Mongolia: steppa, deserto, montagne e cielo stellato

Un grande viaggio pieno di sorprese, caratterizzato dallo stretto e intenso rapporto con la natura e i nomadi. Un tour mai monotono
Scritto da: giusep11
mongolia: steppa, deserto, montagne e cielo stellato
Partenza il: 29/09/2015
Ritorno il: 12/10/2015
Viaggiatori: 1
Spesa: 2000 €

Mongolia: steppa, deserto, montagne e cielo stellato

di giusep11

dal 29.09.15 al 12.10.15

29 settembre

Sono le 2.20 del mattino quando parto con il bus alla volta di Fiumicino. Volo Alitalia fino a Mosca, poi transfer per Ulan Bator con volo Aeroflot, diciamo due compagnie di medio livello. Non è necessario fare il visto per Mosca rimanendo nell’area interna dell’aeroporto, stando attenti a seguire l’insegna international transfer che conduce al controllo passaporti nonché al controllo sicurezza per accedere ai vari gate del volo successivo.

30 settembre

Arrivo all’aeroporto Chinggis Khaan alle 6am e all’uscita degli arrivi vedo un cartello con stampato il mio nome sorretto da un uomo che sarà il mio driver di questa avventura. E’ accompagnato da una ragazza che fa da interprete in inglese per cercare di interderci circa il circuito da seguire e gli aspetti economici. Usciti fuori, con meraviglia, vedo una coltre di neve che mi fa pensare già a Natale e mi incute un po’ di timore circa il probabile clima da affrontare. Il briefing ha luogo dentro la jeep e dopo diverse incomprensioni seguite da timidi chiarimenti, raggiungiamo un accordo e partiamo, prima però cambio un po’ di soldi alla banca dell’aeroporto, che è aperta, con rapporto di cambio molto vantaggioso.

La prima tappa è il supermercato dove faccio la spesa degli alimenti che mi serviranno per il viaggio, constatando che i prezzi sono altini e talvolta superano anche i nostri, soprattutto per le verdure e la frutta.

Si riparte alla volta del nuovo aeroporto in costruzione in cui lavora la ragazza che si è adoprata come interprete e arrivati a destinazione la salutiamo e finalmente possiamo partire per il lungo tour del Gobi e non solo.

30 settembre: Baga Gazryn Chuulu

Il primo tratto di strada è completamente asfaltato e solo dopo diversi km entriamo nel vivo della grande steppa. Mi sento emozionato e il mio sguardo è attento e rivolto avanti sempre con la curiosità per quello che avremmo incontrato. Intanto il buio del mattino lascia il passo alla luce del giorno e le nuvole a mano a mano si ritirano lasciando spazio al cielo terso.

Dopo qualche ora di viaggio, le prime formazioni rocciose granitiche di colore che tendono al marrone, annunciano l’arrivo a Baga Gazryn. Dall’interno della jeep sentiamo uno strano rumore che proviene dalla ruota dx e quando chiedo di fermarci per fare delle foto il driver decide di verificare smontando la ruota e cercando di sostituire il cuscinetto. All’atto della sostituzione si accorge che il nuovo cuscinetto non è della stessa misura e dopo vari tentativi decide di lasciarmi lì mentre lui si incammina per cercare aiuto presso una famiglia di nomadi a 3km di distanza.

Approfitto per salire sulle rocce ammirando la loro costituzione che sembrano tagliate a fette e poste l’una sull’altra…veramente uno spettacolo guardarsi intorno.

Intanto il tempo passa e dopo qualche ora vedo avvicinarsi un motorino con due persone di cui uno era il driver accompagnato dal nomade venuto in soccorso. Dopo vari tentativi si rimonta il tutto e partiamo sostando per la notte proprio nella ger del nomade appena conosciuto. Sento che sto per fare un’esperienza nuova che mi tiene un po’ in ansia ovvero quello di conoscere una famiglia nomade ed entrare per la prima volta in una ger.

La famiglia è composta da genitori e una figlia abbastanza giovane, notando che il padre veste un costume tradizionale mentre la figlia è vestita come una normale teenager occidentale. L’accoglienza è molto amichevole e viene offerto subito del thè con latte di capra accompagnati da biscotti veramente squisiti che mai bisogna rifiutare. Ci sediamo tutti intorno alla stufa che è posta al centro della ger e mentre si parlotta la signora è intenta a cuocere un bollito di interiora di capra che puntualmente sono costretto a declinare l’invito. Più volte mi viene offerta la succulenta cena fatta di organi come cuore, intestino, diaframma e quant’altro, ma proprio non ce la faccio. Tuttavia partecipo al giro di una specie di vodka, ovvero un distillato alcolico che viene bevuto da tutti i commensali nello stesso bicchiere facendo ben 3 giri… che sballo!

