La grande C: Cancun-Miami in bus

Dato che e' stato moncato dopo nemmeno 20 giorni, provo a ri-pubblicare il mio diario. CIAO A TUTTI! **ndr. Alessandro ha ragione, per motivi indipendenti dalla nostra volonta' il suo precedente itinerario risultava interrotto. Ce ne scusiamo con l'autore e con i lettori. DIARIO DI VIAGGIO MARTEDI 21 AGOSTO Arriviamo a Cancun via...
la grande c: cancun-miami in bus
Partenza il: 21/08/2001
Ritorno il: 24/10/2001
Viaggiatori: in coppia
Dato che e’ stato moncato dopo nemmeno 20 giorni, provo a ri-pubblicare il mio diario.

CIAO A TUTTI! **ndr. Alessandro ha ragione, per motivi indipendenti dalla nostra volonta’ il suo precedente itinerario risultava interrotto. Ce ne scusiamo con l’autore e con i lettori.

DIARIO DI VIAGGIO MARTEDI 21 AGOSTO Arriviamo a Cancun via Madrid-Miami, intorno alle 18 (mezzanotte italiana), e la prima sorpresa che mi riserva il Messico è lo smarrimento dei miei ba-gagli: inutile descrivere lo sconforto che provo, an-che perché, non essendo il messicano famoso per la sua solerzia, temo di non rivederli mai più, e comin-cio ad abituarmi all’idea che dovrò comprare dei ve-stiti. In ogni caso l’impatto con il Messico è forte, e appena usciti dall’aeroporto ci sembra di essere proiettati in un bagno turco, l’umidità è altissima, e la temperatura equatoriale; non per niente veniamo a sapere che ieri è passata Chantal, una uraganina, che ha fatto sospendere tutti i voli in direzione Can-cun, e le sue tracce sono evidenti: pozzanghere dappertutto con rami e foglie sparsi ovunque. Pren-diamo un autobus e ci dirigiamo verso Cancun pueblo (così lo distinguono qui dalla zona hotelera), e, insieme a due ragazzi senesi conosciuti in aereo (Andrea e Jacopo) andiamo alla ricerca di un alber-go economico. Dopo un paio d’ore scegliamo il Cotty, per 44 dollari, e dormiamo in 4 in una stanza e in due letti, ma siamo così distrutti che dormi-remmo anche su un letto di chiodi.

MERCOLEDI 22 Cancun: Hoy conocimos a dos simpaticos italianos, Alejandro que habla mucho y Simone que no entiende nada.

Alejandro es impaciente y desesperado con unos ojos hermosos.

OJOS Me gusta que me digas con la mirada Todo lo que dices sin decir nada Y juntos en los labios el cosquilleo De envolver con palabras nuestro deseo.

Me gusta que me mires como lo has hecho Viendo siempre a los ojos viendo derecho Irradiando en el rostro esa sonrisa Que me besa y beso como la brisa. Pedro San Nicolas Fue agradable conocerlos espero nos volvamos a ver chi-cos.

Martha Ha sido una experencia agradable, conocerlos a ustedes dos, desde que llegue a Cancun en busca de trabajo, ha sido lo mejor que paso, despues de pensar tanto en traba-jo, ustedes hicieron olvidar la presiòn de estos dias; gracias chicos, y cuando quieran los puedo atender psicològica-mente. Simone, tienes que aprender espanol, no importa que no sepas la gramatica eres lo suficientemente listo.

Alex, muy bien eres muy agradable, no sé que mas escri-bir, creo que es todo, un beso.

Moyra Sono le ore 12:30, e per mangiare (e rientrare nel rigido budget prefissoci) e per cercare un po’ di re-frigerio dalla umidissima e opprimente calura dello Yucatan, ci buttiamo in un supermercato, dopo aver salutato Andrea e Jacopo, partiti alla volta di Tulum. Qui ci sediamo vicino a due ragazze, che poi cono-sciamo: Martha,messicana,23 anni,di Città del Mes-sico,e Moyra,peruviana, 26 anni,di un paesino in-nominabile nel nord-est del Perù. Alla fine, conqui-state da cotanta simpatia ed avvenenza, ci propon-gono di andare da loro, e di rimanere a dormire in-sieme, in una stessa stanza. Dopo qualche rimugi-namento accettiamo, consci del fatto che dovevamo rimanere a Cancun per aspettare il mio bagaglio, e anche perché il prezzo è conveniente: 100 pesos per uno (a Cancun è poco). In serata, dopo essermi recato con Simone all’hotel Cotty per attendere il mio zaino, che non è arrivato peraltro, siamo tornati alla casa, dove non sapevo quello che sarebbe capi-tato: Martha era seriamente interessata a me. Sia-mo andati a letto alle 2, dopo che il povero Simone ha dovuto consumare tre Corona per farsi passare la serata con Moyra.

GIOVEDI 23 Islas Mujeres: finalmente oggi è arrivato il mio ba-gaglio dall’aeroporto, e, dopo aver adeguatamente salutato le due ragazze,con la promessa di rivederci nella capitale, decidiamo di imbarcarci per la Isla Mujeres, una striscia di terra lunga 7 km e larga non più di 500m, a una mezz’ora di traghetto velo-ce da Puerto Juarez, l’embarcadero di Cancun.Di quest’isoletta ci avevano parlato molto bene Gino e Teresa, per cui decidiamo di dar loro fiducia. Trova-to un buon albergo, l’Osorio, a 200 pesos per una doppia, facciamo un giro alla playa del norte e ce-niamo in un vero bugigattolo messicano; sicura-mente, ma non è difficile, qui si respira un’ aria che profuma più di Messico rispetto a quella di Cancun, e la cosa ci fa molto piacere. Ora sono le 22:00 e Simone già è imbustato, io chiudo il rapporto per oggi e lo seguo immediatamente (siamo cotti).

VENERDI 24 Isla Mujeres: decidiamo di visitare la punta sur (8 km a sud del centro abitato) e il parco Garrafon, che costituisce uno dei paradisi per gli amanti dello snorkeling,ma il prezzo dell’ingresso è troppo eleva-to,intorno alle 30000£, per cui dobbiamo assoluta-mente trovare un modo di aggirare la porta princi-pale ed entrare dal mare; quando si è motivati si riesce, e noi scoviamo un passaggio 300 metri più in là, e ci introduciamo abusivamente nel parco. Qui facciamo la prima conoscenza con le iguane, che vi si trovano in gran numero, e proseguiamo la nostra escursione finchè possibile via mare. In una piccola baia ci concediamo un bagno, in mezzo a conchiglie enormi, dopodichè rientriamo con calma al centro. Passando dalle parti dello zocalo, vediamo che ci sono molte persone che stanno giocando a basket, per cui ci cambiamo e ci uniamo loro. Ci divertiamo come pazzi, anche perché a noi ci affibbiano come compagno un personaggione da paura, Danielito, alto un metro e sessantacinque a essere generosi, e con un paio di occhialoni alla Jabbar incredibili (di-menticavo, Daniel avrà un 45 anni). Giochiamo fin-chè un temporalone non interrompe tutto, ma non prima di scambiare la mia canotta dello SMIT con una della Isla Mujeres, che custodirò come una reli-quia. In serata ci facciamo due huevos revueltos, un giro per il paese (essendo bassa stagione non c’è quasi nessuno) e poi nanna.

SABATO 25 Cancun: è il giorno della maledizione di Montezuma, cacarella, crampi allo stomaco, febbre alta e mal di testa. In queste condizioni prendo il ferry per torna-re a Cancun, da dove saremmo dovuti andare a Tu-lum.All’ arrivo a Puerto Juarez esplodo:chiedo di corsa 5 pesos a Simone per il bagno, e do veramen-te tutto, con la gente fuori che reclama una certa urgenza.Il tragitto in bus fino a Cancun è una pas-sione, e appena giunti dalle parti del Chedraui (il supermercato del peccato), mi sbrago nell’androne di un albergo, che è anche di un certo livello; Simo-ne cerca di spronarmi a camminare, ma non ce la faccio proprio, e più passa il tempo e più mi sento male: l’unico spostamento che riesco a compiere è un rantolo per seguire l’ombra, che ogni quarto d’ora mi sfugge; una delle dipendenti dell’hotel, mossa a compassione, mi porta da bere, e io ap-prezzo molto, perché in Italia una cosa simile non sarebbe mai avvenuta.Dopo un paio d’ore, raccolgo tutte le mie energie e mi incammino con Simone fi-no alla casa di Manuel, ma qui ci aspetta una brutta notizia: le ragazze sono tornate a Città del Messico, e la casa è tutta occupata, quindi noi siamo senza stanza, con me in condizioni pietose. Fortunata-mente troviamo un’altra sistemazione vicino alla ca-sa di Manuel, la Pina 25 (250 $) e io mi scremo tut-to il giorno sotto una coltre di 4 coperte, mentre Simone va alla Siete (zona hotelera di Cancun).

DOMENICA 26 Cancun: Sto un po’ meglio, e me la sento di andare a Tulum: in mattinata partiamo e in due ore siamo a Tulum, circa 200 km a sud di Cancun: è gratis perché è domenica,ed il sito è di immensa bellezza, per via della posizione: in riva all’oceano. Questo si-to non è indicato nelle guide come uno dei più belli, dal punto di vista della qualità e quantità dei reperti che offre, ma essendo per noi il primo visitato, la magia e le emozioni che ci trasmette sono molto forti. La giornata è molto bella (quindi molto calda), ma per fortuna qua e là ci sono le caratteristiche palapas, cioè dei gazebo interamente costruiti con materiale proveniente dalle palme, che ci offono un po’ di ombra nonché la possibilità di rimanere per qualche minuto in meditazione di fronte a quella che era una cultura profondamente diversa da quel-le che siamo abituati a vedere in Italia. Di pomerig-gio torniamo a Cancun, dove finalmente ci appre-stiamo a passare l’ultima notte. In serata ci conce-diamo un ulteriore giro alla zona hotelera, che io non avevo visto, e sento tutto il dispiacere di tro-varmi in una bellissima zona di mare, completa-mente devastata però da quel turismo di cemento e grattacieli fatto a misura di yankees, che i messica-ni sono stati costretti ad accettare per migliorare un po’ il loro tenore di vita.

LUNEDI 27 Valladolid: in mattinata prendiamo l’autobus, salu-tiamo finalmente Cancun e in due ore siamo a Val-ladolid, una cittadina a 160 km a ovest di Cancun, sempre nello Stato del Quintana Roo, e sempre in mezzo ad un immenso mare verde che è la giungla pluviale della penisola dello Yucatan. Qui si sente aria di Messico vero. Giungiamo nel pomeriggio, e ci accoglie un bel temporale, intenso ma di breve du-rata, come è regola da queste parti, e una volta spiovuto andiamo alla ricerca di un hotel (grande il chioppone di Simone su un marciapiede, per saltare il fiume che si era creato sulla strada): il Guadalu-pe, non è un granchè, ma a 130$ non ci possiamo lamentare. Il pomeriggio è una gran figata, perché affittiamo le biciclette dal vecchio (documentato in foto) e ci dirigiamo al Cenote Dzitnup, a 7 km da Valladolid, con altri due italiani, Enrico e Francesca: un altro acquazzone ci coglie nel tragitto, ma ci si può stare. Il Cenote, che altro non è che un bacino sotterraneo naturale utilizzato come cisterna di ac-qua piovana, è bellissimo, ed è emozionante nuo-tarci dentro, insieme a una moltitudine di pesci neri senza occhi. Il Cenote presenta anche un foro sul soffitto, dal quale entra l’acqua, e quando ad un certo punto viene attraversato dai raggi del sole, lo scenario visto dall’interno è affascinante.In serata torniamo a Valladolid, e ci chiediamo come in una zona così ricca di precipitazioni ci sia necessità an-cora oggi di ricorrere ai Cenotes, che erano già uti-lizzati dai Maya e dai Toltechi; una rapida scorsa al-la nostra cartina ci dà la risposta: la penisola yuca-teca non è percorsa da un solo corso d’acqua(e lo Yucatan è grande come l’Italia),e non c’è la benchè minima altura o rilievo montuoso.

