacco di cemento per il quale ci viene incredibilmente rilasciata regolare ricevuta!

Nel primo pomeriggio raggiungiamo la città di Mawlamyine dove ci fermeremo a dormire stanotte. L’albergo si trova vicino ad un enorme mercato, di quelli che vendono qualsiasi cosa comprese carne e pesce ricoperte da mosche che ti farebbero passare la voglia di mangiare in qualsiasi posto per il resto della vacanza (cosa che per altro sappiamo benissimo non succederà). La città ha un’aria piuttosto decadente, data anche da diversi palazzi coloniali abbandonati. Visitiamo due chiese, un monastero in teak (Seidon Mibaya Kyaung) e all’ora del tramonto la Pagoda Kyaikthanlan con la sua bella terrazza dalla quale si gode di un buon panorama sulla città. Cena al ristorante dell’albergo ( due ricchi piatti di noodles e birra circa 7 euro).

Mercoledì 2 Marzo: Bago – Yangon

Partiamo al mattino in direzione Yangon e lungo la strada incontriamo ben due feste di famiglie birmane organizzate per l’entrata in monastero di qualcuno dei loro membri. La prima è una colorata processione di donne elegantissime vestite in maniera tradizionale, bambini anche loro agghindati a festa su cavalli adornati di nastri e coccarde, un camion con musica a tutto volume e un elefante di stoffa con due uomini dentro che lo fanno muovere facendo evoluzioni. Tutti sembrano orgogliosi di mostrare le loro tradizioni e per nulla infastiditi dalle nostre foto. La seconda festa di famiglia, probabilmente maggiormente benestante perché questa volta l’elefante è vero e c’è anche un’orchestra con strumenti particolarissimi. Ci accolgono sorridendo e ci invitano persino a pranzo portandoci in un grosso capannone dove molta gente è già seduta ai tavoli a mangiare. Peccato siano solo le dieci e mezza e a malincuore decliniamo l’invito. Ovunque fiori e donne dai coloratissimi vestiti. Poco più avanti facciamo una sosta in un mercato di frutta e verdura dove ci facciamo tagliare un ananas dal sapore meraviglioso. Anche qua tutti ci salutano e si mettono in posa quando chiediamo il permesso di fotografare. Una donna ride guardando come ho indossato il longyi e quando le chiedo di aiutarmi a metterlo nel modo giusto in men che non si dica lo trasforma in una meravigliosa gonna che pare cucita dal migliore sarto birmano. D’altra parte abbiamo letto da più parti che indossare quello che per noi è un semplice pezzo di stoffa è una vera e propria arte. Lungo la strada incontriamo diverse macchine e camioncini strapieni con una bandierina che scopriremo essere il segno di famiglie che si recano in pellegrinaggio. Questo popolo vive di buone azioni, donazioni e pellegrinaggi, accumulando “crediti” che permetteranno alla loro prossima vita di essere la migliore possibile. Ci fermiamo in una piantagione di caucciù dove ci mostrano le modalità di lavorazione di questo materiale ricavato da un latte estratto dagli alberi e poco più avanti in una piantagione di pomeli, che naturalmente assaggiamo, piacevolmente sorpresi dal sapore totalmente diverso da quelli rinsecchiti che troviamo anche nei nostri supermercati. Grazie a queste interessanti soste le diverse ore di macchina non pesano per niente e spesso il paesaggio intorno è gradevole per quanto, talvolta, rimaniamo inorriditi dalle discariche a cielo aperto dove giocano bimbi come fosse la cosa più normale del mondo. Facciamo una breve sosta a Bago che troviamo particolarmente sporca e trascurata. Ci fermiamo solo a visitare il monastero con il famoso serpente che se la dorme ricoperto di banconote e a fare qualche foto dall’esterno ai quattro Buddha seduti (giusto perché almeno questi sono seduti e non sdraiati). Ancora una sosta per vedere la preparazione del pesce secco, osservando ammirati le donne che puliscono pesci con una velocità strabiliante per poi metterli a seccare al sole. Chiediamo informazioni sui cimiteri e ne visitiamo due completamente diversi. Il primo un cimitero buddista con tombe di cemento abbastanza spoglie e un cumulo di pneumatici da usare per i fuochi utilizzati per cremare i cadaveri. Il secondo, all’inizio di Yangon, pulitissimo e ordinato che accoglie le tombe dei caduti della seconda guerra mondiale. Notte alla già conosciuta guesthouse e cena alle bancarelle della 19 strada, questa volta con poca soddisfazione da parte nostra, sia per i prezzi che per la maggiore confusione.

