Alla scoperta dei Maya

Viaggio in completa autonomia tra spettacolari piramidi Maya, paesaggi mozzafiato, autentiche bellezze della natura, cenotes e tante persone, sempre sorridenti e disponibili
Scritto da: dariaegiorgio
alla scoperta dei maya
Partenza il: 23/12/2016
Ritorno il: 08/01/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €

23/12/2016

Quest’anno abbiamo deciso di cambiare completamente meta per le nostre vacanze. Non ci muoveremo più verso l’Oriente, come in passato, ma scegliamo di esplorare e conoscere nuovi luoghi. Per la prima volta atterreremo in America, precisamente in Messico, terra che da sempre ci ha incuriosito, in modo particolare per quanto riguarda le rovine Maya. Partiamo dall’aeroporto di Torino Caselle e facciamo uno scalo a Madrid. Poi finalmente l’imbarco per il volo intercontinentale! Trascorriamo le dodici lunghe ore di viaggio, mangiando e intrattenendoci con i film, ma purtroppo dormiamo poco. Un altro scalo a Città del Messico e con un breve volo raggiungiamo Cancun. Qui ci aspetta un piccolo aeroporto, dove troviamo senza difficoltà l’agenzia presso la quale avevamo prenotato via Internet, l’auto. Ci viene consegnata una signora macchina: una Hunday Elantra con il cambio automatico che ci accompagnerà in tutta la nostra avventura in Yucatan e Chiapas. Il contachilometri segna 31.280 km. Giors, mio marito, nell’arco di pochi chilometri prende la mano con il cambio automatico e riesce a guidare con disinvoltura! Eccoci giunti a Valladolid, la nostra prima meta del viaggio. Raggiungiamo a piedi il centro dove ceniamo in un locale tipico, a base di tacos. Gironzoliamo nella piazza centrale, ma alle 21.30 decidiamo di far rientro in camera, perché siamo veramente stanchissimi!

25/12/2016

Questa mattina partiamo per la nostra prima visita ad un sito Maya: Ek’ Balam. Per errore, anziché al sito archeologico, arriviamo nell’omonimo villaggio e scopriamo ben presto di essere gli unici turisti. La visita è interessante: intorno a noi abitazioni tradizionali, donne intente al lavoro al telaio e bimbetti che girovagano senza meta. Poco distante si trova il sito archeologico; iniziamo incuriositi la nostra visita. Immersa nella vegetazione, si trova l’Acropolis nella quale sorge l’imponente piramide. Con i suoi 114 scalini ripidissimi e faticosissimi, raggiunge i 32 metri d’altezza. Nella parte in alto sono riprodotte le immense fauci di un giaguaro: impressionanti! La nostra prima esperienza Maya ci entusiasma, ma viene interrotta da un piccolo acquazzone tropicale. Nel pomeriggio raggiungiamo i Cenotes di Dzitnup: un autentico prodigio della natura! Entrambi sono spettacolari e affollati di persone che vi fanno il bagno, ma a me personalmente incutono paura. Per raggiungerli si percorre una ripida scalinata. Il primo è una vera e propria piccola grotta con stalattiti e radici di piante che scendono fino al livello dell’acqua. Il secondo è più grande e più arioso, ma non m’invoglia comunque a tuffarmi. Continuiamo il nostro viaggio con meta Pistè, nei pressi di Chichen Itzà. Ci fermiamo subito presso il sito, per informarci sullo spettacolo “Suoni e luci” della serata. Dopo una coda lunghissima, otteniamo finalmente i due biglietti. Ormai si è fatto tardi e quindi decidiamo di restare nel sito. Gironzoliamo tra le numerosissime bancarelle per turisti, anche per ingannare il tempo. L’attesa per assistere allo spettacolo è interminabile; inspiegabilmente, pur avendo il posto prenotato, ci fanno mettere in coda e vi restiamo per oltre un’ora. Poi, finalmente, si può entrare; abbiamo ancora la possibilità di fare il giro completo intorno al El Castillo, unico monumento illuminato, da luci cangianti, nella notte buia. Ecco che il suggestivo spettacolo, di 45 minuti circa ha inizio: gli effetti di luci fanno incendiare le antiche pietre Maya, ipnotizzando noi spettatori con luci, suoni e colori che rievocano il mondo degli antichi abitanti della città. Stupefatti e meravigliati, ci avviamo verso l’uscita e veniamo assaliti dai venditori. Questi richiamano l’attenzione dei turisti con un particolare souvenir che riproduce alla perfezione il verso del giaguaro, ma incredibilmente riusciamo a non acquistare nulla. Raggiungiamo il nostro hotel e ci sistemiamo, facciamo una rinfrescante doccia e andiamo a dormire.

