Raid enduro della Mongolia

Tremila chilometri in moto alla scoperta di questo Paese sconfinato
Scritto da: yellowstone
raid enduro della mongolia
Partenza il: 23/07/2011
Ritorno il: 12/08/2011
Viaggiatori: 10
Spesa: 4000 €
Questo è il resoconto del nostro raid in Mongolia dell’estate 2011. Ho avuto un sogno, un’idea, una fantasia, un tarlo che si è insinuato tra le sinapsi del mio cervello! Tornare in Mongolia, per fare un giro di enduro, con moto leggere e potenti e lasciarle laggiù per poter tornare altre due o tre volte. La fase successiva è stata pensare a come realizzare il progetto e, dato che comprare sei moto in Italia e spedirle fino in Mongolia sarebbe costato una follia, ho trovato una valida alternativa: ho (o meglio abbiamo) comprato 6 Pzf che sono delle repliche del Crf450 e le abbiamo importate in Mongolia. In effetti c’è stato qualche sforamento nel preventivo, perché è lievitata la spesa di spedizione e di sdoganamento, ma alla fine (come leggerete) ci sono riuscito! L’organizzazione è iniziata già due anni fa, poi è stata rinviata a quest’anno; a gennaio i contatti con il fornitore delle moto erano a buon punto, a febbraio marzo abbiamo acquistato i voli Milano – Ulaanbataar che in quel periodo avevano ancora un costo abbordabile e che, se presi a giugno, sarebbero costati €2000 a testa. Nel frattempo l’importatore francese della Pzf450 mi ha contattato e, ritenendo valida la mia fantasia e il mio sogno, si è aggiunto alla comitiva, per cui ci siamo trovati ad essere una decina, sei motociclisti e quattro accompagnatori sulle auto d’appoggio e per essere precisi: Aldo, Philippe, Gabriele, Valter, Clemente, Giulio e sull’auto Sandra, Loretta, Maurizio e Lorena. Nel frattempo ho trovato qualche ditta che ci ha offerto aiuto e sponsorizzazione: Bandve che ci ha fornito il loro fantastico intimo caldo e supertraspirante, Tucanourbano, che ha dato giacche, ma soprattutto impermeabili utilissimi, Liquid che mi ha proposto la videocamera integrata negli occhiali da motocross. A maggio abbiamo pagato le moto che purtroppo si sono arenate miseramente in qualche posto della dogana al confine della Mongolia e così, dopo aver pianificato e previsto quasi tutto, le nostre moto sono arrivate a destinazione dopo 50 giorni, solo 2 giorni prima del nostro arrivo ad UB.

23/7 Partenza!

Carichi di bagagli vestiti come dei “matti” con addosso stivali da enduro e pettorine, per non sforare i 20Kg di franchigia bagaglio, affrontiamo finalmente l’impresa. Tutto regolare atterriamo in questa stupenda terra… ma qui tutti i miei piani e le mie strategie subiscono un duro colpo quando in dogana tergiversano a lungo e solo dietro congrua mancia, al terzo giorno, le benedette moto lasciano la prigione della dogana di UB e finalmente alle 18 arrivano al deposito. Quella sera siamo impegnati nel montaggio delle stesse fino alle 22 e 30, per finire il tutto nella mattinata del giorno successivo. Alle 12 del 28 luglio, con due giorni di ritardo siamo pronti! Altro colpo di scena …. la persona che avrebbe dovuto accompagnarci per la terza volta ( dopo il 2006 e 2008), dopo averci estorto altro denaro, adduce scuse ma al volo, in 5 minuti, troviamo un’ altra traduttrice. Abbiamo un pulmino Uaz guidato da Bimba, un bravissimo autista che con i suoi attrezzi e i sui tre master in meccanica riuscirà sempre ad aiutarci in qualsiasi situazione e un Toyota hdj80 guidato da Maurizio. Le moto già solo a prima vista sono meglio delle più rosee aspettative, molto belle esteticamente, con un motore potente, ma elastico, con una notevole progressione; quello che sarebbe il difetto, cioè il carburatore a membrana anziché quello a saracinesca, fa sì che la potenza non arrivi di colpo, ma progressivamente, facilitando la guida. La forcella anteriore è molto bella e robusta, anche se la molla probabilmente un po’ dura, ma è certo meglio avere la forcella lievemente rigida che non quelle forcelle mollicce che si trovano spesso sulle moto non racing. Comunque il 28 luglio al pomeriggio, fatta una minima scorta di vettovaglie, acqua, birra e vodka, caricati e distribuiti bagagli, sedie, fornelli e tende, finalmente si parte! I due giorni di ritardo hanno però sballato tutte le prenotazioni, per cui arrivando dopo 90 km alla stradina per Hustai (il parco dei cavalli Przewalski), dopo 10 km di pista, trovo il primo campo gher, ma le notizie non sono rassicuranti… il campo è pieno e un turista americano riferisce che anche il campo di Hustai è al completo; dato che ormai sono le 18 bisogna decidere, tornare indietro di 30 km ad un campo o proseguire per 140km, veramente troppi per l’ora. Propongo un alternativa: 2 km prima di prendere la pista ho visto una casa con scritto ”Motel”. Torno indietro mentre gli altri mi seguono e chiedo se hanno da mangiare… la risposta è laconica… no…, se hanno da dormire e tergiversano, poi con un po’ di gentilezza e diplomazia, concordiamo che avremo usato il nostro cibo e la loro cucina; sopra hanno 3 stanze doppie dove sistemiamo le coppie, mentre nella sala da pranzo, dopo aver spostato i tavoli, posizioniamo i nostri materassini e sacchi a pelo e dormiamo tranquillamente al coperto e al caldo, sempre meglio che in tenda, così ci evitiamo l’acquazzone notturno.

