Thailandia in moto 2: il ritorno

Dopo "Thailandia in moto", ecco il diario di viaggio del ritorno. Sette giorni per rientrare da Ao Nang a Pattaya
Scritto da: secondopiano
Partenza il: 01/01/2014
Ritorno il: 30/01/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Dopo la pausa ristoratrice di Ao Nang è venuto il momento di ripartire.

tappa a Phuket Island

Leggendo le recensioni l’isola non ci ispira, ma non si può giudicare senza vedere. Così partiamo in direzione ovest attraversando ancora la bellissima Phang Nga e poi a sud verso Phuket.

Decidiamo di visitare la costa ovest, dove ci sono le località più gettonate, ma partendo da sud, quindi attraversiamo tutto il centro dell’isola sulla strada 402 e raggiungiamo la costa a Laem Phronthep per poi risalire passando per KaTa, Karon e Patong, solo per citare le più conosciute.

Il centro dell’isola non ci ha detto molto, ma dopotutto seguivamo la strada statale con industrie, magazzini e traffico pesante. Abbiamo notato un crescente sviluppo urbanistico, anche troppo, che stonava con quel che resta della natura circostante.

Arrivati sulla costa è stato come varcare le porte dell’inferno: un traffico impossibile, sporcizia, degrado, puzza di fogna costante, palazzi e grattacieli che per la loro bruttezza rovinerebbero anche una metropoli, figuriamoci una località di villeggiatura.

Non parliamo delle spiagge, anzi, parliamone: uno schifo.

Completamente coperte da ombrelloni e lettini, vecchi e brutti. La sabbia piena di mozziconi di sigaretta e tappi di bottiglia, venditori non regolamentati invadono con le loro mercanzie i corridoi fra i bagnanti.

Il mare è bello ma pieno di barche, moto d’acqua, parasailing, banana boats e tutto ciò che sia in grado di inquinare, disturbare e rovinare l’ambiente.

L’inciviltà e la maleducazione dei turisti è la ciliegina sulla torta: qui, e anche a Pattaya, ho trovato i turisti peggiori mai incontrati nei miei viaggi e per lo più in branchi da decine di migliaia di unità.

Un’altra piaga di questa zona è il traffico: io sono un bravo motociclista e so districarmi bene anche negli ingorghi cittadini ma qui ho fatto fatica ad ingranare la terza per l’impossibilità di circolare in modo fluido.

Qui esistono 2 tipologie di pirati della strada: i thai e i farang. I thailandesi, che sono praticamente nati su una moto, comprano i SUV e pretendono di circolare ancora come se fossero in motorino: guidano in mezzo alla strada, contromano, cercano di infilarsi in spazi impossibili, accellerano e frenano inutilmente e con irruenza.

Poi ci sono i farang. È cosuetudine thai noleggiare qualunque mezzo a motore a chiunque abbia un passaporto e i soldi per pagare. Nessuno chiede la patente e così le strade sono invase da incapaci e incoscenti su 2 ruote. E poi ci sono quelli che noleggiano le Harley-Davidson, una categoria a parte.

Questi poveri tapìni vengono qui, si noleggiano una Harley e una ragazza, mettono una bandana in testa e si illudono di essere ‘qualcuno’ per una settimana.

Non si rendono però conto che l’H-D è una moto americana, fatta per i rettilinei e non per far curve o per destreggiarsi nel traffico. È una bella moto per le strade sul continente, ma sulle isole è un pericolo per se stessi e per gli altri.

Mi chiedo perchè la gente vada a Phuket.

Perchè non si preoccupano di informarsi preventivamente sulla Thailandia e si affidano ciecamente all’agenzia viaggi?

La Thailandia è un paese splendido, pulito, magico. Phuket è come (perdonatemi il termine) una merda in un prato: sotto ci sarà anche l’erbetta, ma è la merda quella che si vede e che puzza.

Posso comprendere Phuket come meta ideale per alcolisti e puttanieri (riperdonatemi il termine), ma perchè tutti gli altri devono andare a rilassarsi in mezzo alla sporcizia, al traffico, alla puzza di fogna, alle puttane e agli alcolisti.

Fare la fila ovunque, fare tour organizzati incolonnati come pecore e dormire in condominio o in grattacielo; e spendendo il doppio, se non di più, che in tutto il resto del paese?

Questi sono i misteri dell’umanità. Ma va bene così, almeno questa gentaglia evita di rovinare il resto della Thailandia e noi possiamo ancora godere di questo paese, e popolo, splendido.