MARTEDI 28 Valladolid:oggi è la giornata di Chichèn Itzà, uno dei siti archeologici più belli del Messico, con il suo “Ca-stillo”, alto più di 25 metri, perfettamente conserva-to. Ci alziamo sul prestino, cioè intorno alle 10 (…),e arriviamo a Chichèn verso mezzogiorno,in pratica l’ora più sconsigliata,data la calura e l’umidità opprimenti.Alla stazione degli autobus mi dimentico la Lonely sullo Yucatan,che ovviamente non ritroveremo al nostro rientro: la cosa mi abbat-te non poco, perché per noi aveva il valore che ha il corano per un talebano (e già sto pensando al modo di dirlo ad Andrea,anzi, a Tessa, cioè la legittima proprietaria).In ogni caso la bellezza del sito mi fa distrarre un poco dall’infausto evento, e il momento in cui ci si para innanzi il Castillo (così ribattezzato dagli Spagnoli) sarà molto difficile da scordare:è il primo grande tempio Maya che visitiamo, e ci sem-bra di essere in una puntata di Overland, o in un documentario.Per salire fino alla cima è necessario l’aiuto di una corda,poiché la pendenza dei gradoni è maggiore di 45°,e la loro alzata è notevole; anche la quantità di sudore da versare (per me poi, e chi mi conosce lo sa bene) non è poca, ma ne vale ve-ramente la pena: una volta in alto il panorama è di quelli che non siamo certo abituati a vedere noi eu-ropei:un mare verde sconfinato, piatto, a perdita d’occhio per tutti i 360°, non una costruzione, non un traliccio, non una collina, solo giungla. Il tempo di scendere che già ci troviamo nel campo della pe-lota più grande e meglio conservato di tutte le Ame-riche, dove venivano risolte contese di tutti i tipi, e la pena per chi perdesse era la morte (non c’erano partite di fine stagione, immagino).Continuiamo poi la visita del sito accodandoci ad un gruppo di turisti italiani che avevano preso una guida, ma sempre tenendoci a debita distanza (fisicamente ma non u-ditivamente,ovviamente),e in un paio d’ore il tour è completato.Al ritorno decidiamo di cambiare siste-mazione, affidandoci al magico vecchione, e andia-mo a finire in una stamberghetta a 35 pesos a te-sta, ma con aria condizionata e bagno privato. Dopo una cena tristissima torniamo all’ “hotel”,e facciamo conoscenza con due simpatici italiani (come ti sba-gli!).

MERCOLEDI 29 Mèrida: dopo una visita in mattinata alla chiesa di San Bernardino da Siena, che è la più antica chiesa coloniale messicana (fatta costruire ai tempi di Cor-tès), si fa rotta verso Mèrida, la capitale dello Stato federato dello Yucatan (mi ha incuriosito il fatto che il Messico, in realtà non si chiama così, ma Stati U-niti Messicani, e Messico rappresenta il nome della capitale, da noi invece erroneamente chiamata Città del Messico). Mèrida rappresenta il nostro primo contatto con una città vera, in quanto supera il mezzo milione di abitanti; infatti prima di trovare una sistemazione dobbiamo girare per un po’, ma alla fine rimediamo quello che fa per noi: l’ Hospe-daje Latino, a 90 $, che offre camere praticamente senza finestre, con muri scrostati ma dopotutto re-lativamente confortevoli.In serata facciamo un giro per la città, e ci dispiace di essere capitati qui di mercoledì, in quanto immaginiamo che durante il week end ci sia da divertirsi. Le zone centrali di Mè-rida sono molto in stile coloniale, con palazzi di fine ‘800 che contrastano decisamente con le umili abi-tazioni ad un piano, massimo due, che sono tipiche dei messicani, e ci colpisce per la sua bellezza la sede centrale dell’Università dello Yucatan, universi-tà nella quale affluiscono ragazzi da tutto il Messico meridionale. In serata decidiamo di fare una matta-ta, cioè di andare a mangiare in un ristorante di buon livello, per gustare le specialità yucateche di cui tutti ci hanno parlato: daltronde anche questo per me è un modo di entrare in contatto con la cul-tura del posto. Il locale prescelto è molto carino, con un cortile esterno adornato da una quantità di piante tropicali, nel quale si trovano perlopiù coppie di distinti signori bianchi; noi optiamo per un tavolo all’interno, anche perché io, per via di una grossa vescica sul tallone che non si vuole rimarginare, sto 24 ore su 24 con i ciappoloni dell’Arena, e mi sento un tantino fuori luogo. I prezzi sono alti, quindi prendiamo una portata ed un bicchiere di vino rosso (8000£!) a testa: Simone ordina risotto alla messi-cana, e io pollo pibil, cioè una pietanza a base di pollo appunto servita in grandi foglie di banano e condita con salse a base di verdure molto saporite. Terminata la cena (ah!,devo ricordare che per con-vincere Simone ad approvare questa spesa ho fati-cato mezzo pomeriggio: l’allievo ha superato il ma-estro!), ritorniamo all’albergo, e dopo una mariaccia e una lotta di un’ora con i zanzaroni che affollano la nostra habitaciòn, ci concediamo il meritato riposo.

GIOVEDI 30 Oggi visitiamo il sito archeologico di Uxmàl, che si trova a circa un’oretta di bus a sud di Mèrida, e vi troviamo pochissima gente, al contrario di Chichèn Itzà. Come sempre ci muoviamo nell’ ora più calda della giornata (13-15),e dobbiamo caricare negli zaini almeno un paio di litri di liquidi a testa per non essiccarci alla base di qualche piramide. Uxmal ci colpisce un po’ di meno di Tulum e di Chichèn, seb-bene sia a tutti gli effetti bellissima, e la cosa che più ci rimane impressa è il magnifico quadrangolare (una piazza rettangolare delimitata da una serie di archi e da uno dei palazzi del governo).In meno di due ore siamo fuori, ma vediamo partire di fronte a noi il bus delle 15:15, quindi altre due ore di attesa non ce le leva nessuno.Questa cosa ci ha permesso di conoscere Habigail e Xochitl (che in azteco vuol dire fiore), due ragazze provenienti dalla California, ma di origine rispettivamente inglese e sudamerica-na. Io non posso proprio fare a meno di fare una fi-gura di merda, in quanto dico male degli Inglesi e Habigail è nata ed ha i genitori inglesi; inutile dire che la conversazione, da piacevole e simpatica che era, subisce un brusco arresto. Per fortuna l’attesa non è ancora lunga perché passa un colectivo e ci porta tutti a Mèrida. In serata, dopo una misera ce-na a base di tacos, andiamo a vedere le danze po-polari che inscenano in una piazza, il Parque Santa Lucia,ma lo spettacolo non è un granchè; ad un cer-to punto arrivano Habi e Xochitl(che però preferisce farsi chiamare Palomina), alle quali avevamo detto comunque di venire in quella piazza,e andiamo a bere una birra insieme a loro in un locale allo zoca-lo. Loro ci invitano a fare un bagno nella piscina del loro albergo, e noi accettiamo (per onestà bisogna dire che entrambe sono sotto la sufficienza). Non so com’è, a un certo punto a bordo piscina (il bagno non si poteva fare perché era tardi ma eravamo comunque tutti in costume), il discorso cade sugli USA, che io taccio di arroganza e superficialità: ne nasce una litigata in piena regola soprattutto con Habi, e non so come ho fatto a farmi capire con l’inglese, incazzato com’ero.Vabbè,fatto sta che non si è perso molto (parliamoci chiaro, se fossero state due fiche il discorso non sarebbe mai andato a finire sulla politica, e anche se fosse stato gli avremmo dato ragione su tutto), e torniamo all’hotel.

VENERDI 31 Mèrida: Sveglia presto, stamattina, 7:30, e con 5 ore di sonno andiamo a visitare la riserva naturale marina di Celestùn, un paesino di pescatori in riva al golfo del Messico, che si trova a 160 km a ovest di Mèrida, nello Stato di Campeche.Una volta giunti dobbiamo aspettare che si formi un numero di al-meno 8 turisti, per riempire la barca che ci condurrà alla riserva. Il problema più urgente da risolvere è trovare qualcuno che cambi i dollari a Simone, che è rimasto senza pesos, e io non ne ho a sufficienza per entrambi (qui conviene cambiare pochi dollari ogni due tre giorni, in quanto ci sono discrete varia-zioni del tasso di cambio anche nell’arco delle 24 ore); alla fine ci conducono in un deposito di insca-tolamento del pesce, e un vecchio signore cambia i dollari di Simone, a un tasso di 8.80, che non è poi malaccio (ci perde una quindicina di pesos). Alla fi-ne, la barca si era riempita, nel frattempo, e tutti stavano aspettando noi: la solita figura da italiani. I nostri compagni d’avventura sono due olandesi, due francesi e altri due italiani. La prima cosa che ci sal-ta all’occhio è il colore delle acque del golfo: verdi scure, tipo Tevere; a dieci centimetri non si vede il fondale, e la guida ci dice che si tratta di plancton, anche se in paese ci avevano detto che si tratta di fosforo in grandi quantità riversato in mare dalle raffinerie di Campeche, dove da poco è stato sco-perto un ricco giacimento di petrolio.In ogni caso le acque sono pescosissime, dato che ci sono stuoli di persone, soprattutto bambini, che tirano su decine e decine di polpi, e arrivano sulla spiaggia proces-sioni di barche e barchini carichi di pesci di ogni di-mensione. Dopo circa 10 km percorsi lambendo la riva, in direzione sud, giungiamo ad una profonda insenatura, dove l’acqua è più chiara e raggiunge una profondità massima di 50 cm;tutt’intorno nient’ altro che mangrovie. La nostra barca, che è piattis-sima, sebbene con un motorone da 150 cv, si ad-dentra in questa giungla, e a un certo punto scor-giamo un’immensa colonia di fenicotteri (flamin-gos), saranno circa 200, e formano una lunga stri-scia rosa a 100 m da noi (non ci si può avvicinare di più). Man mano che procediamo avvistiamo cormo-rani e pellicani, ma mi duole il fatto che si alzino in volo spaventati da noi; si prevede che se si conti-nuerà a disturbarli in questo modo, nel giro di 5-10 anni non verranno più a nidificare qui. Il tempo di rinfrescarci in un bacino formato da una sorgente sotterranea, e ci riavviamo a Celestùn, dove deci-diamo di pranzare in riva al mare con la coppia di italiani, a base di polpi (il mio piatto è rovinato dall’ esagerata presenza di lime). Gli stessi Eleonora ed Andrea, neosposi, ci riaccompagnano a Mèrida; compriamo latte e cornflakes, mangiamo e andiamo a letto, belli stanchetti.

SABATO 1 SETTEMBRE Campeche: è il giorno dell’arrivo a Campeche, la capitale dell’omonimo Stato. Appena giunti alla sta-zione degli autobus, mi accorgo che sono riuscito a dimenticarmi a Mèrida anche le fotocopie che ave-vamo fatto ad una Lonely inglese a Valladolid, e ringrazio di essere in viaggio con Simone, che è un tipo calmo: qualsiasi altra persona mi avrebbe so-domizzato. Ad ogni modo, in una città che non co-nosciamo, e all’ora della siesta, riusciamo a beccare due ragazze olandesi sedute nello zocalo, che sfo-gliano una Lonely inglese: gli lascio in ostaggio Si-mone e faccio delle nuove fotocopie, che affiderò però a lui in pianta stabile. Troviamo alloggio all’hotel Castlemar,un ex carcere (carcèl), e ci dan-no una stanza con soffitto altissimo, completamente priva di finestre, e con i muri che perdono i pezzi tanta è l’umidità all’ interno; dopo una breve visita al playground, dove si sta disputando il derby tra le Università di Campeche, ce ne andiamo a cena da Sam Bigotes, dove ci abboffiamo di tortas con cer-do,tacos de res e tortillas jamon y queso (panini,per farla breve); dopo cena, signori e signore, decidia-mo di andare in.. Discoteca!! E’ la prima volta che ci concediamo un lusso del genere, ma abbiamo capi-to che se non ci muoviamo un po’ il venerdì ed il sabato, di vita notturna ne faremo ben poca.Appena dentro siamo incredibilmente (abituati alle facce da portone tirate a lucido italiane) al centro di tutti gli sguardi delle ragazze, e ci mettiamo un po’ per ca-pire che qui un ragazzo alto, bianco e con gli occhi chiari è una merce molto rara. La musica bussa da paura, ed io in 5 minuti sono una maschera di sudo-re, con la camicia VISA zuppa; Simone invece, che non ha ghiandole sudorifere, sguazza allegro tra 4 o 5 ragazzotte tamano maya, cioè taglia maya, 1,50- 1,55 per intenderci, e conosce Yusi, di 20 anni; a quel punto io vado a prendergli un condom, e mi congedo, tornando alla carcere. Simone rientra un ora e mezza più tardi, ed io sono ansioso di sapere se ha pareggiato il mio goal a freddo di Cancun; non è andato oltre la paccata, ma ha strappato un appuntamento per il giorno successivo, nel quale Yusi si presenterà con un’ amica (ma non mi faccio di certo illusioni).