Giovedi 3 Marzo: Mandalay – Amarapura – Inwa – Sagaing

Sveglia all’alba per prendere il volo delle 7.00 per Mandalay della compagnia Golden Myanmar Airlines. Poco dopo le otto abbiamo già incontrato il nuovo autista, molto più giovane di Mama, quello precedente al quale ormai ci eravamo un pò affezionati. Poco distante dall’aeroporto ci fermiamo a visitare uno stupa molto diverso da quelli visti fino ad ora, con splendide lavorazioni in giada. Ci spostiamo poi ad Amarapura raggiungendo l’U-Bei-Bridge il ponte pedonale in legno di teak più lungo del mondo. Facciamo una lunga passeggiata quasi sino in fondo immersi in un paesaggio bellissimo, dove i pescatori gettano le loro reti nelle acque del lago e bambini spuntano da capanne di paglia in mezzo al verde. Visitiamo poi un laboratorio di tessitura manuale della seta e negozio annesso ma la qualità delle cose in vendita non ci convince per niente ed usciamo a mani vuote. A meta mattinata ci trasferiamo al monastero buddista Maha Ganayon Kyaung, famoso per la processione che i monaci fanno con le loro ciotole per l’unico pasto della giornata. Intere famiglie offrono la loro opera di volontariato per cucinare il cibo che viene distribuito ai numerosi monaci che in file ordinate prendono il riso e si recano in refettorio. Questa esperienza ci ha lasciato una sensazione strana e a dirla tutta non proprio piacevole. L’emozione di assistere a qualcosa di particolare viene subito spenta dal fastidioso spintonarsi dei molti turisti presenti, tra i quali non tutti rispettano le regole richieste ( non interrompere la processione per fare le foto, mantenere una distanza adeguata e un tono di voce basso). Ahimè, come sempre, chi si distingue nella folla sono proprio gli italiani, che paiono diventati tutti reporter del National Geographic alla ricerca della foto dell’anno. Certo le foto le facciamo anche noi è d’altra parte sono consentite, ma con addosso una sensazione di fastidio e anche un pò di dubbi sul perché concedano ai turisti di portare quello che a noi pare un vero disturbo. In un altro angolo del monastero alcuni bimbi ripetono una lezione ma anche li macchine fotografiche e visi curiosi, per noi davvero troppo curiosi. D’altra parte la Lonely consiglia “evitate di unirvi alle orde dei turisti che disturbano l’assoluto silenzio con l’incessante rumore degli otturatori delle fotocamere”. Esprimiamo le nostre perplessità ad un monaco che sorridente elargisce spiegazioni su richiesta e ci dice che per loro non è un problema. A noi però il fastidio del turista poco rispettoso rimane. Inwa è una località poco lontana che si raggiunge con un breve tragitto su imbarcazioni schivando gli insistenti venditori. I visitatori vengono normalmente portati in giro su sgangherati calessi trainati da cavalli in una zona rurale dove ogni tanto spuntano stupa del 1800, antichi monasteri in disuso e statue in pietra che hanno un notevole fascino. Nonostante l’aspetto piuttosto turistico questo posto presenta suggestivi scorci. L’ultima meta del nostro pomeriggio è la collina di Sagaing dove nessuna pagoda è di per sè imperdibile ma il panorama con i tanti templi che spuntano dal verde è davvero bello. Rinunciamo alla visione del tramonto che era in programma per raggiungere il nostro albergo. Abbiamo infatti un appuntamento con padre John del quale siamo venuti a conoscenza dall’Italia tramite un’amica viaggiatrice. Questo sacerdote gestisce una missione che dista 275 km a nord di Mandalay, in una zona ancora chiusa al turismo. Esiste un unico ospedale che copre le esigenze di una regione molto vasta e diverse persone si recano nel dispensario della missione per vari problemi di salute. Lui raccoglie farmaci tenendo i contatti con i gruppi che viaggiano dall’Italia con Avventure nel mondo o con altri viaggiatori che, come noi, vengono a conoscenza della sua esistenza. Parla benissimo italiano perché è stato sette anni a Roma. Per noi non è stato difficile spargere la voce tra gli amici e raccogliere farmaci anche iniziati tanto da consegnargliene una borsa piena. Ci facciamo raccontare un po’ di cose e quando chiediamo se non è possibile spedire soldi o altri farmaci lui lo sconsiglia fermamente raccontando che c’è ancora un controllo serrato su tutta la posta in arrivo pertanto è facile che le cose spedite non arrivino mai. Una nota di tristezza in un paese che dopo tanta chiusura è arrivato alla democrazia ma che, evidentemente, ha necessità di ulteriore tempo per essere davvero un paese libero. In albergo conosciamo una coppia di italiani con i quali andiamo alla ricerca di un posto per cenare. Dopo aver fatto un giro al poco interessante mercato notturno ci infiliamo in un localino frequentato solo da birmani dove solo il proprietario capisce l’inglese e riesce persino a procurarci qualcosa di commestibile per meno di 10 $ in 4!

Venerdì 4 Marzo: Mandalay – Mingun

Mattinata dedicata alla Mandalay reale: palazzi, monasteri e statue enormi del Buddha tutte scintillanti di mosaici e pietre preziose e sempre strapiene di fedeli in preghiera. Ci è piaciuta particolarmente la Kuthodaw Paya, patrimonio dell’Unesco, che ospita il libro con scritture buddiste più grande del mondo, con le pagine collocate in piccoli e suggestivi stupa bianchi. Pranzo in un buffet locale dove con 4000 k a testa puoi mangiare tutto quello che vuoi. La presenza della guida è utile anche al momento del pranzo perché non sempre è facile capire cosa offra il menù. Assaggiamo varie cose tra cui il buonissimo gambo del fiore di loto in insalata. Nel pomeriggio andiamo a visitare Mingun che a noi è piaciuta moltissimo. Ci arriviamo dopo 50 min su una grande barca dove siamo solo noi gestita da una famiglia con tanto di bambini piccolissimi. Anche il solo viaggio è una bella esperienza. Il piccolo villaggio in riva al fiume ospita una pagoda incompiuta e resa più affascinante da enormi crepe create dal terremoto, una pagoda con diverse terrazze in materiale bianco e alcune cose curiose tipo una enorme campana e una statua dedicata ad un monaco entrato anche nel Guinness dei primati per le sue capacità mnemoniche che gli permisero di imparare 16000 pagine delle scritture buddiste. Non molti turisti nel pomeriggio e qualche venditore o bambini che chiedono l’elemosina non troppo complicati da tenere a bada. Il viaggio di ritorno sarà una di quelle immagini che ci resteranno nel cuore. Mentre la barca scorre lenta sul fiume ci beviamo una birra guardando il sole che tramonta su uno splendido paesaggio. Cena con i nostri nuovi amici italiani in una Station Beer segnalata dalla Lonely dove fatichiamo un pò a trovare qualcuno che parli inglese sino a quando un cliente ci viene in aiuto. Ottima carne alla griglia e noodles.