Torniamo a noi, ci siamo fermati qui 2 notti, precisamente a Karon per goderci meglio la porta dell’inferno: Karon dimonio, con gli occhi di bragia…

Un giorno e mezzo su questi lidi è stato più che sufficiente per risvegliare in noi il nervoso e il malumore che avevamo dimenticato, così siamo saltati in moto e tornati verso la pace.

Seconda tappa: Khao Sok national park

Lasciamo la fogna di Phuket in una giornata di M, perfettamente adatta al contesto. Vento forte da est ci ha accompagnato per 160Km in direzione nord rendendo il viaggio in moto veramente faticoso.

Abbiamo costeggiato il mare delle Andamane toccando località bellissime come Khok Kloi, Thai Muang, Khao Lampi e Khaolak per poi voltare finalmente a est all’altezza di Takua Pa e addentrarci nel parco di Khao Sok in controvento.

Raggiunto Khao Sok abbiamo svoltato all’indicazione dell’ingresso del parco e ci siamo fermati subito al primo resort senza neanche guardarci attorno, ma eravamo veramente stremati.

Ci sarebbe piaciuto prima raggiungere il “mare di nebbia” una vallata a 25Km da qui in direzione opposta ma sarebbero stati altri 50Km in moto che le nostre stanche membra non avrebbero sopportato.

Il soggiorno al parco è stato memorabile. Il nostro resort era decisamente il migliore e non il più caro, infatti la gentilissima onnipresente e attivissima gestrice ci ha concesso una villetta da 4 persone a prezzo quasi dimezzato perchè eravamo solo in due e molto stanchi.

Villetta con ogni comfort, anche con vasca da bagno e WIFI.. su un albero a 10 metri di altezza in mezzo alla jungla.

In fondo alla via c’è uno degli ingressi al parco che è immenso e comprende jungla, montagne, un lago artificiale che dal centro si dirama frastagliato tra i monti coperti di vegetazione e crea un habitat sicuro per molti animali selvatici.

Ce ne sarebbe da dire su questo parco, ma mi sono già dilungato con Phuket: cercatelo on-line.

Qui si possono fare giorni e notti di trekking, ma anche lasciarsi portare dal fiume lentissimo placidamente svaccati in un ciambellone: prima o poi vi recuperano e riportano a casa.

Ma la vera particolarità di questo villaggio è che ovunque andiate, che siano bar, resort di lusso, baracchini sulla strada o negozi di alimentari troverete sempre 3 effigi: il Re, Buddha e Bob Marley.

Riposati spirito e membra in due giorni a Khao Sok proseguiamo verso est, costeggiando il parco, fino alla diga di Ratchaprapha.

Era nostra intenzione fermarci sul lago, ma il posto non ci faceva impazzire. Con la formazione del lago artificiale si è creato un gran bel posto di villeggiatura e ne hanno approfittato per costruire le strutture e gli spazi adeguati.

Il risultato è un immenso giardino ben curato con viali che portano a resort per ogni budget, campi da calcio, tennis e golf; spiagge, moli, punti panoramici e aree picnic. Il tutto con una capacità di accoglienza inimmaginabile. Bello, ben fatto e organizzato ma secondo noi con poca personalità, come dire, sterile.

Così decidiamo di proseguire verso est, direzione Surat Thani. Passiamo vicino al Toilet Park, un parco a tema inequivocabile nei dintorni di Surat Thani. Ingresso attorno ai 1000THB per poter visitare e anche usufruire dell’esposizione. Non ci scappava e abbiamo proseguito. Un chilometro tira l’altro in una giornata bella e fresca come oggi e così ci siamo trovati alle porte di Chumphon.

Sosta per 2 notti a Sairi.

Questa zona è ancora incontaminata e lo resterà a lungo. Zona di villeggiatura prevalentemente thai non è frequentata da stranieri che qui passano esclusivamente per imbarcarsi per le isole e raramente si fermano.

C’è anche il Mu Ko national park che sembrerebbe interessante ma purtroppo era chiuso 5 giorni per vento, anche se nel frattempo era cessato e tornato il bel tempo.

Dopo 2 giorni di pace assoluta avevamo bisogno di un po’ di vita, così siamo partiti la mattina all’alba in direzione nord.

Sosta per il pomeriggio e nottata a Hua Hin.

Ci avevano consigliato la città già all’andata, ma avendo trovato un piccolo gioiello di resort lontano dal centro ed essendo arrivati già nel tardo pomeriggio non ci eravamo neanche spinti downtown.

Questa volta abbiamo cercato un alloggio vicino alla spiaggia e nel quartiere della vita notturna e ci siamo fatti una giornata fatta bene.

Hua Hin è ancora un bel posto per il turismo di massa.