DOMENICA 2 Campeche: prima di passare in rassegna gli avve-nimenti della giornata, un ricordo da Yusi ed Erèndi-ra: Hola! Hoy me la pase muy bien con ustedes, los dos son simpatiquisimos y por cierto puro burlarse hizo Alejandro de mi!!! Eso jamas lo voy a olvidar OK!! Espero que no se olviden de mi eh! Y tambien espero que me escriban Un beso Yusi Me dio mucho gusto haberlos tratado, son unas personas agradables y divertidas, e-spero no se olviden de nosotros porque creo nosotros no lo vamos a hacer. He pa-sado un fin de semana muy padre.

Espero que me escriban. OK? Mucha suerte! Erendira Oggi abbiamo provato tutto il giorno a raggiungere Edznà, senza risultati, e con smadonnamenti note-voli, anche perché abbiamo perso il giorno di in-gresso gratuito. Scrematici un poco in albergo, ab-biamo mangiato un boccone, fatto i biglietti per Pa-lenque e ci siamo recati all’appuntamento con le due belle. Difficile sbagliarsi, Yusi ha un Maggiolone Volkswagen (come tre quarti dei messicani; qui i maggioloni sono prodotti a pieno ritmo) blu metal-lizzato, con il quale ci porta in un locale fuori dal centro, dove beviamo un cocktail e cerchiamo di af-finare il nostro povero spagnolo; la parte più diver-tente della serata è comunque la sfida al futbolito, cioè il loro biliardino, che ha dei giocatori enormi e disposti numericamente in maniera diversa rispetto ai nostri in Italia, ed io con Erendira offriamo spet-tacolo, battendo Simone e Yusi.Non siamo interes-sati a loro, ma le troviamo divertenti, per cui ci la-sciamo con un appuntamento per il giorno dopo al Malecon (lungomare).

LUNEDI 3 Campeche: oggi per fortuna ci svegliamo ad un’ora decente, e riusciamo subito a trovare l’autobus per Edznà (simpatico il nome del bus: Jesus de Naza-reth, un miracolo ogni volta che arriva a destinazio-ne), forse il più scalcinato che abbiamo visto finora. Edznà è un sito molto bello, raccolto, pulito, e so-prattutto non ci sono frotte di turisti, anzi, per la verità siamo solo io e Simone. L’unica cosa è che qui i mosquitos (zanzare) sono molto agguerriti, e il dazio in sangue alla fine non sarà poco. Sarà che siamo soli, in silenzio, sarà che siamo riposati, ma l’atmosfera è veramente magica, e ci viene voglia di sdraiarci e lasciare andare l’immaginazione, per cer-care di vedere come potessero vivere, quasi 2000 anni fa, queste affascinanti popolazioni.Anche qui,in circa un paio d’ore, terminiamo la visita, e rientriamo all’hotel per prepararci al gentil incontro. L’appuntamento è dinanzi alla Torre di Cristal, sul Malecon, ma le ragazze non si fanno vive, quindi decidiamo di cenare dal nostro amico Sam Bigotes. Al ritorno al Castlemar arriva una chiamata di Yusi, che dice che hanno aspettato a lungo e che non ci siamo presentati; alla fine reo di questa incompren-sione si rivela il ragazzo della reception, che ci ave-va riferito male l’orario predisposto da Yusi; vabbè, tanto domani si va via,quindi speriamo in nuovi in-contri.Nanna.

MARTEDI 4 Palenque: ci vogliono ben 7 ore di pullman per giun-gere a Palenque, quindi una buona parte della gior-nata se ne va per il trasferimento. Siamo comunque abbastanza gasati perché lasciando il Campeche en-triamo nel Chiapas, dove solo fino a qualche anno prima il generale Marcos e gli Zapatisti combatte-vano la loro guerriglia per cambiare soprattutto la gestione delle terre e del potere, in mano a una sparuta oligarchia. La situazione oggi è sicuramente molto più calma, anche se ci sono vari posti di bloc-co e ci è stato fermamente sconsigliato di allonta-narci dai percorsi più tradizionalmente turistici, più pattugliati e quindi più sicuri. Palenque è una citta-dina che vive del famoso sito archeologico adiacen-te, ed è una tappa obbligata per coloro, come noi, che volessero visitare il Chiapas più interno. Ci di-cono che in alta stagione qui straripa di turisti, e non fatichiamo a crederlo contando la moltitudine di locali, alberghi e ristoranti che si trovano nelle vie delle zone più centrali. Troviamo un alberghetto molto carino, per la felicità di Simone provvisto an-che di TV in camera, che si chiama Posada Shalom 2, a 100$ la doppia. E’ tardi, quindi abbiamo solo il tempo di mangiare un boccone e di andare a nanna. MERCOLEDI 5 Palenque: oggi decidiamo di visitare le cascate di Agua Azul e di Misol-Ha, lasciandoci il sito per do-mani. Il nostro mezzo è un colectivo,e viaggiamo in compagnia di due francesi, due tedesche e due messicani. La strada per Agua Azul attraversa il Chiapas vero, dove c’è una povertà disarmante, e il tasso di analfabetismo rasenta il 100%; il disbo-scamento praticato in queste zone è selvaggio, ma gli scenari sono comunque favolosi,e la natura è ri-gogliosa.La prima tappa è Misol-Ha, una cascata che nella portata e nel salto può essere assimilata alla cascata delle Marmore, ma alla base della quale c’è un bel laghetto dove si può fare il bagno. La guida ci dà un’oretta per fare un giro e farci un ba-gno, dopodichè si rimonta sul colectivo in direzione Agua Azul. Queste ultime sono cascate di una bel-lezza mozzafiato, in quanto si trovano in mezzo alla foresta, e le loro acque, come dice lo stesso nome, sono di un colore turchese intenso, accentuato dalla splendida giornata di sole che è oggi. Tra bagno, chiacchiere e spuntino si esuriscono le due ore a nostra disposizione, e sul far della sera rientriamo, distrutti ma felici, a Palenque (100km), dove Simo-ne si fa un piatto di spaghi e poi si “rincasa”.

GIOVEDI 6 Palenque: oggi è il giorno della visita al sito, che è probabilmente il più belo di tutti quelli visitati sinora in Messico; completamente immerso nei colori e nei suoni della foresta, che qui non è più la giungla a basso fusto dello Yucatan ma è vera e propria fore-sta pluviale. Infatti il sito si trova esattamente dove termina la grande pianura e iniziano i rilievi chiapa-nechi, una posizione che permette di controllare vi-sivamente un’area immensa. Le strutture archeolo-giche che offre Palenque sono bellissime, e per la prima volta invidio tutti quei turisti che hanno la vi-deocamera; la visita dura circa tre ore, inframmez-zata da un provvidenziale bagno in un torrentello che abbiamo scovato nella giungla. Verso le 17 tor-niamo in città, ma, purtroppo, come già ho accen-nato, in bassa stagione dalla domenica al giovedì la vita serale è un po’ scarsa, quindi d’ora in avanti perseguiremo maggiormente la politica degli ostelli della gioventù, a cominciare da domani a San Cri-stòbal de las Casas (spero).

VENERDI 7 San Cristòbal de las Casas: sulla giornata di oggi si impernia tutta la successiva, e pregna di emozioni, permanenza a San Cristòbal.Il viaggio in pullman da Palenque dura più di 5 ore, su una strada immersa nelle verdi montagne chiapaneche, nonché nelle basse nuvole cariche di pioggia. L’autista guida in maniera piuttosto allegra, e parecchi passeggeri so-no di un colorito simile a quello di queste pagine. Noi poi siamo nei sedili posteriori, quelli più solleci-tati, e vicino a noi siedono due ragazzi toscani, trentenni, simpaticissimi: Francesco (dott. In Eco-nomia),e Giuseppe (ingegnere meccanico). Si lega subito, quindi si decide di pernottare insieme all’ostello della gioventù. Piove. Arrivati all’ostello ci danno una camera con due letti a castello, e vicino al cuscino del mio letto c’è un foro nel tramezzo di legno, dal quale si possono ammirare le “bellezze” della stanza accanto (quattro israeliane, davvero bruttine). Si esce a cena, comida corrida a 15$ e poi si decide di sfruttare adeguatamente il venerdì sera, anche perché la città è molto turistica, e i lo-cali dovrebbero essere pienotti. Qui ognuno di essi adotta l’happy hour fino alle 23 e noi decidiamo di entrare non nel più sputtanato (il Las Velas), poiché ce lo teniamo per domani. Prese due birre a testa ci facciamo una partita a biliardo Toscana-Lazio, con deciso predominio di quest’ultimo, dacchè è presto ed il locale è ancora semivuoto (da ricordare le stecche lunghezza maya, cioè un metro al massimo e assenza di pallina bianca). Di qui ad un momento accadrà l’evento che condizionerà i tre giorni (e an-che qualcuno in più) di permanenza qui: verso le 22 entrano tre israeliane, Abigail e Daniella, amiche per la pelle, molto diverse di carattere e fresche della fine del servizio militare (che lì dura tre anni) e Hael (July), 24 anni,aggregatasi alle suddette da un giorno, in viaggio da sola dopo aver litigato con l’amica un mese prima. Daniella, alta (1.73),capelli corti,fine,occhi intensi,mi colpisce immediatamente, tant’è che lo faccio presente ai ragazzi (Giuseppe è particolarmente d’accordo con me, Francesco e Si-mone un po’ meno). Probabilmente anch’io le faccio lo stesso effetto, in quanto dopo una decina di mi-nuti ci troviamo a parlare da soli, mentre gli altri cazzeggiano a biliardo. La voglia di baciarla è irre-frenabile, è dolcissima e allo stesso tempo intrigan-te ed interessante, i suoi occhi mi fanno morire. Scade l’ora di biliardo e andiamo tutti in pista a bal-lare, è quasi la mezza. Dopo i primi dieci minuti di cazzeggio prendo Dani per ballare con lei e dopo poco ci baciamo. La serata scorre via in un attimo, e ci salutiamo d’accordo per un appuntamento per cena per il giorno seguente (dimenticavo:Francesco scaglia un blow job da Abigail).

