Un viaggio di nozze speciale

Tour su due ruote tra Austria, Francia e Germania
Scritto da: PattiBy1957
un viaggio di nozze speciale
Partenza il: 10/07/2015
Ritorno il: 25/07/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

Venerdì 10 luglio 2015

Ore 0,28

Il viaggio è già incominciato nell’attesa dell’alba.

Nella nostra testa siamo già in viaggio, l’anima è già avanti.

Prima tappa di trasferimento: da Trieste a Heiligenblut sul Grossglockner km 265 circa

Berggasthof Wallackhaus – Untertauern 20 – 9844 Heiligenblut, Austria

Coordinate GPS: N 047° 4.238, E 12° 50.339

Sveglia alle 6: sistemata la casa, stanza per stanza, lasciato tutto in ordine.

Poi completate le valigie e caricata la moto: sta tutto? Non sta?

Iniziato a vestirci: indossare i vestiti tecnici da moto è una specie di cerimonia, quasi un rito propiziatorio.

Salutati tutti, alle 9 partenza.

Giornata bellissima, percorriamo l’autostrada fino a Tolmezzo, poi su verso Arta Terme e Passo Monte Croce Carnico.

L’aria di montagna è leggermente fresca e profumata, odore di erba e di bosco, il viola tenero e delicato dei fiori di malva tra il verde lungo la strada. Viaggiare in moto permette di vivere il paesaggio, di starne dentro, di sentirne profumi, calore e frescure.

I monti sono tutti verdi, di cento tonalità, l’erba ancora splendente dell’inizio dell’estate, quando il sole non l’ha ancora bruciata.

Il cielo azzurro senza nuvole, un aria leggera e frizzante vivacizza la giornata.

Lo spettacolo, salendo, è emozionante ed il traffico scarso.

Alle 11 siamo sul Passo e ci fermiamo per un caffè, l’ultimo buon caffè in Italia per almeno due settimane.

Proseguiamo subito, appena passato il confine le pale eoliche austriache ci ricordano che entriamo in un Paese con grande consapevolezza della civiltà.

L’odore della montagna si fa più forte, corriamo su una strada in una stretta valle cinta dall’abbraccio di monti muschiati, in alto brillanti scampoletti di neve.

Attraversiamo piccoli paesi, lungo la strada case con finestre incredibilmente fiorite, campanili esageratamente puntuti, prati rasati come enormi morbidi tappeti.

Qualche mucca ci ignora bellamente continuando a mangiare l’erbetta tenera.

Ecco l’ingresso al Parco del Grossglokner.

Paghiamo 24 euro circa di pedaggio per il soggiorno di una giornata.

Appena entrati nel parco subito fuori le macchine fotografiche per portare con noi scorci incantevoli.

Saliamo, una curva dopo l’altra, fino al ghiacciaio: tante moto nel parcheggio ordinatissimo, con gli armadietti messi a disposizione per custodire i caschi.

Quattro chiacchiere con un centauro conosciuto lì per lì, gli argomenti sono quelli soliti della “famiglia”: le moto, le strade, i viaggi.

Nonostante il sole la temperatura è bella fresca.

Poi giù verso il bivio per Zell am See, un rapido pranzo in una trattoria con una bella terrazza sulla sinistra della strada e via verso l’albergo che avevamo prenotato.

Il Berggasthof Wallackhaus è un discreto albergo con niente intorno che non siano prati e fiori, si trova a 2330 mt di altitudine, poco prima del Passo, e sembra che le cime dei monti siano a portata di mano.

Struttura pulitissima, camere ampie e confortevoli, ci danno anche il garage chiuso per la moto senza sovrapprezzo.

Beviamo una ottima birra sul terrazzo coperto e vaghiamo un po’ sui prati intorno, tra l’erbetta bassa e compatta ed alcune pozze ancora piene di neve: non possiamo fare a meno di metterci dentro i piedi nudi.

Dopo un riposino, ceniamo per 30 Euro in due: porzioni abbondantissime, abbiamo chiesto un piatto ed una mezza porzione e gentilmente ci hanno accontentato. Peccato che abbiamo pagato le razioni complete… comunque buon rapporto qualità prezzo.

Il buio arriva tardi, alle 22 e 30 il cielo sopra la corona dei monti è ancora chiaro, ma si intravvedono, luminosissime, le stelle.

Da notare che per tutto il giorno, nonostante il passaggio di diversi aerei, non c’è stata una sola scia “chimica” nel cielo.

Sabato 11 luglio 2015

Seconda tappa di trasferimento: da Heiligenblut a Schwangau km 257 circa

Casa Patrizia – Am Winkelacker 4 – 87645 Schwangau, Germania

Coordinate GPS: N 047° 37.094, E 10° 43.206

Sveglia alle 6 e 30, il sole spunta da dietro la cima di un monte e ci entra dalla finestra della camera.

Buon giorno!

Abbondante colazione e partenza verso le 9.

Arriviamo al vicino Passo ed iniziamo la bella discesa: paesaggi stupendi, faccio qualche filmato mentre scendiamo lungo la strada che serpeggia verso valle dove troviamo temperature più alte e traffico più intenso.

Decidiamo di prenderla con la calma, di concederci più soste, di non seguire rigidamente l’itinerario proposto dal navigatore, ma di lasciarci un po’ portare dall’avventura, dalla improvvisazione.

Leggerezza che pagheremo.

Alle 10 prima sosta per stanchezza alle gambe e il desiderio di un caffè.

Alle 12 altra sosta per bere qualcosa e fare un giro in supermercato per prendere il necessario per la colazione del giorno dopo.

Alle 13 decidiamo per uno spuntino sotto gli alberi del giardino del Familien Land Hotel Stert per la modica cifra di 20 euro.

Riprendiamo il viaggio sotto un sole rovente in un traffico intenso e ci troviamo incolonnati a causa di lavori in corso. Ci fermiamo per l’ultimo rifornimento di benzina in Austria in quanto il prezzo è leggermente più conveniente della Germania, dove ci stiamo dirigendo.

Temperature in salita e traffico lento rendono inevitabile un’altra sosta per un caffè; la stanchezza si fa sentire: si capisce di essere in Germania dal bicchiere colmo di un liquido trasparente tendente al marrone e bollente.

Finalmente arriviamo a Schwangau, nostra seconda tappa.

Per fortuna l’appartamentino che avevamo prenotato con il booking, Casa Patrizia, è in una zona tranquilla perchè c’è parcheggio solo in strada, davanti la casa. Scarichiamo tutto, e portiamo sacche e baule su per la ripidissima scaletta da dove si accede ad un piccolo bilocale con balconcino. Carino, pulito e ben arredato. Fa caldo, facciamo una doccia e ci incamminiamo per una passeggiata fino al Castello, per sgranchirci le gambe. Arriviamo in paese, ma non saliamo al Castello perchè siamo molto stanchi.