Sabato 5 Marzo: Monywa

La giornata comincia bene visto che subito dopo la partenza incrociamo sulla strada un matrimonio. Sposi ed invitati si stanno recando in una sala dove ai tavoli viene servito del dolce e ci permettono di imbucarci per fare qualche foto. Gli sposi sono entrambi vestiti di giallo con abiti tradizionali e gli invitati tutti elegantissimi bambini compresi. Trascorriamo diverse ore in macchina facendo alcune soste tra le quali segnaliamo un gigantesco Buddha questa volta in piedi (Bodhi Tataung), alto 130 m è considerato il più alto del mondo. Si può entrare all’interno percorrendo, se vi rimane la forza nonostante il caldo torrido (39 gradi nel pomeriggio) i suoi 32 piani. Accanto a questa enorme statua un Buddha sdraiato e un altro ancora in costruzione. Disseminati intorno statue di ogni tipo che spuntano in ogni angolo del paesaggio. Altra sosta che merita per la sua particolarità e per il suo tripudio kitsch è la Thanboddhay Paya, un misto tra un castello delle fate di Disneyland e un baraccone da Luna Park. L’esterno è un alternarsi di colori mentre nell’interno una moltitudine di statue di tutte le dimensioni fa girar la testa. Una particolarità non ancora vista sino ad ora: alcune persone pregano sollevando una pesante pietra posta di fronte ad alcune statue. La guida ci spiegherà che è una tradizione dei cinesi che in questa maniera sondano il possibile avverarsi dei loro desideri a seconda che la pietra diventi o meno più leggera. Nel pomeriggio arriviamo nella cittadina di Monywa che non offrendo molta scelta alberghiera presenta soluzioni poco economiche. Soggiorneremo qui nell’albergo più caro di tutta la vacanza. Nella via centrale dopo le 18 si anima un colorato mercato serale pieno di bancarelle di cibo. Visitarlo e, se riuscite a capire cosa cucinano, anche mangiarci può essere un’esperienza interessante ed economica sempre che riusciate a sopravvivere tra i mille motorini che sfrecciano per la via alcuni dei quali pure a luci spente. Noi abbiamo la pessima idea di scegliere una beer station, mangiando malissimo e spendendo più della media.

Domenica 6 Marzo: Bagan

Mattinata trascorsa in macchina verso Bagan in mezzo a paesini più o meno animati, mercati affollati e piantagioni di caffè. Facciamo una sosta a Hpo Win Dau, un complesso con numerosi templi scavati nella roccia tra il XIV e il XVII secolo alcuni con pitture murali ben conservate. Il posto è popolato da scimmie alle quali viene dato del cibo per farle avvicinare ai visitatori. Pranziamo a Pakokku con circa un euro a testa gustando riso con foglie di te ( piatto tipico e buonissimo) e parecchie verdure portate come contorno. Arriviamo a Bagan intorno alle 16 e raggiungiamo il nostro Hotel nella New Bagan. Prevedendo questo grande caldo ci siamo concessi un albergo con piscina, il Kaday Aung Hotel, immerso in un bel giardino. Tramite l’albergo acquistiamo anche due trasporti che ci serviranno nei prossimi giorni: l’autobus per Kalaw (15 $ a testa) e il volo dal lago Ingle a Yangon (103 $ a testa). Decidiamo di andare alla ricerca dei famosi tramonti di Bagan e scartata l’ipotesi delle biciclette normali, data l’elevata temperatura, noleggiamo due e- bike, a 4000 k ciascuna per 4 ore ( le affittano a blocchi di 4 ore quindi se le tieni meno paghi la stessa cifra e se superi le 4 ore devi pagare anche le 4 successive). Non sappiamo se le biciclette a noleggio siano così in tutta la città ma le nostre sono abbastanza dei trabiccoli, divertenti ma con freni poco funzionanti e luci al minimo. Fortunatamente vanno ad una velocità moderata che permette di affrontare anche la strada un pò dissestata e in certi punti sabbiosa. Nonostante siamo forniti di mappa non è semplice trovare il tempio che ci è stato indicato, i cartelli non sono poi così chiari e visibili. Ne scegliamo uno vedendo alcune persone sopra, visto che da poco tempo non su tutti i monumenti è consentito salire. Ci si arrampica su ripide scalinate, naturalmente a piedi scalzi raggiungendo delle zone dove ci si può sedere ammirando un paesaggio mozzafiato. Purtroppo una foschia che, a causa del caldo, ci ha accompagnato per gran parte del viaggio ci impedisce di vedere il sole calare completamente ma il panorama è comunque meraviglioso. Dopo essere scesi attenti a non caracollare sugli strettissimi scalini e mentre stiamo per montare in sella ai nostri trabiccoli arriva un signore con un trasportino che apre facendo uscire un cucciolo di orso! Pensando di avere le allucinazioni da caldo gli chiediamo cosa sia quel l’animale e lui come se fosse la cosa più normale del mondo ci risponde “a bear!!”. Decidiamo di non soffermarci troppo su considerazioni etiche e morali e soprattutto sulla fine che farà quel meraviglioso essere peloso, lo prendiamo in braccio ( e quando mai ci capiterà più!) lo fotografiamo da tutti i lati e giochiamo a lungo con lui, che in quanto cucciolo non disdegna affatto. Incredibile… abbiamo girato in lungo e in largo i parchi degli Stati Uniti alla ricerca di questo animale riuscendo a vederne uno solo per brevi attimi e ora ne abbiamo uno in braccio! La nostra guida, il giorno seguente, ci dirà che alcune persone tengono in casa questi animali, trattandoli come animali domestici. Scelta alquanto discutibile ma per noi un’esperienza unica tenere in braccio quell’esserino peloso! Intanto è calato il buio nonché una leggera nebbiolina che rende il rientro in albergo un’esperienza avventurosa! Praticamente non si vede un tubo e fortunatamente abbiamo con noi le nostre torce frontali che ci aiutano, non senza fatica, a ritrovare la strada di casa. Ceniamo nel ristorante Harmony a 5 minuti a piedi, cibo non eccezionale ma prezzi sempre molto modici.