SABATO 8 San Cristòbal de las Casas: Oggi si può dividere la giornata in tre parti. 1°-San Juan Chamula;2°- in-fauste strategie all’hotel;3°- Daniella. In mattinata decidiamo di cambiare sistemazione poiché all’ o-stello abbiamo una stanza piccola e buia, i bagni in comune, una discoteca a due passi che bussa da paura e una compagnia non proprio esaltante. Pro-pendiamo, dopo un desayuno “corrido”, per la Po-sadita Jovel, a 40$ a capoccia, ma con letti indivi-duali e bagno privato. Io dormo con Francesco e Simone con Giuseppe. 1°- San Juan Chamula: deci-diamo di andare a visitare uno dei villaggi sopra San Cristòbal, dove dovremmo trovare gli Indios di una volta, con le loro usanze e i loro costumi. Si prende un taxi e si arriva su verso le 12. Lo spetta-colo, anche se il pesante velo della turisticizzazione si sente, è forte: decine di bambini in vesti indio ci assalgono per strapparci qualche peso, molta gente sembra, ai nostri occhi, uscita da un altro secolo (forse per loro noi stessi) e il mercato è a dir poco caratteristico. Inizia a piovere, ed entriamo nella chiesa, una struttura sproporzionata rispetto ai mo-destissimi edifici circostanti. Lo spettacolo all’ inter-no è ancora più forte: migliaia di candele accese, con ogni gruppo famigliare genuflesso a cantilenare dinanzi alle proprie candele (una cinquantina per ognuno); in terra, un tappeto di aghi verdi e lunghi di pino; per rendere meno dolorosa la lunga pre-ghiera sulle ginocchia. In fondo, verso l’altare, il rito più impressionante: in questa parte della chiesa si sacrificano a Dio le galline, che vengono uccise do-po una piuttosto lunga agonia, tirate e ritorte da zampe a collo. Particolare ancora più sconvolgente, data comunque la forte spiritualità dei loro riti, è la conclusione degli stessi con una bevuta di Coca Cola o di Pepsi, che dovrebbe indurre, e non è uno scherzo, dato che anche la domenica durante la messa lo si fa, il ruttone purificatore dell’anima. Be-ne. Usciamo dacchè ha spiovuto, mi compro un maglione tipico chiapaneco(dato che la sera prece-dente, in preda ai vapori dell’ammore, mi avevano fottuto l’unica felpa che mi ero portato), e torno da solo all’hotel, mentre gli altri visitano un villaggio vicino. 2°- Infauste (ma non troppo) strategie all’ hotel. Io sono all’hotel verso le 15:00 e i boys sono di ritorno alle 16:00. Alle 19:30 ho appuntamento con Daniella, quindi avrei voluto riposare, invece passo tutto il tempo a chiacchierare con Francesco e a decidere come fare nel caso in cui uno dei due o tutti e due avessero in nottata avuto bisogno di ri-manere soli con la rispettiva. 3°- Daniella. Mi pre-sento in piazza e poco dopo arriva Dani e mi accor-go che nulla dalla sera prima è cambiato, anzi,mi piace di più. Facciamo due passi, e ci indirizziamo in un ristorante sulla via del passeggio, a caso, e devo dire che alla fine si è rivelato un posticino ok. La cena va via che non ce ne accorgiamo, e più lei mi racconta quello che ha fatto nella vita (21 anni!! Italiane…svegliaaa!!!) e più mi piace. I suoi occhi e le espressioni del suo viso mi incantano, così come i suoi sporadici arrossamenti quando la prendo in gi-ro. Alle 21:30 abbiamo appuntamento in piazza con gli altri, in quanto Francesco deve dirmi dove ha messo la chiave della nostra camera (mai gesto o accordo portarono più jetta). Si va al Las Velas, do-ve io e Dani prendiamo un tavolo a parte, e anche qui il tempo ci vola,…ci vola così velocemente che io, già stanco di mio, propongo a Dani di passare la notte con lei. Qui qualcosa probabilmente si incrina, in quanto faccio la figura dell’italiano a cui interessa solo la fica e Dani un po’ ci resta male: che cazzo dovevo fare? A Cancun tutto era andato liscio, qui ho gettato sabbia sul fuoco. Percepisco che qualco-sa si è rovinato, ma rimaniamo per vederci il giorno dopo, in serata.

DOMENICA 9 San Cristòbal de las Casas: oggi sono fatto oggetto della accanita presa per il culo da parte di tutti, ma mi ci sottopongo volentieri, in quanto ho provato di più in 10 minuti con Dani che in un giorno e una notte con Martha. Si decide di fare un giro per la cittadina (ah!Per la prima volta dormiamo senza ventilatori e con le coperte), al Cerro (collina) che sovrasta San Cristòbal e alla chiesa principale. Ini-zia a piovere, Francesco e Giuseppe fanno i biglietti, in quanto hanno deciso di partire alle 19:00 alla volta di Campeche. Torniamo all’albergo, i toscani prendono i bagagli e ci congediamo con la promessa di ribeccarci in Italia (siamo stati davvero bene con loro). Ci dispiace. Mi collego ad internet per leggere l’e-mail di Dani, che dovrebbe dirmi dove vederci, ma non c’è nessun messaggio in arrivo. Torniamo all’albergo, dopo aver mangiato il solito panino, e dopo un’oretta faccio per uscire, e spostando uno zaino trovo un biglietto di Dani, che era passata du-rante la nostra assenza per la cena. Mi dice che non sta molto bene e non vuole uscire. Bene, mi adope-ro per cercare il suo ostello, che non è sulla guida e di cui conosco solo la via (Real de Guadalupe). Ini-zia a piovere di brutto, me li giro tutti e alla fine lo trovo. Dani è lì che cucina, mi dice di avere un po’ di febbre, ma secondo me era delusa dalla mia usci-ta della sera prima, e non aveva,forse,molta voglia di vedermi. L’addio è comunque parecchio toccante, tant’è che al ritorno all’albergo devo sorbirmi la presa per il culo di Simone.

When I had to tell Abigail how was it to be with you, I had only good things to say…(and this is something women can not say about many men!) I’m not good in saying compliments, but I must tell you that you are all a woman should ask for, and I would be very lucky if we would have met in different circumstances that would make it possible for us to be together for real.

Thank you very much once again for everything. I liked Italia before, but now you have given me another reason to like it.

Daniella 9/9/01 Qui abbiamo invece qualcosa di molto meno roman-tico, cioè le dichiarazioni dei due fiorentini: Il quartetto italiano in terra di Chiapas si è difeso direi veramente bene.

L’unica defaillance è stata quella di Alessandro che, do-po un pomeriggio passato a sviluppare una strategia vin-cente, è franato miseramente, con l’unico risultato, quello d’aver offerto una cena ad una bella israeliana (170 pesos). Comunque complimenti per la Daniella (molto carina). Purtroppo le nostre strade si devono di-videre sennò credo che qualche altro casino lo avremmo di certo combinato.

Vi abbiamo lasciato in dote qualche chilo di merda nel cesso, qualche tarzanello nel lavandino e molta aria che Simone ha dovuto sopportare da parte del sottoscritto. Grazie molte per quando mi avete detto che sembravo proprio un ingegnere (fa sempre molto piacere, della serie hai la faccia da rincoglionito!!!) Vi lascio la mia mail e aspetto notizie da voi, soprattut-to di mujeres conquistate. La nazione intera vi appoggia.

Oh, aspetto subito notizie per riformare il gruppo a Roma o a Firenze!! E’ stato realmente un piacere, due giorni ganzissimi.

Hasta luego Giuseppe (Beppe) Avendo già dato… (in termini di energia per ac-comodare lo zaino di Simone) vi saluto!! Ciao Francesco P.S. X Alessandro: ricorda che devi fare tre giorni di digiuno perché sei sotto di -$170- (….Essi meno cazzarolo!!) x Simone: alla prossima mi offrirai una piz-za per la riparazione dello zaino.

LUNEDI 10 Tuxtla Gutierrez: oggi ce ne andiamo, siamo nuo-vamente io e Simone, con molto Messico ancora da percorrere prima di raggiungere gli Stati Uniti. Alle 11:30 abbiamo il pullman, ma non riusciamo a prendere il Maya de Oro, la compagnia più lussuo-sa, e così svanisce l’unica possibilità per fare un po’ gli sborroni (Tuxtla-San Cristòbal sono solo 60 km). Uscendo per la colazione incontro Dani, che doveva inviare un fax, ma due addii sono forse troppi. Arri-vati nella capitale del Chiapas, che si trova 1000m più in basso rispetto a San Cristòbal, giriamo come matti per un paio d’ore per le affollate e bollenti quadras, finchè non troviamo un albergaccio che non è nella guida, la Posada del Sol. Ora mi trovo in camera, Simone è fuori a mangiare un boccone, piove a dirotto (sono le 20:00), e dopo aver tentato inutilmente di andare allo Zoologico (chiuso), mi appresto ad andare a letto.

MARTEDI 11 Tuxtla Gutierrez: ci alziamo e la giornata non è pro-prio di quelle da paura, ma decidiamo di far rotta lo stesso verso il Canon del Sumidero. Verso le 9:30 siamo a Chiapa de Corzo, un paesino molto caratte-ristico a una quarantina di km dalla capitale, dove ci avviamo spediti all’embarcadero. Siamo solo noi più un israeliano, un argentino ed uno spagnolo, e dob-biamo attendere almeno altri sette turisti per riem-pire la barca.Dopo quasi un’oretta siamo al comple-to, e partiamo: il Canon è bellissimo, sono 42 km percorsi in una gola dalla vegetazione rigogliosa, e le pareti, nel punto in cui sono più alte, raggiungo-no l’altezza di 1000m. Al termine delle gole si apre un bacino artificiale di notevoli dimensioni, con una diga enorme:la guida ci spiega che questo impianto fornisce energia al Messico meridionale ed a gran parte del Guatemala (il cui confine è molto vicino). Ci viene concesso il tempo di fare uno spuntino, ed è proprio in questo momento che in televisione ve-diamo questi aerei che si schiantano su dei gratta-cieli, ma anche se ci consultiamo tutti, non ci ren-diamo conto di quello che effettivamente stia acca-dendo, e risaliamo sulla nostra lancia per far ritorno a Chiapa de Corzo. Una volta tornati a Tuxtla pren-diamo immediatamente il colectivo per lo zoo, che, stando a quanto afferma la guida, è il più bello del Paese; in effetti è molto ben curato, e presenta solo specie di animali che sono proprie della fauna chia-paneca; ci colpiscono in maniera singolare i leoncil-los, felini che non avevo mai visto nemmeno in un documentario; mi dispiace anche non poter vedere il tigrillo,che è nella tana, che tanto mi era rimasto impresso da un romanzo di Sepulveda. Al ritorno dallo zoo c’è la simpatica pantomima al centro degli idiomi, dove ci offrono lavoro per 50$ l’ora come in-segnanti di inglese, o francese. In serata andiamo a vedere (o a sentire) la marimba, e poi nanna, ora però consci di quello che è accaduto a New York e Washingon, per cui siamo molto preoccupati (chiusa la frontiera con il messico).

MERCOLEDI 12 Puerto Angel: oggi è un giorno interamente dedica-to al trasferimento da Tuxtla a Puerto Angel (nello Stato di Oaxaca), e ci vogliono 12 ore e più di auto-bus. Viaggiamo con la Cristobal Colon, che solo ora ci accorgiamo essere la traduzione di Cristoforo Co-lombo. Giungiamo a Puerto Angel dopo molti km percorsi in riva al Pacifico, ed è stupefacente vedere come siano incontaminati questi luoghi; infatti pas-sano ore e ore senza incontrare il benchè minimo centro abitato, solo foresta e spiagge immense. Alle 22:00 siamo giunti, ma già sappiamo dove andare, in virtù di un consiglio che ci avevano dato due are-tini a Mèrida: Gundi y Tomas. Il posto già ci pare molto bello, anche se un po’ caretto(130$). Un’ora più tardi ci ricongiungiamo con il superstite dei due senesicon i quali avevamo fatto il volo verso Can-cun, Jacopo, di cui abbiamo un saluto autografo in calce.

Da Cancun a Puerto Angel, da un oceano all’altro. Se se-mo ritrovati con qualche pezzo in meno e qualcosa in più.

Basta con la poesia e buon Viaggio.

Siena 21-8-01 Miami 21-08-01 Puerto Angel –Hoy- GIOVEDI 13 Puerto Angel: al mattino uno splendido sole bacia la nostra prima giornata sul Pacifico, e lo spettacolo che si può godere dal nostro ostello è notevole: Puerto Angel è un villaggio di pescatori di qualche migliaio di abitanti, incastonato in una baia che fun-ge da porto naturale, e subito la costa si fa scosce-sa (dovessi fare un paragone, mi ricorda vagamente la conformazione della riviera ligure). Il nostro o-stello si trova un poco in alto, e si può ammirare tutta la baia e le alte rocce che la delimitano. Dopo aver fatto un bucato della Madonna ci dirigiamo verso la spiaggia di Zipolite, quattro km a nord di Puerto Angel. Il posto è stupendo, il sole caldissimo, e in una spiaggia enorme ci troviamo ad essere (quasi) soli. Timorosi affrontiamo il primo bagno nel Pacifico, consci del fatto che una corrente ben mes-sa, se ti prende, non ti fa più tornare a riva. Via via si prende maggiore confidenza, e ci si spinge un po-co a largo a prendere gli ondoni più grandi. Verso le 16:00 siamo cotti e semiustionati, per cui rientria-mo, salutiamo Jacopo che è di rotta verso Real de Catorce e facciamo un giro.Ci colpisce l’ assembra-mento di persone in fondo al molo del porticciolo: stanno tutti pescando, buttando un amo a tre ar-pioni senza esca, e tutti tirano su qualcosa, lo spet-tacolo è particolare e caratteristico. Dopo esserci fermati per un po’ sul molo, andiamo a mangiare (la nostra solita focacciona ripiena di tutto cotta alla brace), ci facciamo due chiacchiere con un paio di personaggioni locali,e, dopo una connessioncina ad internet, ce ne andiamo a nanna.