Torniamo indietro e decidiamo di andare subito a cenare nel Ristorante vicino alla casa, ma è tutto occupato, quindi dobbiamo risalire in moto per andare a cercare un posto dove mangiare.

Troviamo la pizzeria “Da Piero” dove ceniamo bene per poco meno di 50 euro.

Siamo entrambi molto stanchi e anche un po’ demoralizzati: impiegare 7 ore per percorrere solo 250 Km, o poco più, sono decisamente troppe e, considerato che abbiamo in programma tappe molto più lunghe, se vogliamo riuscire a completare il nostro viaggio dobbiamo modificare qualcosa nella nostra organizzazione.

Decidiamo che d’ora in poi si partirà il mattino presto, considerando i tempi ed i km previsti dal navigatore, che ogni sosta verrà decisa dopo almeno un paio d’ore di viaggio e un numero di km sufficienti a farci rimanere in linea con il programma.

Andiamo a dormire con questi buoni propositi e sperando di non aver sottovalutato la nostra resistenza e preparazione per un viaggio impegnativo come questo.

Domenica 12 luglio 2015

Terza tappa di trasferimento e sosta: da Schwangau a Gutach km 267 circa

Gutacher Rossle – Steingrun 24 – 77793 Gutach, Germania

Coordinate GPS: N 048° 13.941, E 08° 12.956

Sveglia alle 7.

Siamo decisi ad organizzarci meglio per non stancarci tanto come ieri, carichiamo la moto ed alle 8 partiamo.

Entriamo quasi subito in autostrada, c’è pochissimo traffico, viaggiamo nel verde, tra prati falciati, campi di grano, mais e frutteti; anche campi interi di pannelli solari: non serve seminare, annaffiare, falciare, raccogliere…questi tedeschi sono veramente ammirevoli.

Incontriamo più mucche che persone: continuano a pascolare tranquille, senza scomporsi per il traffico, anche a bordo autostrada.

Iniziamo ad incontrare qualche auto in più verso le 9 e nei dintorni del Lago di Costanza il traffico si fa più intenso.

Prima sosta caffè. La cameriera molto carina e gentile ci fa accomodare in un bel giardinetto interno, ci serve un profumato espresso tra tante piante e fontanelle e ci augura “Buon Viaggio” in italiano.

Abbiamo controllato il navigatore prima della sosta: oggi siamo perfettamente in regola con la tabella di marcia, non vogliamo assolutamente ripetere gli errori di ieri e compromettere il nostro viaggio.

Ripartiamo per percorrere gli ultimi 100 km.

Le autostrade della Germania ci lasciano perplessi. Sono gratuite, e questa sarebbe una buona cosa, se non fosse che non sono “autostrade” nel senso che diamo in Italia al termine.

Praticamente ci troviamo a viaggiare su ampie strade a quattro corsie che, improvvisamente, cessano senza preavviso e si riducono a due corsie di veicoli sfreccianti, senza neanche un guard-rail, che entrano nel pieno del centro abitato di paesi e cittadine. Traffico pesante compreso. Ci meraviglia che questo succeda in un Paese che gode fama di ordine e precisione; invece troviamo pattuglie di polizia spessissimo e di conseguenza tutti rispettano i limiti e le indicazioni stradali alla lettera.

Incominciamo ad entrare nella Foresta Nera, alberi altissimi, larici e pini a gruppi stretti stretti, di un verde scuro, smeraldino, compatto ed intenso e, sopra le cime delle conifere, girano lente, silenziose e maestose le pale eoliche, come grandi fiori o come girandole per i bambini del futuro, un segno del progresso che può convivere con il rispetto della natura.

L’aria è fresca, profumata di resina, pulita e piacevole, un bagno di ossigeno che ci riempie di ottimismo anche perchè siamo stati perfettamente nel programma di viaggio e non ci sentiamo stanchi e provati come ieri.

Ci fermiamo per festeggiare con una birra tedesca ed una fetta di speck nell’unico bar che troviamo aperto a pochi km dalla pensione. Birra ottima, ma lo speck tarda troppo ad arrivare quindi rinunciamo e proseguiamo.

Arriviamo a Gutach dove avevamo prenotato con booking al GUTACHER ROSSLE una camera matrimoniale con balcone, per due notti con colazione, per euro 148,00.

Abbiamo il parcheggio della moto sul retro, sotto il terrazzino e considerato che siamo al primo piano la soluzione ci soddisfa molto.

La camera è accogliente, comoda, ampia ed addirittura profumata; andiamo a pranzare sul terrazzo della pensione dove ci servono un pranzo abbondantissimo per 40 euro. Hanno porzioni doppie rispetto le nostre abituali e lasciamo molto cibo nel piatto.

Dopo pranzo ci concediamo un paio d’ore di relax e dopo una passeggiata di qualche km, fino al centro del paese, per riattivare la circolazione delle gambe. Poi attendiamo sul nostro balcone, che da su un grande prato verde ed un bosco in lontananza, che arrivi l’ora di cena.

Al confine tra il prato ed il bosco, passano bellissimi treni rossi che, così da lontano, sembrano giocattoli.

Un pasto leggero e via a dormire, soddisfatti della nostra terza giornata di viaggio.

Lunedì 13 luglio 2015

Sosta a Gutach

Oggi è un mese che siamo sposati.

Mi sento un po’ vecchiotta per essere una “sposina novella”, ma Mauri è veramente un marito perfetto per me.

Ci siamo svegliati un po’ prima delle otto, dopo un lungo sonno ristoratore.

La colazione è abbondante, a base di formaggi, verdure, salumi, marmellate, dolci… non è nelle nostre abitudini alimentari. Mio marito mangia qualcosa e beve un paio di tazze di caffè lungo, io prendo solo un po’ di te e un po’ di frutta secca che ho in camera.

Il tempo è nuvoloso, ma non è prevista pioggia, partiamo alla scoperta dei dintorni e della Schwarzwaldhoch Strasse, la strada alta della Foresta che abbiamo scelto tra le altre due, quella meridionale verso Friburgo e l’altra a Nord di Baden Baden.

A metà percorso dobbiamo rientrare in hotel perchè abbiamo dimenticato la borsa con tutti i soldi ed i documenti. Ripartiamo che sono già le 11 e decidiamo di fare un percorso diverso, da Gutach verso Freudenstad, ma prendendo una strada secondaria sulla destra passando per Wolfach.

Scopriamo così un bel paesino caratteristico, Wolfach, dove ci fermiamo a fare quattro passi e bere un caffè. Proseguiamo e la strada ci porta proprio dentro la Foresta: sembra quella delle favole di Andersen, da qualche parte, in quel bosco fitto e scuro, sono sicura che c’è la casa di marzapane della strega di Hansel e Gretel. Alberi altissimi, pini e sottobosco di felci, siamo proprio nella Foresta Nera, possiamo affermarlo senza ombra di dubbio.

Arriviamo a Freudenstad verso le 13 e cerchiamo un posto per mangiare.