Lunedì 7 Marzo: Bagan

Bagan è un posto meraviglioso cosparso da un’atmosfera quasi mistica. I suoi duemila templi possono lasciare più o meno indifferenti se visti singolarmente ma riuscendo a salire in un luogo dove poter avere un colpo d’occhio dall’alto il tutto non può che lasciare senza fiato. Non a caso una delle esperienze maggiormente consigliate in questo posto è il volo in mongolfiera all’alba, che noi non effettuiamo perché costoso ( circa 300 $). L’area è molto vasta e per visitarla sono noleggiabili biciclette, sia normali che elettriche, calessi trainati da cavalli e taxi. Usufruiamo oggi dell’ultimo giorno del nostro driver e della nostra guida recandoci in alcuni tempi e pagode più conosciute sia nella vecchia che nella nuova Bagan. Crediamo che il mezzo migliore per esplorare la zona sia proprio la bici elettrica almeno di giorno, che permette di andare alla ricerca di siti forse anche meno noti ma non certo meno affascinanti. Intervalliamo le varie visite con alcune esperienze per conoscere meglio la vita locale: il mercato, dove ci facciamo dire i nomi e spiegare l’uso di coloratissime verdure a noi poco conosciute, la visita ad un villaggio dove ci spiegano varie lavorazioni ( bambù, cotone, tabacco…non ci è piaciuto del tutto forse perché abbiamo visto molte altre cose simili in tante altre parti del mondo) e l’interessante visita ad una fabbrica di lacca. Scopriamo in quest’ultimo caso il motivo dei giustificatissimi prezzi elevati di questi oggetti, sopratutto se autentici, visto che le bancarelle pullulano di oggetti falsi, che richiedono tempi di lavorazione impensabili.

Terminiamo il pomeriggio con la visione del tramonto sulla pagoda più alta ( tralasciamo i nomi perché davvero difficili da ricordare e qualsiasi guida vi darà le informazioni adeguate). Anche se il panorama da quassù è molto meglio di ieri siamo infastiditi dalla miriade di turisti che arrivano con i pullman e dal loro vociare. Ben venga il nostro errore di ieri sera, quindi, che ci ha fatto scoprire un angolo molto più tranquillo. Il nostro consiglio è di andare alla ricerca di tempi più sperduti, dove si possa salire, perdendo qualcosa magari nella visibilità della zona intorno ma ripagandovi con un silenzio ed una tranquillità che certo non si trova nei siti maggiormente conosciuti. Salutiamo la nostra guida scambiandoci gli indirizzi mail; con lui siamo stati bene, puntuale agli appuntamenti, disponibile ad assecondare i nostri desideri e capace di spiegarci molte cose in un ottimo italiano. Cena al ristorante Black Rose che propone cucina del posto, thailandese e cinese, prezzi nella norma ma servizio molto lento.