29/07

Al mattino partiamo in direzione di Harkhorin, qui siamo ancora sull’asfalto e questo tratto di strada sarà in pratica l’unico asfalto che percorreremo in tutto il viaggio; dopo un centinaio di km effettuiamo un taglio in fuoristrada di 90km seguendo la traccia del ritorno di 3 anni fa nel pomeriggio, vicino a Mogol els incontriamo due veneti che sono arrivati fino lì con due vecchie vespe. Dieci minuti di rilassanti chiacchierate, saluti ed abbracci, poi proseguiamo per Harkhorin; in serata ci raggiungeranno nel nostro campo gher, bello, pulito, in cui ci godiamo una cena più che discreta. Il campo è a una decina di km dalla città.

30/07

Al mattino facciamo minima manutenzione alle moto, controllo ed aggiunta olio, tirati alcuni raggi, asportate le targhe dato che il porta targa è l’unico elemento della moto che è letteralmente ridicolo e si rompe su tutte le moto. Colazione ed arrivo ad Harkhorin; lascio i partecipanti al monastero che è uno dei due più importanti del paese, per la visita. Nel frattempo, avendolo visto già due volte, mi dirigo ad una postazione internet dalla quale carico su fb alcune foto e scrivo al referente di Bandavej che ha aperto un blog sul viaggio, poi vado in cerca di camere d’ aria anteriori da 21”, ma non esistono in Mongolia. Purtroppo nella ampia fornitura di ricambi sono andate perse per cui facendo di necessità virtù compro alcune 18” per i posteriori, anche se quelle russe hanno la base larga e quelle cinesi che hanno la valvola giusta, sembrano più di plastica che di caucciù… Compro ancora alcuni utensili in più oltre alle serie comprate ad UB e altre chiavi a brugola che sono tutte e solo di qualità scadente. All’uscita dal tempio, compriamo altri alimenti per lo spuntino di mezzodì e di scorta, poi pranziamo in un grazioso ristorantino. Si riparte in direzione nord, ancora 50km di asfalto che la mia memoria non ricordava, poi, finalmente liberi, ci stacchiamo sulla sx per andare alle sorgenti calde di Tsenher. Con il timore che il guado già alto 3 anni fa sia impraticabile… ma almeno bisogna andare a vedere! Quest’anno è piovuto molto e ogni rigagnolo è in piena: purtroppo l’attraversamento del “Tsenerleg gol” si rivela veramente impossibile e mentre Philippe ed io cerchiamo un possibile guado più a monte, il buon Clem prova ad attraversare dove ha visto passare un Uaz, La corrente è impetuosa e, dopo un paio di metri, lo trascina fuori dal guado in un punto dove la moto e quasi Clem spariscono: momenti di panico che non ho vissuto essendo a monte, ma Valter e Maurizio lo afferrano, e lui “boia chi molla” si trascina dietro la moto e li recuperano. Quando Philippe ed io torniamo la scena è spettacolare: moto appesa in verticale per tentare di svuotare lo scarico e Sandra, la moglie di Clem, è “Imbufalita” per lo spavento e la preoccupazione. Fortunatamente non è successo nulla di irreparabile: mentre Clem si asciuga e cambia, noi ci occupiamo della moto, smontiamo filtro, serbatoio, candela, diamo un calcio alla pedalina e ai nostri occhi appare un bellissimo Geyser! Lo spruzzo d’acqua sale alto tre metri (http://www.youtube.com/watch?v=KvkJTgbWfcE). Poi cambiamo l’olio, emulsionato e simile alla maionese, comunque in un’oretta, la moto riparte.

Dei locali dicono che il ponte tra Tsenher e Tsetserleg è crollato, al che decidiamo di lasciare perdere il guado, seguiamo il fiume per 15/20 km e arriviamo al ponte da cui vediamo il fiume che scorre sotto di noi e fa veramente paura per l’ impetuosità !! Proseguiamo per Tsetserleg, ma la cittadina è senza elettricità da tre giorni e le pompe di benzina non funzionano, però abbiamo ancora 5 taniche per le moto e proseguiamo sperando in altri distributori. Dopo pochi km inizia “la discesa di Tsetserleg” una pista di speedway! In discesa con sabbiolina su ghiaietta, Philippe, Valter ed io ci gasiamo un attimo e facciamo dei deraponi e dei controsterzi che sollevano le urla e gli applausi dei bambini e ragazzi sui bordi strada. A Ihtamir ci fermiamo in un bel campo gher dove ci servono per cena un favoloso arrosto di pecora o capra, veramente memorabile.