In Germania il pranzo non è un pasto molto comune, i tedeschi preferiscono una abbondante prima colazione ed una cena nel tardo pomeriggio; quindi i ristoranti sono chiusi ed è difficile trovare di che sfamarsi.

Per fortuna ci fermiamo proprio di fronte ad una pizzeria/tavola calda di specialità italiane e possiamo deliziarci con due piatti di minestra di verdura con riso, senza carni aggiunte o strane salse. Molto buona, con due bottiglie d’acqua ed un po’ di pane solo 12 euro.

Unico neo. Non esiste toilette per gli avventori!

Torniamo a Gutach per la solita bella strada nel bosco e ci fermiamo in paese per una birra, prima di tornare alla pensione. Anche oggi, che pareva niente, abbiamo fatto 170 km.

Pomeriggio piccola pennichella e passeggiata pre-cena; mangiamo il solito piatto alla tedesca ed andiamo a nanna, domani ci aspetta la prima lunga tappa di trasferimento verso la Francia.

Durante la notte il pensiero del viaggio del giorno dopo, dei km, del traffico, del tempo che non promette niente di buono uniti al ricordo della nostra seconda tappa sfibrante, mi crea difficoltà ad addormentarmi.

Forse dovevamo studiare un viaggio con meno km? Mah, staremo a vedere.

Martedì 14 luglio 2015

Quarta tappa di trasferimento: da Gutach a Charlon en Champagne km 384 circa

Hotel IBIS – Parc Tecnologique du Mont Bernard – Complexe Agricole D977

Charlon en Champagne

Coordinate GPS: N48° 58.868′ E4° 22.928′

Sveglia alle 5, il cielo è nuvoloso, c’è molta umidità e l’aria è fresca. Alle 6 e pochi minuti si parte, il cielo minaccia pioggia, il traffico è abbastanza intenso, ci sono parecchi camion nonostante sia presto.

Ci dirigiamo verso Strasburgo, sbagliando anche strada: il navigatore qualche volta dà le indicazioni troppo in ritardo. Siamo un po’ tesi.

Finalmente passiamo il grande ponte sul Reno ed entriamo in Francia: l’ingresso è veramente maestoso ed in confine molto marcato.

Il traffico di colpo sparisce. Dove sono andati tutti?

Non riusciamo a scoprirlo, pochissimi i camion ed ancora più rare le moto.

L’autostrada francese assomiglia a quelle italiane: ampia, a due corsie, con la corsia di emergenza. E’ a pagamento, ma conviene piuttosto che quelle tedesche gratuite ma poco sicure. Forse il fatto che si deve pagarne il pedaggio sfoltisce il traffico.

Su un cartello a led appare l’avviso di una imminente forte perturbazione atmosferica che si abbatterà nella zona; in effetti le nuvole nel cielo sono nere e basse e ci fanno temere di trovarci in mezzo ad un grosso temporale.

Invece l’autostrada si srotola dritta verso un’ampia zona di sereno e le grosse nuvole rimangono dietro a noi.

Il paesaggio intorno è davvero impressionante: campi sterminati, a perdita d’occhio, di frumento ed altri cereali, pochissime le case, qualche lontana fattoria qua e là. Il cielo è limpido, il sole tiepido.

Facciamo il pieno ed il mio francese, rinfrescato in fretta prima di partire, si rivela sufficiente a farci comprendere ed a ordinare due caffè. Scopriamo anche che l’apparecchio per l’alcol-test, che sembrava obbligatorio, non è più necessario a norma di legge; e siamo anche gli unici ad indossare quei orribili sopra giacca giallo fluorescente, che sembrava fossero pure loro obbligatori.

Arriviamo a Charlon en Champagne, tappa di trasferimento del nostro viaggio, in perfetto orario.

La lezione ci è servita, siamo diventati bravissimi. Troviamo immediatamente l’albergo IBIS che avevamo prenotato e, nonostante non sia ancora l’orario previsto dal regolamento, ci mettono immediatamente a disposizione la stanza, piccola, ma pulita e funzionale.

Credevamo che il centro città fosse vicino, scopriamo invece che ci sono tre km di passeggiata.

Considerato che in albergo non funziona il ristorante per il pranzo, che la temperatura è piacevole e che non siamo stanchi, nonostante quasi 400 km di viaggio, fatta una doccia e indossati abiti comodi, decidiamo di farci questa camminata.

Arriviamo in centro città e lo troviamo desolatamente deserto: ignoravamo che il 14 luglio in Francia è festa nazionale, si commemora la presa della Bastiglia.

Negozi chiusi, ma molte anche le vetrine vuote, chiusi quasi tutti i bar ed i ristoranti.

Chiediamo in un Pub dove poter mangiare qualcosa e ci indicano la Place Foch dove troviamo un piacevole locale con i tavoli all’aperto e possiamo gustare due buonissimi ed abbondanti insalate, una con gamberetti e l’altra con carne grigliata, tre birre ed un mega cappuccino con cioccolato e panna per 37 euro. Tutto molto buono.

Passeggiata per il ritorno sotto un sole caldo, aiutati da un venticello leggero.

La città è deserta, qualche foto alla cattedrale, una delle mete del Cammino di Santiago, e ad alcune case dalla architettura caratteristica.

Pomeriggio dedicato ad un riposino e poi, giù nel bar posto nel giardino dell’albergo, ci regaliamo una piccola bottiglia di champagne per festeggiare il nostro primo mese di matrimonio. Un Joseph Perrier brut del posto: niente di speciale però, meglio i nostri vini di casa.

Ceniamo in albergo decentemente per 46 euro, non poco ma due bicchieri di birra comune ci costano 12 euro!

La cucina francese è più vicina alle nostre abitudini, quella tedesca, anche se molto più saporita, diventa per i nostri stomaci una battaglia ad ogni pasto.

Andiamo a dormire presto, domani mattina sveglia alle 5 per la tappa di trasferimento in Normandia.

Ma Mauri non ha pace se non ha la sua “piccola” sott’occhio: quindi si alza dal letto e si riveste per andare a spostarla e parcheggiarla visibile dalla finestra della camera…amor!

Mercoledì 15 luglio 2015

Quinta tappa di trasferimento e sosta: da Charlon en Champagne a Honfleur km 388 circa

Hotel IBIS – Cours Jean de vienne – Honfleur

Coordinate GPS:N49° 24.885′ E0° 14.754′

La sveglia suona alle 5.

Il cielo è ancora un po’ buio, ma sembra sgombro da nubi. Fa un po’ fresco: 15 gradi solamente!

Le borse sono già pronte, le avevamo preparate la sera prima, Maurizio scende nella hall a fare colazione, io mangio un po’ della mia frutta secca in camera e sono pronta per partire.

Piccolo inconveniente con il baule posteriore della moto: non si riesce a montare, è sparito un gommino di spessore che poi troviamo dentro l’alloggiamento di uno dei perni di montaggio del baule stesso.

Si parte leggermente in ritardo, poco dopo le 6.