Martedi 8 Marzo: Kalaw

Alle sette e mezza la navetta ci viene a prendere in hotel per accompagnarci alla stazione degli autobus da dove partiamo un’ora dopo. L’autobus è ciò che di più comodo si possa desiderare: sedili imbottiti e reclinabili, alzata per le gambe, schermi con giochi e film in inglese, caffè e anguria serviti durante il viaggio. Si ferma due volte, la prima per circa mezz’ora in un luogo pieno di bancarelle che vendono cibo e una seconda volta per breve sosta alla toilette. Alle 1430, più di un’ora in anticipo rispetto all’orario previsto, siamo già a Kalaw. Al nostro arrivo ci attendono diversi ragazzi che con vari mezzi si offrono di accompagnarci all’albergo. Scegliamo il più comodo pick up rispetto alla motocicletta (5000 k) e ci facciamo accompagnare al Morning Glory. Chiediamo informazioni per raggiungere la grotta di Pindaya e il padrone dell’hotel si offre di accompagnarci per 35000 k. Raggiungiamo questo sito dopo circa un’ora. 9000 statue di Buddha donate dai pellegrini ci accolgono in un labirintico susseguirsi di cavità naturali. Abbiamo preferito le grotte viste all’inizio del nostro viaggio perché un pò più ruspanti e meno affollate di turisti ma questo è davvero un posto particolare e molto amato dai pellegrini di tutto il mondo. Inoltre il paesaggio al rientro, con la luce del tramonto e il contrasto tra terre rossissime e lo scintillare di qualche stupa qua è la è molto bello. Kalaw si trova a 1300 m sul livello del mare e finalmente abbandoniamo il caldo torrido patito sino ad ora per godere di un pò di fresco, tanto da dover recuperare per la sera le felpe dal fondo delle nostre valigie. Alle 1930 abbiamo appuntamento con una guida contattata dall’Italia con il quale ci accordiamo per un trekking di due giorni sino al lago Ingle per 110 $ ( compresi pasti, taxi per il punto di partenza del trekking a circa 40 min da Kalaw , barca per Nyaungshwe e trasporto dei bagagli grandi). Il padrone dell’albergo si offre di accompagnarci in paese e ci mostra un ristorante, affollato di birmani, dove ceniamo a base di noodles spendendo circa 5 € in due.

Mercoledi 9 Marzo: trekking

Partiamo alle otto del mattino con Maung Lan, che ci viene a prendere in albergo, carica i nostri bagagli su un pick up che ci lascerà dopo circa 40 min di strada a La Mine punto di inizio del nostro trekking. Iniziamo a camminare tra i campi incontrando, dopo poco le prime persone che ogni giorno lavorano duramente per coltivare quel poco che possono nella stagione secca ma, soprattutto, per preparare la terra per la stagione delle piogge. Il vero problema di questo trekking non è tanto il percorso ( circa 20 km in due giorni per la maggior parte in piano, fattibili con semplici scarpe da ginnastica) quanto il gran caldo che già si fa sentire da metá mattina. È tuttavia il modo migliore per conoscere qualcosa su come si vive in campagna. Maung parla un inglese comprensibile anche per noi e ci racconta un sacco di cose, sulle piante e sui fiori incontrati, sulle abitudini e tradizioni delle tantissime persone incrociate sempre sorridenti e mai infastiditi dalle nostre foto, sull’educazione dei mille bambini che accettano le caramelle da noi offerte solo dopo avere incontrato lo sguardo della madre. Qua tutti lavorano tutto il giorno sotto il sole, trasportano acqua e legna sino ai lori villaggi, la terra è la loro vita, i campi il luogo dove passano la maggior parte del loro tempo. Tra i loro semplici vestiti non mancano mai i copricapi fatti con stoffe dai diversi colori a seconda delle differenti tribù. Cammineremo oggi quattro ore al mattino e due al pomeriggio con diverse soste. A metà mattina una vecchina ultra ottantenne ci ospita nella sua casa offrendoci l’immancabile the verde mentre all’ora di pranzo attendiamo all’interno di una freschissima casa in mattoni e bambù il pranzo preparato da Maung che si rivelerà un ottimo cuoco tanto da poter dire di aver mangiato meglio in questi due giorni che in tutti i ristoranti dell’intera vacanza. Pranzo a base di zuppa, meravigliosi noodles, insalata di avocado e cipolla e frutta. Al termine del pasto compriamo un po’ di peperoncino che viene preso dalle enormi montagne poste qua è la. Ripartire, anche dopo un lungo riposo, è durissima. Il sole brucia sempre di più sulla nostra pelle e si cammina tra campi aridi immaginando i colori che devono avere nella stagione delle piogge (quando in compenso la guida ci dice che la difficoltà sta nel terreno fangoso e scivolosissimo). Intorno alle quattro arriviamo nel villaggio di ParkTu Park dove trascorreremo la notte ospitati da una famiglia locale. La nostra stanza è al piano superiore della casa: due semplici materassi di gommapiuma e una montagna di coperte che ci fanno presumere che la temperatura scenderà un pò questa notte. La stanza è separata da una parete di lamiera da quella dei padroni di casa, silenziosissimi e discreti sia nella serata che nella notte. Bagno esterno che richiede il non essere troppo schizzinosi e tinozza all’aperto per lavarsi (per fortuna qualcuno ha inventato le salviette umidificate di cui faremo un gran uso lasciando la tinozza pubblica alla famiglia). Mentre Maung si mette ai fornelli noi esploriamo il villaggio venendo rapiti da alcuni canti dei bambini che si dondolano su assi di legno costruendo altalene artigianali. Facile conquistarli mostrando loro i filmati fatti con i nostri telefoni che vogliono vedere e rivedere all’infinito ridendo a crepapelle. Il villaggio ospita altri turisti arrivati come noi qua a piedi e ha ben due negozi che vendono cibo, acqua e birra. Alle 1830 Maung allestisce la tavola con riso e ogni sorta di verdure, tra cui un’insalata di pomodori verdi condita con salsa di arachidi che ci ricorderemo di certo. Ed infine sfodera il piatto clou della serata : patatine appena fritte che con la birra comprata da noi ci stanno una meraviglia! Alle otto cena finita, buio pesto e tutti pronti per andare a dormire. Per fortuna abbiamo con noi i nostri libri ma dopo poco crolliamo dalla stanchezza.