VENERDI 14 Puerto Escondido: oggi facciamo rotta verso Puerto Escondido , che forse ha da noi in Italia una fama superiore a quello che in realtà offre (alla verifica dei fatti sarà così). Con un’ora e mezza di pullman giungiamo e trviamo un buon alberghetto a 100$; fa un caldo da paura, quindi usciamo verso le 16, a procacciarci il pappone e a fare un giro in spiaggia. A pranzo becco una sola, prendendo una portata dal nome altisonante (e costoso)che altro non era che una coscia striminzita di pollo;scatta a questo punto la famigerata autopunizione, per cui mi obbligo a consumare solo latte e Kellogg’s All Bran per le prossime 24 ore. Il posto è carino, ma è deserto (siamo in bassissima stagione), e ancor più triste è dopo cena,con le vie deserte. L’unica cosa che ani-ma un po’ la serata è latriplice seduta al cesso do-vuta alla doppia ingestione oggi dei lassativissimi All Bran, che infatti danno per colazione agli stitici. La serata si conclude in un locale un po’ ambiguo, dove non rimaniamo per molto. Tanta è la malinconia che il posto suscita, che il giorno successivo decidiamo di partire per Oaxaca, e trascorrere lì la festa dell’ Indipendenza messicana.

SABATO 15 Oaxaca: il viaggio è a dir poco allucinante, sono 7 ore di strada di Tolfa, a manetta e su uno scassone di seconda classe della Transur; arriviamo a Oaxaca belli palliducci nel pomeriggio.Dopo aver girato co-me i matti troviamo un alberghetto a 120$, con let-tone matrimoniale. La città è molto bella, anche se un poco caretta, e nello zocalo si preparano i fe-steggiamenti. Ceniamo con pollone a 26$ e ci but-tiamo allo zocalo, dove c’è tanta musica, una parata militare e uno spettacolo pirotecnico niente male. Tutte le vie lì vicino hanno tre file di bancarelle, do-ve soprattutto offrono cibo e giochi. Io mi compro una bella bandiera messicana e mi ci avvolgo le spalle, cosa questa che mi rovinerà la mia bella ca-micia VISA, macchiata indelebilmente dal verde del-la bandiera (a contatto con la schiuma spray che qui rischia di affogarci). La cosa che più colpisce me e Simone è la assoluta civiltà con la quale tutte queste persone fanno festa: si balla, si canta, si be-ve, ma nessuno rompe una bottiglia, non si assiste a nessuna scena di violenza (a cui siamo usi in italia in occasioni del genere). Verso l’una e mezza, un po’ stanchi, ci buttiamo all’hotel.

DOMENICA 16 Oaxaca: io non ho dormito un gran che, dato l’ im-ponente roncamento del mio concubino,e, d’ accor-do, propendiamo per cambiare sistemazione:ci but-tiamo all’ostello della gioventù,dove siamo alloggiati in una camera da 12 (e nessuno russava). Il posto è molto fico,ma i frequentanti sono tutti anglofoni,e la rappresentanza femminile è davvero inadeguata, come qualità. Essendo domenica vogliamo sfruttare l’ingresso gratis un po’ dovunque, e decidiamo di gi-rarci più musei possibile: ma io al primo già barcollo dal sonno(e da qualcos’altro), e torno all’ostello per riposarmi un po’. In serata torniamo alle bancarelle per cenare, facciamo un giro e verso le 23 siamo a nannetta.

LUNEDI 26 Oaxaca: dopo una bella dormita ristoratrice, ce ne andiamo al Monte Alban, sito di matrice zapoteca, da dove si domina l’intera vallata, e si vede tutta Oaxaca. Il posto è molto bello, e ci colpisce l’ osser-vatorio,struttura a forma di freccia in mezzo al piaz-zalone centrale. Un’altra cosa che ci ha impressio-nato sono i quartieri periferici e poverissimi che bi-sogna attraversare per raggiungere il Monte, che offrono una visione di spaccati di vita alla quale non è facile abituarsi. Nel pomeriggio ci facciamo una camminata siderale, e arriviamo fino al Planetario e al teatro all’aperto, ma, se non ci fosse il Mezcal da poco acquistato, Simone mi avrebbe già preso da un pezzo a calci in culo. Tornando verso l’ostello ci fermiamo a cenare e verso le 23 siamo imbustati.

MARTEDI 18 Puebla: mentre qui sta per scoppiare la terza guerra mondiale, noi ce ne arriviamo mici mici a Puebla, che è una gran bella città, coloniale, dove girano molti più soldi che negli altri posti dove siamo stati finora (Cancun a parte). Il viaggio da Oaxaca, seb-bene lunghetto, è molto confortevole, cosa rara da quando abbiamo lasciato Campeche. Alloggiamo al Catedral, per 50$ a capoccia, a due quadras dallo zocalo; oramai la giornata è quasi giunta al termi-ne, per cui ci facciamo il solito panozzo (cemita con milanesa) e poi usciamo con due simpatici fratelli, Michael und Rebekka, due svizzerotti che sono nella stanza di fronte alla nostra. Ci ritroviamo allo Za-pos, via con molti locali, a bere Urracarrana inverti-da, Sexo en la Playa, e Fruta explosiva, a sfidare gli oltralpe a scopone scientifico (netta la supremazia italiana); verso la mezza siamo a letto.

MERCOLEDI 19 Puebla: oggi è il giorno dell’ AfricamSafari; dopo una misera colazione andiamo al CAPU (Central des Autobuses de Puebla), per venire a conoscenza che l’autobus della Estrella Roja che ci interessa partiva dallo zocalo, a un minuto dall’albergo. Il safari è ca-rino, ma alla fine, per 110 pesos, si rivela un po’ una peluscionata; al ritorno andiamo a mangiare al-la Fonda, in presenza dell’antifurto di un Maggiolone che ha urlato a squarciagola per tutta la cena, e or-diniamo pollo con mole (una salsa a base di ciocco-lato), che ha quasi indotto al vomito Simone (dop-pia porzione per me). Dopo cena io oso il taglio di capelli in una peluqueria di fronte all’albergo, e alla fine me la sono cavata senza eccessivi danni (ve-dremo cosa dirà Martha al D.F.). Ora sono le 22 e stiamo a nannetta, e domani vi scriverò dal terrifi-cante D.F.

GIOVEDI 20 Mèxico: dopo aver passato circa 13 ore a letto, ci dirigiamo al TAPU, dove prendiamo il pullman per il D.F. All’arrivo orientarsi non è molto facile, ma con un po’ di fortuna dopo poco siamo allo zocalo (si fa prima a piedi che con i mezzi), che una delle piazze più grandi del mondo(e che si vede bene in ripresa aerea nel film “Traffic”). Becchiamo un albergo (il Rioja) e usciamo a mangiare: io mi faccio una pan-nocchia,e Simone una zuppetta di verdure. Rien-triamo presto all’albergo, e non usciamo durante la serata, perché sulla guida tanti sono gli ammoni-menti sui pericoli della città più grande del mondo, che aspettiamo di capirci qualcosa di più. Questa la ricorderò sempre come la sera della “grande fame”, infatti fatico parecchio a prendere sonno.

VENERDI 21 Mèxico: oggi è un giorno che dedichiamo intera-mente per la ricera di un buon piano di ritorno in I-talia, quindi giriamo le varie succursali delle compa-gnie aeree che servono gli Stati Uniti, ma otteniamo solo notizie negative; il prezzo più economico per un volo L.A.-Miami è di 500 dollari. Bisognerà nei prossimi giorni rivedere tutto l’itinerario che ave-vamo in mente, e cercare di arrivare in Florida con assolutamente meno di 1100000£ (ci mettiamo su altre 200000£ e abbiamo paro paro il prezzo del bi-glietto A/R Italia-Messico……!). In serata andiamo a vedere anche un paio di ostelli, poiché abbiamo in-tenzione di cambiare sistemazione. Dopo la solita magra cena chiamo Martha per incontrarci l’indomani, e ce ne andiamo a nanna.

SABATO 22 Mèxico: alle 12:00 ho appuntamento con Martha di fronte alla cattedrale, allo zocalo, e infatti ci ritro-viamo dopo un mese esatto. Lei è con un amico, Humberto, che ci scarrozza prima all’ostello dove abbiamo deciso di andare (che è una vera figata), e poi in giro per la città. Prima tappa è l’UNAM, l’ uni-versità messicana, che occupa uno spazio(immerso nel verde) che sarà come minimo una decina di vol-te la Sapienza. Dopodichè ce ne andiamo allo stadio dei Pumas, e quindi a Coyoacan, che è una delega-cion del D.F. Qui abitano Martha e Humberto, ed il posto è molto carino, e si vede bene che una volta era una cittadina a sé stante, ora fagocitata dall’ espansione della città, nella quale affluiscono ogni giorno 2000 persone (!). Ci portano in una tipica trattoria locale, dove fanno il pozole, che è una zuppa con carne, mais, verdure e molte spezie; è una pietanza dagli ingredienti “poveri”, ma molto buona, ed un piatto è più che sufficiente a sedare la fame. Dopo pranzo, sapendo quanto l’italiano ama il calcio, Humberto ci porta allo stadio Azteca, una vi-sita di cui forse avremmo fatto a meno. E’ quasi se-ra, e ci buttiamo a casa di Martha: in preda ai vapo-ri dell’ammore andiamo in camera sua a consumare (con il povero Simone in sala a guardare la TV che a un certo punto, ignaro, ha fatto capoccella trovan-dosi di fronte uno spettacolino,per fortuna…appena terminato, a luci rosse), e mi si rompe il gommino: sono attimi di timore. In serata raggiungo Simone all’ostello, e andiamo a mangiare il solito panozzo, e poi rientriamo; ci facciamo una tequila all’attico,in compagnia di due francesi, tre tedesche e le ragaz-ze dell’ostello, quindi danze sfrenate(simpatica pan-tomima con Paòla) e nanna. Mexico comincia a pia-cerci.

DOMENICA 23-SABATO 29 Mèxico: in questi sei giorni, a parte la visita al sito di Teotihuacan, della vita del turista classico ne ab-biamo fata ben poca, con giornate intere pratica-mente passate nell’ostello, dove ci siamo divertiti come maiali. Ci sarebbero molte cose da racconta-re: la cena da Martha il giorno del mio compleanno, dove mi hanno cucinato i deliziosi enchiladas relle-nos, o l’insalata di hoacate, e dove ho passato e vissuto momenti indimenticabili (Martha non voleva credere che si trattava del compleanno più bello della mia vita); o la cena sempre da Martha insieme a Simone del giorno dopo, con la metropolitana con le ruote di gomma (progettate e realizzate dagli stessi ingegneri che hanno fatto quella di Parigi) che slittava sulle rotaie bagnate dalla pioggia e andava a passo d’uomo; o le lezioni di ballo sudamericano nell’attico; o le incredibili spaghettate che abbiamo preparato per più di 20 persone; o…e ce ne sareb-bero ancora molte di cose da dire, ma preferisco la-sciare la parola a tutti coloro che hanno voluto con-tribuire ad arricchire i nostri ricordi, scrivendo una frase sul diario.

Espero que estos dos italianos no vayan a Argentina porque le van a romper el corazòn a las chicas, o sera al revès? Eduardo J.Moreno Me dio mucho gusto conocerte, aparte agrade-certe la estancia aquì en el Hostal, pense la pri-mera vez que los conocì, que no hibas a regresar aquì con nosotros, por eso me sentì muy contenta que regresaran.

Sabes eres una persona con un caracter muy e-special, pero esa personalidad que tienes es muy fuerte y agradable a la vez.

Gracias por estos momentos tan bonitos, aquì con nosotros y sobre todo por estar aquì en tù cumpleanos. Muchisimas Felicidades y los mejores deceos hoy y siempre.

Espero que regresen a Mèxico Recuerda que aquì tienes casa ok.

Besos de Vane Voce quere que en lembre que è voce aniversario -mais- e muito bem que voce esta no Mexico ! Nos vamos dançar no Mexico porque Mexico è lindo, muito lindo como voces! It must be a curse that so many italians are so won-derfully good looking, like both of you. You guys say you are italian but watching you, you seem like if you are from OUTER SPACE because in addition to being so cute you are both so incredibly funny and entertain-ing! Oh and the five minutes we spoke about HATING FUCKING GEORGE DUMB ASS BUSH you were intelli-gent in what you said. So all in all, if you weren’t so in love with all the girls, I think you would be very good boyfriend material.