26/12/2016

Di buon mattino partiamo diretti per il sito di Chichen Itza. Alle 8 puntuali siamo al sito e ci mettiamo in coda per entrare nel parcheggio. Appena entrati, ecco ergersi di fronte a noi, in tutta la sua imponenza, El Castillo. Si tratta in pratica di un grandioso calendario Maya, costruito in pietra. Ognuno dei nove livelli di cui è costituito è diviso in due parti da una scalinata, formando così diciotto terrazze separate che rappresentano i diciotto mesi di venti giorni dell’anno Maya. Le quattro scalinate hanno novantun gradini ciascuna che, sommati alla piattaforma sulla sommità, danno un totale di trecentosessantacinque, il numero dei giorni dell’anno. Su tutte le guide risulta che El Castillo sia una delle Sette Meraviglie del Mondo Moderno e sicuramente le imponenti opere di restauro ne hanno riportato alla luce la bellezza e la grandiosità, ma in me, sinceramente, non è riuscito a suscitare emozioni particolari. Ci spostiamo poi nella spianata poco distante destinata al gioco della palla e denominata infatti “Gran Juego de pelota”. Il campo è delimitato da alti muri con enormi anelli di pietra fissati in alto. Sembra infatti che i giocatori dovessero proprio farvi entrare la palla, ma rispettando regole ben precise: vietato l’uso delle mani e offerta, in sacrificio agli dei, dei giocatori perdenti. I rilievi in pietra lungo i muri del campo testimoniano che questi ultimi venissero addirittura decapitati! L’acustica del campo è straordinaria: abbiamo provato a battere le mani e si è sentita un’eco forte e ripetuta. Eccoci giunti alla Platorma de Los Craneos, contornata da incisioni di teschi e aquile che dilaniano il petto degli uomini per divorarne il cuore. Qui venivano infatti esposte le teste delle vittime sacrificate. Vicino si trova la Plataforma de Las Aquilas y Los Jaguares con sculture rappresentanti questi animali che stringono cuori umani tra i loro artigli. Percorriamo in seguito un sentiero dissestato in pietra e raggiungiamo così il Sacro Cenote: qui nel secolo scorso furono effettuati numerosi lavori che riportarono alla luce grandi quantità di ossa umane, oltre che a gioielli e manufatti d’oro e di giada. Si è quindi ipotizzato che in questo cenote venissero costrette ad un tuffo eterno molte persone di ogni età e ceto sociale. Attualmente l’acqua è piuttosto torbida ed è circondata da un groviglio di piante rampicanti. E’ impressionante immaginare le scene di terrore e morte che si svolsero in questo luogo! Intanto lungo tutti i sentieri del sito archeologico centinaia di locali hanno allestito le loro bancarelle ed espongono souvenir di ogni tipo.

Nonostante i buoni propositi di seguire i consigli dei viaggiatori esperti di fare acquisti in Chiapas piuttosto che in Yucatan, non resisto alla tentazione ed inizio così a chiedere prezzi, contrattare e comprare! Passeggiando, arriviamo al Grupo de Las Mil Columnas e poco distante ai resti del Bano de Vapor con una fornace sotterranea ed un sistema di scolo delle acque. Ecco poi di fronte a noi El Osario, detto anche Tumba del Gran Sacerdote dove spiccano le teste di serpente scolpite alla base delle sue scalinate. Il suo nome è dovuto al fatto che al suo interno è stata rinvenuta una camera funeraria con sette tombe contenenti resti umani. Raggiungiamo El Caracol, l’osservatorio astronomico, uno degli edifici più importanti di tutta Chichen Itza, peccato però che non sia consentito entrarvi all’interno. I suoi quattro portali sono decorati con maschere del dio Chac. Qui i sacerdoti osservavano le stelle e stabilivano quali fossero i momenti propizi per i loro rituali, le celebrazioni, la semina e i raccolti. La nostra visita continua, mentre la temperatura inizia ad alzarsi: ora fa veramente caldo! Giungiamo quindi all’Edificio de Las Monjas: era probabilmente un palazzo dell’aristocrazia Maya con una miriade di sale che forse ricordò ai Conquistadores i conventi europei; il che spiegherebbe il suo nome. Nei paraggi si trova anche l’iglesia, quasi interamente ricoperta di incisioni. Concludiamo la nostra visita, curiosando tra le bancarelle dai mille souvenir e ovviamente compriamo ancora qualcosa!

Usciti dal sito, percorriamo la strada alla ricerca di un ristorante del quale ci era stata consegnata la pubblicità ed un buono valido per usufruire del self service a prezzo scontato; intanto ci guardiamo intorno e scattiamo alcune foto agli scorci più caratteristici. Spendiamo veramente poco e mangiamo in abbondanza! Il pranzo viene rallegrato dai balli di due Messicani, a mio parere un po’ ridicoli ed anche insistenti nel richiedere la “propina”, ma anche questo fa parte del Messico! Ripartiamo con direzione Merida. Percorriamo circa 130 Km, raggiungendo così questa grande città coloniale, capitale dello Yucatan. Troviamo con qualche difficoltà la camera prenotata e ci dirigiamo subito a piedi in centro. Facciamo una breve sosta nella Plaza Grande, caratteristica piazza a forma circolare, che ritroveremo in molti altri centri colonizzati dagli Spagnoli. E’ abbellita da gigantesche piante di alloro, in mezzo alle quali sono sistemate panchine tradizionali ed altre, caratteristiche della zona, a due soli posti, sistemate una di fronte all’altra. Lì vicino si trova la Catedral de San Idelfonso, sorta sulle rovine di un tempio Maya. Gironzoliamo alla ricerca di angoli caratteristici e di un posto dove cenare. Non c’è che l’imbarazzo della scelta; decidiamo di fermarci in un bel locale affollatissimo dove servono piatti tipici, naturalmente molto piccanti. I negozi sono aperti fino a tardi e così passeggiamo per la bella città.