Giovedì 10 Marzo: Lago Ingle

Il villaggio si sveglia presto e alle sei già si sentono i rumori delle famiglie che si mettono in moto per la giornata. Per fortuna dormiamo da un numero infinito di ore per cui non è un problema alzarsi. Dopo una colazione a base di banana fritta, pane tostato e miele e frutta ripartiamo per le nostre quattro ore di cammino che ci separano dal lago. Se possibile fa ancora più caldo di ieri! Durante la strada, in un piccolo villaggio, incontriamo una cerimonia per i bambini che entrano in monastero. Tre giorni di festa, ci spiega Maung, per accompagnare i bimbi che trascorreranno un periodo in monastero, come ogni birmano deve fare almeno una volta nella vita. Bambini piccolissimi che incuranti degli abiti da festa messi loro addosso giocano con armi giocattolo e macchinine. Continuiamo il nostro percorso su terre sempre più rosse sino a vedere spuntare il lago. Per entrare nella zona occorre pagare una tassa di 12500 K a testa che la polizia riscuote ad un valico sulla strada. Poco dopo le 12 siamo a Done Le, dove ci fermiamo per pranzo in un ristorante popolato di simpatici cagnetti scodinzolanti alla vista dei turisti. Un’ora di barca e siamo a Nyaungshwe. All’arrivo troviamo ad aspettarci le nostre valigie, raggiungiamo il Primrose Hotel e salutiamo Maung. Dopo una godutissima doccia usciamo alla scoperta di questa cittadina. La sensazione è di un goffo tentativo di costruire qualcosa a misura di turista con il risultato di accozzare ristoranti che propongono tagliatelle alternati ad altri con cibo locale, ad agenzie turistiche che prenotano qualsiasi cosa nella misura di una ogni cento metri. Dopo aver chiesto un po’ di informazioni prenotiamo una gita a Kakku per dopodomani per 55000 k trasporto all’aeroporto compreso. Nella zona del porto veniamo avvicinati da molti barcaioli e ne scegliamo uno sulla fiducia concordando una cifra di 20000 K per domani. Ceniamo al Lin Htett Myanmar Traditional Food consigliato dalla Lonely e con buon cibo locale.

Venerdì 11 Marzo: Lago Ingle

Alle 7.30 partiamo per il giro sul lago. La parte migliore è proprio la navigazione che permette di osservare la vita nelle palafitte e il lavoro negli incredibili orti galleggianti nonché la danza dei pescatori che remano utilizzando una gamba. Prima tappa al mercato itinerante (ogni giorno è in un posto diverso del lago) che si rivelerà essere niente di speciale e non diverso da altri mercati visti in giro con in più qualche bancarella per turisti poco interessante. Andiamo poi a visitare la fabbrica di vestiti fatti con le fibre del fiore di loto, la fabbrica di sigari, quella di barche, il monastero dove i monaci avevano insegnato ai gatti a saltare nel cerchio e la postazione delle donne Padaung provenienti dallo stato Kayan con i loro pesanti collari fatti di anelli dorati. Alle 13 circa siamo di ritorno. Pomeriggio di riposo in albergo.

Sabato 12 Marzo: Kakku – Yangon

Partenza alle 7.30 per Kakku che dista circa due ore dal lago. Occorre fermarsi dopo circa un’ora a Taunggyi per pagare la tassa di ingresso e ingaggiare una guida che è obbligatoria per il sito (3 $ a testa più 5 $ per la guida). La nostra guida si chiama Tan Tan, è una ragazza di 24 anni, minuta e molto sorridente che durante la strada ci mostra un pò di piantagioni e ci da qualche informazione sulla popolazione dei villaggi Pao, le loro feste e i loro costumi tradizionali. Arrivati a Kakku il colpo d’occhio lascia senza fiato: più di 2000 stupa antichi si susseguono in file ordinate e i campanelli mossi dal vento fanno sentire il loro delicato suono. Pochi turisti arrivano sino qui, forse perché questa è una meta un pò fuori dai circuiti classici, ma a nostro parere assolutamente da non perdere. Veniamo fermati più volte da alcuni fedeli che ci chiedono di posare con loro per alcune fotografie. Rimaniamo circa un’ora in questo meraviglioso posto, davvero difficile da descrivere perché pervaso di un atmosfera particolare che sino ad ora non avevano trovato negli altri siti visitati. Dopo aver riaccompagnato la gentilissima Tan Tan a Taunggyi proseguiamo verso Heho, l’aeroporto del Lago Ingle (distanza da Kakku due ore) dove alle 16.25 prendiamo un aereo della Air KBZ che arriva a Yangon alle 1730. Viaggio nella trafficatissima Yangon di circa un’ora (taxi dall’aeroporto al centro 8000 k; attenzione perché qualcuno prova a chiedere qualcosa di più ma questa è la tariffa giusta) sino alla nostra già conosciuta guesthouse. Ultima cena in una meravigliosa bancarella a due passi dall’albergo a circa 2 € a testa. Come avevamo già capito molto meglio queste bancarelle un pò decentrate che non quelle nella rinomata 19 strada.