E’ veramente una bella famiglia, sento molto calore intorno a me e penso che non mi poteva capitare di meglio come prima volta, soprattutto il capofamiglia che è il ranger del parco poco distante dalla ger, il signor Batsaikran, mi sta molto simpatico.

Terminate le mie scodelle di thè con latte e biscotti faccio conoscenza del mio nido dove passerò la notte. E’ una ger molto accogliente con 4 letti, un tavolino e una stufa al centro; mi preparo il sacco a pelo e vedo che Batsaikran mi accende la stufa e mi raccomanda di spegnere la luce appena a letto.

Prima di mettermi a letto esco fuori per vedere il tramonto e mi accordo che anche se il sole si è calato dietro le montagne resta una grande luminosità che perdura per molto.

Sono molto stanco e allungandomi sul letto prendo subito sonno senza spegnere la luce, quando improvvisamente entra il ranger nella mia ger sollecitandomi di spegnerla. Capisco che in mancanza di risorse ogni cosa deve essere usata con parsimonia e ponderatezza.

01 ottobre: Tsagaan Suvarga

E’ mattino e vengo svegliato dal ranger che intende accendermi il fuoco della stufa. Mi alzo, faccio colazione con loro e presto si parte per la seconda tappa dopo i doverosi saluti. A poca distanza dalla ger visitiamo un monastero buddista distrutto e ancora lì vicino una grotta.

Ripartiamo per la seconda tappa macinando molti km e facendo un sosta intermedia in un piccolo centro chiamato Mangalgov.

Arrivati nel primo pomeriggio a Tsagaan comincio ad esplorare il posto che subito mi appare molto scenografico. Faccio delle foto dall’alto, ma poi scendo attraverso una scarpata fin giù e mi incammino percorrendo un lungo tratto godendomi la visuale delle cliff dal basso. Queste formazioni sono molto antiche e appaiono di colore e sfumature diverse simili al Gran Canyon: è veramente un bello spettacolo.

Risalgo su e dopo aver fatto altre foto, mi metto in macchina e ci avviamo verso un campo dove troviamo delle Ger di nomadi che ci ospitano. E’ una serata molto bella, il vento si è placato e mi appresto ad assistere ad un tramonto fantastico. In questo campo arrivano altri turisti con mini Van che si sistemano di fianco a me.

Attrezzo il fornellino e metto a bollire l’acqua per la pasta, mentre sbuccio le patate come secondo. Mi assiste il mio driver che almeno nei primi due giorni mangia con me, ma devo dire che lo fa con sacrificio perché lui mangia solo carne.

Finito di mangiare esco dalla ger e mi metto a camminare per la steppa guardando fisso l’orizzonte per assistere a un fenomeno che se pur banale, a me appare spettacolare: il tramonto. Mi accorgo che nessuno lo fa, infatti gli altri ragazzi stanno tutti nelle ger e non escono fuori per godere di cotanto spettacolo. Dopo aver fatto un giro, torno nella ger per preparare il letto e fare l’igiene personale usando i fazzolettini imbevuti. Ma prima di dormire esco sempre fuori per assistere ad uno spettacolo che ritengo unico: il cielo stellato.

Chi pensa di aver visto le stelle si sbaglia, ovvero le ha viste in minima parte, ma qui è possibile vedere tutte le costellazioni sotto un cielo limpido e terso in un buio assoluto. Resto fuori finché posso con il naso all’insù cercando di stampare nella mia mente quell’immagine di cielo stellato che per un certo verso intimorisce sembrando che le stelle stiano per cadere per quanto le vedi così vicine. Numerose sono le stelle cadenti che lasciano una scia di luce nell’atmosfera prima di spegnersi.

Anche questo spettacolo è apprezzato solo da me non vedendo nessun altro affacciato fuori. Vado a dormire ringraziando Iddio per tanta bellezza.

02 ottobre: Yolii Am

Mi alzo verso le 7.30 e preparo lo zaino mettendo tutto a posto nella ger: si riparte per la prossima tappa.

Il viaggio non è solo arrivare al sito programmato, ma è istante per istante per tutto quello che vedi dal finestrino della jeep e ancor meglio se ogni tanto ti fermi per fare delle foto e respirare un po’ d’aria. La rotta seguita dalla jeep ricalca le tracce già segnate dal passaggio degli altri mezzi come se fossero delle vere corsie stradali, anzi credo che tali tracce siano un patrimonio da difendere dalle colate di catrame che stanno buttando ogni giorno per fare nuove strade asfaltate.