27/12/2016

Questa mattina, con un’oretta di viaggio, raggiungiamo il sito di Uxmal che si rivelerà essere uno tra i più belli dello Yucatan, sia per la sua posizione tra le colline Puuc, sia per le ottime condizioni dei monumenti in parte restaurati e davvero ricchi di decorazioni ornamentali. In lingua Maya Uxmal significa “ricostruita tre volte”, in realtà essa fu riedificata ben cinque volte! Il problema principale dei suoi abitanti fu la scarsità d’acqua ed è proprio questo il motivo per cui essi davano massima importanza a Chac, il dio della pioggia o “serpente dei cieli”: la sua immagine è riproposta ovunque nel sito dalle maschere di stucco che sporgono un po’ ovunque dalle facciate e dai cornicioni. Appena entrati, vediamo subito comparire di fronte a noi la maestosa Casa del Adivino, alta ben 39 metri e da un’insolita forma ovale. Passeggiamo nel parco circostante dove facciamo incontro per la prima volta con delle iguane che gironzolano indisturbate tra le rovine. Sono simpaticissime! Raggiungiamo poi una piccola tettoia con il tetto in paglia, costruita per riparare delle curiose sculture falliche. Una breve passeggiata ci porta di fronte alla Gran Piramide, alta 32 metri. Siamo pronti a scalarla e sulla sua cima ammiriamo le particolari sculture che raffigurano il dio Chac, uccelli e fiori. Splendido è il panorama che ci viene offerto dall’alto: di fronte a noi si apre la visuale del sito e di tutti i suoi spettacolari monumenti! Affrontiamo la discesa dalla piramide con un po’ di panico, ma fortunatamente ne usciamo indenni. Passiamo quindi al Palacio del Gobernator, edificio imponente, che, con la sua magnifica facciata lunga quasi 100 metri, è sicuramente la massima espressione dello stile architettonico puc. Poco distante si trova la Casa de Las Tortugas, denominata così per le numerose sculture di tartarughe che anch’esse, secondo la mitologia Maya, soffrivano per la siccità quanto gli uomini e quindi imploravano Chac perché mandasse la pioggia. Percorriamo poi il pendio sottostante, raggiungiamo il Juego de Pelota, ed infine, passando sotto un arco a punta, eccoci al Cuadrangolo de Las Monjas che racchiude un cortile interno, arricchito da moltissime sculture

Usciamo dal sito di Uxmal entusiasti della visita che ci ha colpiti particolarmente per le bellezze architettoniche e per il senso di pace trasmesso, sicuramente di gran lunga maggiori rispetto alla più decantata e famosa Chichen Itzà. Percorrendo la Ruta Puuc, decidiamo di fare visita ad un sito poco conosciuto, ma segnalato dalla nostra guida Lonely Planet: Labnà. I 100 pesos pagati per l’ingresso, sono sicuramente ben spesi. I turisti sono pochissimi e le rovine, immerse nella vegetazione, veramente notevoli. In particolare possiamo ammirare El Palacio, con rilievi ornamentali in buone condizioni di conservazione, l’El Arco, un magnifico arco, un tempo appartenente a un edificio che separava due cortili quadrangolari e l’El Mirador, una piramide sormontata da un tempio. Risaliamo in auto diretti a Holpechen, percorrendo una strada a saliscendi che sembra non finire mai, anche se i chilometri da percorrere sono solo una novantina. Quando finalmente arriviamo, siamo accaldati e affamati e andiamo subito alla ricerca di un ristorantino dove pranzare, ma non troviamo nulla, allora facciamo un po’ di spesa in un piccolo supermercato e consumiamo il nostro pasto nella tipica piazza circolare che si trova nel centro di ogni paese e città dello Yucatan. Intorno a noi gente un po’strana ci osserva incuriosita. A dire il vero, anche noi osserviamo loro: c’è un vecchio logorroico che ci racconta la storia della sua famiglia emigrata in Messico nel secolo scorso ed una famiglia canadese con ben otto bimbi che indossano strani abiti ottocenteschi. Secondo noi, appartengano ad una particolare setta. Gironzoliamo un po’ per il paese che, oltre ad una bella chiesa, offre davvero poco.

Quindi di lì a poco decidiamo di ripartire: la nostra meta è Campeche e i chilometri da percorrere circa 150. Il viaggio procede lentamente interrotto sovente dai topes e dai vibradores che ad ogni villaggetto rallentano notevolmente la velocità. Qui le case sono sempre meno curate, spesso sono semplici capanne. Finalmente raggiungiamo Campeche e, dopo un rapido pasto, stanchi morti, andiamo a dormire.

28/12/2016

Naturalmente io mi sveglio presto, troppo presto: sono le 5.30. Mi sistemo sull’amaca, aspettando che Giors si svegli. Saranno poi le 8 quando si alza e le 9 quando usciremo di casa. Prendiamo un taxi per raggiungere il centro ed iniziare così la visita della città. Gironzolando a piedi, raggiungiamo la Plaza Principal della città: al centro si trova un chiosco Belle Epoque, tutt’intorno delle panchine e le postazioni dei lustrascarpe. Poco distante domina il paesaggio la Catedral de Nuestra Senora de la Purisima Concepcion e dal lato opposto la fastosa Casa Numero 6, simbolo della vita di lusso delle classi agiate dell’antica Campeche. Decidiamo poi di partecipare a una visita guidata a bordo di un vecchio tram, paghiamo 200 pesos ed iniziamo il nostro giro. Vediamo il centro storico, circondato dalle vecchie mura, numerosi palazzi costruiti nel XVIII secolo da ricche famiglie spagnole, i Baluartes e il Malecon. I baluardi risalgono al 1663, quando gli abitanti di Campeche, in seguito ad un attacco particolarmente violento da parte dei pirati, eressero questa cinta muraria protettiva. Sono alti ben 8 metri e circondano il centro urbano per oltre 2,5 chilometri. Il Malecon, il lungomare che si estende per circa 7 chilometri, è piuttosto turistico. Proseguiamo la nostra esplorazione di Campeche a piedi, passeggiando nelle calle. Ci colpiscono le case colorate di cento sfumature diverse, i marciapiedi altissimi e le statue dei pirati che si trovano un po’ ovunque. Raggiungiamo anche il mercato che ci delude un po’: non ha niente a che vedere con i caratteristici market dell’Oriente! Proseguiamo il giro per Campeche, visitando il Museo de la Arquitectura Maya, alcune chiese, il Baluarte de San Pedro. Ovunque si vada le case sono tutte colorate! Giungiamo nuovamente al Malecon, dove assistiamo ad un tramonto sul mare spettacolare.