Prendiamo l’autostrada verso Calais, il cielo terso della partenza inizia a coprirsi. Viaggiamo incontro ad una barriera di nuvole nere, c’è abbastanza traffico fino allo svincolo per Parigi, poi il viaggio diventa più scorrevole. A circa metà strada decidiamo di indossare le tute da pioggia, le nuvole sono sempre più scure e più basse e fa pure freddo. Difatti poco dopo inizia a cadere una pioggerellina leggera che si trasforma in una densa umidità, una specie di pesante nebbia, che bagna tutto.

Ci fermiamo ad un centinaio di km da Le Havre per un caffè, l’umidità è un po’ diminuita e la strada è più asciutta.

Arriviamo a Le Havre che c’è il sole, attraversiamo l’imponente Ponte du Normandie, bellissima opera di ingegneria posizionata sull’estuario della Senna, largo in questo punto un paio di chilometri, ed arriviamo quasi subito all’IBIS Hotel di Honfleur, nostra tappa per due giorni.

L’Hotel è in posizione buona, la camera abbastanza ampia e soprattutto pulita.

Mangiamo qualcosa in albergo ed andiamo a piedi in centro ad Honfleur, una passeggiata di una ventina di minuti, l’aria è fresca e piacevole, il sole alto nel cielo sgombro.

Honfleur ci stupisce per la sua bellezza.

Il centro del Vieux Bassin è molto bello: colori, architettura molto armoniosa, fiori, pulizia. Giriamo per le viuzze caratteristiche, piene di negozietti di oggetti artigianali, cioccolaterie, bar e piccoli ristorantini. Troviamo, in una piazza un po’ interna rispetto il porticciolo, una Chiesa dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, tutta in legno, che risale alla Guerra dei Cent’anni, costruita dai carpentieri navali di Honfleur prendendo a modello la carena di una nave.

Ci fermiamo in un bar che si affaccia sull’affollato e divertente porticciolo per proseguire il nostro piacevole studio sulle birre francesi: i prezzi non sono molto economici, 12 euro per due birre, ma li valgono fino l’ultimo centesimo.

La sera ceniamo piacevolmente in albergo ed andiamo a dormire presto per essere riposati il giorno dopo, quando visiteremo le falesie di Etretat e Fecamp.

Giovedì 16 luglio 2015

Sosta a Honfleur

Ci svegliamo alle 7 dopo una bella dormita, dalla finestra vediamo il paesaggio velato da una fitta foschia e coperto da una coltre di umidità. Fa pure un po’ freddo, solo 16 gradi.

Partiamo sperando in un miglioramento del tempo, ci dirigiamo verso il Ponte di Normandia con l’intenzione di filmarlo, ma è quasi completamente nascosto dalla nebbia.

L’aria nei dintorni di Le Havre è quasi irrespirabile, l’odore di smog è molto forte, case e villette convivono con fabbriche e siti industriali.

Giriamo un po’ perchè vorremmo fare la strada costiera nella speranza di vedere l’Atlantico, ma le indicazioni ci portano sempre in autostrada ed il nostro navigatore è sempre un po’ in ritardo con i suoi suggerimenti.

Finalmente troviamo la strada che, tra campi di frumento e prati con mucche al pascolo, ci porta verso Ertrat.

Troviamo parcheggi riservati a moto proprio vicino la spiaggia.

Lo spettacolo delle falesie è bellissimo, l’oceano infrange onde lente sulla spiaggia di ciottoli, l’acqua è verde e trasparente, ma è troppo fredda per un bagno.

C’è abbastanza vento, la temperatura è di circa 24 gradi, decidiamo di percorrere il sentiero che porta in cima alla scogliera per godere dello spettacolo che si rivela veramente magnifico.

Scendiamo per la nostra solita birra in un bar sulla spiaggia e partiamo per Fecamp.

Ci era stato descritto come un paesetto di pescatori, invece si rivela un centro turistico molto movimentato e meno caratteristico di Ertrat.

Decidiamo di pranzare in un ristorantino che ci permette di controllare la moto parcheggiata sulla strada.

Il menù propone diverse combinazioni di portate a prezzo fisso, decidiamo di ordinarne una unica combinazione e di dividercela, perchè non vogliamo appesantirci troppo, considerato che comprende una abbondante razione di mules, che sono le cozze ( cugine dei nostri peoci) caratteristiche del posto.

La ristoratrice è evidentemente seccata della nostra scelta e tenta in tutti i modi di servirci il menù doppio, un comportamento veramente irritante… ma in compenso i molluschi sono buonissimi: unico appunto il formaggio fuso che ci hanno messo sopra.

Ripartiamo per Honfleur, è uscito il sole e siamo a quasi trenta gradi, c’è una escursione termica molto forte tra mattina e pomeriggio.

Riusciamo a fare un bel filmato del Ponte du Normandie, veramente spettacolare.

Andiamo in albergo a preparare le borse per il trasferimento del giorno dopo, poi una cena leggera e via a letto.

Venerdì 17 luglio 2015

Sesta tappa di trasferimento e sosta: da Honfleur a Cancale km 233 circa

BRIT Hotel Alghotel – Avenue du General De Gaule 61 St.Malà Cancale

Coordinate GPS:N48° 40.709′ W1° 51.654′

Sveglia alle 5 del mattino, non c’è un filo di nebbia. Ci prepariamo in fretta, il tempo sembra buono, alle 6 e 20 siamo in partenza.

La prima tappa di questo trasferimento piuttosto breve è la Omaha Beach, una delle cinque spiagge su cui avvenne lo sbarco del D.Day, il 6 giugno 1944.

Passiamo per Caen sotto un nuvolone nero e incombente, ma fiduciosi nella nostra fortuna metereologica continuiamo senza indossare le tute impermeabili. Infatti verso il mare il cielo si rasserena.

Alle 8,00 siamo già sulla spiaggia, uno spettacolo veramente emozionante: una distesa di sabbia vastissima lunga circa 8 km e profonda qualche centinaio di metri, con pozzanghere di acqua di mare lasciate dalla marea che si sta ritirando. Subito a ridosso della spiaggia una collina di sbarramento dove settanta anni fà trovavano posto cannoni e mitragliatrici tedeschi: il pensiero va spontaneamente alle migliaia di vite spese su questa spiaggia, dove oggi regna la pace.

Dietro ad essa, dove venne versato il sangue dei giovani americani, oggi sono state costruite centinaia di case e villette, come se niente fosse accaduto.

Ripartiamo con una vena di tristezza nel cuore mentre arrivano pulman pieni di turisti, tra qualche ora folle di persone si aggireranno su questa sabbia, chissà se veramente consapevoli della tragedia che vi si è vissuta.

Percorriamo una 50 di km di statale verso Saint Malò, poi un breve tratto di autostrada ed infine la strada che costeggia l’oceano fino a Cancale, la nostra meta.