Arriviamo nel primo pomeriggio nel Parco Nazionale Saikhan dove si trova lo Yoliin Am pagando una tassa d’ingresso di 3000T.

Mi metto in cammino imboccando questa gola, ovvero una valle tra due serie di montagne attraversato da un fiume che porta nel periodo poca acqua.

La giornata è fantastica sembra la nostra primavera con un sole che padroneggia nel cielo senza un’ombra di nuvole e con una temperatura perfetta. La nevicata dei giorni precedenti ha lasciato delle lingue di neve che contrastano con il tepore dell’aria; l’erba come un prato inglese ricopre il terreno e sotto i piedi è soffice come un velluto.

Guardo in alto e vedo volteggiare sopra di me il Ripeto, un avvoltoio abitante del territorio che quasi sembra mi voglia dare il benvenuto.

Faccio molta strada passando da un lato ad un altro del fiume a seconda della comodità di camminare; incontro varie persone chi a piedi chi col cavallo che però può arrivare solo fino ad un certo punto.

Uscito dalla gola stretta mi si presenta davanti un riallargamento che mi fa decidere di non andare più avanti ma di salire su una piccola montagna da cui posso godere del panorama fantastico.

Non mi rimane che tornare indietro molto lentamente cercando sempre di mettere i piedi al posto giusto e non mancano lunghe soste sopra delle rocce che sembrano delle panchine naturali.

E’ bello stare qui, respirare aria pura, prendere il sole, ammirare tutto quello che ti circonda e ascoltare il silenzio assoluto.

Prima di risalire in macchina faccio un altro pezzetto di valle in altra direzione, allungandomi sull’erba e riposare. Che posto, mi ha veramente stupito!

Per la notte troviamo posto in un campo ger dove cucino per me e mi preparo il letto per la notte. Dopo mangiato faccio una passeggiata nella steppa per ammirare il tramonto su un orizzonte perfettamente nitido, e naturalmente prima di dormire mi affaccio fuori dalla ger per contemplare le stelle che mai finiscono di stupire… anche se fa freddo.

03 ottobre: Khongorin Els

Ci svegliamo non molto riposati a causa del disturbo dei cani che durante la notte hanno abbaiato molto per far allontanare altri animali ospiti non graditi del campo, e dopo aver caricato tutto ripartiamo per la tappa successiva non molto distante.

Lo spettacolo che si vede dalla jeep non stanca mai. Cambiano i colori, il tipo di montagne che si vedono all’orizzonte e a mano a mano che ci avviciniamo alla nostra meta si incominciano a intravedere le prime catene di montagne sabbiose che dominano l’orizzonte. Finalmente arriviamo in un campo nomade e il driver senza picchiare alla porta della ger l’apre trovando una signora che stava dormendo e al nostro arrivo fa uno scatto di paura; in Mongolia non esistere bussare alla porta si entra e basta.

Dopo aver ricevuto la solita ospitalità offrendomi il thè e i pasticcini, mi metto in cammino per arrivare ai piedi della montagna di sabbia. Da sotto vedo delle persone in cima che si muovono lungo la punta della duna; comincio a salire mettendo i piedi sulle orme già presenti per evitare di sprofondare (alcuni lasciano le scarpe a valle e salgono in cima scalzi, da evitare per me) anche se trovo la sabbia abbastanza compatta. In cima vi è un bellissimo panorama, un sole fantastico accompagnato da un vento fresco.

Non riesco a restare lì seduto per molto, quindi decido di scendere dall’altro lato e incamminarmi per un lungo tratto fino ad arrivare alla duna che vedevo al lato opposto. Ad un tratto vedo uno scheletro umano che affiora dalla sabbia. E’ molto gradevole camminare sulle dune e anche se il sole è forte, l’aria è rinfrescata dal vento sempre presente.

Ormai comincia a calare il sole e decido di ritornare indietro ripercorrendo la strada a ritroso; quando arrivo sulla cima della duna principale vedo che il lato non esposto al sole è già tutto in ombra per cui decido di scendere e tornare alla ger.

Alcuni ragazzi arrivati nel tardo pomeriggio, resistono alla forza del vento e restano lì ad ammirare il tramonto. Tornato alla ger svuoto le scarpe dalla sabbia e mi godo tutto il tramonto al tiepido sole. Preparo come al solito da mangiare e prima di andare a dormire mi affaccio fuori per contemplare le stelle.

04 ottobte: Bayanzag

Mi alzo, esco fuori dalla ger e vedo uno strato spesso di brina sul tetto che sta a testimoniare l’abbassamento notevole della temperatura durante la notte che mi fatto sentire abbastanza freddo.

Come al solito preparo tutto, carico la jeep e via si parte. Anche questo spostamento non è molto lungo e il tragitto è tutto uno spettacolo che può sembrare monotono, ma è sempre diverso.