You guys are very fun! VERY GOOD COMPANY— good all around HAVE FUN ALWAYS!! HUGS & KISSES Xochitl Masina Flores (mexicana que vive en Los Angeles CA 90025 USA) HOLA SIMONE Sabes me dio muchisimo gusto cono-certe, te me haces un nino muy lindo y tierno, apesar del poco tiempo que nos conocimos. Perso-nas como tù hay muy pocas, la noche que plati-camos me di cuenta de los buenos sentimientos que tienes.

Gracias por los bellos momentos aquì en el Hos-tal, tù companìa me agrado mucho.

Espero e haya agradado Mèxico, y te lleves muy buena impresiòn de nosotros los Mexicanos.

Recuerda que Mèxico es muy lindo en todos los aspectos.

No te olvides que aquì tienes una amiga Muchos besos Vane Alex sos muy lindo pero me retas por nada. La pase muy bien con todos ayer y me encantò conocerte, là-stima que ya casi nos estamos yendo los dos y no pue-da aprender italiano pero ya voy a ir a Italia y lo voy a saber hablar y entender.

No te conozco casi nada pero te deseo que seas “fe-liz”, es para mi algo super importante y es lo que estoy buscando desde hace un tiempo ya.

Para lo que necesites ya tienes mi direccion de e-mail podes escribirme cuando quieras y te digo que me en-cantaria que lo hagas y por mas que sea a la distancia poder hacer una linda amistad,y tal vez poder encon-trarnos en Italia.

Muchos exitos en tu viaje.

BESOS Adriana- xxoo- ORE 2 :45 MERCOLEDI’ O ORMAI GIOVEDI’ 27 SET-TEMBRE 2001 Mentre Simone fuma seduto sulla tazza del cesso e Alessandro viene offeso con una vasta gamma di insulti spagnoli (che per di più non capisce troppo bene!) e mentre i nostri nuovi vicini di stanza stanno pensando come stuprare (collettivamente) tutte le donne che in-contrano…penso che sono veramente triste di lasciare tutto questo e tornare a una vita banale! Alessandra Una domanda mi nasce spontanea: ma l’Ale ci prova con tutte le donne che respirano oppure anche con quelle che hanno tirato l’ultimo respiro?? Ma Simo:sei fuori come un cantante!!!!!TI RENDI CONTO CHE HAI APPENA TROVATO DUE COZZE CHE NON TI LASCE-RANNO PIU’!!!! ARROMA TOCH INSEMA (abbasso il caffè messicano, I need a cappuccino….) MIGUEL CI MANCHI UN SACCO…..IDOLO!!!! Momento triste in un mare di cazz….Cose serie.

L’Ale Alessandro: que te puedo decir, solo que tienes severos problemas emocionales al igual que “yo”!! Fue muy chido conocerte Molto Bene! Espero que no te olvides de todos los momentos que pasaste aquì con todos nosotros.

Paola Lilia Mèxico D.F. 28-sep-01 Mi Ale bello, hermoso, mi chico perfecto, no eres solo eso querido, eres tan especial y unico, tan magi-co y carismatico como ningùn otro chico.

No cambiaria por nada ese viaje a Cancun tan solo por haberte conocido.

Ser tu novia mexicana ha sido una gran suerte por lo que tu alma bella refleja en tus ojos.

Que agradable ha sido verte en el D.F., que feliz me has hecho.

Soy una afortunada como tu lo has dicho, eres un chico increible.

Voy a extranarte, pero sobre todo te recordare siempre como algo muy hermoso.

Me gustaria muchisimo volver a verte.

Mi Ale querido que Dios te bendiga siempre y te cuide.

Deseo que todo marche muy bien para ti siem-pre.

Te quiero mucho chico rompe corazones Muchos besos y besos y besos y besos por todo el ano.

Tu novia mexicana que te quiere Martha Todo esto ha sido como un sueno hermoso, gracias.

Un dia de septiembre de algun ano del siglo xxi Mis queridos Alejandro y Simon Quisiera poder expresar todo mi afec-to para con ustedes estan un poco locos pero son personas que cambian a otras personas de forma positiva. Esperamos volver a vernos y tomar tanto tequila como nuestro cuerpo aguante.

Carlos (Hostello Mansion Havre 40 ,Città Messico) SABATO 29 Morelia: anche se sono distrutto per tutto quello che è successo al D.F.,oggi,anzi ora,23:40 di sabato nell’ostello di Morelia, sono riuscito a raccogliere le forze appena sufficienti a riprendere il filo rottosi il 22 settembre. In una settimana di turistico abbiamo visitato il sito di Teotihacan e il Castillo al Bosque de Chapultepec, ma altri sono stati i fatti che hanno dato a questi sette giorni un sapore indimenticabile. Anziché raccontare tutto per mia mano, preferisco che siano le parole lasciate da tutte le persone in-contrate a parlare, e a dare una testimonianza dell’ importanza che queste hanno per noi avuto nel cor-so dei giorni. Io non posso fare altro che concludere e considerare che forse non sono fatto per questo genere di viaggi, o forse lo sono troppo, date le emozioni che sto provando. Sarà che di fronte ad un’avventura di questa entità uno viaggia e si pone di fronte alle altre persone ad animo completamen-te aperto, cosicchè per loro è molto facile trovare un ingresso nei nostri sentimenti. Purtroppo mi so-no deciso a scrivere nuovamente solo una volta la-sciato il D.F., per cui sto un po’ down. Basta essere patetici, voglio ora inviare un grande saluto, e mi piace immaginare che nel momento in cui scrivo i loro nomi tutti mi possano rivolgere un pensiero, tutti coloro che ci hanno donato qualcosa di specia-le. Il saluto e l’abbraccio più caro va alla mia Mar-tha, che mi ha dato un motivo in più, se anche ce ne fosse bisogno , per amare ancora di più questo Paese fantastico; e poi un grande ciao a Paola, Va-nessa, Carlos, Miguel, Aracoeli, Xochitl, Lilia, Ales-sandra&Alessandra, Eduardo, Adriana, Humberto e tutti gli altri che in questi 7 giorni al Mansion Havre ci hanno dato qualcosa di sé stessi.

DOMENICA 30 Morelia: oggi a Morelia è festa grande, in quanto si celebra il santo patrono, e in mattinata già si orga-nizzano molte bancarelle. Noi comunque dedichia-mo il pomeriggio alla visita di Pàtzcuaro, a un’oretta di bus da Morelia.In serata usciamo con Patrice, un ragazzo di Lione che è venuto per fare del volonta-riato in un paesino sperduto qui vicino, e Marcos, il figlio da terza moglie del gestore dell’ostello. Patrice ci ha detto che ha un appuntamento con delle ra-gazze che aveva conosciuto poco prima allo zocalo, e ci dice che sono tra l’altro molto carine. Noi non gli diamo molto credito, e dopo aver cenato, andia-mo allo zocalo: conosciamo le due ragazze, due so-relle, Gabriela ed Andrea, e…la seconda è senza dubbio la più bella ragazza incontrata finora in Mes-sico; hai capito er francesino!! Gabriela, la sorella maggiore,35 anni (portati da paiura!) gestisce un locale proprio allo zocalo, e ci invitano a bere una birra ad uno dei loro tavoli, per gustarci meglio la festa che impazza nella città, con splendido spetta-colo di fuochi artificiali. Noi purtroppo abbiamo il rientro all’ostello alle 23, e quindi, molto controvo-glia, dobbiamo avviarci: dopo aver chiacchierato un po’ davanti casa delle belle, ci gustiamo la scena di Patrice che manda ripetutamente a quel paese Mar-cos, per essere il figlio di colui il quale ci obbliga a tornare così presto.

Comme c’est coutume dans ta bible, je vais ècrire un mot en Français . Nous avons passè deux jours très agrèable dans l’auberge de jeunesse, malheuresement un peu vide. Le filles furent très belles mais inaccessibles, domage !! Avec Simon, j’espere que vous passerez encore du bon temps au Mescique et encore pleins d’aventures, qui seront je l’espere plus ryth-més qu’ici.

Je fus content d’avoir fait votre connaissance Hasta luego AMIGOS Patrice Un pequeno recuerdo para mis amigos,y que pronto re-gresen a Morelia que aquì tienen su casa y no se olviden de su amigo Marcos….

LUNEDI 1 OTTOBRE Guanajuato: in mattinata ci alziamo prestino, per-ché io devo essere a Guanajuato alle 15:00, dato che lì ho l’appuntamento con Adriana,che viene da Leon,dove ha la sorella sposata con un calciatore della loro serie A.Gabriela ci accoglie nel suo locale e ci offre la colazione, e Andrea, per venirci a salu-tare, addirittura chiude il supermercato che gestisce e prende un taxi (mi immagino quando mai una scena del genere avrebbe potuto succedere in Ita-lia). Purtroppo abbiamo i minuti contati e dobbiamo correre, e Simone mi maledice un po’, promettendo che se non mi fossi trombato Adriana mi avrebbe preso a vergate. Comunque abbiamo fatto in tempo a farci lasciare un saluto: Hola Alejandro y Simon Son unos chavos lindisimos muy perom muy guapos y muy simpaticos muy agradables. Espero regresen pronto los recordare por siempre y aqui en Morelia tienen una verdadera amiga que siempre podran contar con ella. Los quiero muchisimo.

Simon me llamaste mucho la atencion eres lindo.

Martha Gabriela Huerta Murillo Muchas gracias! Simon y Alejandro, por darnos la oportunidad de conocer-los, para mi fue muy especial el haber podido conocerlos: son unas grandes personas. Tienen un gran carisma una sen-cillez y un gran corazòn, los dos tienen unos ojos hermosos y una inteligencia increible. Disfruten de la vida que Dios les dio. A pesar de haberlos conocido solo unos momentos, pa-ra mi son amigos ahora y espero poder volver a verlos muy pronto quizas en Mexico o en Roma.

Ahora tengo nuevos amigos italianos que son muy buena onda y muy chidos. Siempre tendran unas amigas en Morelia que los esperaran, cuando ustedes quieran venir mi casa siempre sera su casa.

Cuidense y que Dios los bendiga y los cuide toda la vida. Sean muy felices. Pronto muy pronto de lo que se imaginan yo les escribire.

Para mis grandes amigos Simon y Alejandro Con mucho carino Andrea Huerta Murillo Rimpiangendo di non avere qualche giorno in più per goderci le hermanas, ci avviamo alla stazione degli autobus, e si parte per Guanajuato: addio Mo-relia addio…Una volta dentro il bus però vorrei che potesse arrivare in un minuto, perché Adriana mi piace non poco, e il pensiero di passare tre giorni(e due notti) insieme a lei non è proprio malaccio. La becco che ci aspetta al nostro anden e l’impressione che mi aveva dato al Havre non è cambiata. Ci av-viamo verso il centro della città,a cercare una si-stemazione,e già mi accorgo che Adriana fa la stra-nina, iniziando un poco ad indisporre me e Simone. Guanajuato è bellissima, con le sue vie sotterranee e i suoi quartieri abbarbicati sulle pendici della val-lata nella quale è incastonata, con le sue Università e con le torme di giovani studenti di tutto il mondo, ma soprattutto con la sua pulizia e il suo ordine (cosa abbastanza rara in Messico). Una volta trova-to alloggio Adriana mi dice che deve cominciare un corso di inglese il giorno seguente, e quindi deve andarsene, e vabbè,bisogna fare… tutto in una not-te! Durante la cena ci scoglioniamo ancora di più e non vedo l’ora di andarmene in stanza, perché a li-vello comunicativo la ragazza sta sotto zero, quindi spero di comunicare in altro modo…La cosa non mi-gliora molto, comunque non è il caso di scendere troppo nei particolari, sennò non si capirebbe se è più matta lei, o io che mi ci sono messo. MARTEDI 2 Guanajuato: vabbè, dopo una triste notte d’ am-more (c’è molto sarcasmo qui), ci muoviamo in mattinata per fare delle foto, quindi accompagno la bonnarenze a prendere un taxi per la estacion ca-mionera, e devo riconoscere che questo terzo addio è il meno doloroso, anzi, quasi non ci dispiace che lei se ne vada (Simone è giubilante). Dopo averla salutata, con Simone andiamo alla strada panora-mica, che ci regala una veduta della città veramen-te bella, dopodichè me ne vado a riposare per un paio di orette. Al mio risveglio ce ne andiamo a gio-care alla palestra dell’università, ma le nostre con-dizioni fisiche sono oramai catastrofiche. In serata usciamo con Jan e Matthew per andare al Guana-juato Grill, un locale figo ma un po’ vuoto (qui il ca-sino vero inizierà tra una settimana, per il Festival Cervantino). Verso la mezza siamo a nanna.