In Francia la strada costiera è diversa dalla nostra concezione: tra la carreggiata ed il mare c’è un lungo tratto di terra, prato o sabbia, dove ogni tanto si vede qualche tranquilla mucca al pascolo.

Questo perché le mareggiate sono imponenti, le onde facilmente superano i dieci metri e si abbattono con violenza sulla costa, costruire una strada a ridosso del mare può essere molto pericoloso per chi vi transita.

Arriviamo in albergo a Cancale sotto un cielo gravido di nuvolacce nere.

Alloggiamo al ALGHOTEL della catena Brit Hotel, una buona sistemazione per una sosta di due notti, ad una ventina di minuti a piedi dal centro. Non c’è servizio di ristorante, ma si può accedere, a pagamento, ad una piccola SPA.

Lasciamo i bagagli e scendiamo a piedi fino al lungomare, dove si trovano diversi piccoli ristoranti caratteristici. Mangiamo finalmente le famose ostriche, les huitres, ma non ci entusiasmano. Anche qui i ristoranti propongono dei menù a prezzo fisso, ma è possibile anche avere dei piatti singoli senza che le cameriere si offendano.

Dopo pranzo andiamo a passeggiare lungo la spiaggia per vedere lo spettacolo della bassa marea, qui lo sbalzo raggiunge i 12 metri, difatti l’acqua si è ritirata fino all’orizzonte lasciando barche grandi e piccole in secca coricate su un fianco. Diverse persone camminano nella immensa distesa di sabbia più o meno fangosa raccogliendo conchiglie.

Più avanti, dopo un molo inaccessibile ai turisti, troviamo i “campi” marini coltivati ad ostriche; con la bassa marea sono totalmente fuori dall’acqua e numerosi ragazzi a bordo di alcuni camion, vengono portati a raccoglierle, come se fossero delle verdure qualunque.

Sulla banchina i pescatori hanno organizzato delle bancarelle dove offrono per pochi euro le ostriche appena raccolte e pure il limone per condirle.

Ma non ci viene la tentazione.

Inizia a cadere una pioggerellina leggera e sottile, riprendiamo la strada verso l’albergo per un riposino prima di cena.

Facciamo prenotare dall’albergo la cena al “A’ contre courant”, dove mangiamo benissimo ad un prezzo onesto, alle 10 di sera non è ancora buio. In lontananza vediamo Saint Michel, meta del giorno dopo.

Cancale ci è piaciuta molto per la semplicità del posto e la genuinità del paese, moderatamente turistico.

Sabato 18 luglio 2015

Sosta a Cancale

Sveglia alle 7 per andare a Saint Michel.

Il cielo non promette niente di buono, ma partiamo, fiduciosi nella nostra buona sorte, senza impermeabili.

Da Cancale a Saint Michel sono circa 45 chilometri, le indicazioni stradali abbondano.

Troviamo quasi subito, nell’organizzatissimo parcheggio, il posto riservato alle moto.

E’ ancora presto e c’è poca gente, saliamo sulla navetta gratuita che porta dal parcheggio fino al paese in mezzo al mare percorrendo un ponte lungo un paio di chilometri. Anche qui la differenza tra bassa ed alta marea raggiunge i 12 metri, e quando l’acqua si ritira lascia una grande distesa di fanghiglia dove si possono trovare anche delle zone con sabbie mobili molto pericolose.

Saint Michel alle 8 e 30 dal mattino è ancora bello da visitare: puoi camminare nelle viuzze animate ma non affollate. I negozi stanno aprendo, nelle stradine si spande un profumo di brioches.

Saliamo fino all’Abazia, ma non entriamo perchè è già troppo affollata. Una vista veramente spettacolare si gode dalla passeggiata sulle mura esterne e più in alto sopra la gendarmeria.

Beviamo un caffè ed un cappuccino al bar (8 euro!) e decidiamo di andare via perchè stanno arrivando orde di turisti.

Ci facciamo a piedi la bella passeggiata fino al parcheggio, la strada sul ponte è bene organizzata: la parte centrale è riservata agli autobus, due larghe passerelle in legno parallele ai pedoni ed alle biciclette. Prima di andare a ritirare il nostro mezzo ci fermiamo in un bar a rinforzare la colazione con brioches e cappuccino.

Poi via al parcheggio mentre la folla dei turisti aumenta a vista d’occhio. Purtroppo ci accorgiamo solo all’uscita che il tiket va pagato alla cassa automatica che si trova al centro informazioni; dobbiamo quindi parcheggiare nuovamente, toglierci caschi e giacche ed andare a pagare sotto il sole ormai cocente.

Alle 11 e mezzo riusciamo a partire e decidiamo di andare a Saint Malò considerato che il tempo è abbastanza bello.

Saint Malò si presenta come una grande città caotica e trafficata, ci ricorda un po’ Zadar, in Dalmazia, per il porto vicino alla città vecchia, il traffico dei veicoli che va verso le barche, le grosse antiche mura con i parcheggi dove lasciare i veicoli per entrare a piedi nella parte storica.

Il parcheggio delle moto è vicino alla porta principale, troviamo per pura fortuna un posto libero (è sabato!) un po’ scomodo, ma con un po’ di manovre ce la facciamo a parcheggiare la moto in sicurezza.

Siamo un po’ stanchi, così invece di girare per cercare un posto che ci piaccia, ci sediamo al primo ristorante a destra della porta.

Chiedo una semplice insalata ed il cameriere risponde che se non è in menù non me la può servire. Ma forse la mia espressione è più esplicita di tante parole perchè se ne va e poco dopo torna e mi lascia un piatto di insalata sul tavolo, senza una parola.

Paghiamo 20 euro la mia insalata ed un piattino di formaggi per Maurizio; ce ne andiamo subito, per niente soddisfatti.

Passeggiando tra le viuzze, vediamo diversi ristorantini accattivanti ed alla fine entriamo, per la solita birra consolatoria, in un bar veramente particolare con un nome altrettanto unico “Le cafè du coin d’en bas de la rue de la ville d’en face du port Le Java”: altalene appese al soffitto lungo il bancone, pupazzi e burattini appesi ovunque, mille colori, disegni, oggetti strani ed insoliti, il soffitto completamente dipinto con immagini coloratissime di storie locali. Per entrare nella toilette si passa attraverso la porta di un confessionale.

Due birre che ci hanno consolato dell’antipatia del pranzo, il proprietario parla italiano ed è pure simpatico.

Torniamo in albergo poco prima che inizi a piovere, prepariamo le borse e ci concediamo un riposino prima di cena.

In questo albergo il collegamento WiFi non è molto buono, ma riusciamo comunque ad inviare qualche messaggio a casa e a pubblicare qualche bella foto su FB.

La sera torniamo a cena nel solito ristorante sul porto, dove avevamo prenotato un tavolo, e mangiamo ottimamente per 52 euro.

Durante la cena si scatena il diluvio, ma noi stiamo all’asciutto, anche se mangiamo sul terrazzo, grazie alla prontezza ed attenzione dei titolari nel chiudere le tende.