Bayanzag o Flaming Cliffs si trova sempre nella regione desertica del Gobi in cui sono stati rinvenuti resti fossili di dinosauro come le famose uova. Appare sicuramente suggestivo lo scenario che ci si apre davanti vedendo questi canyon di arenaria rossa che al tramonto assumono toni e sfumature diversi.

Si può girare sia sulla parte superiore se non c’è molto vento come non è stato per me, che nella parte inferiore che ho esplorato molto bene. Non ho rinvenuto resti fossili ma solo mi sono imbattuto in una lepre selvatica. Il giro in mezzo alle cliffs è stato molto interessante, ma disturbato dal vento eccessivo che può essere pericoloso se si prende una raffica quando si sta in alto potendo anche cadere.

Nei pressi del sito prendiamo una ger e ci sistemiamo per la notte. Avendo a disposizione tutto il pomeriggio, mi metto in cammino per arrivare in un sito dove ci sono delle formazioni simili a quelle di Bayanzag di arenaria rossa.

Torno alla ger per il tramonto e per preparare la cena. Trovo molto bello camminare per la steppa.

05 ottobre: Ongiin Khiid

Questo monastero, situato nei pressi del fiume Ongi, è stato completamente distrutto ad eccezione di una struttura che trovo chiusa che è stata ricostruita. E’ un monastero molto antico che comprendeva 17 templi abbattuti dal regime comunista. Ovviamente i monaci che lo abitavano sono stati uccisi o arruolati nell’esercito della dittatura. Girare tra queste rovine è un po’ desolante se non si ha una guida che ti possa spiegare.

Anche oggi è una giornata fantastica, c’è un leggero vento e un sole incredibile. Mi siedo sulla riva del fiume Ongi per mangiare un panino e rilassarmi stando allungato sull’erba. Provo una notevole sensazione di piacere nel percepire l’atmosfera che mi circonda, diciamo che mi riporta alla nostra primavera. E’ vero che c’è poco da vedere ma a me interessa poco in quanto sono solito fare lunghe camminate nella natura cercando di cogliere tutto ciò che ne fa parte.

Mi metto in cammino lungo il fiume fotografando degli angoli meravigliosi, delle cornici di natura fatti da alberi, uccelli, riflessi d’acqua sul fiume. Lascio questo tragitto per passare sulle rocce che costeggiano il fiume e faccio subito conoscenza con un serpente che non è per niente aggressivo anzi cerca di scappare quando mi avvicino. Salgo e scendo le rocce per un lungo tratto per poi tornare indietro facendo conoscenza di un secondo serpente che sta lì tranquillo a godersi il sole. Lo fotografo e vado via.

Al ritorno visito dei nomadi che stanno fabbricando la copertura delle ger cucendo i vari pezzi di feltro che vanno a formare tutta la copertura. Al campo incontro gli stessi turisti visti negli altri siti: siamo sempre gli stessi.

Termino la giornata stando rilassato sulla sponda del fiume per godere di cotanto benessere che la natura ci regala e per finire tramonto e cielo stellato.

06 ottobre: Erdene Zuu/Shank Monastery

Mi alzo con un po’ di malinconia perché oggi mi attende un lungo tragitto che mi porterà verso nord e pertanto lascerò inesorabilmente il Gobi. Ci mettiamo in cammino e sempre dal finestrino sono molto attento a tutto ciò che ci circonda, montagne, paesaggi, orizzonti infiniti, animali come avvoltoi, gazzelle e i soliti cavalli, cammelli e pecore.

L’aspetto del terreno comincia a cambiare, si passa dal giallo ad un timido verde e sento un senso di tristezza quando il driver mi annuncia che in quel momento stavamo lasciando il Gobi. Mi accorgo che più andiamo su e meno cammelli incontriamo fino a sparire completamente.

Prima di arrivare alla meta odierna facciamo visita a Shank Monastery che si trova proprio sulla strada. Trovo aperto una parte del monastero in cui appena arrivo mi viene offerto del Airag che assaggio solo per non rifiutare l’invito.

Erdene Zuu è un antico monastero buddista nei pressi della vecchia capitale Karakorum. La costruzione risale al 1585 usando delle pietre della vecchia capitale in rovina. Questo monastero si è salvato dalla distruzione per via della visita del vicepresidente americano che ne volle fare visita.

All’interno c’è un’area museale a pagamento (3000T). La giornata è pessima in quanto si alza un forte vento che provoca una piccola tempesta di sabbia.