Domenica 13 Marzo: Milano

Ahimè è giunta l’ora della nostra partenza. Aereo delle 7.55 con arrivo a Milano Mapensa alle 19.

Diamo ora alcuni consigli pratici per l’organizzazione del vostro viaggio e qualche indirizzo utile

Alberghi

Le sistemazioni della Birmania sono più costose rispetto ad altri paesi orientali, come ad esempio la vicina Thailandia. Noi abbiamo scelto sistemazioni per la maggior parte spartane rimanendo sempre sotto i 50 € a notte, tutte con bagno privato.

Yangon: Chan Maye Guesthouse, 29 €, voto 6, appena sufficiente, condizionatore in camera molto rumoroso e pressione dell’acqua scarsa. Abbastanza pulito, meglio chiedere la camera con finestra. È stata la sistemazione peggiore di tutta la vacanza anche se ha un ottima posizione ( a pochi passi dalla Pagoda Sule). Colazione unica senza possibilità di scelta che tuttavia cambia ogni giorno. L’ultima notte abbiamo, tuttavia, chiesto una stanza diversa e le cose sono andate molto meglio. Prenotabile con mail: info@chanmyayeguesthouse.com chanmyayeguesthouse.gh@gmail.com o su pagina Facebook.

Mawlamyine: Ok Hotel, voto 6 1/2, 31 €. Camera a prima vista pulita se non ci si perde nei dettagli. Doccia calda e funzionante. Colazione birmana nel ristorante dell’hotel con riso, uova, ecc..Prenotato via mail: okhotel.mlm@gmail.com oppure info@okhotel-mlm.com.

Mandalay: Hotel 8, 23 €, voto 7 1/2. Una delle sistemazioni migliori che abbiamo trovato. Nuovo, pulito e con personale molto gentile. Possibilità di noleggiare gratuitamente biciclette. Vicino a ristoranti, beer station, cibo di strada. Buona e varia la colazione.

Monywa: questa cittadina offre scarsa scelta alberghiera per cui le sistemazioni sono più costose. Monywa Hotel, voto 7, 40 €, situato in una zona tranquilla a 10 minuti a piedi dal centro del paese. Camera pulita, ampia e silenziosa con terrazzino. Prenotato con mail: monywahotel@goldenland.com.mm oppure monywahotel071@gmail.com.

Bagan: Kaday Aung Hotel, voto 7 1/2, 36 €, immerso in un bel giardino e con camere pulite e caratteristiche. Si trova a New Bagan, più economica di Old Bagan. Colazione valida.

Kalaw: Morning Glory, voto 7 1/2, 31 €. Alberghetto gestito da una gentile famiglia, leggermente fuori dal paese che si raggiunge a piedi in 10 minuti ( utile una pila). Le stanze sono colorate e pulite. Prenotato via mail: mglory.kalaw@gmail.com, sprovvisto di wifi.

Nyaungshwe (Lago Ingle): Primrose hotel, voto 7, 23 €. Camere grandi e pulite, la nostra con ventilatore ( sufficiente per la temperatura del lago) e veranda. Un impiegato della reception molto gentile ci ha aiutato con alcune telefonate e nella stampa delle carte di imbarco. Le sistemazioni sul lago sono più costose che quelle in questa cittadina.

Comunicazioni

Noi abbiamo acquistato una scheda MPT (le vendono all’aeroporto) al costo di 2 $ e funzionante sui nostri telefoni (solo per chiamate mentre sms non funzionano). Un minuto di telefonata costa poco più di mezzo dollaro. Wind prende praticamente sempre andando in rooming con Ooredoo. La scheda Ooredoo invece sui nostri cellulari non funzionava. In tutti gli alberghi, tranne a Kalaw, abbiamo trovato wifi, non velocissimo ma con segnale sufficiente.

Temperatura

Molto caldo a Yangon, Mandalay, Bagan. Leggermente più fresco, soprattutto di sera e di mattina, a Kalaw e Lago Ingle.

Corrente

Abbiamo sempre trovato spine uguali alle nostre tranne sul Lago Ingle dove è stato necessario usare l’adattatore per le spine inglesi.

Cibo

Si mangia discretamente bene e con pochi soldi. Un piatto di riso o noodles con carne o verdura costa circa 1500 k, i curry ( qualcosa che assomiglia al nostro spezzatino, di carne, tofu o verdura) servito con riso e contorni, circa 3000 K, una bottiglia di birra grande 2000 k, una lattina di coca cola 1000 k, un litro di acqua da 300 a 500 k. In certi posti è molto facile trovare economico cibo di strada.

Valuta

Al momento del nostro viaggio 1 € = 1350 K circa 1$ = 1214 K. A Yangon, Bagan e Mandalay si trovano i bancomat. Negli altri posti è possibile cambiare i soldi nelle banche che si incontrano frequentemente. Il cambio $ – Kyat è più vantaggioso se si cambiano tagli più grossi. Gli alberghi possono essere pagati in $ che devono però essere in buono stato e successivi al 2006.

Consigli… “con il senno di poi”

Abbiamo davvero patito molto caldo per cui crediamo sia meglio anticipare il viaggio nei mesi da dicembre a febbraio. Probabilmente fine novembre, inizio dicembre, subito dopo la fine della stagione delle piogge il paesaggio è ancora verde e non per la maggior parte arido come lo abbiamo trovato noi.