29 /12 / 2016

Mi sveglio sempre più presto: ore 4.45! Alle 6 chiamo Giors: oggi si deve partire velocemente, direzione Palenque. Dobbiamo percorrere circa 360 km. Quindi facciamo colazione, riordiniamo la casa e verso le 7.30 finalmente si parte! Prima tappa al distributore di benzina per fare il pieno , poi ci fermiamo a Champoton, un paesino sorto sulla foce di un fiume, con un bel porticciolo. Ci sgranchiamo un po’ le gambe e scattiamo alcune fotografie. Procedendo, incontriamo un brutto incidente stradale: un tir si è ribaltato e tutti accorrono per scaricare la merce. Altra brevissima sosta in un grazioso villaggio di pescatori: Sabankuy. Le spiagge del luogo sono un importante terreno di nidificazione per le tartarughe; gli operatori di un progetto universitario locale raccolgono le uova e le trasferiscono in aree protette finché si schiudono e nei mesi estivi le liberano: oltre 100.000 esemplari vengono rilasciati in mare. Dicono siano un vero spettacolo, peccato essere capitati nel periodo sbagliato! Per non perdere tempo, facciamo uno spuntino in macchina, senza nemmeno fermarci, poi finalmente ecco il cartello che indica l’uscita per Palenque. Incontriamo dei lavori in corso: la strada è in rifacimento ed è completamente sterrata, poi incontriamo un altro incidente e così il ritardo si accumula.

Finalmente raggiungiamo il sito archeologico. Siamo immersi in una fitta giungla che, fin dai primi passi, ci offre suggestivi paesaggi. Subito dopo, ecco comparire di fronte ai nostri occhi i maestosi resti della architettura Maya. Il più imponente di tutti gli edifici è il Templo de Las Inscripciones, nel quale si trova la tomba di Pakal, dove fu ritrovato lo scheletro del sovrano, incastonato di gioielli. Sulla sua pietra tombale è ritratta una figura umana in una posa che ricorda quella di un viaggiatore spaziale intento a pilotare un veicolo a razzo. L’uomo sembra impugnare i comandi di guida, e nella parte posteriore del veicolo compare una struttura, simile a un motore, da cui fuoriescono quelle che appaiono essere fiamme. Altri dettagli suggeriscono la presenza di un sedile, di un apparato di respirazione e di una struttura esterna affusolata che sembrerebbe un veicolo a razzo. Alcuni studiosi hanno interpretato questa immagine come una testimonianza della visita all’umanità da parte di viaggiatori extraterrestri, avvenuta forse in tempi remoti e della quale si sarebbe in seguito persa la memoria. Poco distante El Palacio presenta diversi cortili interni con un reticolo di corridoi che collegano varie sale. Si sale e si scende in continuazione, percorrendo scalinate, talvolta ripide e un po’ faticose. Raggiungiamo così il Templo del Sol e il Templo de La Cruz. Di qui ammiriamo dall’alto tutti i resti Maya e la vista è davvero incantevole! Il sito è invaso di venditori di souvenir che io non disdegno affatto, anzi mi avvicino volentieri, contratto e faccio acquisti. Scendiamo a piedi per oltre un chilometro per raggiungere la macchina e qui inizia l’avventura per la ricerca della camera prenotata. È buio e, nonostante le informazioni chieste a più persone e anche alla polizia, il posto è introvabile. Alla fine ce la facciamo per puro caso, ma che impresa! Infine prenotiamo subito l’escursione per l’indomani a Bonampak e Yaxcilian.