Prendiamo una ger nei paragi e nel pomeriggio quando si placa un po’ il tempo mi metto in cammino per arrivare a un monumento posto su una collina. Intanto attraverso un campo dove vi sono dei cavalli e mi diverto a vedere la mungitura fatta dai proprietari. La cosa che mi incuriosisce è il fatto che i puledrini sono sempre legati senza poter circolare mentre tutti gli agli altri della mandria sono liberi. La spiegazione la trovo pensando che se i puledri sono liberi andrebbero dalle cavalle a succhiare il latte e i pastori non ne troverebbero la sera, infatti appena fatta mungitura i puledrini vengono lasciati liberi. In queste operazioni vedo all’inizio che il puledro viene fatto avvicinare alla madre, dopo qualche secondo viene staccato con forza dalla mammella e fatto rimanere a contatto con la cavalla; è proprio in questo momento che subentra la moglie del pastore che comincia la mungitura senza irritare la cavalla che pensa che stia succhiando il puledrino. Con molto stupore i pastori mi coinvolgono nella operazione facendomi rimettere a posto il puledro assicurandolo col la fune ad una corda che delimita il campo. Con grande orgoglio faccio segno di esserci riuscito e vedo loro che sorridono.

Accompagno i due pastori verso la macchina, ma prima devono attraversare il fiume usando degli stivali alti e mi rendo utile reggendo il secchio del latte munto. Dopo avermi invitato ad attraversare con loro volendomi prestare gli stivali, faccio segno di no, li saluto e vado via.

Dopo essere arrivato sulla collina per vedere il monumento, torno indietro in fretta perché sta arrivando la pioggia. Anche in questo campo ritrovo i soliti ragazzi visti in precedenza facendo delle battute circa il fatto che mi stanno seguendo, ma loro rispondono che sono io a seguirli.

Arriva l’ora della cena e viene un ragazzo che mi porta la legna per il fuoco perché comincia a fare freddo.

07 ottobre: Orkhon Valley

Dopo aver preparato tutto siamo pronti per partire, ma prima passiamo dal meccanico per far saldare un pezzo della jeep; vedo che il driver lo paga con un pacchetto di sigarette. Facciamo benzina e arriviamo ad un incrocio da cui da un lato si va a UB e dall’altro a Orkhon Valley. E’ un momento topico perché il driver mi chiede un extra benzina per portarmi lì, e dopo una breve contrattazione riesco a convincerlo.

Finalmente lasciamo la zona dove si trova Erdene Zuu circondato da una piccola cittadina che sembra una baraccopoli per ritornare nella steppa infinita. Mi accorgo che sento proprio il bisogno di stare lontano dai centri abitati, preferisco molto di più la serenità che mi da la campagna. Saluto con grande gioia il ritorno nella steppa, comincio a rivedere paesaggi, montagne, animali e la sensazione dell’infinito.

La strada per arrivare a Orkhon passa attraverso dei tratti molto sconnessi e pieno di pietre, infatti questo è un territorio vulcanico dove ai tempi le esplosioni hanno cosparso il territorio di pezzi di lava che indurite hanno formato delle rocce più o meno grandi mettendo seriamente alla prova gli pneumatici. Finalmente arriviamo al parco nazionale che include Orkhon Valley che prevede una tassa d’ingresso di 3000T e dopo vari km di strada tutta piena di pietre troviamo un campo ger ancora aperta in quanto in questo periodo le cominciano a smontare portandole via con trattori che incontriamo per la strada.

Veniamo ospitati in una ger di amici del driver dove mi vengono offerte sia i pasticcini che il thè con latte di capra sempre buonissimo. Terminata la visita, ci sistemiamo e arriviamo con la jeep nei pressi del fiume Orkhon dove il driver si mette a pescare e io mi metto in cammino dopo essere salito su una piccolo promontorio per ammirare la valle. La lunga passeggiata è molto gradevole sopra un letto di erba e sotto un sole splendido. Incontro per la strada una mandria di yak che vengono spostati da un giovane nomade a cavallo vestito in modo tradizionale e con molta fermezza dirige il gruppo verso la zona voluta. Vedendomi avvicinarmi alla mandria mi fa cenno di stare dietro per non disturbare il loro spostamento.

Mi incammino verso la cascata che porta abbastanza acqua in questo periodo e scendo giù attraverso una scarpata fatta di rocce che mi consentono di arrivare alla base e poterla ammirarla dal basso. Faccio un po’ di strada seguendo il fiume che origina dalla cascata e risalgo su per tornare alla ger. Decido di accendere il fuoco della stufa usando la legna che trovo dentro la carriola che la nomade aveva gentilmente messo davanti alla porta della mia ger. Capisco che la notte sarà abbastanza rigida tanto è vero che alle 3 e mezza del mattino mi sono svegliato dal freddo e sono stato costretto a riaccendere la stufa.