31/7

Colazione e partenza, Il nostro autista orgoglioso del suo Uaz attrezzato troviamo un distributore con la sola 80 ottani, decidiamo di miscelarla con la 92 e le moto non fanno una piega, girano e partono benissimo, è confortante, non sappiamo cosa troveremo nelle regioni più estreme (http://www.youtube.com/watch?v=n9powtSKCFk). La meta di oggi è il lago Thariat o lago bianco e prima ancora il vulcano. Mentre le auto proseguono sulla pista principale, compiamo alcuni tagli in fuoripista valicando alcuni colli, le moto continuano ad andare benissimo. Incrociamo due italiani con dei Super Teneré che ci chiedono percorsi alternativi e, anche se nutriamo dubbi che con quelle moto pesanti e bagagli possano fare i tagli in fuoripista fatti da noi, gli indichiamo i percorsi. Prima di arrivare troviamo una grande faglia, che taglia il terreno. Raggiungiamo Tariat, facciamo un pieno di 80 ottani, pranzo in ritardo in un ristorantino e poi… salita al cratere. Tre anni fa ci fermammo alla base, ma questa volta, conoscendo il passaggio, sono arrivato deciso, non fermandomi al controllo e siamo saliti fino a metà montagna in moto , poi abbiamo evitato stupidaggini e le scale le abbiamo fatte a piedi. In sé, non è nulla di speciale, ma la vista è notevole, simpatica l’aquila dei ragazzini, che si faceva accarezzare tranquillamente (http://www.youtube.com/watch?v=JRylDDRgpLY). Dopo di che arriviamo al campo gher sul lago, un posto magico e bellissimo. Valter buca: un enorme osso piantato nel copertone causa uno squarcio della camera, facciamo un minimo di manutenzione e finalmente cena.

01/8

Il mattino ci vede percorrere il lato nord del lago, con scenari e viste spettacolari, numerosi piccoli guadi, proseguiamo su piste secondarie in direzione di Tshair e puntiamo poi a nord verso In-Uule. Puntiamo poi decisamente a ovest in direzione di Tosontsengel, ma, a 12 km dalla cittadina, Valter, nel superare un fuoristrada, nella polvere, impatta con la ruota posteriore un masso che affiorava sulla pista, viene sbalzato e, dopo un volo di una decina di metri, atterra rovinosamente. Ero il primo ed ero già al distributore del paese, per cui torno indietro subito e solo all’ispezione è evidente una brutta lussazione acromio claveare. Sandra che è stata caposala di rianimazione ed è stata la prima a soccorrerlo, riferisce di aver sentito rumore di costole sotto le mani. La situazione indubbiamente è grave anche se non drammatica, immobilizziamo il braccio con bende e nastro americano,comunque carichiamo la sesta moto sul tetto del Uaz e Valter sul Toyota e così percorriamo i 12 km per arrivare alla cittadina dirigendoci verso le 16 all’ospedale del paese. La tecnica di radiologia viene chiamata a casa, così pure il medico “forse” ortopedico. L’operazione lastra sembra l’esito di “scherzi a parte”: viene scattata la lastra, poi manca la corrente, che torna dopo 20 minuti, viene sviluppata, ed è una lastra nerissima che, puntandola contro il sole, fa intravedere la clavicola scostata dall’acromion, della situazione delle costole nessuno potrebbe dire nulla, dato che sono seppellite nel nero più assoluto. Dall’ospedale ci mandano in paese a comprare bende e cerotti, dopo di che posizionano un apparecchio gessato che gira sulla spalla e scende sotto il gomito, no comment sull’efficienza del bendaggio, che giudico terribile! Per fortuna in paese c’è un hotel e decidiamo di passare lì la notte. Il morale chiaramente è basso, ma bombiamo Valter di analgesici, il respiro è normale, almeno le costole non hanno bucato il polmone! Telefono in Italia all’assicurazione di viaggio per cercare di capire come fare a rimpatriare Valter. La risposta ha dell’assurdo se non del ridicolo, mi dicono che prima di prendere in considerazione qualsiasi iniziativa loro vogliono la dichiarazione dell’ospedale… “tanto noi abbiamo i traduttori”!

