2 girl in Burma

Il nostro spettacolare viaggio in Myanmar, tra sorrisi e curiosità
Scritto da: maddalena86
2 girl in burma
Partenza il: 14/11/2012
Ritorno il: 04/12/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Il nostro viaggio inizia ad aprile 2012, quando decidiamo la meta delle nostre vacanze… Birmania. Il volo è fissato per metà novembre ma la nostra mente già viaggia in luoghi e paesaggi che possiamo solo immaginare grazie alle foto trovate su internet ed ai racconti di altri viaggiatori. Gran parte dei nostri amici sono ignari dell’esistenza di questo Paese e ci chiedono “ma cosa fate 20 giorni in Germania?” e noi a ripondere ” ehhhmmmm….Bir-Mania, non Ger-Mania”!

La si poteva solo immaginare infatti la bellezza che ci aspettava scese dall’aereo a Yangon, recuperiamo gli zaini ed usciamo, il caldo è opprimente e soffocante, ci troviamo catapultate in mezzo a taxisti, mendicanti, turisti, viaggiatori, militari… scegliamo di prendere un taxi che ci porta verso una guest house scelta (a caso) durante le ore di volo… così… per simpatia… o semplicemente la più economica. Si sa, in Birmania carte di credito e bancomat sono banditi, quindi paura costante di non arrivare alla fine della vacanza con il denaro portato da casa. Il tragitto è abbastanza lungo, traffico ovunque, smog, strade sterrate che sollevano quintali di polvere, ma noi fisse appiccicate al finestrino per cercare di cogliere e vedere tutto quello che ci passava davanti… quartieri nati su discariche, bambini scalzi per strada in mezzo alle immondizie, negozietti affacciati alla strada che di giorno sono aperti ma la sera, quando le serrande si abbassano diventano il luogo di ritrovo delle famiglie, abitazioni semplici, scialbe, nude, ma con calore famigliare invidiabile.

Il taxista ci indica sulla destra la Swedagon Paya, ci giriamo e contemporaneamente ci esce un “ wooooooooooow!!!”, la bocca aperta, gli occhi sbarrati, come quando un bambino vede qualcosa di straordinario! Eccola lì, luccicante, dorata svetta imponente sulla città!

I primi due giorni li passiamo a Yangon, tipica città caotica del Sud Est asiatico, tentiamo di prenotare un treno per Mandalay ma la difficoltà linguistica (l’inglese non è molto conosciuto in Birmania) ci fa sudare più del caldo afoso, ci arrendiamo ed optiamo per un bus notturno che ci fa arrivare alla meta dopo otto ore… Mandalay è una città che, per come l’abbiamo vissuta noi, non trasmette niente, piatta, senza apparenti peculiarità; la teniamo come base per visitare un monastero non molto distante ed il famoso ponte di tek ad Amarapura, di una bellezza rara, caratteristico, rilassante, con le barchette, i buoi d’acqua, le anatre. L’andata la percorriamo sul ponte, il ritorno decidiamo di prendere una piccola imbarcazione tipica, il “pilota” mi fa prendere il suo posto.. ok.. appurato che non sono una grande rematrice, con le lacrime dalle risate, gli riconsegno ciò che gli permette di vivere, due piccoli remi di legno.

Ci spostiamo a Bagan, disseminata di templi, noleggiamo le bici e per due giorni gironzoliamo per queste distese di campi, templi e greggi di animali controllate da caratteristici pastori.

Decidiamo di tornare a Yangon e di scendere al Sud, fino a Mawlmein, dove arriviamo dopo circa 12 ore di viaggio in bus. Affacciata sul mare trasmette calma e tranquillità. Noleggiamo un motorino e ci giriamo le zone limitrofe, paesi, campi, statue, Buddha giganteschi, strade sterrate. Ci spostiamo poi, in barca, fino a Hpa-An, cittadina polverosa e calda, circondata da incredibili grotte naturali decorate e piene di statue religiose, pipistrelli, ragni e fantasmi (che vediamo solo noi), il tutto scoperto grazie al nostro motorino.. un po’ seguiamo le indicazioni dateci dal padrone della guest house… un po’ andiamo a caso, ci ritroviamo così in mezzo a risaie, strade isolate, piogge improvvise!

Il nostro viaggio finisce con il tratto Bago-Yangon in treno, mezzo che, per antonomasia, porta a pensare, che ricorda ricordi, che accende l’immaginazione. Ed eccoci a tirare le conclusioni di questo viaggio, di questo Paese, dove la gente sorride, pur non avendo niente, pur non avendo il cibo da dare ai propri figli, pur non avendo un lavoro. Concludo che la Birmania è ricca di contraddizioni, la gente ti ferma per offrirti del cibo per strada, ma lo offre a noi “turisti” e non ad un ragazzo che passa strisciando per terra non in grado di camminare, una donna alla quale chiedo di scambiare un cappello scialbo che avevo acquistato, con il suo, decorato e colorato, unico per meglio dire, oltre a regalarmi il suo ne recupera un altro da un’amica e ce lo porge, senza accettare alcunché… non ci rimane che dire “ce zu beh” (grazie), gente sempre pronta ad aiutarci, quando buchiamo la gomma del motorino, quando ci rimane incastrata una ciabatta nel fango in mezzo a un campo, quando non troviamo la strada per tornare a casa, quando ci serve qualcosa di tipico e loro vanno al mercato al posto tuo, quando ci svegliamo alle 3 di notte convinte che stia per esplodere il condizionatore e li chiamiamo chiedendo spiegazioni, quando ci offrono del whisky in compagnia a Setse Beach, con un tramonto da brividi. La Birmania sta nei sorrisi dei bambini che spiano e scrutano i viaggiatori, la Birmania sta nel sorriso delle donne, belle sopra ogni nostro standard occidentale di bellezza, belle perché sorridono quando capiscono di poter essere orgogliose del proprio Paese, la Birmania sta nel lavoro e nella costanza degli uomini, fieri di portarti nel loro campo e farti vedere il raccolto della stagione. La Birmania è il Paese dei sorrisi.

Ce zu beh.

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