08 ottobre: Mongol Els

E’ mattino e purtroppo dobbiamo lasciare questo posto incantevole. Avrei voluto restare ancora un giorno lì ma non ho avuto coraggio di parlare. Il viaggio di ritorno verso UB prevede un’altra sosta a Mongol Els che è una zona che ricorda vagamente Khongorin per la presenza di dune di sabbia però più basse.

Anche qui troviamo a disposizione una ger di nomadi che ci ospitano per un giorno. Dopo la rituale ospitalità faccio un giro fino ad arrivare alle dune dove sosto per un po’ di tempo. E’ un posto un po’arido per mancanza di vegetazione e non ha niente a che vedere con tutto quello che avevo visto e vissuto fino ad ora. L’unica cosa che mi piace è la presenza di una mandria di cavalli di proprietà dei nomadi che ci ospitano, soprattutto mi piacciono dei cavalli di una pezzatura particolare.

E’ quasi ora del tramonto, quindi si appresta alla mungitura. La prassi è sempre la stessa, si prende il puledro legato e lo si avvicina alla madre; appena comincia a succhiare il latte lo si stacca e subentra la signora che comincia la mungitura mentre l’uomo tiene il puledro accostato alla madre facendole credere che è lui che sta succhiando il latte. Faccio delle foto e attiro la l’attenzione dei nomadi che vogliono vedere tutte quelle che avevo nella macchinetta.

Arrivano due giovani nomadi a cavallo con i loro vestiti lunghi con una fascia all’addome e portano in mano un lungo bastone con una corda a cappio all’estremità che serve per catturare gli animali poco ubbidienti. Mi avvicino incuriosito per fare delle foto e loro mi guardano un po’ stupiti dal mio interesse.

Intanto si va verso sera ed è ora di cominciare a preparare la cena; il driver mangia sempre con i nomadi perché vuole solo la carne e in grande quantità. Dopo cena esco fuori dalla ger per l’ultimo appuntamento con le stelle.

09/10/11 ottobre: UB

Apro gli occhi e vedo che dal tettuccio della ger entra la luce che annuncia l’inizio della giornata. Certo il mio umore non è eccellente perché so che lasciamo definitivamente la steppa per andare in città.

Facciamo un’abbondante colazione nella ger dei nomadi che preparano il thé con latte, biscotti, marmellata, burro e ad un certo punto entra la signora che ci porta dei panzerotti ripieni di carne di pecora fritti e della focaccia appena cotta. E’ inutile dire che non mi potevo congedare meglio con questi sapori straordinari offerti con tanta generosità. Saluto tutti e via sulla jeep si parte.

Il viaggio è abbastanza lungo e si percorre quasi tutta strada asfaltata. Nel pomeriggio arriviamo a UB con la neve che è ormai un ricordo. Ci inoltriamo nel traffico pazzesco e dopo aver fatto delle commissioni col driver come fare il tagliando alla jeep puntiamo verso il centro.

Ho scelto per la mia permanenza a UB una guest house dietro l’hotel Bayagon che è praticamente impossibile ritrovare e dopo un po’ di peripezie ne troviamo un’altra nella stessa zona veramente ottima.

Parcheggiamo alla meno peggio e cerchiamo di entrare nel palazzo non con poche difficoltà in quando per entrare bisogna digitare un codice che vedo scritto per fortuna in alto sul telaio della porta. Dopo essere entrati, frettolosamente, il driver suona alla porta sbagliata e dopo ripetuti squilli di campanello si affaccia una bellissima ragazza che meravigliata dalla mia presenza dice che la GU si trova al piano di sopra. Un po’ deluso dal non poter essere ospitato dalla signorina andiamo al piano di sopra e prendo un letto a 6euro. Il driver nervosissimo non ce la fa più e scappa via quasi senza salutare.

Nel pomeriggio faccio un giro per la città arrivando alla vicina piazza Sukhbaatar molto imponente con a lato il Palazzo del Governo. La cosa che mi interessa è quella di assistere allo spettacolo al Tumen Ekh Ensemble Theatre che inizia alle 18. Il teatro si trova abbastanza vicino alla mia GU e mi reco lì abbastanza in anticipo per evitare la coda. Aspetto l’apertura della biglietteria, faccio il biglietto (20.000T) e assisto allo spettacolo. Ci sono rappresentazioni di canti tradizionali, gruppi musicali e infine le meravigliose contorsioniste, tutti con i costumi tradizionali: bellissimo.