02/8

Al mattino torniamo in ospedale dal medico che ha fatto il gesso e ci facciamo rilasciare la dichiarazione, spediamo il fax, ritelefono e scoprono che in Mongolia si scrive in cirillico! (ma non avevano i traduttori?), per cui faccio tradurre il foglio in inglese dalla nostra interprete e spedisco anche quello. Intanto ci rendiamo conto che in quel paesino non ci può essere nulla, per cui, dopo aver avvisato l’assicurazione, carichiamo Valter in auto puntando a sud-ovest in direzione di Uliastay, una città decisamente più grande con aeroporto e prego quelli dell’assicurazione che almeno inizino a vedere se c’è un volo Uliastay-UB. Partiamo verso sud ovest, il gps è consono con il pannello stradale e ci fermiamo a fare benzina 80 ottani. Pausa a pranzo con il povero Valter dolorante. I 200km vengono percorsi dalle auto a bassa velocità per non sballottare troppo Valter e arriviamo in città che sono le 18. Nel frattempo noi motociclisti abbiamo fatto dei tagli sulle alte montagne con colli a 2900m. Qui ci sono un paio di spezzoni (http://www.youtube.com/watch?v=gAx8LNrJDL0; http://www.youtube.com/watch?v=TFJQAPC_1MI) per non perdere “gusto” all’avventura… tanto l’auto doveva procedere lentamente! All’arrivo in città questo è il portale di Uliastay ritelefono col satellitare all’”assicurazione” e la dottoressa responsabile mi dice che in 10 ore il fax non è stato portato dalla stanza di ricevimento fino a lei e che se non ha letto il referto non si fa nulla! Questi sono Philippee Bimba in attesa delle decisioni su cosa fare. A questo punto gli animi si scaldano, faccio notare che il “Sig G Valter” ha stipulato un’assicurazione di viaggio personale avvisando che faceva un viaggio in moto e che il comportamento rilevato è indubbiamente criminoso al limite dell’omissione di soccorso; mi viene risposto che “magari” potremmo andare nel nuovo ospedale per ripetere tutta la trafila e che loro non avrebbero spostato il ferito fino a nuovi accertamenti. Mentre andiamo in un campo gher, che è in punta ad una montagna, ed è già un avventura arrivarci, anche se a quell’ora praticamente non abbiamo fatto foto del percorso impegnativo. Se non altro dormiamo in gher decenti, al caldo, doccia e una buona cena, il morale è lievemente migliorato. Il telefono normale non prende più e non vengo nemmeno richiamato sul satellitare di cui avevo lasciato il numero. A questo punto non sappiamo come comportarci: se mandare con i suoi mezzi Valter in aereo però da solo e senza assistenza o imbottirlo di farmaci e caricarlo sul fuoristrada e fargli continuare il viaggio, la terza opzione di mandarlo in fuoristrada ad UB è immediatamente scartata. In ogni caso procedo a mettere in trazione la clavicola col nastro americano, per abbassarla il più possibile (ottimo lavoro, dirà poi Valter).

03/8

Al mattino nessuno ha il coraggio di lasciare Valter in un paese sperduto, né lui ha voglia di restare e si sente di poter continuare, dall’assicurazione insistono con c*****e, manco avessimo alle spalle la Mayo Clinic, per cui proseguiamo tutti insieme la nostra avventura, tenendo sempre d’occhio il nostro paziente che dall’auto fotografava e partecipava ugualmente. Il programma prevedeva di dirigerci su Hovd, negli Altai, ma tre giorni persi in partenza per le moto e uno ora per l’incidente, ci costringerebbero a tappe forzate, per cui decidiamo di raggiungere le Mongol els con le dune di sabbia e iniziare quindi il rientro; passiamo quindi Aldarhaan e Argalant, un sasso proiettato dalla ruota anteriore riesce a bucarmi il carter, e per fortuna mi fermo e Gabriele vede il buco quando ho perso si e no 200cc di olio. Interviene subito Bimba che con il mastice bicomponente in 5 minuti tappa il foro… e si riparte (http://www.youtube.com/watch?v=X8JtegOHx3A). verso minuscoli villaggi molto caratteristici e arriviamo a fare il campo sulle dune (htttp://www.youtube.com/watch?v=X4YhLJsYi4g). Noi motociclisti ci divertiamo per un paio d’ore prima di montare le tende le moto leggere e potenti permettono di galleggiare senza problemi. Gabriele si raccomanda! “fatemi la foto!” E lo prendiamo in parola! Fotografandolo fino alla fine! Le moto continuano ad andare benissimo! (http://www.youtube.com/watch?v=ht2iX1TztSg). Divertimento e morale sono decisamente in ripresa, cena ai piedi delle dune (http://www.youtube.com/watch?v=mI5A1eJ24T4). Poi due temporali pazzeschi ci sfiorano facendo cadere solo poche gocce sulle tende, anche se il vento è teso, tanto che lego la tenda alla moto.