30/12/2016

La sveglia suona alle 5 e un quarto e alle 6 si parte! Dopo un percorso di 15 minuti, si cambia mezzo e ci avventuriamo su per le montagne, avvolti da una nebbiolina discretamente fitta e da un clima particolarmente fresco. L’autista guida come un pazzo e purtroppo neanche i numerosi topes lo calmano un po’! Intorno a noi vediamo scorrere la vita quotidiana degli abitanti dei villaggi. Dalle casette coloratissime escono i bimbi che rincorrono le galline e i maialini neri; gli adulti sono intenti nei lavori nei campi e nei boschi. Purtroppo, vista la velocità di crociera, non riusciamo a scattare nessuna fotografia decente di questi bei momenti, ma il ricordo è indelebile. Finalmente, dopo due ore di viaggio, ci fermiamo ad una baracca dove ci viene offerta un’abbondante colazione self service, a base di prodotti locali. Con un’altra oretta di viaggio raggiungiamo Yaxcihilan che si trova ai confini con il Guatemala: a dividerli si trova il Rio Usumacinta. Percorriamo una piccola parte di questo fiume, a bordo di una lancia ed in 40 minuti circa raggiungiamo il sito archeologico, avvolto in una fitta giungla: la selva Lacandona. Durante la traversata sopra di noi si formano dei fitti nuvoloni che non promettono niente di buono! Con una veloce camminata raggiungiamo i maestosi resti Maya. Passiamo nel Laberinto, edificio costruito intorno al 700 d.C., che io attraverso con un po’ di timore. Sopra le nostre teste infatti dormono tanti piccoli pipistrelli e sulle pareti si trovano anche dei ragni dalle dimensioni considerevoli. Sono piuttosto titubante, ma ce la devo fare per forza, altrimenti non ho possibilità di raggiungere la Gran Plaza! Raggiungiamo così quest’ultima: un’immensa distesa erbosa, in mezzo alla quale s’innalzano alberi altissimi e tutt’intorno i resti Maya. Sono stati ritrovati un edificio nel quale si facevano i bagni di vapore e delle enormi stele, attualmente protette da tettoie in paglia. Proprio una di queste ci servirà da riparo quando scoppia un abbondante acquazzone tropicale che ci rovina la visita. Infatti, dopo aver atteso per un po’, nella speranza che terminasse, desistiamo dalla voglia di salire una ripida scalinata in cima alla quale avremmo potuto visitare il tempio meglio conservato del sito. Il fiume d’acqua creatosi lungo la scalinata la rendeva troppo scivolosa e l’idea di rischiare di fare un brutto capitombolo ci ha bloccati… peccato! Ci copriamo con ciò che abbiamo a disposizione e riprendiamo la visita. In compenso però Giors riesce a scattare delle splendide fotografie a delle farfalline che si posano proprio vicino a noi. Riprendiamo quindi la nostra lancia e ritorniamo sulla terraferma. Segue un altro viaggio di un’ oretta per arrivare nelle vicinanze del sito di Bonampak. Per attraversare la selva lacandona occorre però servirsi di un minibus gestito da una cooperativa locale. Ha qui inizio un percorso da incubo di venti minuti circa: sfortuna vuole che gli unici posti liberi rimasti sono quelli davanti, vicino all’autista. La strada è sterrata, piena di buche, il mio sedile è piccolo e scivoloso, la velocità, rapportata alle condizioni della carrettera, è folle. Ero convinta di finire fuori strada, invece giungiamo sani e salvi! Percorriamo un viale che ci porta all’Acropolis dove sorgono le rovine. Notevole è il Tempio de las Pinturas dove sono visibili alcuni affreschi ben conservati che danno appunto il nome alla località (Bonampak, in lingua yucateca, significa appunto muri dipinti).

Riprendiamo quindi ben tre pulmini per fare ritorno e alle 19.30 rieccoci in hotel. Mangiamo cena in camera e poi facciamo volentieri due chiacchiere con Ivana e Leonardo, una coppia italiana, conosciuta in giornata durante l’escursione. Ci confrontiamo sul viaggio e veniamo a sapere che la strada per Cristobal de Las Casas è rallentata a causa di numerosi lavori in corso e che ci vorranno 10 ore di viaggio. Siamo un po’ preoccupati, ma determinati nella nostra decisione!

31 /12 /2016

Alle 7.30 si parte per San Cristobal. Viaggiamo circa un’ora per raggiungere le cascate di Misol Ha. Con una breve passeggiata, ecco comparire di fronte a noi una sola cascata, ma decisamente imponente. Rimaniamo a bocca aperta ammirando da vicino questo spettacolo della natura ed ascoltando il fragore dell’acqua che cade da un’altezza di più di 30 metri. Gli schizzi provocati dalla cascata sono notevoli ed è anche possibile passare dietro l’acqua che scende ad una velocità impressionante. Proseguiamo il viaggio in auto per raggiungere le cascate di Agua Azul. Qui gli affluenti del fiume Otulún, Tulijá e Shumuljá, si uniscono per formare delle cascate incredibili che si gettano in piscine colorate. Lungo il corso d’acqua ne abbiamo contate più di 50! L’acqua azzurra scorre giù tra pareti non troppo ripide, correndo lungo dei canyon poco profondi. Risaliamo lungo il percorso del fiume, circondati da un numero infinito di bancarelle che attirano insistentemente la mia attenzione. Facciamo uno spuntino delizioso, a base di empanados di formaggio, pollo, fagioli e patate (così buoni, che ce ne saremmo mangiati almeno altri dieci!) e siamo pronti per intraprendere la seconda parte del viaggio lunga, incredibilmente lunga, eterna! Mi metto io alla guida che ormai ho preso dimestichezza con il cambio automatico.

La strada è tutta a curve, un po’ in salita, un po’ in discesa, piena di vibradores e topes che mi obbligano non solo a rallentare, ma proprio a fermarmi, per evitare di causare danni all’auto. Per non parlare poi di quando incontriamo tir che procedono lentissimi, ma che sono difficili da superare, data la scarsa visibilità, dovuta ai continui tornanti. Morale: la velocità media di crociera non supera i 30 Km all’ora! Ogni tanto, lungo il percorso, incontriamo piccoli gruppi di bimbi che cercano in tutti i modi di vendere frutta appena raccolta e già pelata; alcuni addirittura tendono una corda, pensando di obbligare in questo modo gli automobilisti a fermarsi. Superiamo la città di Ocosingo e ci fermiamo nel paesino di Uxchucc. Per un attimo ci pare quasi di essere in India: tutt’intorno a noi c’è una gran confusione, sporcizia, traffico incredibile, tuc tuc e colectivos carichi all’inverosimile, con persone che viaggiano addirittura in piedi, aggrappati ad una barra nella parte posteriore dei veicoli. Finalmente verso le 16 arriviamo a San Cristobal de las Casas e, grazie a Giors, che come sempre si lancia a chiedere informazioni a tutti in uno spagnolo ormai fluente, troviamo la nostra camera prenotata. Partiamo poi subito alla scoperta di San Cristobal, di cui ci innamoriamo a prima vista. Entriamo nella piazza principale molto animata, dove centinaia di turisti e di locali gironzolano tra le bancarelle improvvisate, che vendono capi di abbigliamento artigianale, a dir poco, splendidi. Sentiamo molto il freddo, nonostante indossiamo il piumino; d’altronde ci troviamo a ben 2120 metri di altitudine e siamo in inverno! Alle dieci quindi siamo a letto, alla faccia dei cenoni di Capodanno, con più coperte di lana e con tanto di pigiama e felpa!!