Torniamo all’albergo che ha quasi smesso di piovere, la temperatura è però molto bassa, soprattutto rispetto al caldo che stanno soffrendo a casa.

Andiamo subito a dormire, domani ci aspetta il trasferimento a Tours.

Domenica 19 luglio 2015

Settima tappa di trasferimento e sosta: da Cancale a Tours km 321 circa

Hotel IBIS Tours – Centre Gare – Rue Maurice Genest 1 TOURS

Coordinate GPS: N47° 23.253′ E0° 41.889′

Sveglia alle 5 come tutti i giorni in cui facciamo i trasferimenti.

Il cielo è pieno di nuvole e per terra è bagnato, ci sono molte pozzanghere.

Decidiamo di partire con le tute impermeabili già indossate e le protezioni sulle borse posizionate sopra i bauli laterali.

Con tutti i preparativi perdiamo un po’ di tempo e riusciamo a metterci in strada solo alle sei e mezzo.

Il programma è di fare una sosta nel paese di Vitrì perché ci hanno detto che ci sono ancora delle case con il tetto di paglia.

Sembra che il tempo non riesca a peggiorare…ed il traffico di domenica mattina è praticamente inesistente.

Prendiamo la strada verso Reims e poi l’autostrada verso Les Mans. Il cielo è sempre scuro, ma non piove, andando avanti troviamo l’asfalto bagnato ma mai una goccia d’acqua che ci cada addosso dal cielo.

Usciamo dall’autostrada per vedere Vitrì, il paese non ha nulla di particolare da meritare una sosta, non vediamo neanche un tetto di paglia, forse nel frattempo li hanno rifatti.

E non troviamo neanche un bar aperto per un caffè anche se sono già le otto del mattino.

Riprendiamo l’autostrada verso Les Mans, ci fermiamo in una stazione di servizio, quelle sono sempre aperte.

Continuiamo il viaggio verso un orizzonte di nuvole nere, senza prendere neanche una goccia di pioggia: abbiamo la sensazione di essere in qualche modo protetti perché nonostante il cielo spesso scuro e pesante non ci siamo mai bagnati.

Proseguiamo sull’autostrada quasi deserta e prendiamo la direzione di Tours; altra sosta per sgranchirsi le gambe e fare una veloce merenda ed avanti fino alla meta dove arriviamo verso le 11 e 30.

Troviamo subito l’IBIS prenotato, dopo un piccolo intoppo (risultavano prenotate a nostro nome 2 stanze) ci viene subito assegnata una camera al sesto piano. La stanza è piccola ed il bagno minuscolo, ma per fortuna non abbiamo molto bagaglio e riusciamo a sistemarci comodamente, in compenso si gode una bella vista su Tours. Decidiamo di parcheggiare la moto nel garage a pagamento considerato che l’Albergo si trova nei pressi della Stazione Ferroviaria di una grande città.

Pranziamo discretamente in albergo per 38 euro, saliamo in camera per un risposino e poi partiamo a piedi alla scoperta della città.

Tours è una grande città semivuota nella giornata festiva. Vicino alla stazione troviamo la situazione comune ai grossi centri, con gente che bivaccava sulla strada, barboni o sbandati chiassosi o troppo silenziosi che ci osservano in modo un po’ inquietante. Deve essere evidente che siamo turisti.

Troviamo il bel palazzo dell’Hotel de Ville, passeggiamo sulla lunga ed ampia strada principale che porta alla Loira, al centro della carreggiata transitano, silenziosissimi e lucenti, tram di acciaio.

La Loira è un largo fiume pacifico, sugli argini tanti bar e tante persone come su una comune spiaggia di mare. Ma non è possibile entrare in acqua per un bagno.

Visitiamo la parte storica, carina ma troppo piccola per una città così grande. Beviamo qualcosa in un bar su una bella piazzetta e torniamo in albergo. Venire fino a Tours solo per vedere la città non ne varrebbe la pena.

Ceniamo in albergo perché, visti i personaggi che popolano i dintorni, non ci fidiamo ad uscire di sera ed andiamo a letto.

Lunedì 20 luglio 2015

Sosta a Tours

Questa mattina ci siamo svegliati alle 5 e qualche minuto: è nata Elisa la nostra nipotina, con 11 giorni di anticipo. Speravamo ci aspettasse ed invece…che peccato non essere là!

Ma, considerato che mamma e piccola stanno bene e che tornare indietro ora sarebbe un tour de force inutile, decidiamo di proseguire il programma di viaggio con un pensiero alla piccola che vedremo al nostro rientro.

Stamani abbiamo in programma di vedere qualche castello sulla Loira, ne abbiamo selezionati quattro di cui solo uno visiteremo anche all’interno.

Il primo è lo Chateau de Villandry, a pochi chilometri da Tours. Dalla strada non si vede nulla, hanno fatto crescere delle siepi talmente alte che non si riesce a vedere né la struttura né tantomeno il giardino prospiciente.

Veramente fastidiosa questa cosa, considerato che mediamente un ingresso per due persone costa intorno ai 25 euro, dare una occhiata ai 4 castelli ci costerebbe 100 euro! Veramente eccessivo.

Quindi ce ne andiamo al secondo castello a Azay – le – Rideau, ma pure di questo non è visibile se non a pagamento e così pure il terzo a Chenonceau: senza pagare il biglietto interno non si può neanche dare una breve occhiata ai giardini.

Alle 11 e 30 arriviamo al castello di Amboise, dove ci consoliamo con un buon caffè in una pasticceria nel centro del piccolo paese. Poi ci dirigiamo verso il parcheggio del castello ed entriamo pagando il biglietto.

Vogliamo vedere la cappella dove è sepolto Leonardo da Vinci, che passò qui gli ultimi anni della sua vita. La cappella è veramente molto bella, anche la vista che si gode, dalle mura, della Loira e del circondario. Visitiamo l’interno ed alle 12 e 30 siamo già fuori ed andiamo a berci la nostra birretta quotidiana in un bar caratteristico. Concludiamo che la visita a castelli non è il nostro interesse principale in questo viaggio, ci piacciono molto di più i paesaggi diversi da quelli consueti di casa, le lunghe strade che si srotolano tra campi e prati sconfinati, i piccoli paesi caratteristici, le architetture tradizionali del posto, scoprire le viuzze di centri storici, i piccoli scampoli di vita genuina dei luoghi.

Ci dirigiamo per il pranzo a Larcay dove sappiamo che c’è una trattoria di campagna che serve ottime grigliate, sono le 13 ma troviamo tutto chiuso nonostante il cartello esposto ci dica che apre alle 12,00!

Troviamo un ristorantino aperto a pochi chilometri da Tours dove mangiamo discretamente e beviamo un ottimo vino rosso locale.

Poi in albergo a prepararci per la tappa di domani fino a Dijon.

Sia Tours che i Castelli della Loira sono stati, tutto sommato, al di sotto delle nostre aspettative e di quanto ci era stato decantato, diciamo decisamente deludenti.

Martedì 21 e mercoledì 22 luglio 2014

Ottava tappa di trasferimento e sosta: da Tours a Dijon km 422 circa

Hotel WILSON 3 Star Rue de Longvic Dijon

Coordinate GPS : N47° 18.943′ E5° 02.661′

Partenza alle 6 verso Dijon. Troviamo il solito cielo minaccioso ed anche abbastanza traffico, quindi ci fermiamo per la sosta caffè dopo poco più di un’ora di viaggio.

Allo svincolo verso Dijon, abbandonando la strada che porta anche verso Parigi, di colpo ci troviamo quasi soli.

Cielo sempre coperto, stavolta prendiamo qualche piccola goccia di pioggia, ma decidiamo di non indossare le tute e confidare nella nostra ormai consolidata fortuna atmosferica.

Attraversiamo un bellissimo paesaggio di colline boscose e nei pressi di Dijon scopriamo anche un piccolo laghetto ben attrezzato e pieno di bagnanti: naturalmente il tempo si è messo al bello, è apparso il sole e la temperatura si è alzata.

L’Hotel Wilson è in una posizione comoda a pochi passi dal centro e dai luoghi di maggior interesse. La camera è un po’ oscura la strada è ad un livello più alto del piano terra dell’albergo. La costruzione risale al 1800 ed è stata totalmente rinnovata, ha un cortile interno su cui si aprono le porte delle camere e dove vengono parcheggiate le auto e la nostra moto al costo di 10 euro al giorno. L’assenza dell’aria condizionata si fa sentire.

La sosta a Dijon è motivata dal fatto che qui è nato mio padre. Mio marito, sapendo che ci tenevo molto a visitarla, mi ha fatto questo regalo.

La città è bella, ci sono diversi negozi che propongono articoli di buon gusto e non troppo cari, altri di specialità alimentari tradizionali del posto arredati con cura, naturalmente non mancano le brasserie dove poter assaggiare una delle tradizionali baguette.

Troviamo un bel centro molto caratteristico dove c’è un giardino pubblico abbastanza vasto e ben curato, altre aree verdi più piccole disseminate qua e là, diversi bar e ristorantini che offrono vasta scelta di prezzi e menù per cenare o anche solo per una birra o uno spuntino. Ci sono numerose Chiese di diverse architetture, camminando nelle strade sembra di tornare indietro di un centinaio di anni, il tutto è molto piacevole ed armonioso. La gente è elegante e curata, anche quella vestita più semplicemente.

Anche il mercoledì è dedicato alla visita di Dijon, sotto un fresco acquazzone che toglie la cappa di afa del giorno precedente. Visitiamo i luoghi dove mio padre era nato e vissuto fino a quando la seconda guerra mondiale vide la Francia e l’Italia su fronti opposti e fu costretto a rimpatriare.

Il tutto per me molto emozionante e mio marito sopporta ammirevolmente questo mio via vai tra le stradine.

Ceniamo in un ristorante italiano molto curato, ad un prezzo accettabile.

Torniamo all’albergo per prepararci al trasferimento del giorno dopo e grazie al comodo parcheggio interno riusciamo a caricare quasi tutto il bagaglio la sera stessa.

Giovedì 23 luglio 2015

Quinta tappa di trasferimento: da Dijon a Villingen km 365 circa

Hotel BOSSE Oberforster – Ganter – str. 9 – 11, 78048 Villingen-Schwenningen, Germania

Coordinate GPS : N048° 4.308, E 08° 26.082

Dopo una notte praticamente insonne a causa del caldo, ma forse anche della cena troppo abbondante per le nostre parche abitudini, partiamo alle sei verso Villingen in Germania, prima delle 2 tappe previste per il ritorno.

A quest’ora l’aria è fresca, ma il traffico è abbastanza intenso, diversi camion si dirigono verso il confine franco-tedesco.

Viaggiamo verso il solito muro minaccioso di nuvole nere, sui tabelloni autostradali compaiono messaggi di allerta per il forte mal tempo, ma ormai convinti che la fortuna-meteo ci accompagna in questo viaggio, continuiamo tranquillamente senza tute antipioggia.

Troviamo evidente tracce di acquazzoni appena cessati, ma, come sempre, noi rimaniamo asciutti. La temperatura è sui 18 gradi, molto più confortevole dei 29 previsti dal meteo di ieri.

Usciamo dalla Francia e la strada, anche se abbastanza popolata, corre piacevolmente con diverse curve tra gli alti pini della parte più a sud della Foresta Nera. Ci dirigiamo verso Friburgo e poi verso la nostra meta che è la cittadina di Niedereschach, sede della fabbrica e dello spaccio della Touratech, tappa d’obbligo per un motociclista che si rispetti.

Troviamo il posto dopo un lungo girovagare a causa di lavori in corso che il navigatore non può conoscere.

Il negozio è veramente interessante ed è dotato di una mensa aziendale aperta ai clienti e visitatori dove si pranza con 6 euro, ti omaggiano del caffè e hai la possibilità di conoscere il personale.

Tutti i commessi sono simpatici e si danno da fare per soddisfare le richieste dei clienti, la merce affascina il mio motociclista più di qualsiasi museo o castello.

Dopo pranzato andiamo in albergo per recuperare la notte insonne. L’Hotel Bosse di Villingen ad un primo impatto si presenta bene: ampio parcheggio interno, brindisi di benvenuto, frutta fresca e caramellina nella hall. La camera è ampia e ben arredata, il letto preparato con gusto ed i dolcetti sul cuscino. Mio marito scarica la moto e va a farsi una doccia scoprendo che il bagno non era stato pulito: ci hanno dato le chiavi ma le pulizie della stanza non erano state completate!

Incidente organizzativo spiacevole, ma decidiamo di andare oltre.

Ma le sorprese negative non sono finite: il collegamento WiFi è pessimo, di gran lunga il peggiore di tutti gli alberghi che abbiamo frequentato, il collegamento dura al massimo 20 minuti poi è necessario registrarsi nuovamente ma è indispensabile ogni volta inserire una e-mail personale diversa. Non siamo titolari di un numero sufficiente di indirizzi e-mail e quindi perdiamo la possibilità di comunicare a casa, accedere al meteo, a google map, a guida michelin ed ai vari siti che sarebbe utile poter visualizzare per il proseguo del viaggio.

Infastiditi ci rechiamo a cena e scopriamo che il menù è redatto unicamente in lingua tedesca, che la cameriera praticamente non parla inglese e che i prezzi sono decisamente superiori alla media. Non abbiamo il collegamento internet per usare un traduttore e nel piccolo vocabolario tradizionale che ci portiamo dietro non troviamo i vocaboli perché probabilmente i cibi sono indicati con termini culinari non presenti nel nostro libretto.

Prendiamo due birre piccole, un piatto di verdure al vapore, un capraccio con patate insalata ed un caffè, il tutto per 47 euro.