04/8

Al mattino ancora qualche gioco sulle dune poi ritorniamo ad Aldarhaan, dalla quale puntiamo a sud-est e affrontiamo un grande guado; sfodero tutta la sfortuna possibile ed entro in riserva in mezzo al guado, penso di aver bagnato, per cui spingo la moto fuori, ma quando Philippe mi dice di essere entrato in riserva 400m prima, giro la levetta magica e la moto riparte al primo colpo! Io sono l’ultimo sulla sx il vecchio Uaz invece è inarrestabile! Mi svuoto finalmente gli stivali! Non la stessa cosa capita a Gabriele che preso un roccone sommerso cade e affoga la povera motina. Pensiamo di cavarcela come era successo con la moto di Clem, ma dopo aver svuotato marmitta (http://www.youtube.com/watch?v=d1S1U1L_w0o) filtro, cilindro, carburatore, cambia candela… ecc. ecc non dà vuole proprio partire. Al che tagliamo la testa al toro: caliamo dal tetto la moto di Valter e mettiamo su quella di Gabriele. Abbiamo perso due ore, il guado successivo ce lo indica un ragazzo col Pajero che tutto contento ci chiede di fare le foto con noi, e noi contenti di beccare un guado certo dopo le due ore perse col grande guado di Gabriele (http://www.youtube.com/watch?v=RBrcPx_lbv0)… nel frattempo anche Valter inizia a riprendersi (http://www.youtube.com/watch?v=4AT0my2EgNc). Dopo un centinaio di km raggiungiamo il villaggio di Otont e facciamo il solito pieno di 80 ottani. In paese lo sciamano è venuto a benedire una nuova Gher per un matrimonio… e guarda caso le nostre moto suscitano sempre molta curiosità. Non ci sono campi gher turistici, per cui dovremmo fare il campo, ma ci sono nuvoloni neri… al che chiedo dove si trova l’Hotel 5 stelle più vicino e mi indicano una casa, dove una signora molto gentile mi presenta la disponibilità: 3 stanzoni, la nostra servirà anche da sala da pranzo. Mettiamo a terra i materassini e i sacchi a pelo e scansiamo l’acquazzone notturno. La cena è a base di una specie di goulash con pasta, tutto sommato non male. Bimba ne mangia una porzione enorme e lascia solo un osso… credo di dinosauro…

05/8

Al mattino la pista è bellissima tra vette altissime, passiamo numerose montagne oltre i 2800m facendo dei tagli; alla pausa di pranzo ci sorprende l’unico vero temporale in viaggio: apriamo il tendalino, ma persino il piatto delle sardine è allagato, ripartiamo con le tute da pioggia, Gli impermeabili della Tucanourbano quella volta ci sono stati veramente utili, ma in mezz’ora torna il bel tempo. Oggi sarà la tappa più lunga di tutto il viaggio 340km; A volte viene il dubbio… meglio il ponte o il guado? In teoria avrei proposto di fermarci a Bombogor, ma per non fare il campo tutti propendono per raggiungere Bayanhongor. Nel pomeriggio facciamo sosta in una gher, dove ci offrono il solito yogurt, e noi contraccambiamo con biscotti… negli ultimi 60 km Philippe e Gabriele ed io proseguiamo senza più soste per andare a cercare un hotel in città, dato che non ci sono campi gher turistici. Lo troviamo, fermiamo le camere e prenotiamo la cena, dopo 40 minuti arriva tutta la carovana, per fortuna ho radio e sim mongola per comunicare. Siamo stravolti, ma siamo arrivati tutti e possiamo recuperare le forze…