1/1/2017

Il cielo è terso, ma fa freddo. Le strade sono semi deserte; meglio, almeno abbiamo la possibilità di scattare tante belle foto senza intrusi. La giornata di oggi sarà dedicata alla visita di San Juan Chamula, un villaggio a circa 10 Km da San Cristobal, dove risiedono appunto la maggior parte dei Chamula, un gruppo tzotzil, fiero della propria indipendenza. Decidiamo di prendere un colectivos e, per raggiungere il capolinea, ci inoltriamo nei vicoli più sconosciuti, ma sicuramente più autentici, della città. Paghiamo 30 pesos e partiamo su un mezzo scassatissimo. Raggiungiamo velocemente il centro del villaggio; qui, proprio la domenica si svolge un mercato settimanale che richiama in massa gli abitanti del circondario, per comprare, vendere, recarsi in chiesa. Tutti gli abitanti del luogo indossano un capo di pelliccia molto particolare: per le donne si tratta di una goffa gonnellona e per gli uomini di un lungo abito. Il mercato è il trionfo dei colori e ci offre l’opportunità di assistere a scene di vita quotidiana che, come sempre, attirano la nostra attenzione. Siamo a 2250 metri di altitudine, ma un po’ per volta il sole incomincia e scaldare davvero tanto. Raggiungiamo la particolarissima Chiesa de San Juan, all’esterno bianchissima, con vivaci decorazioni verdi e azzurre, e all’interno colma di aghi di pino, di centinaia di candele accese e con un intenso profumo d’incenso. L’atmosfera è davvero magica; peccato che non si possa fotografare nulla! Sul piazzale veniamo ben presto circondati da bimbi e donne che vendono souvenirs, così, un po’ perché la merce mi piace, un po’ perché mi fanno tenerezza, facciamo acquisti di manufatti, incredibilmente belli. Tra le bancarelle del mercato incontriamo due bimbetti che ci supplicano di acquistare loro delle confezioni di biro colorate; li accontentiamo con una modica spesa e siamo felici anche noi! Facciamo un’ultima escursione al cimitero del paese: un accumulo disordinato di croci e di fiori secchi. Capiremo che le croci nere sono per le persone morte in tarda età, quelle bianche per i giovani e quelle azzurre per tutti gli altri. Ritorniamo con il colectivo a San Cristobal. Qui visitiamo la Chiesa di Santo Domingo con la sua facciata barocca e l’interno con ricche decorazioni dorate. Poi ci perdiamo nel market che si trova proprio lì davanti. Ritorniamo alla nostra camera stanchi, ma entusiasti!

2/1/2017

Questa mattina andiamo di buon’ora alla ricerca del colectivo per Chapa del Corzo e per il Canon del Sumidero. Ha inizio una bella avventura: intanto siamo gli unici turisti, poi, dopo un viaggio di circa mezz’ora, ci fermano nel bel mezzo dell’autostrada, perché dobbiamo cambiare colectivo. Il secondo viaggio è brevissimo. Raggiungiamo velocemente l’imbarcadero dove prendiamo i boletinos per la navigazione su di una lancia a motore. Indossiamo i giubbotti di salvataggio e diamo inizio alla nostra escursione: ci inoltriamo nel canyon stretto e profondo, formatosi in ere geologiche lontanissime a causa dell’apertura di una fenditura nella crosta terrestre della zona e dall’erosione successiva da parte del fiume Grijalva, che ancora l’attraversa. Il canyon ha pareti verticali che arrivano ad un’altezza di 1.000 metri in cima alle quali volano centinaia di falchi, avvoltoi e altri rapaci. Avvistiamo due coccodrilli, visitiamo la Cueva de Colores dalle pareti colorate di tonalità rosacee dalle infiltrazioni di minerali, nella quale è posizionata all’interno una statuetta della Nostra Signora di Guadalupe, tra offerte di fiori freschi e candele accese dai visitatori. Molto particolare è l’Arbol de Navidad che, con i rami formati da depositi ricoperti di muschio, ricorda appunto un classico albero di Natale. Infine raggiungiamo la diga Chicoasen, importante per la conservazione dell’acqua e la generazione di energia idroelettrica. Ritorniamo indietro, godendoci la bella giornata di sole, ma il caldo inizia a farsi sentire! Gironzoliamo un po’ per il paesino di Chapa del Corzo dove riprendiamo alcune macchiette del luogo. Eccoci di nuovo a bordo di due colectivos per fare rientro a San Cristobal. Qui decidiamo di raggiungere il Cerro. Ci aspetta una faticosa salita di 276 scalini che, con i problemi legati all’altitudine, diventa sfiancante. Arrivati in cima, godiamo della bella vista sulla città, ma poi la fame si fa sentire e così andiamo alla ricerca di un chioschetto dove fare il pieno di “porcherie”, tanto poco salutari quanto squisite: hot dog pastellato e churros. Poi riprendiamo a gironzolare per la città, perdendoci piacevolmente per le vie. Ritorniamo nella Plaza 31 de Marzo, che ormai per noi ha il potere di una calamita, e passiamo il tempo osservando le donne che lavorano incessantemente ed i bimbi, di cui nessuno si prende cura, che giocano o dormono per terra. Questa sera ci concediamo una cena in un locale tipico messicano: ci vengono serviti dei piatti tipici che, oltre ad essere particolarmente gustosi, sono molto originali per il modo in cui vengono presentati. Infine passiamo a fare acquisti di prima necessità in un supermercato per sopravvivere al lungo viaggio che ci aspetterà domani per raggiungere San Francisco Escarcega.