Il giorno seguente visito il magnifico National Museum of History molto interessante per i costumi, dipinti in cui si ripercorre la storia della mongolia e angolo dedicato a Marco Polo(3000T); Gandan monastery (4000T) che contiene una statua enorme di budda; museo del Dinosauro; Narantuul Zhak (Black Market) arrivandoci a piedi, dove potrete trovare di tutto comprese le griff tutte taroccate; State Department Store è un grosso centro commerciale lungo Peace Avenu che assomiglia molto ai nostri centri; poste centrali dove si trovano molti servizi e si possono acquistare cartoline e francobolli anche da collezione. E’ bello la sera fare una visita a Sukhbaatar Square di sera per la particolare illuminazione.

In definitiva UB non è così orribile come descritta, è una città in continuo sviluppo che conta la nascita di grattacieli nel centro della città, ma allontanandosi da esso le cose cambiano, si vedono grandi palazzoni popolari e tutta la collina che circonda la città è piena di casette colorate tutte sparse senza ordina.

L’ultimo giorno passo la mattinata in giro e il pomeriggio vado all’aeroporto col bus n.7 preso davanti all’hotel Bayagon e passo lì tutta la notte in attesa del check-in.

Notizie

Strade: la maggior parte delle strade percorse sono sterrate anche se le strade asfaltate sono, pericolosamente, sempre più presenti. Chi pensa e dice che le prime siano scomode e faticose si sbaglia. Le strade sterrate sono un vero patrimonio perché segnano una rete capillare per raggiungere tutte le destinazioni e sono state create da secoli ponendo in essere un sistema utilizzabile solo per autoctoni capaci di spostarsi secondo il loro orientamento innato e sviluppato nel tempo. Non immagino neanche l’orrore nell’immaginare tutti quei percorsi asfaltati venendo a stravolgere l’identità di un mondo puro privo di inquinamento. Ovviamente non incontrerete cartelli stradali se non uno o due, ma sono piste segnate dal ripetuto passaggio di mezzi.

Mezzi: i mezzi a disposizione per spostarsi sono Uaz, jeep 4×4, mini van. Molti consigliano le Uaz russe perché sono più robuste degli altri mezzi, ma posso dire che non è ho vista neanche una in giro. Diciamo che ho visto solo jeep (costose) e mini van molto più economici che portano più persone per condividere le spese. Consiglio vivamente le jeep che possono andare dappertutto viaggiando più comodamente avendo le sospensioni meno rigide e quindi si viaggia in modo più confortevole rispetto alle Uaz.

Ger e toilette

Le ger sono delle abitazioni circolari isolate da pareti di feltro ed hanno una sola porta e sono senza finestre. Nel centro del tettuccio si ha un’apertura circolare per far passare la canna fumaria della stufa e far entrare luce. All’interno vi sono dei letti e divani senza materasso né rete e vi sono a disposizione delle coperte. Vi è sempre un tavolino, una luce di fortuna collegata ad una batteri, due sgabelli e dei tappeti per terra. Alcune hanno la parabola per il segnale tv e delle celle fotovoltaiche per la corrente.

Le toilette sono poste ad una certa distanza dal campo e sono costituite come una cabina chiusa su 3 o 4 lati con all’interno un fosso sopra il quale ci sono due tavole su cui si poggiano i piedi come una turca per i propri bisogni. Ovviamente c’è un odore terribile da sopportare o altrimenti c’è l’infinita steppa.

Driver: sono molto importanti perchè con loro si condivide tutta la giornata e si stabilisce un rapporto umano. Se conoscono un po’ d’inglese è meglio per riuscire a comunicare, altrimenti si resta sempre in silenzio tenendosi dentro tutto quello che si vorrebbe esternare. Se si contatta un driver privato non facente parte di qualche agenzia o GU consiglio di chiarire senza dubbi il percorso che si vuole seguire e il prezzo per evitare discussioni e incomprensioni all’arrivo.

Cibo: chi sceglie di stare nelle ger dei nomadi e non vogliono mangiare l’unico cibo che offrono, ovvero la carne di pecora, potrebbero far richiesta di avere un kit per cucinare e mangiare da soli nella ger. I nomadi sono molto ospitali e appena si entra nella loro ger subito offrono il thè con latte di capra molto squisito e raramente il latte di cavalla chiamato Airag(alcolico e acido). Generalmente bisognerebbe sempre accettare il cibo offerto e se non lo si desidera almeno assaggiarlo per evitare che si offendano. Tuttavia nel tempo si sono abituati a sentire gentili rifiuti quando offrono cibi non desiderati. La carne di pecora non è malaccio, però bisogna vedere quando è stata cotta; è sconsigliabile mangiarla se la cottura risale a qualche giorno prima a causa di possibili inquinanti batterici. Mi è capitato di mangiare una specie di panzarotto fritto con ripieno di carne di pecora cotto al momento veramente delizioso anche se un po’ pesante.