MERCOLEDI 3 Guanajuato: oggi, giornata un po’ piovosa, facciamo visita alla miniera Valenciana, una delle tante qui nei dintorni; queste terre, compresi gli altipiani di Zacatecas, sono molto ricchi di una moltitudine di minerali, e gli Spagnoli, con l’occhio lungo, un seco-lo e mezzo prima ne avevano saccheggiato abbon-dantemente le ricche vene, lasciando ai Messicani gli avanzi. La parte di miniera aperta ai visitatori non è molto profonda, ma comunque è sufficiente per immaginare come potessero lavorare i minatori nel passato, e la brava guida che abbiamo assoldato ci descrive tutti i processi di estrazione che veniva-no adottati (ci colpisce il fatto che fino a poco più di 50 anni fa l’età media di un minatore fosse di 25 anni). Dopo un ulteriore visita al pozzo rientriamo a Guanajuato, ma la pioggia viene giù bene, quindi dopo un taco siamo costretti a tornare all’albergo, dove comunque ci facciamo passare il tempo in compagnia di nuovi ospiti tedeschi, molto simpatici. De puro americano ( pues, medio italiano): nice talking with you guys, very nice. I hope your shit goes well, Austin is a lot better than San Antonio, remember this. To sleep in Austin: 6th street hostel, 6th street and Red River; buena comida : Mother’s Cafè & Garden ; 43rd and Duvel (I work here) Hi Matthew Iannarone GIOVEDI 4 Guadalajara: arriviamo carichi nella città della mu-sica e dei Mana,nello Stato di Jalisco, sperando di passare un bel fine settimana; l’inizio però non è dei migliori: la Central Camionera si trova a più di 10 km dal centro, e per giungervi, dobbiamo attra-versare tutto il quartiere di Tlaquepaque, che conta più di due milioni di abitanti; ci vogliono poi quattro ore per trovare un albergo, anche perché ne but-tiamo due per andare a vedere l’ostello, che è una cagata. In poche parole si è fatta notte, per cui do-po una lavata e una mangiata si è quasi fatta la mezza, per cui andiamo a nanna.

VENERDI 5 Guadalajara: oggi inizia la festa della città, e ogni strada dovrebbe ospitare un evento musicale; deci-diamo comunque nel pomeriggio di fare una visita al lago di Chapala, ma una triste sorpresa ci atten-de: il lago è quasi del tutto prosciugato, poiché stanno pompando indiscriminatamente acqua per ri-fornire Guadalajara, e nel giro di una decina d’anni ci sarà solo un verde pascolo. Ci stupisce la presen-za di tante auto con targa statunitense, e la Lonely ci dice che è il luogo prescelto da molti pensionati americani per godere di un livello di vita più agiato. Al ritorno usciamo, ma la città è immensa, e noi siamo senza macchina; giriamo un po’ di locali ma sono tutti molto tristi,e vediamo parecchi omoses-suali in giro; un po’ la cosa ci rabbuia, e dopo aver girovagato per un paio d’ore propendiamo per an-dare a letto.

SABATO 6 Guadalajara: oggi andiamo semplicemente a zonzo, a tirare un poco la onda, dato che ci avevano gal-vanizzato sulle donne di questa città, che dovrebbe-ro essere le più belle del Messico (mah!), ma niente di eccezionale. In serata contiamo di rifarci, ma, a-himè, la trista sorpresa: la zona centrale è comle-tamente dedicata a locali gay,e noi che on teniamo il coche, né i mezzi per andare ai locali più fighi del-la città, che sono lontani un botto; lo spettacolo del-le tre mignotte davanti all’albergo, che scopano nel-le stanze (ecco spiegati i preservativi nella nostra camera), e dei due froci fanno traboccare il vaso:a NANNA!! DOMENICA 7 Zacatecas: felici per la prima volta di lasciare una città, in mattinata si parte per Zacatecas, e ci vo-gliono sette ore di autobus, ma ne vale la pena, perché è molto bella e caratteristica; in più allog-giamo in un ostello molto bello,il Villa Colonial.

A dos simpaticos italianos: good luck in your future adventures with mexican muchachas. Disfruta este lugar, es muy unico, ya sabes como!! Jake (Montana,EU) Los italianos son muy chingon.Pas Leben in Mexico ist ein wunder schones Traum, alle deime wunsche gehen in erfullung wem du Tag, fur Tag in Freiheit lebst viela trauma wusche ich euch fur enre reise und in enren leben zuhause.

Ralph, Real de Catorce Suiza Diario en Zacatecas Viajamos por Zacatecas en las vacaciones de nuestra escuela. Esta ciudad es muy maravillosa ya que todos los edificios son rosas totalmente. Hoy visitamos a Mina de Eden y al Cerro de Bufa. Ambos son impresionantes. En especial, el paisaje de la noche desde el Cerro es muy conveniente para conquistar a una muchacha. No podremos olvidar este escenario estupendo. Las personas que se quedan en este albergue son muy amables y, por eso, nos divertimos mucho. En fin, muchas gracias por la comida muy rica… Nobu, Hachi y Sumiko (devo aggiungere che è un peccato non poter tra-scrivere la pagina in giapponese scrittami da Sumi-ko, molto simpatica) De parte de Paolo y Martha Zacatecas(Mexico, puro corazon) Nos encontramos por casualidad aquì en Zacatecas, nosotros tambien buscando un bonito lugar para de-scansar y que bueno nos encontramos en este bonito Hostal. A dos locos italianos y simpaticos como rara-mente se encuentra. Que ustedes tengan buena suerte y que encuentren muchos mas amigos como los que en-contraron aqui. Muchos besos a los dos. Tambien por el Spagueti muy rico.

Lenguaje mexicano correcto Chingar (verbo) Chingon (sustantivo/adjetivo) Chinga tu madre- esta es la mas famosa de todas las expresiones mexicanas equivale a « testa di catzo », o a « kiss my ass » Es muy hermosa,pero tambien muy peligrosa !cuidado! Otros usos Son chingaderos That’s bad shit Nos chingaron They fucked us Ya chingamos We did it,man No chingues I can’t believe you Que chingon soy I am so very cool Ahora chingate You asked for it Andas de chingaquedito Nos fue de la chingada Nos fue super chingòn Saludos de Ricardo,el chingòlogo 10 oct 2001 La viata este scurta, pentru asta nu te preocupa mult! Te doresc multe zile frumoases si experiencies bunes especial con fètele en Mexico. Esper ca un ziua te duci a la transilvania, aici trebue sa visitezi orasul Sighisoara, pentro ca aici sa nascut nu numai Dracula (Vlad Dracu) imca yo (cred ca fete-le in Transilvania te iubesc) Mult suces si noroc!! Salut Christian (te am intiluit en Zacatecas) Perricolas :la mujer que dice, hace y quiere, ser dulce. A-mor, sexo, musica, todo, pero no ofrece nada a cambio (no amor, no sexo, no musica), por tanto es una autentica per-ra.

Osea perricola (habitante della tierra) ATTE ROBERTO DUARTE PACHER DOMENICA 14 Oggi è il giorno in cui si chiude lo splendido periodo trascorso a Zacatecas, che rappresentava per noi la prima meta dell’itinerario “BIS”, elaborato al D.F. Una volta venuti a conoscenza delle tariffe aeree dei voli Los Angeles-Miami. Le aspettative erano quindi basse, ma gli eventi ci hanno poi fatto cambiare i-dea del tutto. Non c’è niente da fare, quando ti trovi in una bella compagnia, la bellezza del posto passa in secondo piano (e non è che mancasse manco quella!!), ti diverti come un matto anche in mezzo al deserto. Come per quando eravamo a Mexico, qui i racconti sono sostituiti da ciò che ci hanno scritto tutti i nostri compagni di avventure, io posso ricor-dare gli episodi più belli: la partita de “Los Mineros” contro i Jalisco Guerreros, alla quale siamo stati ac-compagnati da Ernesto con il suo pick-up, dove e-ravamo alloggiati nel cassone posteriore, all’aperto, con Seiji, Ralph, Simone e Jake; il momento della pettinatura di Seiji, con l’impiego di mezzo barattolo di gel; le spaghettate sociali e il riso alla giapponese di Seiji; la visita alla Mina el Eden (dove la guida Lourdes ci ha tirato sòla per la serata), con lo splendido panorama che si poteva ammirare dal Cerro della Bufa; il pomeriggio passato a vendere collanine in compagnia di Paolo e Martha; le serate al “Cactus”, di mercoledì con aggancio di Lidia e Diana, a scapito del povero Simone e a favore di Jake e la serata al “Malaga”, dove avevamo il barre libre, cioè alcol gratis a volontà per tutta la notte, dove io e Simone (ma soprattutto lui, che per arri-vare in bagno ci ha messo mezz’ora) ci siamo em-borrachadi a livelli penosi; le serate al Gaudi, sotto la Cattedrale, passate con Ernesto e i suoi amici; i Pranzi a menu fisso con ralph e seiji; le nottate e i pomeriggi passati a cazzeggiare sul terrazzo dell’ ostello con Ricardo (l’abuelo), Isabel (la corrispon-dente belga della guida “Routard”), Christian 8il ra-gazzo rumeno ,che come apriva bocca stavamo tutti a ridere), Sumiko e i suoi due amici e tutti gli altri che magari hanno passato con noi una sola notte ma che ci hanno lasciato comunque ricordi indelebi-li; mille sarebbero poi gli episodi minori da raccon-tare (come ad esempio: il fare la spesa, cosa che portava sempre a qualche simpatico siparietto, il camioncino del gas che ci svegliava tutte le mattine, le lezioni sulla frutta a Seiji, che facevano sbellicare tutto l’ostello), ma che sono costretto a sorvolare, pena la descrizione minuziosa di ogni minuto della giornata. Bene, questa domenica 14 ottobre 2001 segna la fine della permanenza in terra messicana (mi auguro sia solo un arrivederci), e quindi, una volta salutati tutti (tra cui las hermosas nalgas di Giselle) ci avviamo alla stazione degli autobuses, da dove alle 11:30 parte il nostro per Monterrey. Una parola deve essere spesa sul toccante saluto che abbiamo avuto con Seiji, il quale si è lasciato anda-re ad una particolare gestualità, accompagnata da lacrime, che non ha potuto non commuoverci (per me è la terza volta dopo daniella e Martha); Simone mi ha detto che la notte in cui io e Jake eravamo con Diana e lidia, nel terrazzo seiji aveva intonato una canzone (o meglio, cantilena) in giapponese, e questo aveva toccato profondamente tutti i presen-ti: rimpiango il fatto di non essere rientrato all’ o-stello un po’ prima. Questa cosa ci ha insegnato che molte volte, vivendo sempre nel guscio della nostra quotidianità, ci si fanno parecchi pregiudizi sugli al-tri popoli (e quelli che ci sono sui giapponesi non sono in genere esaltanti),che vengono puntualmen-te cancellati quando inizi a conoscere più da vicino queste persone e le culture che si portano dietro. Verso le 17:30 arriviamo a Monterrey, e l’autobus per Dallas parte alle 21:30, quindi ci spendiamo gli ultimi pesos, tralaltro calcolati alla perfezione, in un supermercato, e poi giochiamo a carte fino al mo-mento dell’ “imbarco”. Il pullman parte puntuale,e sappiamo che nel giro di qualche oretta saremo al confine con gli Stati Uniti, che si trova tra Nuevo Laredo e Laredo, per cui siamo parecchio eccitati. Io mi butto in un bugigattolo che abbiamo chiamato “perrera” (canile), ma devo uscire in continuazione per i controlli che fanno quelli dell’immigrazione (i nostri compagni di viaggio sono quasi tutti messica-ni che lavorano negli States), finchè, poco dopo la mezzanotte, attraversiamo il Rio Bravo, che segna il confine tra le due nazioni, e ci prepariamo per sbar-care in Texas.