3/1/2017

Partiamo alle 6.15 circa; si gela! Passiamo per la città di Ocosingo dove c’è una gran confusione e tanta sporcizia. Poi attraversiamo solo piccoli villaggi: i bimbi vanno a scuola da soli, i più grandi si portano sulle spalle i piccolini. Donne, uomini e ragazzi trasportano sulla schiena grandi quantità di legna, fissata con una corda sulla testa. Ci alterniamo nella guida e la velocità di crociera è ridicola! Ci veniamo poi a trovare in un ingorgo dovuto a una forma di protesta dei camionisti che non accettano l’aumento del prezzo della gasolina. Poi finalmente imbocchiamo la strada per Villahermosa a scorrimento veloce. Raggiunta Francisco Escarcega, ci sistemiamo in un grazioso albergo e chiediamo ai padroni informazioni per raggiungere Calakmul. Ceniamo in un localino nei pressi dell’hotel, dove ci gustiamo due tortas (praticamente un grosso panino con pollo o maiale e verdure) che si riveleranno essere i migliori di tutta la vacanza. Il padrone chiacchiera volentieri con noi e si fa raccontare del nostro viaggio. Che piacere parlare con la gente del posto!

4/1/2017

Sveglia alle 5.30 e partenza alle 6 per Calakmul. Incontriamo una nebbia abbastanza fitta. A Xpujil entriamo in un negozietto per fare spesa per il pranzo, visto che all’interno del sito non si trovano punti ristoro. Di qui impiegheremo altre due ore di viaggio per percorrere circa 60 km, ma la strada è molto dissestata, dal momento che siamo in piena giungla pluviale. Infatti Calakmul non è solo un sito archeologico di notevoli dimensioni, ma è anche la più grande riserva ecologica tropicale di tutto il Messico ed il secondo polmone verde del continente. La visita richiede quattro ore circa, sicuramente ben spese. Prima di immergerci nella zona archeologica, percorriamo un lungo tratto nella foresta. Il sito non è particolarmente affollato, le piramidi sono spettacolari, quasi tutte scalabili e offrono una vista su un panorama mozzafiato, emozionante, indescrivibile. Qui si trova la più alta ed ampia piramide Maya di cui si abbia notizia. Scalarla è faticoso, anche perché inizia a fare veramente caldo, ma, una volta arrivati in cima, godiamo di un panorama unico che ci lascia veramente a bocca aperta. Siamo a 45 metri sopra la base della foresta: di fronte a noi si estende a perdita d’occhio la vegetazione, qua e là s’innalzano le piramidi, in lontananza è visibile addirittura la città Maya di El Mirador, ai confini con il Guatemala. Fa da sfondo al tutto un cielo terso e luminoso, spruzzato di alcune innocue nuvolette. Sulla strada del ritorno sentiamo degli strani versi: sono delle scimmiette che saltano tra i rami degli alberi. Non stanno ferme un attimo e fotografarle è un’impresa, ma Giors naturalmente riesce! Iniziamo un altro lungo viaggio che, essendo buio, si rivela essere anche un po’ difficoltoso. Si attraversano paesini con casette piccole e sporche e naturalmente lungo la strada dobbiamo superare tantissimi topes. Raggiungiamo Bacalar, località turistica che si affaccia su una laguna. Ceniamo in centro in una pizzeria e poi gironzoliamo un po’ per il paese dove scattiamo alcune fotografie presso i bastioni.

5/1/2017

Partiamo verso le 7.30, direzione Tulum. Indossiamo già il costume: infatti il sito che visiteremo si affaccia sul mare e dicono che sia impensabile non pensare ad un tuffo nelle acque caraibiche! Le rovine si trovano a circa 5 km dalla città. Mentre siamo in coda alle casse, si aggira tra le persone uno strano animaletto con una lunga coda, simile ad un procione: è un coati, innocuo, ma comunque capace di spaventare tutti, me per prima!Iniziamo il percorso prestabilito, che ci conduce alle rovine, passando in mezzo a piante fiorite, uccelli variopinti e iguane. Certamente le rovine non sono spettacolari come monumenti, ma questa volta è la posizione che impressiona: siamo a picco sul mare verde-azzurro dei Caraibi! Proprio sotto il Tempio del Dios del Vento si estende infatti un’incantevole spiaggia alla quale si accede tramite una scaletta. E’ un luogo paradisiaco che invoglia chiunque a tuffarsi! Così anche noi, sempre piuttosto restii a fare il bagno, ci lasciamo tentare. L’acqua è tiepida ed è così piacevole restarvi a mollo che tutti due ci tuffiamo più volte. Proseguiamo poi con la visita al sito e raggiungiamo El Palacio, particolare per le sue decorazioni a X, il Tempio de la Estela e infine Il Castillo, l’edificio più alto di Tulum con i Kukulcanes, cioè i serpenti piumati. Trascorriamo il resto della giornata, passeggiando in Tulum Pueblo, carina, ma molto turistica, non fa per noi!