06/8

Al mattino essendo in una cittadina (Bayanhongor), riesco a trovare un internet point e a caricare su FB alcune foto, poi partiamo per Sargaliout dove ci sono le sorgenti calde; lì riesco in 10 metri a bucare e a strappare il filo dell’acceleratore, compio gli ultimi 400m alzando il minimo, nel frattempo ordiniamo il pranzo nel ristorantino e facciamo le riparazioni. Dopo mangiato propongo di fare la strada alta che valica le montagne per arrivare ad Arvayher. Bimba, l’autista mongolo, ci spiega che è una pista troppo dura per passare con i fuoristrada, per cui dopo qualche discussione ci separiamo… Philippe, Gabriele e Giulio ed io proseguiremo in moto, mente i due fuoristrada e Clem faranno la strada bassa, Bimba mi dà l’appuntamento all’Hobby hotel di Arvayher. Noi dovremo percorrere circa 180 km in totale autonomia confidando e sperando di trovare benzina al piccolo villaggio di Thuseejargalant; siamo consci di non avere il furgone alle spalle con tutti i ricambi e gli attrezzi quindi decidiamo di procedere con estrema cautela ed attenzione senza strafare, un qualsiasi intoppo sarebbe un casino notevole. Ho tracciato una rotta sul GPS, che segue una strada principale, ma in realtà il gioco è di navigare a vista scegliendo le montagne da valicare solo in base alla forma più o meno accattivante, alle gher ci fermiamo a chiedere e i pastori, per nulla avvezzi alla vista di turisti, annuiscono alle nostre richieste, ma forse non capiscono nulla; iniziamo a scavalcare vallate meravigliose, cerchiamo di evitare guadi profondi dove non indispensabili, ad un certo punto ci troviamo in una conca bellissima, il terreno è di torba fradicia di sorgenti, in mezzo ci sono macigni di discrete dimensioni, la salita è molto ripida, ma procediamo. Philippe ed io d’istinto finiamo più sulla sx, mentre Giulio e Gabriele più sulla dx, siamo a vista, ma a 6/700mt di distanza, alla fine tutti arriviamo in cima al colle, a quota 2950m dove si intravede una vaga traccia che discende, la seguiamo fino a che prende sempre più la forma di una pista, alla fine si vedo una pista vera che si stacca a sx, andrebbe bene per Arvahyer, ma resisto alla tentazione perché non ce la faremmo mai con la benzina, quindi pieghiamo a dx per arrivare al paese. ” alt=”” />). Trovo una ragazzina che mi indica la sua stazione di benzina, un pilone in muratura contenente una pompa a mano, lei contro i furti si porta via la cinghia della pompa, (http://www.youtube.com/watch?v=-QVQZ0ZwCAk). Facciamo il pieno e ripartiamo calcolando che dovremmo farcela prima del tramonto. Gli scenari sono bellissimi ed indimenticabili, proseguiamo abbastanza vicini fino a che un centinaio di km dopo, intravedo una pista che piega sulla dx: deve essere quella buona, mi dico, e la indico agli altri poi salgo sulla sommità della collina per vedere meglio il bivio dove imboccarla, faccio in tempo a girarmi, Gabriele è alle mie spalle, ma non vedo gli altri due, pensiamo che stiano arrivando attendiamo alcuni minuti, dopo di che torniamo all’ultimo punto, ma sono spariti. Pensiamo che le possibilità siano solo due: hanno subito preso la pista che ho indicato oppure non hanno capito e hanno proseguito dritto; passa qualche altro minuto e decidiamo che Gabriele starà di vedetta sulla collina e io andrò al paese di Uyanga 5 km oltre a vedere se hanno proseguito. In paese giro e chiedo ai tre distributori, ma nessuno sembra capire che cerco due moto identiche alla mia. Giro in lungo e in largo per il paese senza riscontri, l’appuntamento tipico è al distributore… devono aver preso la pista di dx prima di lasciarci. Torno da Gabriele sulla collina e lui non ha visto nulla, provo a telefonare col satellitare, ma nessuno risponde. Ormai il sole sta per tramontare e decidiamo di fare i 70km per Arvahyer anche se arriva la notte e i nostri fari sono” starati “e sembrano contraerea: in una notte senza luna abbiamo percorso senza luci le piste fino ad arrivare all’appuntamento all’hotel Hobby, anche questa è avventura! Arriviamo alle 22,30 senza cena, stravolti e non c’è nessuno dei nostri amici; con il satellitare riesco a captare le auto che su una pista bruttissima e polverosa, alle 10 di sera hanno deciso di fare il campo, a 30 km dalla meta, ma hanno avuto notizie dai due motociclisti dispersi… hanno sbagliato strada e sono andati 15 km oltre Uyanga e poi sono ritornati al paese mentre io ero già ripartito… per fortuna hanno trovato una ”stamberga” per passare la notte. Morale della favola, seppur tra mille e un casino, domani mattina ci ritroveremo tutti. Facciamo una specie di cena verso le 23,30 poi sprofondiamo nel sonno nel letto dello ”squallido” hotel che non ha neppure l’acqua per lavarci.

07/8

Al mattino ci svegliamo, poi iniziamo a cercare di contattare i vari dispersi. L’’interprete e Bimba l’autista rispondono subito, stanno smontando il campo ed hanno avuto notizie da Giulio e Philippe che stanno partendo dal loro “Grand Hotel” alle 10 tutti ci rincontriamo. C’è qualche recriminazione dal gruppo delle auto, perché la loro era una pistaccia polverosa, fortunatamente non ero stato io a proporla e non ci ero mai passato… e ancora più fortunatamente il nostro è stato il percorso più bello di tutto il viaggio, ma non calco troppo su questo tasto per non essere strangolato! Spesa e vettovagliamenti e partiamo in direzione sud est per vedere una parte delle pianure pre desertiche. Per cui lasciamo Arvahyer oramai le grandi montagne sono alle spalle ed il paesaggio indubbiamente è più monotono. Percorriamo molti km in mezzo ai fiorellini viola, intanto Philippe che aveva strappato il cavalletto trova come valido succedaneo un teschio di cavallo. Per ora di pranzo, come al solito, invece di fermarsi nel nulla, cerco una gher e chiedo “ospitalità”, in realtà a nostro modo facciamo beneficenza, perché offriamo da mangiare le nostre scorte a chi vive nella tenda. In genere abbiamo comunque sempre trovato gente ospitale, d’altro canto per loro che vivono nel “nulla” un incontro così sarà ricordato a lungo. A metà del pasto tiriamo fuori un barattolo di Nutella, ne spalmiamo una fetta a testa e la diamo ai bambini… dopo due minuti, uno minuscolo, si alza afferra ed abbraccia il barattolo e non lo molla più… Chiaramente nessuno ha il coraggio o il cuore di riprenderselo, e lui si aggira tutto tronfio con il suo bottino di guerra! Sembrava messo in posa! Foto come questa dovrebbero farci meritare una fornitura per il prossimo anno da parte della Ferrero! Ed anche quando ripartiamo non molla il suo abbraccio! Anche qui c’è molta più acqua del solito nell’Ongiyn gol, il fiume è troppo impetuoso, per cui seguiamo la riva destra ripromettendomi di guadarlo molto più a sud quando sarà in parte evaporato. Proseguiamo sempre in direzione sud/est facendo altri incontri. Gabriele scopre che anche i cammelli , come i lama… sputano! E questo cucciolo spaventato, non avendo altre armi… lo lava! Il terreno è stepposo, anche se rimangono nel terreno tracce delle piogge dei giorni precedenti! L’Uaz prosegue sempre con la moto sul tetto! Il fiume lo passeremo a Sayan-Ovoo dove comunque è ancora impetuoso. Qui, dopo aver fatto il bagno nel fiume, assisteremo ad un Nadam dei ragazzini con i cavalli di 2 anni. Spiego per chi non conosce la Mongolia: nn nadam è una festa in cui si fanno corse di cavalli, gare di lotta, e sono tra le feste più seguite dai locali. Arriviamo ad Ongiyn dove dormiamo in uno dei più bei campi gher, avendo però la sensazione che sia troppo turistico: per la maggior parte del viaggio abbiamo “vissuto” la Mongolia. Qui siamo dei veri turisti… Però ci sono bagni e saune fantastiche, salottini e ogni lusso. Lì accanto ci sono i ruderi di uno dei più importanti templi buddisti della Mongolia:Ongyn, i sovietici distrussero i templi uccidendo i 220 monaci, per sradicare la religiosità (http://www.youtube.com/watch?v=AAQq76ymJHk; http://www.youtube.com/watch?v=qLO8k63fPoI; http://www.youtube.com/watch?v=ZqZTTu6elFc). Al mattino alla partenza, tutte le ragazze del villaggio vengono a salutarci e noi goliardicamente le abbiamo baciate tutte… ma castamente!

08/8

Alcuni di noi sono stanchi e decidiamo di calcolare tappe più corte; ci dirigiamo ad est verso Mandalgovi, anche se, nell’uscire dal campo, in quattro siamo in ritardo e non vediamo in che gola le auto e Clem si infilano, in realtà solo più tardi sapremo che sono tornati indietro di 4 km prima di piegare ad est. Noi invece seguiamo la pista, ma non vediamo tracce dei loro pneumatici e della moto di Clem, per cui decidiamo di puntare su Delgerhangay, un paese di cui avevamo parlato, facciamo un lungo taglio nel nulla in fuoripista, impostando il paese sul gps e procediamo in linea retta fino ad incrociare una pista che arriva da sud, e la seguiamo, al cippo sulla pista lascio messaggi per le auto, casomai fossero alle nostre spalle. Sulla pista si apre un profondo baratro, lo vedo per tempo, faccio in tempo a mettere la moto per traverso. Per avvisare gli altri procediamo sempre più piano per risparmiare benzina, entriamo in riserva e a 20 km dal paese ne compriamo un litro da un nomade che ha la moto davanti alla gher, entriamo nel paese ed al distributore troviamo tutti gli amici che non avevano capito di averci persi e pensavano ad uno dei miei tagli volontari. Pranzo in un ristorantino e 20 minuti di pennichella su 4 letti accanto alla sala da pranzo. Ripartiamo, e nel pomeriggio ci fermiamo a fare un campo a 30 km da Mandalgovi (http://www.youtube.com/watch?v=9uyRddB1zBA) dato che in città o nelle vicinanze non ci sono campi gher, ed in genere gli hotel nelle zone meno turistiche sono molto squallidi. Considero che dopo 2700km i pneumatici hanno tenuto bene visto la traccia che lasciano ancora, noi che ne avevamo comprata una vagonata temendo che non durassero nulla cena e notte stellata. Alla sera come ogni giorno, carico sui gps la rotta della prossima giornata, con le eventuali modifiche da quello che si era pensato dall’Italia e mentre noi traffichiamo col computer, il mitico “Bimba “ si riposa.

09/8

Raggiungiamo la città di Mandalgovi, facciamo benzina e il pieno delle taniche e acquisto vettovaglie, visto che in città ci sono dei veri supermercati ben forniti, perdiamo mezza mattinata per cui ennesimo pranzo in un ristorantino; il problema dei ristoranti è che ci mettono almeno un’ora! Nel primo pomeriggio puntiamo su Baga Gadzirim Chuluun, ad un centinaio di km, a nord-ovest, i cippi votivi confermano che la pista è giusta (http://www.youtube.com/watch?v=BvLYgmR0ruM; http://www.youtube.com/watch?v=uT-0LOfNT7w). Raggiungiamo Baga, un posto magico con macigni bellissimi una montagna “penso” granitica, e un piccolo tempio infossato nelle rocce, anche questo distrutto dai russi, dove avevano fatto la solita strage di monaci. Forse l’ idea di mettere nella tasca del gilet un guanto sporco d’ olio non è stata grandiosa, ah ah ah! A questo punto avendo avuto problemi in partenza per le moto decidiamo di guadagnare mezza giornata per avere il tempo di sistemarle e controllarle con un minimo di manutenzione in vista dei viaggi futuri, per cui puntiamo verso nord verso il monte Hayrhan. La strada è scorrevole in mezzo a pratoni, con i cuccioli di aquile che imparano a volare. Philippe e Gabriele ed io arriviamo nel punto dove cinque anni prima avevo visto un campo gher, ma non lo vedo: in effetti è dietro ad una collinetta, in un posto spettacolare. Sullo sfondo della foto si vede il campo gher piuttosto nascosto peccato che sia chiuso, o meglio non c’è ristorante e docce, ma la guardiana ci apre le gher e dormiamo nei nostri sacchi a pelo. Per le docce risolviamo in modo “bucolico” a 500 metri dal campo c’è un pozzo e le abluzioni sono… per così dire piuttosto spartane… Per le nostre miss portiamo delle taniche e si laveranno con i catini.