LUNEDI 15 Austin: il passaggio del confine , per i nostri eroi, è veramente un’odissea: nell’autobus, prima di giun-gere al posto di blocco, ci avevano avvertito che, per i vari controlli, il tempo concesso sarebbe stato di una mezz’oretta al massimo, dopodichè il pul-lman avrebbe comunque proseguito il suo cammino, costringendo gli appiedati a prendere il successivo. Ebbene, per noi i controlli sono durati molto più del-la media, e nell’attimo in cui ci stavano apponendo il fatidico VISA sul passaporto, potevamo intravede-re il nostro autobus che ripartiva nella notte, senza di noi ovviamente. E’ inutile descrivere lo sconforto che ci ha attanagliato: ci trovavamo all’una di notte in una squallida postazione di confine, senza bagagli e con il pullman successivo alle 7:30, quindi senza nemmeno un posto per dormire. Stanchi, disperati, e molto incazzati, ci dirigiamo a piedi verso nord, sapendo solo che davanti a noi si aprivano e inizia-vano gli USA; a un certo punto Simone guarda sconsolato il posteggio dove si trovava il nostro au-tobus (nonché il cappello che Simone aveva com-prato il giorno prima, e la mia comoda perrera)e, miope com’è, nota due mallopponi appoggiati da una parte: ci avviciniamo: sono i nostri zaini!! Un poco rinfrancati, ci avviamo per le strade di Laredo, percependo già l’enorme differenza con la città me-dia messicana alla quale eravamo stati abituati fin lì, e ci dirigiamo verso la stazione degli autobus per attendere quello della mattina. Una volta arrivati, sorpresa delle sorprese! Il nostro autobus era lì, che sostava da una ventina di minuti: il tempo di risalire e via!, alla volta della capitale texana. Nel pullman non riusciamo a dormire bene, perché siamo molto eccitati, e non vediamo l’ora di arrivare; anche il fatto di sostare venti minuti a San Antonio ci gasa parecchio. In mattinata presto arriviamo ad Austin, e la prima cosa che notiamo è che dobbiamo spo-stare le lancette indietro di un’ora. La minuscola stazione degli autobus si trova molto distante dalla downtown, e noi non sappiamo minimamente dove ci troviamo, perché periferia o centro sono urbani-sticamente molto simili; quindi, privi di ogni punto di riferimento, ci avviamo a piedi non sappiamo nemmeno noi per dove, ancora non consapevoli delle enormi distanze proprie delle città USA. Per fortuna incontriamo un messicano, che ci indica qual è il pullman per la downtown, e, dopo una mezz’ oretta scendiamo in prossimità della 6th street, dove ci doveva essere il nostro ostello. Ci accorgiamo di trovarci nella downtown perché qui ci sono gli edifici più alti, e c’è il palazzo amministrati-vo (stile Casa Bianca, architettonicamente) della “The Capital City”. Dopo 4 o 5 blocks, giungiamo al 6th street Hostel, che è molto in stile americano, paghiamo i nostri 20 dollaroni, facciamo colazione e ci buttiamo a letto (sono circa le 10). Ritorniamo al-la vita intorno alle 16:00, e decidiamo di andare a fare un po’ di spesa al centro commerciale HEB, perché è improponibile mangiare in un ristorante che non sia un fast-food. HEB si trova a 45 minuti di bus dal centro, e ci arriviamo non senza fatica (soprattutto nel comunicare, non si riesce a capire proprio niente!), e l’impatto con il primo supermer-cato statunitanse della nostra vita è notevole: tutto è enorme (a parte le persone stesse): succhi di frutta da un gallone, pacchi di birre da 24 o 30 lat-tine, confezioni di latte e di cereali enormi,e la cosa che colpisce anche di più sono i prezzi: con il dollaro a 2200£, un cambio pessimo quindi, il livello dei prezzi stessi è leggermente inferiore a quello italia-no; ci accorgeremo presto che tutto costa meno, a parte le abitazioni e gli affitti (ma tutti i servizi in genere), a fronte di retribuzioni in media triple ri-spetto al nostro Paese. Chiusa questa considerazio-ne, riprendo dicendo che al ritorno dall’HEB ci fer-miamo a mangiare un panino da Jack in the Box, per 99 cents ad hamburger, e poi facciamo ritorno all’ostello, dove si sta preparando una simpatica se-ratina a base di bevute. L’ostello è gonfio di perso-naggioni, da James a Jungleboylee, da Trinity a Ti-tus (le foto dovrebbero testimoniare bene), e tutti insieme andiamo a fare un giro dei locali della ri-nomata 6th street, ascoltando musica dal vivo, sfi-dandoci a braccio di ferro e bevendo birre su birre (da rimarcare che i locali sono tutti gratuiti, in alcu-ni un bicchiere di birra viene un solo dollaro e che tutti chiedono la ID, cioè un documento d’identità che dimostri che si abbiano più di 21 anni). Verso le 3 rientriamo, dove troviamo anche un gruppo di ra-gazze peruviane venute per studiare “business” nel-la più grande Università del Texas e degli USA, e tutti insieme continuiamo a bere e a cazzeggiare fi-no all’alba. Questo lunghissimo e immenso 15-10-2001 è finito, ma sembra di aver vissuto un giorno di 72 ore anziché di 24 (anzi, 25).

MARTEDI 16 Austin: di oggi c’è meno da dire, poiché ci alziamo molto tardi, e per fare tre cose, cioè cenare, con-nettersi a internet e informarsi sugli autobus per New Orleans, si fa già sera e si già ora di uscire con i ragazzi. Stasera andiamo per una cosa un po’ più tranquilla, anche perché molti degli ospiti dell’ ostel-lo lavorano e si devono alzare prestino. Ci buttiamo allora a fare una partitina a biliardo (dopo qualche birra ovviamente), con Trinity e un altro paio di guys, ma il divertimento, con la tendenza a spetta-colarizzare tutto che hanno gli yankees, è sempre assicurato. Bene, stasera si va a letto un po’ prima (verso le 3).

MERCOLEDI 17 Austin: oggi dedichiamo la giornata a bighellonare al College(inutile soffermarsi a descrivere l’aria che si respira qui dentro), sapendo che alle 19:30 parte l’autobus per Houston da dove poi c’è la coincidenza per New Orleans. Salutiamo tutti all’ostello, e ci av-viamo col pullman alla bus station, non senza una sosta preventiva al Jack in the Box, e all’HEB, dove incontriamo Lee con la sua ragazza canadese, così scrocchiamo anche un passaggio fino alla station. Qui c’è una simpatica pantomima con Jusqiuva,la ragazzetta della Greyhound che fa i biglietti (molto carina, scurissima e di provenienza haitiana), e ab-biamo la sorpresa di venire a conoscenza che Titus, il ragazzo hawaiiano, si unirà a noi per il resto del viaggio. Dunque, alle 19:30 un bus Kerrville ci porta fino a Houston, da dove verso le 23:00 parte il Gre-yhound per New Orleans.

GIOVEDI 18 New Orleans: in mattinata, verso le 6:30, arriviamo nella capitale del jazz, nella magica Louisiana. Con un taxi raggiungiamo uno degli ostelli segnalati su internet, che si trova in una parallela di St. Charles, una delle arterie della città, e ci scatafalchiamo a letto fino a metà pomeriggio. Come ci svegliamo, verso le 15, andiamo, tanto per cambiare, al Burger King,e da lì, dopo una rapida toeletta,ci catapultia-mo al French Quarter, nella rinomata bourbon Street, che si trova appunto nel primo nucleo abita-tivo della città, edificato dai francesi,e che presenta tutti edifici in legno di al massimo due piani. Bour-bon Street è un viavai enorme di persone di tutte le razze, ma prevalentemente statunitensi, che, da chi ha 15 anni fino a chi ne ha 70 ballano, cantano e, soprattutto, bevono.I locali sono tutti gratuiti, per cui è una goduria poterseli girare a piacimento, passando da uno spettacolo di strip-tease, a un pezzo di cabaret, a una band che suona dal vivo. Una cosa che non posso fare a meno di notare è che del jazz che tanto ci aspettavamo, con tanto di negroni armati di sax, non ce n’è nemmeno l’ombra. Passiamo una serata al cazzeggio, con lun-ga sosta ad un topless contest, ci perdiamo Titus e ritorniamo all’ostello a piedi(3-4 km circa)belli cotti.

VENERDI 19 New Orleans: oggi, seguendo quanto deciso ieri, cambiamo ostello, e andiamo in una vera bettola, che però ci costa 5 dollari in meno al giorno. Siamo alloggiati nello splendido attico, in compagnia di al-cuni ragazzi inglesi,e Simone decide di andare a vi-sitare il D-day Museum,dal quale mi torna bello en-tusiasta. La giornata trascorre tranquilla con un cazzeggio all’ostello, dove poi iiziamo a bere birra alle 17, per essere pronti all’ultima notte qui in Louisiana. Verso le 21 ci dirigiamo verso Bourbon street, dove belli carichi, iniziamo a fare i buttaden-tro per un locale, il Big Bad Wolf, sotto gli occhi im-pietositi dei veri buttadentro, due negroni enormi. La serata trascorre veloce,e, verso le due, essen-domi perso tutta la compagnia, mi avvio ramingo a piedi verso l’ostello. Simone e Titus rientreranno un’ oretta e mezzo dopo, alcuni degli inglesi non torna-no per niente.

SABATO 20 New Orleans: decidiamo di partire oggi per Miami, e di sacrificare il sabato, perché vogliamo prenderci un margine di sicurezza in vista della partenza di lunedì e delle quasi 24 ore di autobus necessarie per arrivare fino alla città degli Heat.Il bus c’è alle 15:15 e dobbiamo fare scalo a Mobile e a Jackson-ville.

DOMENICA 21 Miami: il viaggio è una tortura, gli autobus Gre-yhound non sono il mezzo di trasporto più conforte-vole che ci sia in circolazione, e arriviamo a Miami intorno alle 11:00, sfatti dalla stanchezza. Il caldo che c’è qui ricorda molto da vicino l’impatto che a-vevamo avuto a Cancun: si soffoca. Prima cosa che facciamo è quella di cercare di raggiungere Miami Beach, dove ci sono tutti gli ostelli di cui abbiamo l’indirizzo. Dopo un’oretta arriviamo al primo della lista,e, cotti come siamo,decidiamo che ci sta bene e non andiamo a visionare gli altri. Solita ronfatina pomeridiana, Burger King, e rientro di corsa all’ o-stello poiché si scatena il diluvio universale. Con questo tempo non si può mettere il naso fuori, quindi ci vediamo un po’ di baseball ed entriamo di fatto nelle ultime 24 ore della nostra avventura. Verso la mezza andiamo a dormire,anche se si rive-lerà una notte tormentata.Io sono molto eccitato all’idea di tornare in Italia, forse perché mi aspetta la tesi e non un lavoro di ufficio o gli ultimi esami, e non vedo l’ora di rovesciare addosso a tutti quelli che conosco i racconti-fiume delle nostre splendide esperienze.

LUNEDI 22 Miami: ci siamo! Siamo alla fine: verso mezzogior-no, dopo essere andati rapidamente ad inviare le ultime mail in biblioteca, prendiamo gli autobus per l’aeroporto. Il terminal di Miami è enorme, e le diffi-coltà di orientamento sono notevoli; se a ciò ag-giungiamo che torneremo non con l’Iberia ma con l’ American Airlines…Il nostro volo partirà un’ora in ri-tardo, data la buriana che imperversa fuori ma, alle 19:00 si decolla. L’aereo è, se possibile, ancora più scomodo di quello dell’andata, e non chiudiamo oc-chio nemmeno per un istante. Ai nostri orologi sono le 2:30 del mattino,ma, contando tutti i fusi che ab-biamo attraversato, ci ritroviamo la colazione da-vanti e un sole splendente fuori dagli oblò.

MARTEDI 23 –IL RIENTRO- Alle 10:30 circa ci troviamo all’aeroporto di Madrid, da dove intorno alle 12:30 abbiamo la coincidenza per roma fiumicino. La giornata è cristallina, e si vede la sardegna da nord a sud, interamente. In-torno alle 14:30 si rientra nello stivale, dove ad at-tenderci vi sono Carloalberto, mia madre e mia so-rella: E’ FINITA! Ma la promessa che mi faccio è di laurearmi, rag-granellare altri 8 milioni e girare il SudAmerica.



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