Spesa: prima di partire per il tour è consigliabile fare la spesa al supermercato acquistando solo il cibo desiderato, tenendo presente che per alcuni la degradabilità dovuta al caldo. Durante i vari spostamenti si incontrano dei centri abitati dove ci sono dei market per poter fare scorta di alimenti. I driver hanno a disposizione dei cooking equipment consistenti di forellino,pentole, piatti, posate etc; dovrete comprare delle piccole bombolette di gas per il forellino. E’ consigliabile fare scorta di acqua potabile.

Abbigliamento: la prima regola da seguire è quella di portare meno cose possibili. Ci sono cose indispensabili da mettere in valigia come cappello di lana, sacco a pelo che tenga almeno lo zero, torcia, scarpe da trekking alte, maglia/pantalone di diversa pesantezza, fazzolettini imbevuti per l’igiene intima e corpo.

Ambiente: questo è il paese dell’infinito, dove l’orizzonte non si raggiunge mai; è il paese della natura selvaggia e incontaminata; è il paese della varietà ambientale; è il paese del clima estremo.

Purtroppo come già ho scritto per altre nazioni visitate, debbo ripetermi per il fatto di aver trovato in molte occasioni rifiuti lasciati dai turisti nella steppa, come bottiglie di plastica e vetro, bombolette di gas..etc. Questo mi fa inorridire: è come un cazzotto negli occhi. Come ho visto anche in Vietnam non c’è la cultura del riciclo dei rifiuti e se non si prenderanno provvedimenti, con l’arrivo in massa dei turisti il problema può essere molto grave.

Costi: per chi ha già viaggiato in altri stati asiatici, commette un errore pensando che la Mongolia possa essere un paese economico: tutt’altro, è molto caro. La scelta mia obbligata di viaggiare in jeep solo mi ha comportato un costo maggiorato di circa 3 volte quello speso per lo stesso giro da quelli che condividono il mini van. Ovviamente ci sono dei vantaggi come quello della flessibilità e della comodità. Conviene mangiare facendo una spesa per conto proprio e non accettare forfait molto poco convenienti. Se non si hanno esigenze particolari è meglio fare uso di ger nomadi (15.000T).

Conclusioni

E’ stato un grande viaggio caratterizzato dallo stretto ed intenso rapporto con la natura e i nomadi. Questi ultimi sempre pronti ad aprirti le porte, a darti la loro ger per dormire e a offrirti sempre qualcosa appena entrati nella loro casa.

E’ stato un viaggio pieno di sorprese mai banale o monotono, cominciando dalla neve trovata il giorno dell’arrivo a UB. Il viaggio si è composto sempre di due fasi, quella dello spostamento con la jeep e i lunghissimi trekking nel posto dove si permane quel giorno. La cosa che mi ha sempre stupito è come il tempo mi passava durante lo spostamento: è un viaggio nel viaggio. Il mio sguardo era sempre rivolto fuori dal finestrino a guardare le meraviglie della natura che catturavano sempre la mia attenzione e per me ogni cosa che vedevo era nuova e bella da scoprire. Avrei voluto fermarmi 1000 volte anche solo per fare una foto, calpestare la steppa, respirare una boccata d’aria pura. Quando vedevo le ger da molto lontano nei posti più sperduti, il mio pensiero era sempre quello di andare a vedere chi ci fosse dentro e come vivessero, avevo sempre una voglia costante della scoperta.

Sono stato accompagnato da un tempo straordinario con sempre giornate di sole, aria fresca, cielo terso e con qualche giorno di vento un po’ sostenuto.

Il non aver avuto servizi igienici normali, docce, acqua corrente o aver avuto freddo notturno non mi ha causato nessun problema, credo che sia bello vivere così per un po’ di tempo.

Tutti i posti da me visti sono uno più bello dell’altro con proprie peculiarità che li caratterizzava; forse i posti più belli sono stati Baga Gazryn Chuluu, Orkhon Valley e Yolin Am.

Ogni volta che andavo via da un posto era sempre un po’ triste avvertendo dentro di me la sensazione di non aver avuto sufficiente tempo per godermelo fino in fondo anche se c’era la curiosità di scoprirne uno nuovo.

Il mio viaggio è stato accompagnato sempre da una costante ed intensa gioia interiore che solo la natura e le persone semplici possono dare.

Desidero ringraziare tutti i nomadi che mi hanno ospitato sempre con generosità, in modo particolare la famiglia del ranger Batsaikran del parco di Baga Gazryn Chuluu che è stata la prima famiglia che ho incontrato.

Ciò scritto è riferito ai luoghi e al periodo in questione.



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