Per quanto riguarda l’itinerario assolutamente imperdibili Mandalay ( per le attrazioni nei dintorni più che la città stessa), Bagan e Lago Ingle. A noi non è dispiaciuta neanche la zona di Hpa- An, meno invasa dai turisti e con più possibilità di fare incontri con le tradizioni locali e il trekking fatto da Kalaw a Lago Ingle.

Non siamo così sicuri che la nostra scelta di rinunciare alla navigazione da Mandalay a Bagan (da noi scartata perché dura più di dieci ore) sia stata azzeccata; probabilmente potrebbe trasformarsi in un giorno di relax con panorami particolari e scene di vita quotidiana lungo il fiume. Dopo un pò si va in overdose di pagode e statue del Buddha per cui potrebbe essere una buona idea tagliare qualche giorno dal nostro itinerario (la zona di Monywa ad esempio non ha niente di imperdibile) a favore di qualche giorno di mare. La meta più ambita è Ngapali Beach, che viene definita la spiaggia più bella dell’Asia (si trova sulla costa occidentale e se non avete più giorni a disposizione dovrete prendere un aereo con costo circa 100 $ a tratta). Una coppia di ragazzi italiani che abbiamo conosciuto ha fatto qualche giorno a Ngwe Saung Beach (raggiungibile con autobus) meta meno conosciuta ma non erano entusiasti del posto.

Yangon merita di essere vista per la pagoda Shwedagon ma una sola giornata può bastare. Non ci siamo pentiti di aver avuto driver e guida: si velocizza di molto il percorso, che è così anche meno faticoso e si imparano un sacco di cose. In alternativa è semplicissimo muoversi con autobus (treni invece molto lenti) e volendo si possono cercare driver diversi in ogni posto che si raggiunge. Se si utilizzano gli autobus notturni occorre tenere conto che alcuni arrivano a destinazione intorno alle 3 o 4 del mattino per cui si rischia di trovarsi senza taxi a disposizione, al buio e con camere di albergo non sempre pronte. Gli alberghi sono in grado di prenotare qualsiasi cosa, dalle escursioni ai biglietti di autobus e aerei.

I birmani sono persone gentili e rispettose, molto puntuali e affidabili. Se avete un appuntamento è molto più facile che arrivino in anticipo piuttosto che in ritardo. Ed infine raccogliete campioncini e saponette che trovate negli alberghi, farete felici i mille bambini che incontrerete nei villaggi.

Indirizzi utili

Cho Cho Mar: cho.mar58@gmail.com. E’ l’agenzia che ha organizzato il nostro viaggio. Disponibile e veloce nelle risposte ( si può scrivere in italiano). Ci ha fatto diversi preventivi adattandoli alle nostre richieste.

Kyaw Minn: famous.king@gmail.com. E’ stata la nostra guida che parlava italiano. Lavora per diverse agenzie ed è in grado, contattandolo via mail, di organizzare lui stesso il viaggio.

Padre John: johnbaptistak@gmail.com Se lo contatterete vi invierà una lista dei farmaci di cui ha maggiormente bisogno e vi raggiungerà dandovi un appuntamento a Mandalay o in altri luoghi previsti dal vostro itinerario. Gli abbiamo promesso che spargeremo la voce rispetto al lavoro che sta facendo. Aiutatelo! A noi è sembrato una grande persona.

Maung.Lan11@gmail.com è la guida che ci ha accompagnato nel trekking. Lo abbiamo trovato scrivendo a kalawcountryside@gmail.com ( sono tre soci che si sono messi in proprio). Maung parla un buon inglese, è molto gentile e discreto.

Come in tutti i viaggi la sensazione è di portare via con noi mille immagini diverse e mille sensazioni confuse che nel corso del tempo prenderanno una forma, alcune svaniranno altre rimarranno bene impresse nella nostra memoria. Perché di cose in questo viaggio ne abbiamo fatto davvero tante… Ci siamo commossi ad un matrimonio di perfetti sconosciuti, ci siamo appassionati ad un film d’amore birmano con traduzione di Kyaw, abbiamo mangiato piatti piccantissimi e ancora una volta non abbiamo avuto il coraggio di sentire scricchiolare gli insetti sotto i nostri denti ma ne siamo stati molto attratti. Abbiamo fatto colazione con i monaci e dormito in un monastero tra i gatti, abbiamo sbadigliato davanti all’ennesima pagoda, sbuffato dopo la decimillesima statua del Buddha e trattenuto le risate quando il gusto pacchiano era veramente esagerato. Abbiamo coccolato un cucciolo di orso davanti a un tempio e guidato nel buio scassatissimi trabiccoli senza freni, abbiamo camminato scalzi su cacche di pipistrello e ci siamo messi in posa con intere famiglie della foresta che timidamente ci chiedevano di essere immortalati con loro. Abbiamo attraversato per chilometri a piedi campi sotto il sole cocente tra uomini e donne incuranti della fatica, abbiamo insegnato ai bambini a fare filmati con il telefono e li abbiamo visti ridere a crepapelle. Abbiamo visto pescatori che remavano con una gamba e donne con pesantissimi anelli al collo usate per attirare i turisti. Abbiamo ascoltato il suono dei campanellini degli stupa mossi dal vento che si mischiava alle litanie dei pellegrini. Tutto questo, con noi, nel cuore, per sempre.

Anna e Luigi



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche