Nelle steppe di gengis khan

NELLE STEPPE DI GENGIS KHAN “Oceano di steppe desolate e deserti di venti, Foreste secolare e alte montagne innevate, La Mongolia si offre incontaminata all’occhio del viaggiatore Su questa terra di orrizonti senza confini, Il vento delle pianure si mescola col blu del cielo Per creare delle pitture impressionistiche Fuggitivo come la...
Scritto da: lunasiatica
nelle steppe di gengis khan
Partenza il: 01/07/2000
Ritorno il: 30/07/2000
Viaggiatori: in coppia
NELLE STEPPE DI GENGIS KHAN “Oceano di steppe desolate e deserti di venti, Foreste secolare e alte montagne innevate, La Mongolia si offre incontaminata all’occhio del viaggiatore Su questa terra di orrizonti senza confini, Il vento delle pianure si mescola col blu del cielo Per creare delle pitture impressionistiche Fuggitivo come la luce è il passaggio del cavaliere sulla pista, Effimera è la stabilità della iurta nel cuore della collina La Mongolia si merita… E lascia scoprire il suo splendore…

Piano piano…Passo dopo passo Secondo gli incontri e i capricci del suo clima”

LA PRIMA NOTTE NELLE STEPPE DI GENGIS KHAN Tramite indirizzi trovati da ABM (www.Abm.Fr), associazione di viaggiatori indipendente dalla quale siamo membri, avevamo deciso di nollegiare la jeep già dalla Svizzera, perchè l’arrivo a Ulaan Bataar previsto per il primo giorno del Nadaan, non ci avrebbe consentito di fare ricerche sul posto. Dopo avere goduto i tre giorni del Nadan (i Mongoli si ritrovano in occasione della festa nazionale per assistere ai loro tre giocchi virili e preferiti : tiro all’arco, lotta, corse a cavallo) era scoccata l’ora della partenza per la steppa sulle orme di Gengis Khan.

La proprieteria della guest house, che tra l’altro ci aveva dato il proprio appartamento per mancanza di posto, aveva raccomandato di essere pronti per le ore 7.00. Alle 6.00 già dalla finestra spievamo l’arrivo della jeep, ma tutto era silenzioso in quel quartiere di Ulaan Bataar. Verso le 7.30 vennero ad avvertirci di problemi riscontrato alla jeep , quindi la partenza era posticipata di alcune ore. Il tempo scorrendo, si erano fatto le 16.00 e si rischiava di fare tardi all’ appuntamento con Gengis Khan… Nell’aspettare, decidemmo di riconfermare i voli di ritorno, visitare ancora la capitale, e di conversare con i viaggiatori della guest house, alcuni reduci di lunghi viaggi a bicicletta in provenienza dalla Francia. Ad un tratto, l’autista appare e senza avere il tempo di realizzare lasciamo la capitale; già dopo pochi kilometri la steppa si estende all’infinito con paessagi mozzafiati e splendidi, il tutto quasi all’imbrunire dava una nota ancora più misteriosa alla steppa.

Mejet, l’autista, parlava poco la lingua di Shakespeare, e sapendosi in ritardo non osevamo chiedere di fermarsi ad ogni passo per scattare fotografie. I nostri occhi tentavano di registrare ogni paesaggio, ogni volto incontrato, ogni animale che pascolava… La bellezza della steppa ci aveva già conquistati , facceva battere più forte i nostri cuori e metteva in allerta tutti i nostri sensi.

Ad una fermata per osservare e fotografare un ovoo ( gli ovoo, simboli di buona fortuna sono dei tumoli votivi a cui i viaggiatori legano strisce di stoffe blu o soldi oppure depongono un sasso o altri oggetti per richiedere protezione; la pratica di erigere gli ovoo era proibita durante il comunismo e oggi sta rinascendo) chiesi dove avremmo dormito e alla risposta sotto una iurta capii di avere trovato l’autista adatto alle nostre esigenze, al nostro desiderio di condividere la vita locale; di fatto viaggiatori incontrati ci hanno riferito di mai avere avuto l’opportunità di dormire nelle ger, solo nei tourist camp.

Verso le 21.00 all’improviso Mejet cambio direzione, e in quella oceano dove l’erba rasa è sola regina ci chiedevamo dove fossimo diretti… Circa dieci minuti dopo davanti a noi apparve una iurta , unica forma vivente in quella deserto incommensurabile. I Mongoli hanno un senso dell’ orientamento eccezionale, si guidano osservando le varie forme delle montagne, dune, pianure e rii incontrati.

Fummo accolti da una gentile e giovane famiglia con due bambini in tenera età. Ci offrirono in segno di benvenuto una grande ciottola di latte di cavalla fermentato, il famoso airak dal quale si nutrono prevalentemente i Mongoli, possono berne sino a dieci litri al giorno. Dopo una cena mongola a base di formaggi e della loro eccelente zuppa, la padrona di casa ci mostrò dove potevamo sistemarsi per la notte, ossia al lato opposto all’ingresso, posto d’onore per le visite gradite. Un pò smarriti, vestiti ci sdraiamo su i nostri sacchi a pelo, sopra la mia testa un vassoio riempito di formaggi vari messi a asciugare per costituire le provviste invernale.

Piano piano, la vita nella iurta iniziò a quietarsi, i bambini si addormentarono nei letti posti ad Est e Ovest della ger, la padrona di casa si occupava dell’ultima mungitura delle cavalle per poi trasformare il latte in airak. Più tardi arrivò il marito dalla steppa e stanco buttò la sella in un angolo della iurta, come noi le chiavi della macchina, baciò la sua Signora e si accorse di noi, ci salutò con gli occhi dal tutto non stupito di trovarci lÌ, nella sua dimora. Questa è l’ospitalità mongola…

Qualche istante dopo iniziò a piovere, e attraverso l’apertura nella cima della iurta, che serve di finestra, s’intravedevano le zebrature dei lampi nel cielo, lo scintillare delle stelle e la pioggia cadere, senza che una sola goccia entrasse nella ger… Magia mongola… E mano nella mano , la mente riempita di magici e fantastici ricordi e emozioni, sognando al nostro futuro incontro con Gengis Khan, il sonno ci colse fra le sue braccia…



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