10/8

Al mattino gli ultimi 140 km prima di raggiungere UB. Partiamo e procediamo assieme al gruppo per un tratto, anche questa volta a 80km ci stacchiamo… Philippe, Gabriele e io. (http://www.youtube.com/watch?v=ze4DoArR4Bc) per andare a confermare le camere in Hotel, che raggiungiamo intorno alle 11,30; confermiamo le stanze e attendiamo un paio d’ore l’arrivo del gruppo, dopo aver prenotato un pranzo coreano al ristorante dell’hotel. Adesso c’è il problema per il parcheggio delle moto. La persona che ci aveva offerto gratuitamente un container per il parcheggio si ritira, anzi ce ne vuole vendere uno, per cui cerchiamo un’altra soluzione. Cena al Mongol barbecue, in cui ognuno sceglie cosa farsi cucinare e il tizio con degli spadoni cucina sulla grande piastra.

11/8

Tralascio qui, vicissitudini prettamente economiche, comunque troviamo un altro posto per il parcheggio, facciamo un minimo di manutenzione e valutiamo i ricambi che serviranno per il prossimo giro: un paraolio sulla leva del cambio, una chiave per smontare un cuscinetto ruota posteriore, dei raggi di scorta. Svuotiamo i radiatori, perché ad UB in inverno i -30° sono la norma. Controlliamo il gioco valvole sulla mia, che per altro è perfetta, controlliamo i cuscinetti alla base dell’ammortizzatore, che sono anche loro come nuovi, qualche altro controllo e.. impiliamo tutti i ricambi e andiamo da un notaio a scrivere su carta intestata tutto quello che abbiamo lasciato e a chi, con tanto di timbri in ogni pagina, fotocopia documenti ecc.ecc.

Alla sera ”ultima cena” al ristorante cinese, grande abbuffata. Ci raggiungerà un’altra ragazza mongola che parla un italiano perfetto, ed ha lavorato in Italia, è di una gentilezza e cortesia inimmaginabile. Ci potrà essere utile in futuro per eventuali contatti. In effetti, abbiamo avuto con noi Tuya che è stata sempre gentile e dolce, con un sorriso gaio anche nei momenti più duri. L’autista Bimba è stato sempre super efficiente con il fuoristrada Uaz super fornito, dall’inverter alla mola all’aspirapolvere sulle dune del Gobi! Questo dimostra che non solo la Mongolia è una terra bella da mozzare il fiato, ma il suo popolo è forte, determinato, gentile ed ospitale… forse un po’ bambino nell’animo.

12/8

Alle 4 di mattina, anche se non dovuto, Tuya, col marito e Bimba si presentano all’Hotel per portarci all’aeroporto. Volo perfetto, per una volta con fortuna sfacciata, trovo tre posti liberi e riesco a sdraiarmi e a dormire 4 ore sul volo per Mosca, da dove, dopo il cambio, partiamo per Malpensa arrivando in perfetto orario.

Conclusione

Il viaggio è stato molto bello, i paesaggi fantastici, i percorsi sulle montagne meravigliosi, mi rendo conto che in Italia quando si pensa alla Mongolia si pensa facilmente al Gobi, ma la parte veramente spettacolare e poco nota è proprio al nord e sulle montagne. Il gruppo, nel complesso, nonostante qualche normale recriminazione, si è mostrato adattabile, affiatato e piacevole, tenuto conto che 3000km in moto ed anche in fuoristrada sono pesanti fisicamente e psicologicamente. Le moto si sono comportate al di sopra delle più rosee aspettative, non ci hanno mai tradito, partendo sempre al primo colpo e senza lamentare guasti degni di nota. Abbiamo già laggiù un mucchio di ricambi e di pneumatici per i prossimi giri. Questo è stato l’ itinerario 2011. Questa estate vorremmo organizzare almeno altri due tour e, dato che sicuramente non tutti torneranno, ci saranno al momento 2/3 moto a disposizione! Chi fosse interessato mi contatti, anche solo per informazioni, perchè dovremo pianificare l’itinerario, ma soprattutto prenotare i voli al più presto per evitare di pagarli molto più cari. Io partirò il 24 Luglio 2012 e tornerò il 15 agosto. Avevo pensato ad itinerari di 10-12 giorni perché non sia un tour troppo stancante, ma chi vuole può restare tutti i 21 giorni; al momento un amico dovrebbe rientrare il 4 agosto, gli altri intero periodo. Se poi un gruppetto di amici fosse interessato, possiamo fare qualsiasi cosa: importante è offrire ad altri un’esperienza unica, il piacere della moto, della pista, dell’avventura… in un mondo unico, ancora poco contaminato dal turismo di massa.



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