Le spiagge sono organizzate alla Phuket ma più pulite, il centro tra i vicoli non puzza, come non puzza la città.

Non manca nulla, e se qualcosa ancora manca lo stanno costruendo.

Anche qui le maggiori catene alberghiere internazionali hanno costruito il proprio ecomostro, ma con gusto migliore.

Il bello è che c’è spazio vitale, il traffico resta lontano dai quartieri turistici e tutto è a misura d’uomo. E non mancano go-go bar, musica live, mercati, ristoranti internazionali, bar sport, parchi a tema e tutto ciò che può piacere ma in giusta dose, senza esagerare.

Speriamo che questo equilibrio duri a lungo.

Eccoci arrivati all’ultima tappa, da Hua Hin a Pattaya… Come per l’andata dovevamo passare per Bangkok, ma questa volta eravamo pronti per farcela da soli.

Percorso studiato nei dettagli sulla cartina e GPS sempre attivo, e infatti ci siamo persi anche questa volta.

La fregatura è stata in un tratto di circonvallazione di 20Km: segnata sia sulle mappe, sia dal GPS che sulla segnaletica stradale come strada libera a tutti è invece un tratto a pedaggio, quindi vietato alle moto.

Così quel che doveva essere un tratto da percorrere in 15 minuti è diventato un dedalo da 2 ore. Niente segnaletica, solo pochi cartelli che indicavano come entrare in centro e nessuno per uscirne.

Strade sotto strade sopraelevate che a loro volta sono sotto ponti e ferrovie tutti perfettamente allineati per centinaia di metri e quindi non rappresentabili sulla mappa nè riconoscibili dal GPS.

Ma alla fine abbiamo vinto noi, grazie all’aiuto del popolo più gentile del mondo.

Usciti da Bangkok crediamo ormai di avercela fatta, solo 100 Km di superstrada ci separano dalla nostra meta.

Che illusi! forse abbiamo trovato il giorno più trafficato del secolo, siamo già passati parecchie volte su questa strada ma un caos così non l’avevamo mai visto.

Tantissimi mezzi pesanti e autoarticolati sfrecciano senza limiti e regole tra le 4 corsie.

Sulla strada troviamo tanti pezzi di copertoni scoppiati, pezzi di auto, incidenti, lavori stradali mal segnalati o non segnalati. Un pericolo dietro l’altro, un caldo insopportabile e un gran bisogno di filtri nuovi per i vecchi motori diesel.

Oggi abbiamo scoperto come si segnalano i camion in panne: non importa se sono dietro una curva contromano in un senso unico o sulla corsia di sorpasso dell’autostrada, l’autista scende e mette sulla strada 2 metri dietro il suo camion un secchio vuoto. Se vedi il secchio sai che il camion è fermo. Non capisco ma mi adeguo…

Arriviamo a Pattaya tesi, sudati e nerofumo. Ancora in abbigliamento tecnico vado a lasciare la moto e con il casco sotto braccio mi incammino sulla strada fino al nostro albergo, poche centinaia di metri. Si ferma un mototaxi che con un bel sorriso mi offre un passaggio, poverino, l’ho mandato a quel paese! Ma poi mi sono scusato e ho spiegato la mia avventura, ci siamo fatti una risata e amici come prima. Ma basta moto per oggi!

Pattaya evito di descriverla, siamo venuti qui solo per motivi logistici e ci siamo fermati solo per una notte sia all’andata che al ritorno.

Posso dire solo una cosa: non andate in vacanza a Pattaya neanche se vi regalano il viaggio. Phuket è decisamente meglio, almeno è balneabile.

Se passate da queste parti vale sicuramente la pena farci una serata, ma non oltre.

E così il viaggio è finito, 2500Km previsti e 3980 percorsi.

Domani si torna a casa, che peccato.

Bilancio del viaggio: positivo, naturalmente.

Abbiamo scoperto luoghi nuovi e bellissimi, ci siamo addentrati in posti brutti ma conosciuti quindi niente sorprese negative.

Un sentito ringraziamento al popolo thailandese: siete e sarete sempre nel nostro cuore. Se tutti fossero come voi vivremmo in un mondo migliore.

Rimando invece i lettori di questo diario al mio primo blog: http://maxepaola.blogspot.com Qui ho lasciato post giornalieri durante tutto il viaggio, c’è qualche foto in più, maggiori dettagli e ci sono i miei commenti a caldo. Il blog non ha fini commerciali o scopi pubblicitari, è solo il nostro racconto per gli amici a casa… così ho un lavoro in meno da fare al rientro.

Ciao a tutti e alla prossima.



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