Considerato che partiremo molto presto, hanno la cortesia di fornirci di una colazione al sacco.

Andiamo a letto di malumore, il giorno dopo ci spetta una lunga tappa fino a Merano.

Già in pigiama a mio marito viene il dubbio che la moto non sia al sicuro nel parcheggio interno all’albergo. Quindi si riveste per andare a mettere un ulteriore lucchettone di sicurezza.

Amore è amore.

Venerdì 24 luglio 2015

Quinta tappa di trasferimento: da Villingen a Merano km 369 circa

Hotel WILSON 3 Star Rue de Longvic Dijon

Coordinate GPS : N 046° 40.283, E 11° 9.190

Partenza alle sei in una mattina fredda e molto umida verso l’ultima tappa del nostro viaggio, la città di Merano.

Il traffico è abbastanza consistente, prendiamo l’autostrada secondo le indicazioni del navigatore, ma poi, dopo una piccola sosta, il nostro Garmin decide di non caricare più le mappe e, grazie a questo piccolo guasto, decidiamo di prendere una statale che ci porta, attraverso una bella vallata, al Passo Resia (Reschenpass) . La giornata è diventata splendida, la strada sale, curva dopo curva, in un bel paesaggio montano; ci piace molto ad entrambi.

Dopo il passo iniziamo la lenta discesa nella vallata di Merano. La strada non ha molta pendenza, i tornanti si susseguono uno dopo l’altro e le moto sono veramente molte. Più a valle ovunque grandi frutteti di mele, nessuna altra coltivazione, solo mele persino nei giardini privati: ogni angolo disponibile e utilizzato per coltivare alberi di mele, quasi inquietante.

La temperatura si alza notevolmente, arriviamo a Merano intorno all’una in un caldo torrido, per le miti temperature alle quali eravamo abituati 32 gradi sono molti, e troviamo subito l’Hotel Bellevue.

Per consolarci della ormai prossima fine del nostro bel viaggio, ci siamo riservati un albergo un po’ più lussuoso: un vecchio albergo mirabilmente restaurato, una hall spettacolare, camere grandi con vista sul parco, un bel parcheggio interno coperto dove ricoveriamo la moto.

La camera è molto calda, non c’è aria condizionata: un caldo simile è un evento eccezionale per la città. Facciamo una doccia, indossiamo degli abiti leggeri e facciamo una passeggiata lungo il viale alberato che porta verso il centro dove mangiamo una insalata in un piccolo ristorantino.

Nel pomeriggio un bel acquazzone rinfresca l’aria quel tanto da permetterci una bella dormita prima di cena. Su consiglio del portiere dell’albergo, andiamo a cena nella birreria Forst, dove veniamo fatti accomodare in un gradevole giardino interno da un gentilissimo cameriere e, nonostante il posto sia veramente affollato, veniamo serviti velocemente, i piatti sono ben presentati ed il cibo molto buono. La birra pure.

Il centro di Merano è piacevole, allegramente animato, il panorama dei monti che abbracciano la cittadina è molto bello.

La temperatura è scesa abbastanza da regalarci una buona nottata.

Sabato 25 luglio 2015

Quinta tappa di trasferimento: da Merano a Trieste km 389 circa

Ultimo giorno del nostro viaggio, alle sei del mattino si parte verso casa.

Prendiamo la superstrada verso Bolzano e poi entriamo in autostrada, vicino a Portogruaro il traffico si intensifica e decidiamo di uscire e prendere la vecchia statale, ma anche lì troviamo code di vacanzieri che si dirigono verso le spiagge di Lignano e Bibione.

Prendiamo una strada secondaria verso Precenicco che ci permette di evitare le code e anche ci mette in salvo da un forte temporale che si è scatenato sulla Bassa Friulana.

Fino alla fine la nostra fortuna meteo ci assiste, a Palazzolo troviamo l’asfalto bagnato e ampie pozzanghere ovunque, ma noi rimaniamo ai margini della perturbazione.

Il caldo torrido si fa sentire, ci fermiamo per bere qualcosa e, ormai a pochi chilometri da casa, ci rilassiamo seduti all’ombra con la nostra fedele moto parcheggiata li vicino, quasi al nostro tavolo anche lei.

Abbiamo percorso circa 4200 chilometri, un viaggio bellissimo, dal quale abbiamo imparato l’importanza di una precisa organizzazione e di una disciplina nel seguire il programma, cose che in un giro della domenica non hanno importanza.

Eleggiamo il nostro navigatore San Garmin, pur non essendo il top tra i suoi simili, senza di lui tutto sarebbe stato molto più difficile.

Ci complimentiamo con noi stessi: questo viaggio è stato bello ed impegnativo, ci ha dato e insegnato molto.

Per essere il nostro primo viaggio importante, l’abbiamo programmato bene e soprattutto abbiamo affrontato subito gli errori ed i problemi cercandone la soluzione e migliorando man mano, con l’esperienza, l’organizzazione.

Abbiamo imparato che gli errori possono essere considerati delle lezioni che, una volta imparate, permettono di migliorarci. Dunque anche gli errori hanno un lato positivo.

Abbiamo imparato a viaggiare insieme, ognuno ha fatto la sua parte al meglio per il migliore benessere di entrambi: dove uno era carente l’altro interveniva e questo spontaneamente perché l’obiettivo era comune.

Ognuno di noi ha trovato spazio per i suoi diversi interessi, abbiamo rispettato le nostre diversità e questo rispetto le ha trasformare da possibili occasioni di scontro in facce diverse di una stessa medaglia.

Siamo soddisfatti anche del fatto che, pur non essendo più dei ragazzini, il nostro fisico non ha risentito minimamente di tante ore in sella; questo sicuramente anche grazie alla attenzione che abbiamo messo nella scelta della attrezzatura:

Una buona pancera per sostenere la schiena, tute tecniche con taglio ergonomico fornite di protezioni, caschi comodi oltre che sicuri abbinati ad un utilissimo interfono, stivali e scarpe morbidi e confortevoli.

Abbiamo scoperto anche che si possono fare alcuni piccoli esercizi fisici, continuando tranquillamente a viaggiare, che alleviano la stanchezza ed i doloretti provocati dalle ore in sella:

Semplicemente contrarre e rilassare la muscolatura delle gambe per una quindicina di volte di seguito, ripetendo altrettante volte dopo una pausa di un minuto, riattiva la circolazione e rilassa i muscoli affaticati. Dopo qualche giorno l’esercizio ci veniva spontaneo appena sentivamo l’avvisaglia del fastidio.

E non possiamo tralasciare un elogio alla nostra amica e complice: la fantastica BMW 1200 GS Adventure che ci ha portato con se come un magnifico stallone Shire, agile, elegante, maestosa e affidabile, comoda, sicura.

Soddisfatti rimontiamo in sella e percorriamo la strada di casa: ora ci sentiamo dei motociclisti nel vero senso della parola.



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