6/1/2017

Oggi visitiamo il sito di Cobà che dista circa 50 Km da Tulum. La scelta di affittare delle biciclette, in alternativa alla quale si poteva optare per il risciò con accompagnatore, si rivelerà particolarmente azzeccata, vista la vastità del sito. Visitiamo il campo del Juego de la pelota, il Grupo de las Pinturas, vari templi con numerose stele, ma sicuramente ciò che ci colpisce di più è il Nohoch Mul, un’enorme piramide che raggiunge i 42 metri, il secondo edificio Maya dello Yucatan per altezza, dopo quello di Calakmul. La scalata, incredibilmente permessa a tutti, si rivela piuttosto pericolosa: i gradini sono alti e disconnessi. Ma, una volta arrivati in cima, si gode di una vista davvero suggestiva: la foresta si estende a perdita d’occhio! Un piacevole venticello ci rinfresca, dopo le fatiche sopportate per la salita. Il bello arriva poi al momento della paurosa discesa: c’è chi si tiene alle corde, appositamente posizionate, chi scende facendo gli scalini con il sedere, ma noi ce la caviamo egregiamente! Usciti dal sito, siamo pronti a ripartire, con meta Gran Cenote. Sarà per noi una delusione per vari motivi. Intanto il prezzo d’ingresso (300 pesos – 13,80 euro) ci sembra eccessivo. Poi, visto il nome, ci aspettavamo un cenote enorme, mentre è davvero piccolino e neanche da paragonare a quelli visti nei giorni precedenti. Infine c’è una gran folla che non ci permette di apprezzare appieno la bellezza del luogo.

7/1/2017

Verso le 8 ha inizio, purtroppo, il nostro viaggio di ritorno verso Cancun. Giusto il tempo di scaricare i nostri bagagli, e siamo pronti per l’ultima avventura della vacanza. Percorriamo un tratto a piedi, poi prendiamo due colectivos e giungiamo così in prossimità del porto. Durante il viaggio abbiamo modo di osservare la gente del posto che ci pare simpatica e divertente. Velocemente ci imbarchiamo per le Isle Mujeres. Queste sono denominate così, perché proprio qui i bucanieri spagnoli avevano l’abitudine di lasciare al sicuro e senza tentazioni le loro amanti mentre erano impegnati a depredare galeoni e a saccheggiare porti in terraferma. Il tempo è orribile, infatti durante la navigazione, inizia a piovere e, appena sbarchiamo, troviamo strade allagate, tombini straripati ed un vento fortissimo che, ben presto, porterà un altro violento acquazzone. L’escursione non ci entusiasma particolarmente. A parte il tempaccio, che ovviamente non ci permette di godere delle bellezze naturali né tantomeno di fare snorkelling (come avevamo programmato), non ci piace la località, troppo turistica, sembra quasi di essere a Rimini… Così verso le 16 decidiamo di fare ritorno, un po’ delusi. Ci dirigiamo al Mercato 38. Mangiamo l’ultima cena messicana in un bel ristorante: tortas prosciutto e formaggio per me e antipasto di mare e un piatto di chuleta per Giors. Passeggiamo per il mercato, ma ormai la tristezza la fa da padrona… Alle 19 e 30 siamo in albergo e ci prepariamo subito per la nanna: questa notte la sveglia suonerà all’ 1.30.

8/1/2017

Partiamo alle due. Stiamo percorrendo la strada che ci condurrà all’aeroporto, quando all’improvviso vediamo lampeggiare alle nostre spalle delle luci rosse e blu. È la polizia! Ci fermano e sostengono che siamo passati con il semaforo rosso, anche se noi siamo convinti di non aver commesso alcuna infrazione. Richiedono la patente, manco la guardano e affermano con decisione che dobbiamo pagare una multa di 2500 pesos e che sono costretti a ritirarci la patente. Ben presto aggiungono: “Se volete, possiamo aggiustarla tra noi!” Queste brutte persone, come eravamo già stati informati più volte, si approfittano dei turisti e riescono sempre a spillare loro ingiustamente dei soldi che poi tengono per sé. Purché ci lascino andare via un po’ velocemente, stiamo al gioco e mostriamo il nostro portafoglio che, essendo giunti al termine della vacanza, contiene solo più alcune centinaia di pesos. Spieghiamo loro che stiamo andando in aeroporto e che vorremmo trattenere almeno qualche centinaio di pesos per la colazione. Così consegniamo ingiustamente 640 pesos che sicuramente saranno finiti nelle loro tasche. Una piccola disavventura con le Forze dell’Ordine messicane ci voleva… non potevamo essere gli unici turisti a non essere stati truffati! Riprendiamo il viaggio e raggiungiamo senza difficoltà la Mex, dove restituiamo la macchina. Il contachilometri segna 33970: ciò significa che abbiamo percorso 2690 km in giro per lo Yucatan e il Chiapas. Almeno qui fila tutto liscio e non ci trattengono dei soldi per eventuali danni al mezzo (cosa accaduta invece ad altri turisti!). Ha quindi inizio il viaggio di ritorno, con relative lunghe attese negli aeroporti e relativi scali.

Come sempre, una volta ritornati a casa, facciamo un bilancio del viaggio. Indubbiamente ci ha portato a scoprire posti unici, siti particolarmente ricchi e località indimenticabili. Abbiamo avuto l’opportunità di conoscere una cultura particolare e un popolo allegro e simpatico. Ci è però mancata l’atmosfera magica dell’Oriente che aveva reso particolarmente piacevoli i viaggi precedenti. Pensiamo quindi che il richiamo dell’Asia si farà nuovamente presto sentire!

Guarda la gallery
uxmal-cabzf

Alla scoperta dei Maya



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari