In Australia passando da Dubai

Da Melbourne al Northern Territory, dalla Grande Barriera Corallina a Sydney con tappa finale a Dubai
Scritto da: ilaser2
in australia passando da dubai
Partenza il: 09/08/2013
Ritorno il: 01/09/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

VENERDì 9 AGOSTO 2013

Deserto d’agosto a Milano. La città è immobile nell’afa. Siamo in trepidazione davanti alla macchinetta delle timbrature mentre lo zaino, già pronto, ci attende da stamattina. Nel silenzio il ticchettio è una tortura…

Tic-tac, tic-tac, tic-tac……. 16.52 (dai!)

Tic-tac, tic-tac, tic-tac …….16.53 (dai, dai!)

Tic-tac, tic-tac, tic-tac …….16.54 (azz! Manco fosse la campanella dell’ultimo giorno di scuola)

Tic-tac, tic-tac, tic-tac ……..16.55 (pepepepepepe!)

Allo scoccare dell’ora Fantozzi filiamo come il vento! Via! Liberi!

Ciao a tutti!!! Noi vi molliamo e ce ne andiamo in Australia!

Ci attende un lungo e massacrante viaggio di più di 24 ore, complicato già dai primi minuti dalla conducente della 61. Anziché a Cadorna ci lascia in Piazza Castello perché, dice, le serve il pullman per una missione urgente. Cos’é? Mission Impossibile? Ad Agosto? A Milano? Ma dai!

Pensiamo sia una sorta di scherzi a parte ed attendiamo, scocciati perché già in ritardo, il palesarsi del conduttore di questa insolita trasmissione estiva. E Invece no, la tipa fa sul serio. Giù tutti e a piedi, di corsa, fino alla fermata del Malpensa Express (che rischiamo di perdere).

Sono in viaggio da 10 minuti e sono già completamente sudata e stressata di brutto! Non va bene! Quest’Australia dovrà fare miracoli!

La mezz’ora di treno fino in aeroporto mi sembra un calvario. Non sopporto più l’italiano medio che mi sta vicino. Dopo un intero anno a stecchetto, è in partenza per la “Vacanza”. Andrà in barca, in Sardegna, e ora mi sta asciugando il cervello facendo il figo danaroso sproloquiando su: gossip, serate, vip …. Poi però si lamenta perché non ha i soldi per mettere la benzina al catamarano. Ma Basta!!!! Sto per sbottare, non ce la faccio più a reggere questa brutta gente. Poi però mi calmo, recitando come un mantra: “Australia arrivo, Australia arrivo, Australia arrivo ……!!!”

Il check-in on-line ci fa risparmiare un sacco di tempo. Affidiamo le nostre valigie alle cure del personale Emirates e, in tarda serata, decolliamo puntuali. Prima destinazione: Dubai.

SABATO 10 AGOSTO 2013

Viaggiare con Emirates è sempre un piacere, anche in Economy.

Abbiamo tre ore di scalo tecnico e scopro che, nell’aeroporto, ci sono pure le docce. Mmhhh ….. dopo una notte insonne, in volo, una doccia rigenerante la farei volentieri. Purtroppo però non ho nè asciugamano nè ciabatte. Sigh!

Sono più fortunati i passeggeri della First Class che, sul volo per Melbourne (operato con i nuovi A380), viaggiano in lussuose cabine private con tanto di letto e doccia fighissimi.

Inganniamo l’attesa tra un volo e l’altro sorseggiando l’immancabile Cappuccino Costa Coffe e guardando l’umanità che ci circonda. Ormai gli smartphone sono un accessorio trasversale a razze e culture. Un dubbio però mi attanaglia: ma le ricchissime e velatissime donne arabe alle prese con Facebook che foto hanno sul profilo? E come fanno a riconoscersi? Cercami …… sono quella con il velo Hermes, piuttosto che Dior?

DOMENICA 11 AGOSTO 2013

La seconda parte del volo è operata da Qantas. Già a bordo di respira un clima “Aussi”. Le eleganti hostess Emirates lasciano il posto a simpatiche ragazzotte australiane che scherzano con i passeggeri. Anche il servizio a bordo è molto informale: viene creato una sorta di open bar di prodotti “sani”. Niente servizio tra le file di sedili, ma un buffet di frutta fresca, succhi e snack ipocalorici a disposizione degli utenti. Ovviamente, mentre una parte degli australiani è nota per essere molto attenta al wellness, l’altra è conosciuta per essere forte bevitrice e messa davvero male….. Il nostro vicino di sedile riesce a farsi ben 8 (8!!!!) whisky & cola. Mio Dio! A 32 anni ne dimostra 45 ed é rovinato! Oltretutto deve aver sacchegiato il duty free di Dubai perché scende dall’aereo stracarico di bottiglie. Che tristezza.

Dopo un viaggio infinito alle 5.00 del mattino, ora locale, siamo finalmente giunti “Down Under”!

Prima tappa: Melbourne

Al controllo passaporti ed alla dogana tutto fila liscio. L’unico inghippo lo abbiamo con il ritiro dei bagagli. I nostri zaini vengono messi per errore su un nastro trasportatore diverso rispetto a quello del nostro volo…

Viviamo qualche minuto di ansia quando restiamo da soli a fissare il nastro vuoto pensando: “Noooo! E adesso? E la valigia? La tenda? E tutto il resto? E poi …. Ma tutti e due i bagagli? Ma dai!”. E’ forse questa duplice anomalia che non mi convince e che, istintivamente, mi fa guardare in giro e ….. Toh! Ecco là i nostri zaini che girano sul nastro del volo in arrivo da Jakarta! Più che una svista pare lo scherzo di qualche buontempone!

Gli uffici del noleggio auto si trovano fuori dallo stabile principale dell’aeroporto, solo poche decine di metri. Distanza però sufficiente per congelare. Ma che freddo fa!?! La tipa del noleggio è tutta imbacuccata!

Le pratiche di consegna auto sono rapidissime. In Australia non si usa bloccare alcun deposito preventivo sulla carta di credito. Anche il sistema dei caselli è molto semplice: non ci sono! Tutto con rilevamenti elettronici. Ogni auto monta una sorta di telepass che addebita i pedaggi alla targa (con tariffa prepagata o abbonamento) o sulla carta di credito comunicata al noleggiatore che anticipa in sostanza i pagamenti. Inizialmente siamo molto scettici, abituati al nostro sistema fatto di “furbetti”… Siamo preoccupati dal “Sì! Ma se poi mi trovo un addebito che non è mio? Ma metti che…” Qui in Australia non si corrono rischi. Tutto funziona come dovrebbe.

Quando il sole sta per sorgere, siamo pronti al volante del nostro potente mezzo: una Hyundai I20 nella quale fanno fatica ad entrare 2 zaini! D’altronde, ogni volta che noleggia una macchina, Sergio fa sfoggio del suo rinomato braccino corto. Perché spendere di più? Si prende l’auto meno costosa in assoluto, o quasi. (Per il resto l’Australia è invasa da squadre di turisti cinesi che, come minimo, hanno noleggiato 20 SUV e fanno un casino pazzesco).

Abituarsi alla guida a sinistra è meno problematico del previsto. Lungo la strada ci sono anche diversi cartelli che intimano: “in Australia drive on left!!”. Comunque sia continuiamo ad azionare i tergicristalli anziché le frecce, ad imboccare i parcheggi contromano, ad attraversare guardando dalla parte sbagliata (!!) e a non capire nulla delle svolte a Melbourne dove, per girare a sinistra, devi prima andare a destra per non essere d’intralcio. Mah!

Per fortuna è Domenica mattina e le strade sono deserte (fatto salvo qualche pick-up carico di tavole da Surf e diretto verso Torquay).

Da Torquay ha ufficialmente inizio la Great Ocean Road (G.O.R.) una meravigliosa strada costiera, a picco sull’Oceano burrascoso, che regala scorci magnifici su spiagge, foreste di eucalipti, prati verdissimi, meravigliose ville sul mare. (Bhe dai! In Italia abbiamo il G.R.A., il Grande Raccordo Anulare, con vista su edilizia popolare in cemento scrostato, una campagna ingiallita, incolta e piena di monnezza, dove ogni tanto fa capolino pure qualche pecoraro con gregge al seguito!)

Alle 8 del mattino siamo a Bells Beach.

In Australia la giornata comincia (e finisce) molto presto perciò la spiaggia è già affollata dai surfisti che cavalcano le alte onde incuranti del freddo e dell’acqua gelata. Piedi e visi, non coperti dalle pesanti mute, sono viola per la temperatura glaciale.

Tappa successiva Golf Club di Anglesea.

Non abbiamo deciso di prendere lezioni di Golf, ma abbiamo un appuntamento con i nostri primi canguri! Che emozione! Sappiamo, grazie ad altri viaggiatori, che il green è abitato da una colonia stabile di questi simpatici marsupiali. Ai bordi dal campo si fanno avvicinare e fotografare,, mettendosi quasi in posa. Alcuni sono piccini, altri grandi, più di un uomo alto e robusto.

L’animale simbolo dell’Australia (dove ci sono più canguri che esseri umani) è davvero strano. La parte superiore del corpo è minuscola rispetto a quella posteriore dominata dalla muscolosa coda. Proprio la coda, oltre a permettere al canguro di tenersi in equilibrio, è il segreto della caratteristica andatura a balzi. Si tratta di una sorta di timone che permette di raggiungere con facilità velocità pari anche a 40 km/h. Stranissimi questi canguri! Unici e simpaticissimi soprattutto i cuccioli che spuntano dai marsupi delle femmine.

Dal golf club passiamo al surf club. Qui su una terrazza affacciata sulla spiaggia, protetta da vetri e riscaldata da una stufa in maiolica, ci rilassiamo al sole. Ci stanno un buon cappuccino, al retrogusto di cannella, e un muffin triple chocholate …. Uno in due, come sempre!

Man mano che la giornata si scalda ed il sole si alza, bellissime macchine cabrio spuntano come funghi in autunno. Sembra uno spot pubblicitario: curvoni panoramici, mare blu, scogliere. Le ville in collina, tutte vetrate e terrazze solarium affacciate sull’Oceano, invece, paiono uscire dalle pagine patinate di “Abitare Design”.

Sul lato sinistro della strada predominano l’ambiente marino e le spiagge, mentre sul lato destro, a pochi metri, il paesaggio è bucolico: fattorie, prati, pascoli, mucche, foreste. E’ il terreno ideale per il fuoristrada tant’è che incrociamo diversi gruppi di enduristi infangati. Insomma un posto meraviglioso dove ce n’è per tutti i gusti (Come ci mancano il TF e i DRZ!).

Un deviazione verso l’interno ci porta alle Eskine Falls. Lì tra enormi felci, degne di Jurassik Park, ci sgranchiamo un po’ le gambe sul sentiero che porta alla base della cascata. Carina, non eccezionale.

Sosta di rito per le foto con gli immancabili roadsigns che segnalano koala e canguri e, dopo pochi minuti, siamo a Kennett River, nella foresta del Parco Otway. Qui i koala non sono disegni: sono live!

Vediamo il primo e siamo pazzi di gioia. E’ bellissimo, tenerissimo, tutto ronfoso, coccoloso e cicciottoso. Sta tranquillamente abbracciato ad un ramo, quasi appallottolato su di sè ….. Un amore! Vorrei fare anch’io la vita del koala: dormire tutto il giorno, non pensare a niente. La foresta di eucalipti è ricca di vita. Oltre ai koala ci sono istrici enormi, pappagallini multicolore, volpi volanti.

Un koala piuttosto grosso è sceso a terra dall’albero e si avvicina a noi. Siamo fortunati perché capita di rado. Pazientemente acquisiamo la sua fiducia e con mooooolta calma riusciamo ad avvicinarlo ed accarezzarlo. Quasi lo prendo in braccio quando vengo accerchiata da 5 Suv sgommanti (Oddio! Ma da dove sono sbucati?). In un nano secondo sbarca una moltitudine di vocianti, maleducati, cafonissimi cinesi. Questi non hanno il minimo tatto e rispetto nè con me, nè con la bestiola. Spingono, strillano, toccano, schiacciano ed il koala scappa spaventato. Per quanto ci riguarda li mandiamo apertamente aff ……. Già le orde cinesi sono fastidiose in Cina, figuriamoci in giro per il Mondo!

A pranzo siamo ad Apollo Bay dove assaggiamo per la prima volta fish&chips: buono, ma un po’ pesantino. La difficile digestione del fritto, associata al fuso orario ed alla stanchezza del viaggio, ha un effetto narcolettico devastante. Siamo talmente stanchi che abbiamo le allucinazioni: in un prato vedo le mucche lilla, come quelle della Milka! Già così ci sarebbe da preoccuparsi, ma il problema è che le vediamo entrambi! Noooo! Dai! Ma le mucche lilla? Vabbè che qui è tutto sottosopra però ….. Torniamo indietro per vedere meglio tra i cespugli ed effettivamente non sono mucche lilla, sono cavalli! Ok, siamo decisamente a pezzi e ridiamo come matti. Pensiamo che sia il caso di riposare (o di cambiare spacciatore) quando, ormai vicinissimi alle bestie lilla, ci rendiamo conto che sono cavalli normali, solo coperti da teli lilla! Ma dai! Troppo stupidi. Va bè, almeno ci è passato l’abbiocco che annientiamo definitivamente con tre caffè doppi.

Rimessi al mondo dalla dose massiccia di caffeina ritorniamo al 100% delle nostre capacità cognitive. Le conserviamo però per i Dodici Apostoli, saltando la tappa al faro Otway (ingresso troppo caro e poi, dai, si tratta di una faro non poi così particolare ….).

A poca distanza dai Dodici Apostoli si trovano i Gibson Steps, una scalinata che conduce ad un’enorme, sublime spiaggia (per intenderci è l’immagine della App della Qantas). L’Oceano è mosso e le onde sono così spumeggianti da creare una schiuma quasi solida. Il controluce del tramonto rende l’ambiente ancora più suggestivo.

In zona si raggiungono anche Lord Arch Gorges e The Arch. Arriviamo con l’ultima luce prima che faccia buio.

Diamo solo una sbirciatina ai Dodici Apostoli, con le piattaforme di osservazione affollate dai cinesi, posticipando a domani la vera e propria visita (anche perché adesso sono in controluce piena).

Raggiungiamo il nostro motel a Port Campbell, compriamo qualcosa al market, da cucinare per la sera, poi doccia (finalmente!!!) e letto morbido ….. Da quanto siamo in giro? 3 giorni? Forse è meglio dormire un pochino ….. E prendiamo sonno felici.

LUNEDì 12 AGOSTO 2013

Dormiamo come ghiri e non ci accorgiamo della tempesta in corso. Fa freddo e fatichiamo ad uscire dal piumone. Quando prendiamo coraggio scostiamo la tenda e vediamo un cielo nerissimo. L’acqua pare cadere a secchiate. Il vento è talmente forte da piegare le piante. Che fare? Bè, ci rinfiliamo sotto alle coperte per una bella colazione, con caffelatte e Nutella, nel letto caldo. Proprio ciò che serve per coccolarsi un po’ dopo i disagi del viaggio. Il tempo migliorerà (o no?)

Smette di piovere, ma il vento continua a soffiare imperterrito. Fare benzina è un impresa e Sergio, ancora un po’, vola via. Non è certo un distributore self service, ma il benzinaio, chiuso al caldo della stufa nel gabbiotto, non ci pensa proprio ad uscire. Ci invita a fare da soli e, poi, pagare …. Furbino!

Raggiungiamo il parcheggio dei Dodici Apostoli (che io continuo a chiamare Dieci Fratelli… Va bè) che è praticamente deserto. Camminando abbracciati, per non decollare nella bufera, raggiungiamo la piattaforma di osservazione. Il vento e l’assenza pressoché totale di persone rendono ancora più bello questo scenario da cartolina. Unico.

Abbiamo anche fortuna. Ad un certo punto il vento si placa e, come in una sorta di occhio del ciclone, esce il sole ad illuminare, per un attimo, i faraglioni. Che botta!

Appagati dalla nostra mattinata ci rimettiamo in viaggio verso Melbourne. Percorriamo la strada che passa più all’interno anziché la costiera. Siamo in aperta campagna: fattorie di legno, pascoli e pochissima gente in giro che se ne va tranquillamente a spasso col trattore o a cavallo ….

La città si raggiunge in 2/3 ore. Abbiamo l’hotel praticamente in Aeroporto, a 500 metri dai gate. Considerate la mia fobia di perdere l’aereo e la partenza del volo per Alice Springs domani in mattinata ci è sembrato adeguato.

A Melbourne splende il sole! La tempesta di stamane è però passata anche da qui facendo un bel po’ di danni. Alberi caduti, rami a terra, tetti scoperchiati, semafori in tilt per l’assenza totale di energia elettrica. L’aeroporto è momentaneamente chiuso mentre serve il passepartout del custode per entrare in hotel ed in camera a causa del sistema di chiavi elettroniche impazzito. (Ma ogni volta che vado da qualche parte scoppia il finimondo: Buenos Aires, Pechino, Johannesburg …. ??? Ma siamo noi?)

Lasciate le valige in hotel, ci dirigiamo verso la città. Devo dire che, come navigatrice, nel traffico, non sono proprio il massimo. Sergio incontra non poche difficoltà a districarsi tra sensi unici, binari e guida invertita …. Finalmente, nel primo pomeriggio, raggiungiamo Brighton Beach con le variopinte Beach Houses. Molliamo 5 minuti la macchina in un parcheggio deserto e …Tac! Multa! Azz ….. Ma mai avremmo immaginato che fosse a pagamento! Come lo scopriamo? Due ragazzi cinesi, ai quali chiediamo di farci una foto, ci dicono: “La macchina bianca nel parcheggio è vostra? … In tal caso sappiate che vi stanno multando!” …. Ma porc…. Dircelo subito no???

Raggiungiamo il veicolo troppo tardi: 72 AUD di multa!

Per fortuna ci aiuta un distinto signore australiano convinto, a torto, della nostra innocenza. Molto disciplinato sostiene di aver cercato di esporre anch’egli il tagliando del parcheggio, ma di non esserci riuscito a causa della macchinetta rotta. Pensando che ci sia capitato lo stesso, ci invita a fare una foto al parchimetro mal funzionante e a recarci immediatamente al City Council per reclamare e fare appello ….. Bè, noi saremmo disposti a tutto pur di risparmiare la multa, quindi cerchiamo l’indirizzo (poco distante per fortuna) del CC e ci andiamo.

Abbiamo un assaggio di cosa voglia dire un’amministrazione pubblica funzionante: orario continuato, personale disponibile, nessuna coda. Ci sono hostess gentili ad accoglierci all’ingresso che ci fissano, nel giro di pochi minuti, un appuntamento con il funzionario (donna, di origine cinese …. qui davvero si può parlare di assenza di pregiudizi e multiculturalità) incaricato di gestire la vertenza. Spieghiamo l’accaduto, inventandoci una storia sul malfunzionamento della macchinetta e sul nostro, inventato, tentativo di cercarne un’altra. L’incaricata ci comunica subito di accogliere con favore il ricorso che, comunque, ci notificherà via mail. Oltretutto, la signora si scusa per il disturbo arrecatoci e per la mancanza di apparecchiature sufficienti. Che efficienza! Noi d’altro canto siamo divorati dal senso di colpa e ci vergogniamo la faccia ….. In un sistema così perfetto ci sentiamo come una sorta di “cancro”. Da bravi italiani ci siamo inventati la solita frottola, arricchita da aneddoti drammatici (Tipo: “vagavamo sotto la pioggia alla ricerca di un’altra macchinetta e il severo agente ci ha multato proprio in quella frazione di tempo! “…. o peggio: “sono incinta di 6 mesi! Sono storpia! Ho fatto un incidente! Nel nostro Paese non sarebbe successo ….”). Insomma, ci abbiamo provato e la scenetta ha avuto successo ….. E poi ci lamentiamo che l’Italia va a rotoli. Esportiamo addirittura il format dei “soliti italiani”!

Dopo questo imprevisto, che ci ha rubato poco più di mezz’oretta, ci dirigiamo a St. Kilda. Dal lungo pontile si ha una bella vista su Melbourne, ma il vento è gelido. Non vediamo la colonia di pinguini perché la parte finale del molo, dove i piccoli animali risiedono stabilmente, è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Lasciamo la macchina lungo lo Yarra River, poco lontano dai grattacieli del distretto finanziario, e raggiungiamo, con una bella passeggiata sul lungofiume (invaso ad ogni ora da gente che corre, pedala, rema), Federation Square. La piazza, modernissima, contrasta con il modello architettonico vittoriano delle vie del centro dominate dalla “gialla” Flinders Street Station.

In tutta le vie attorno al nucleo originario della Città si nota un connubio tra modernità e passato (Che poi tanto passato non è, considerando che hanno meno di 300 anni di storia e noi tremila. Va bè: passato prossimo!)

Con lo storico tram 23 (gratuito) facciamo il giro del centro e raggiungiamo il rinnovato quartiere di Docklands nel quale apprezziamo, per l’innovativo design, il Webb Bridge.

In serata facciamo un’improvvisata ad Ivan, un ex-collega di Sergio che, fuggito da Milano, lavora nella Pizzeria Zanini’s nel quartiere residenziale di Ellwood. La faccia che fa, stupita per la sorpresa ricevuta, non ha prezzo!!! Siamo contenti di essere venuti qui.

La serata passa tra chiacchiere, ricordi, progetti per il futuro e buon cibo. Tutti i ragazzi che lavorano nel locale sono italiani che vedono nell’Australia la nuova America. C’è lavoro, gli orari sono umani, gli stipendi buoni, la spiaggia è ad un passo….. Una parte di noi vorrebbe restare …. Sergio avrebbe già trovato un lavoro come pizzaiolo ed un posto nella squadra di calcetto locale!

MARTEDì 13 AGOSTO 2013

Riconsegna veicolo e check-in velocissimi. Partendo dai nazionali non ci controllano nemmeno i documenti.

Il volo di circa 3 ore sorvola spazi sconfinati di terra rossa (Bè si chiamerà pure Red Center per un motivo … No???). Abbiamo raggiunto il cuore dell’Australia, il selvaggio Northen Territory, terra di aborigeni e sosia di Croccodile Dundee dall’inseparabile cappello.

Come macchina a noleggio a questo giro abbiamo vinto un SUV Nissan “qualcosa” con cambio automatico (upgrade offerto gratis da Europecar che non aveva a disposizione compatte). Di certo spazioso ed ideale come appoggio durante i giorni di campeggio, peccato beva di brutto! Pessima caratteristica perché nel N.T. la benzina è molto più cara che atrove!

Prima di avventurarci lungo la Stuart Hw, facciamo tappa nel centro di Alice Springs. Dobbiamo fare approvvigionamenti per il campeggio. La cittadina è veramente di una tristezza infinita: anonima e polverosa. Ciò che impressiona negativamente è lo stato della comunità aborigena. I nativi sono ghettizzati ed emarginati dalla città e dalla vita sociale. A loro disposizione fatiscenti quartieri edificati con prefabbricati. La conseguenza è un imbruttimento generato dalla rabbia e dall’abuso di alcolici estremamente diffuso tra gli aborigeni. Vediamo parecchi individui appartenenti ai clan vagare per la città, senza alcuna meta né scopo, scalzi, malvestiti ed apatici. Loro meta prediletta l’ingresso dei centri commerciali dove si mettono sdraiati, con le bottiglie avvolte nella carta, in attesa di elemosine. Davvero triste. Peggio ancora sono le persone “bianche” che si comportano come se non lì vedessero e non esistessero.

Anche in campeggio ad Ayers Rock avremo un altro assaggio del pessimo trattamento riservato agli aborigeni. Una famiglia chiede se c’è disponibilità per un pernottamento in bungalow o tenda, ma riceve una risposta scortesissima dalla fighetta biondina alla reception. Un no secco, seguito da un: “Ma dormite nella vostra macchina! tanto siete abituati!” (Solo che disponibilità di posti in campeggio ce n’é!! Non è vero che non c’è posto!).

Certo però non tocca a noi essere giudici o arbitri. A cena, al Pioneer Lodge Restaurant, incontriamo di nuovo la stessa famiglia che se ne sta defilata a bere Coca Cola “corretta”. L’ubriachezza di molti membri del clan è evidente. Probabilmente in campeggio hanno agito così dopo aver avuto precedenti esperienze negative e non desideravano nuovi guai, danni di immagine e molestie rivolte ad altri campeggiatori.

Nel primo pomeriggio ci mettiamo in marcia per percorrere circa 400 km nel deserto di terra rossa e arbusti fino ad Ayers Rock. La strada sembra “sparata col fucile” e decisamente monotona. Viaggiare con il cruise control ed il cambio automatico aumenta decisamente il livello di sonnolenza. Capita di percorrere miglia e miglia senza incrociare anima viva. Per fortuna ogni 100 chilometri circa ci sono le Roadhouse!

Considerate come gli “Autogrill del bush” sono avamposti di umanità nella polvere e nella calura. Bassi edifici in legno con un bar molto “di frontiera”, una pompa di benzina sgangherata, qualche animale e spartane possibilità di pernottamento.

Fitte zanzariere ad ogni porta e finestra offrono una piacevole tregua dalle orde di mosche che, nel N.T., danno tormento 24 ore al giorno! (Ma da dove arrivano? Sono milioni! Nel tratto, breve, di strada tra la macchina e la Roadhouse di turno sembro una mucca che cerca di scrollarsi di dosso le mosche con la coda – di capelli! – Che fastidio!)

Avete presente Giringiro Creek? Ecco la Roadhouse! Il mondo moderno sembra lontano anni luce. Qui gli avventori giocano a biliardo (le video lottery non esistono), ascoltano musica dal juke-box (che non è vintage, ma la sola cosa che c’è!), bevono birra e fanno mostra di tamarrissimi UTE, pick-up degni di essere protagonisti nel prossimo episodio di Fast & Furious made in Oz.

Altro diversivo lungo la strada? I Road Trains. Camion con 3, 4, addirittura 5 rimorchi!! Dei colossi lunghi oltre 50 metri. Se li incrociamo nel senso di marcia inverso occorre fare attenzione perchè, fisicamente, ci spostano! Se invece ci troviamo a doverli sorpassare dobbiamo “prendere la rincorsa” e calcolare bene gli spazi. Il sorpasso dura un’eternità! (soprattutto con il Nissan “catafalco” del noleggio).

Infine, capita di imbattersi nei Grey Nomads, pensionati australiani che beneficiano, probabilmente, di pensioni da sogno e passano l’anno girando per il Paese con enormi camper (sono talmente grandi da far invidia ai nostri giostrai!). Sono numerosissimi a causa della forte ondata di immigrazione registrata a partire dagli anni 40. Tutti ex-forza lavoro oggi più o meno settantenni.

Arriviamo a Yulara giusto in tempo per montare la tenda con un po’ di luce e raggiungere di corsa, a circa 10 km, l’ingresso del parco. Da lì un ultimo tratto di strada ci porta al punto di osservazione del tramonto sull’Ayers Rock che però ci delude: troppa, troppa , troppa gente! Il monolite è, di per sè, uno spettacolo, ma l’assembramento è soffocante.

Il tramonto colora la roccia di decine di tonalità diverse, fino a che il buio non prende il sopravvento ed oscura tutto.

Ritornati al villaggio di Yulara ci facciamo intortare dall’Outback Pioneer Lodge che ci vende a prezzi da ristorante tagli di carne da cucinare da noi sui BBQ. Carne indubbiamente squisita (spiedini e filetto di canguro), ma il BBQ fai da te, con gli stessi tagli, ci costa un terzo! Se non altro viviamo un po’ di atmosfera da “outback”, ascoltiamo musica dal vivo e beviamo buona birra.

MERCOLEDì 14 AGOSTO 2013

La notte è stata freddissima, nonostante l’esserci stretti vicini-vicini nel sacco a pelo matrimoniale. Quando suona la sveglia per andare a vedere l’alba stiamo ancora rabbrividendo. Con il sonno insoddisfatto addosso ci guardiamo in faccia e, con sguardo d’intesa simultaneo, decidiamo che il levar del giorno non è poi così interessante. Meglio dormire ora che il sole si sta alzando e ci scalda un po’.

Ci risvegliamo alle 9.30 …. Tardissimo! In campeggio tutti i Grey Nomads se ne sono già andati. Restiamo praticamente da soli. Va bè, vuol dire salteremo la tappa al Kings Canyon e ci godremo con calma Uluru e Kata Tjuta in 2 giorni anziché in uno.

Lenta colazione, poi trekking completo delle Olgas (praticamente, come nostra consuetudine iniziamo il trekking a mezzogiorno :(( ……. ).

Il sentiero delle “molte teste”, questo il singnificato Anangu di Kata Tiujta, è davvero interessante e piacevole. Gli enormi roccioni rossi sono composti da milioni di pietre sedimentarie compattate dal peso del mare (Uluru, che ha subito lo stesso iter geologico, è invece composto da sola sabbia).

I 7 chilometri del percorso regalano un passaggio in un ambiente multiforme: da valli di pietra bianca si passa a valichi in cui tutto attorno è nero mentre il caldo soffocante della valle lascia spazio a una fresca collina. Salendo dalle strette gole interne si esce, a sorpresa, nella sconfinata pianura circostante. Si sale e si scende continuamente mentre la roccia attorno cambia forma.

Le mosche sono davvero un supplizio. Per fortuna, ogni tanto, si alza il vento che le scaccia per qualche minuto. Appena il soffio smette, eccole che tornano ancora più aggressive. Mannaggia!

Il trek è poco frequentato, soprattutto nella zona più distante dall’ingresso del parco. Qui socializziamo con un simpatico cangurino che all’improvviso salta fuori dal bush.

Nel pomeriggio torniamo a Yulara dove compriamo qualche souvenir kitchissimo. Nel fornitissimo super facciamo invece rifornimento di bistecche per il nostro primo BBQ fai da te programmato per stasera.

Al tramonto niente view point affollato. Lo spettacolo del calar del sole ce lo godiamo, in santa pace, da una piazzola lungo la strada. Finalmente apprezziamo con il giusto stato d’animo e in adeguata solitudine questo “sasso” così particolare, dotato quasi di un magico magnetismo, che attrae, stupisce ed affascina l’essere umano.

L’Uluru sembra infuocarsi dall’interno. Diventa arancione, rosso, viola e si staglia a contrasto con blu del cielo ed il giallo delle alte sterpaglie del bush. Tutto attorno lo sguardo si perde nel deserto, per chilometri.

Alle nostre spalle, verso le Olgas, le nubi bianche sembrano sciogliersi nella luce del tramonto e creare una sorta di crema variegata di toni del rosa.

Natura. Semplice. Sublime.

Più tardi Ii nostro BBQ serale sarà un successone.

A seguire, ci rifugiamo nel sacco a pelo sperando solo che la birra non ci costringa ad una levataccia pro-pipì nella notte…… Brrrrrr!!! Già si trema in tenda …..

GIOVEDI’ 15 AGOSTO 2013

Se il view point dell’Uluru all’alba ed al tramonto è affollatissimo, nelle altre ore della giornata è deserto. Noi lo raggiungiamo verso le 9.30 per un pic-nic di ferragosto alternativo: colazione con Nutella, anziché pranzo con costine, e vista TOP privata e privilegiata dell’Uluru.

Tovaglietta: tac! Panino: tac! Nutella: tac! Vento scacciamosche: tac! Vista mozzafiato: tac! ….. Troppo figo!!!! Non ha prezzo.! Sembriamo la foto di un catalogo di viaggi di nozze ……

Alle 11.00 raggiungiamo la partenza del trekking “Base Rock” di 10 chilometri. Si tratta di un itinerario non molto interessante, tutto in piano, più adatto ad una bella corsetta mattutina che ad un’escursione. Camminando ci impieghiamo circa 2 ore e mezza per fare il giro, accelerando il passo il più possibile per liberarci, senza successo, dalle stramaledette mosche.

Non ci passa neanche dall’anticamera del cervello l’idea salire in cima all’Uluru ed onestamente non capisco chi si ostina a volerlo fare. Il percorso è impervio, la vista uguale a quella che, senza violare i luoghi sacri agli Anangu, si vede dalle Olgas. Quindi perché mai dovrei salire lì sopra? Spero che tutti, prima o poi, condividano il nostro pensiero.

Dopo pranzo ci rimettiamo in strada per ritornare ad Alice Springs prima che faccia buio (onde evitare strage di canguri sulla strada). Di nuovo 4 ore di nulla durante le quali, per stare svegli, le proviamo tutte: canti, balli caraibici, indovinelli da “enigma della sfinge”. Alla fine troviamo un’unica soluzione: far guidare me. Il mio stile al volante è notoriamente da cardiopalmo. Il viaggio per Alice sembra così volare con la stessa carica di adrenalina del film Speed …..

Arrivati a destinazione troviamo con facilità il nostro motel “Alice Motor Inn”. E’ circa un chilometro fuori dal centro, ma non ci importa, tanto la città non offre nulla salvo: una minuscola vietta con negozietti turistici, il supermercato, il distributore di benzina. Le abitazioni sono tutte tristi uguali.

Quando il gestore del motel ci invita a visitare la “downtown” trattengo a fatica una risata. Ma dove pensa di essere? A Manhattan? Alice non offre proprio nulla. facciamo un giro per vedere se c’è un ristorante che ci ispiri per la cena di ferragosto, ma niente. Alla fine optiamo per farci ancora un bel BBQ fai-da-te.

VENERDI’ 16 AGOSTO 2013

Abbiamo tutta la mattina libera in attesa del volo per Darwin.

Facciamo colazione con calma al motel (è inclusa), poi decidiamo di fare un salto al Reptile Center. Si tratta di una struttura piccolissima dove Angy, l’unica dipendente, fa tutto: la guida, pulisce e bada agli animali, fa i biglietti.

Più che un rettilario sembra una “collezione privata” di animali.

Angy è appassionata e si vede che ama ciò che fa. Le descrizioni sono interessanti e gli animali, tra cui molti serpenti, ben curati e davvero attivi. Durante la spiegazione alcuni goannas (varano) vengono lasciati camminare fra le gambe degli esterefatti visitatori. Chi vuole può familiarizzare con un bel pitone di 5 chili avvolgendoselo al collo.

MAI, nella mia vita, avrei pensato di farmi quasi baciare da un pitone o di giocherellare con la lingua blu del goanna. Devo essere impazzita! Considerando però come l’Australia sia il Paese che ospiti le specie più letali di serpenti oltre che una varietà impressionante di rettili, forse mi conviene familiarizzare qui con la fauna locale piuttosto che nel bush….. Non si sa mai!

Alle 13.00, in aeroporto per restituire la macchina, dobbiamo far fronte al secondo incidente diplomatico-amministrativo. Al nostro arrivo, martedì mattina, siamo stati in anticipo di 1 ora e mezza rispetto a quanto indicato nella prenotazione, ma l’addetto Europecar di turno ci ha detto di non preoccuparci e ci ha lasciato invariato l’orario di riconsegna, alle 13.00, senza anticiparlo alle 11.30. Adesso però il suo collega, un nero identico al Jhon Coffey del Miglio Verde, ci contesta l’ora e mezzo in più e pretenderebbe l’assurdo pagamento di 180AUD!!!! Ma che, siamo fuori di testa??? Inizialmente il gigante sembra inamovibile, inattaccabile, insensibile ad ogni lamentela. Poi, come in Davide e Golia, la piccola italiana riesce ad avere la meglio e l’omone si ritira mesto dietro al bancone della scrivania firmandoci la ricevuta liberatoria.

Per far cambiare idea al nostro Golia non ho scagliato una pietra sulla sua fronte, ho soltanto affermato, imprimendo forza alla comunicazione con l’esplosiva gestualità italiana, che avrei fatto un reclamo formale, citandolo personalmente, sottolineando la mancanza di correttezza e trasparenza del personale della filiale Europecar dell’aeroporto.

Non tanto la mano agitata nell’ormai internazionale gesto del “Ma che c….. vuoi?”, quanto più la minaccia di un’ispezione dell’Internal Audit ha sconfitto il gigante.

Se non altro ho scoperto che tutto il Mondo è paese e anche nelle aziende down under si venderebbero l’anima pur di evitare gli ispettori (e questo ci accomuna mooooolto).

Alle 17.00 siamo in volo e con orrore notiamo che stanno servendo la cena. Già per noi abituarsi a cenare alle 7 di sera è improponibile, alle 5 una bestemmia. Fingo di dormire per non sentire l’odore della pasta al sugo del mio vicino di posto .

Atterriamo a Darwin col buio, un caldo folle e un’umidità prossima al 100%.

L’aeroporto è a soli 10 minuti dal centro rappresentato da due vie parallele: L’Esplanade, il lungomare con i grattacieli residenziali vista mare, e Mitchell Street, la strada della Movida in cui si concentrano bar, hotel e ristoranti.

Anche il nostro ostello il MoM è in questa strada.

La città non è affatto una metropoli, ma un paesone, un avamposto moderno che segna la frontiera tra il deserto selvaggio, cuore dell’Australia, e il mare oltre cui si trova il resto del Mondo. Qui, dopo aver tagliato il Continente da Sud a Nord per 2800 Km, termina la Stuart Hw.

Come un fiume che sfocia al mare portando con sé i detriti di tutto il suo corso, la HW1 porta a Darwin l’Australia: uomini, merci, terra, animali che danno vita alla città. Una città isolata, sospesa, nella quale, dopo un po’, tutti sembrano arenarsi, annoiarsi e ristagnare. Così si cerca la fuga verso l’Oceano o il ritorno verso l’avventura dell’Outback.

Marisa, una ragazza italiana che lavora al Pub in Mitchell Street, dove ceniamo, conferma questa tesi. Dopo 8 mesi a Darwin non ne può più. “Bello sì, ordinato, ma non c’è niente. Niente! C’è il mare, stupendo, ma non si può mai fare il bagno per colpa delle cubomeduse per cui ci si ritrova tutti alla laguna artificiale, bella ma finta….. E poi …… Quando piove, piove! Interi mesi ad aspettare che smetta e la noia ti assale!!”

SABATO 17 AGOSTO 2013

Sergio ed io non ce la facciamo più a sopportare Darwin: caldo afoso, materasso di plastica che resta appiccicato addosso, ostello affollato e casinaro. Dopo nemmeno 12 ore di città non vediamo l’ora di raggiungere di nuovo l’outback, il silenzio ed i meravigliosi parchi Kakadu e Litchfield (mosche a parte).

Ci sono 31° ed è talmente tanto umido che lasciare ad asciugare gli asciugamani durante la notte non serve ….. Li si ritrova la mattina successiva ancor più bagnati! E per fortuna siamo nella “Dry Season” ….. Immaginarsi la “Rain Season”!!!

Alle 7.00 siamo già in macchina e, in poco tempo, siamo di nuovo lontani anni luce dalla città. Percorriamo la Arnhem Hwy, una striscia di asfalto solitaria che attraversa per chilometri la natura. Qui non c’è deserto, ma bush e foreste monsoniche nelle quali regna l’Alligatore. Attraversiamo il bacino dell’Alligator River e dei suoi affluenti, detti creeks, infestati dai famigerati coccodrilli. Adesso è stagione secca, ma quando piove o ci sono gli uragani, i fiumi si ingrossano a dismisura. Nella Rain Season l’acqua sale fino a 3 metri, la pianura circostante si allaga, i paesini e le strade scompaiono e i coccodrilli se ne vanno liberamente a zonzo. (Dio com’è pericoloso sto Paese!!!)

Raggiungiamo la sede dell’Adelaide River Cruises con largo anticipo. Facciamo i biglietti per la crociera delle 9.00 e ci prendiamo un cappuccino nel bar all’aperto circondato dalla vegetazione.

Alle 9.00 spaccate, capitanati dalla versione femminile di Crocodile Dundee, salpiamo alla caccia dei Jumping Crocs. Questi non si fanno di certo pregare! Invitati da succulenti pezzi di carne, messi a penzolare fuori bordo con grosse canne da pesca, si fanno immortalare mentre, spingendosi con la coda, saltano fuori dall’acqua per addentare il boccone e soddisfare il loro appetito. I coccodrilli serrano le fauci a meno di un metro dalla barca. Riusciamo a vedere nel dettaglio: pelle, occhi, denti, naso e la manovra con la quale si preparano a saltare e spiccare il balzo. Impressionante.

La crociera dura poco più di un’ora, poi procediamo lungo la Hw fino a che arriviamo al Kakadu. Non esiste un vero e proprio ingresso, ma solo un’indicazione che segnala il centro informazioni dove decidere di acquistare il biglietto è una responsabilità soggettiva. Noi lo compriamo (come è giusto che sia), ma è quasi certo che nessun ranger ve lo chiederà mai.

Ci vengono consegnate anche una guida del parco ed una cartina. Ne approfittiamo per fare un briefing e pianificare le tappe. Il parco è davvero immenso per cui, dato il limite di tempo, dobbiamo selezionare solo alcuni punti panoramici e trek.

Prima tappa e primo billabong (specchio d’acqua che brulica di vita): Mamukala Wetlands. Da una piattaforma si osserva lo specchio d’acqua coperto da ninfee e popolato di uccelli. E’ come osservare un acquarello con il sonoro della natura in filodiffusione . Rilassante al 100%, se non fosse per i cartelli che mettono in guardia segnalando la presenza di coccodrilli ….

Ci dedichiamo poi all’esplorazione delle aree di Ubirr e Nourlangie, caratterizzate dalla presenza di importanti siti di arte rupestre. Ad Ubirr la bellezza del panorama visto dal lookout è scioccante. Sembra di essere sospesi sopra la Terra e volare su foreste, fiumi, paludi, altipiani, rocce con la regione dell’Arnhemland, là davanti, che si estende a perdita d’occhio. Chi ha visto il film Australia ne ritroverà alcune inquadrature.

Nourlangie ha, secondo noi, pitture rupestri più particolari e meglio conservate di Ubirr perché situate in grotte e canyon protetti. Le pitture si visitano attraverso un piccolo circuito di circa un chilometro, che possiede cartelli informativi con numerose informazioni sui disegni e il loro significato. Sono rappresentate scene di caccia, leggende, danza, animali (canguri, pesci ecc…) anatomia umana. Interessante.

Le mosche non ci danno tregua sino al tramonto quando raggiungiamo il villaggio di Cooinda e piantiamo la nostra tenda al campeggio. Prima che venga buio ci resta tempo per un tuffo ristoratore in piscina.

Per cena siamo sfortunati, non troviamo carne al supermarket da cuocere sul BBQ e la cucina non ha pentole con cui preparare la pasta. Non ci resta che farci “pelare” dal ristorante del resort, 35 AUD per un piatto di carne e patatine fritte!

Alle nove non c’è più in giro un’anima. Noi utilizziamo il nostro Mac per trasformare la tenda in un multisala ed organizzare “Cinema sotto le stelle”.

DOMENICA 18 AGOSTO 2013

Ieri sera faceva caldissimo. Abbiamo sollevato la copertura impermeabile della tenda e dormito praticamente all’aperto, protetti dalla sola zanzariera. Stamane, ce ne pentiamo amaramente. Fuori c’è la nebbia, il prato è bagnato fradicio e l’umidità ci è entrata nelle ossa . Micidiale.

Ci alziamo che sono le 6.00 perché abbiamo prenotato la Yellow Water Billabong cruise all’alba (pazzi!!!)

Con la nebbia il Billabong sembra spettrale. La barca scivola silenziosa sulle acque infestate dai coccodrilli e dalla bruma arrivano i versi striduli degli uccelli. Ho quasi paura! Per fortuna in circa mezz’ora il sole sorge svelando pellicani, king fisher, ninfee, ibis…. Una natura incontaminata, colorata, anche se non così indimenticabile …. Sarà che non ho superato lo shock della levataccia e continuo ad assopirmi.

Sonnecchio anche a colazione, tanto dobbiamo fare con calma perché ci tocca aspettare che la tenda si asciughi. L’umidità della notte l’ha completamente bagnata! Non possiamo davvero ripiegarla così …. (La prossima notte guai a togliere la copertura impermeabile!!!)

Oggi riusciremo a raggiungere solo un punto del parco: le piscine naturali di Gunlom.

Già le distanze nel Parco sono enormi, in più ci toccano 80 km a/r di sterrato! ….. Ma quando mi fisso su una cosa sono inamovibile. Peccato poi debba essere Sergio a smazzarsi la parte pratica. In questo caso deve cercare di arrivare a destinazione senza sfasciare la Corolla a noleggio. Fosse semplice! Gli ultimi 10 chilometri sono praticamente nel letto di un fiume ed il termine “dissestato” rende davvero poco l’idea del fondo stradale. Per fortuna che la mappa del Parco la segnala come strada percorribile con 2WD!!! (Forse avrebbero dovuto specificare con macchina alta da terra e non con musetto a sfioro!)

Sarà culo, sarà che Sergio è un bravo pilota, ma la macchina va e ritorna intatta (Prima di riconsegnarla la dobbiamo lavare sopra, sotto, dentro per togliere tutta la polvere rossa . Va bè dai! Sul contratto di noleggio è “solo” esplicitamente indicato il divieto di percorrere strade sterrate…… Dobbiamo camuffare con una bella ripulita. Poi qualche graffietto sotto al musetto passa inosservato ……).

Altro inconveniente, che avrebbe dovuto farci tornar indietro: gli incendi. Per quasi un chilometro la strada costeggia il fronte del fuoco. Io, onestamente, ho paura e ripiegherei. Sergio, dopo quasi 40 chilometri di imprecazioni contro la strada, si rifiuta. “Eh no!” dice “Mo’ siamo arrivati, col c ….. che torno indietro adesso!”.

Se non altro leggo sulla guida che i guardia parco sono preparatissimi contro gli incendi, diffusissimi (specialmente quelli per autocombustione che si sviluppano durante la Dry Season.) I ranger possono fare fronte immediatamente all’emergenza, mentre le aree campeggio sono sicure e provviste di scorta d’acqua in caso di isolamento dell’area.

Arriviamo a destinazione dopo quasi tre ore, in pratica è mezzogiorno. E cosa si fa a mezzogiorno, col sole a picco? Un po’ di trekking! Una bel sentiero scosceso e ripido che porta in cima al Waterfall creek. Oltretutto è anche una salita ingannevole, sembra sempre di essere in cima e invece …. La sommità è un altipiano e per raggiungerla si sale un pezzo, si scende un po’….. si risale …. E non dimentichiamo le mosche! Più accanite che mai.

Ma tutto questo tribolare merita un premio! E che premio! In cima piscine naturali scavate nella roccia levigata, con acqua fresca e unite l’una all’altra da invitanti cascatelle. La vasca più in basso vanta poi una posizione da urlo: a sfioro, immersi a pelo d’acqua, si domina il Kakadu. Sotto uno strapiombo di 80 metri. Davvero straordinario.

Soddisfatti per essere arrivati fino a qui ci godiamo un’oretta di relax prima di scendere e ritornare a porconare sulla via del ritorno.

Nel pomeriggio sosta tecnica a Pine Creek (ridente cittadina che induce al suicidio composta da: 2 benzinai, 1 negozio di liquori, 4 case bruciate dal sole e il nulla) poi, attraversato Bachelor (altra ridentissima cittadina che merita il pallino più grosso sulla cartina perché ha anche un general store e ben 2 negozi di liquori!!), raggiungiamo alle 17.00 il Litchfield Tourist Park, campeggio alle porte dell’omonimo parco nazionale.

Siamo arrivati giusto in tempo! Alle 18.00 la titolare-receptionist-ristoratrice-giardiniera deve chiudere. In sintesi ci dice di mettere la tenda dove ci pare, ci indica bagni, cucina e piscina e se ne va ….. “No! No! Aspetta” le diciamo. “Ma come? Chiude anche il ristorante?” .

Questa ci risponde “ Sì, è domenica!”. Ovvio, no? Peccato che non sia scritto da nessuna parte nel sito. E noi? Qui nel nulla cosa mangiamo? Azz….! Imploro la tipa di prestarmi almeno una pentola per cuocere la pasta e di vendermi qualcosa da bere. Non ci può lasciare soli, sperduti e affamati.

Ok ce l’ho fatta. Per stasera riesco a rimediare un piatto di pasta con sugo pronto cucinata con sale fino (d’altronde dove c’è Barilla c’é casa. O no?) con birretta e 2 sacchetti di patatine (Per la serie: piuttosto che niente meglio piuttosto!)

Montiamo la tenda e scende il buio. Questo campeggio fa davvero ansia: in mezzo alla natura, senza neanche recinzione, un buio pesto, i rumori degli animali (abbiamo le galline che girano attorno alla tenda!), i dingo che ululano ….. Ci barrichiamo in tenda e non usciamo fino a domani mattina! La pipì notturna è vietata!

LUNEDì 19 AGOSTO 2013

Ci stiamo ormai abituando al risveglio umido e nebbioso. Questa volta però, prima di uscire dai nostri sacchi a pelo, aspettiamo che il sole sia ben alto. A nebbia scomparsa usciamo per andare a farci un super cappuccino al mou mentre stendiamo tenda e sacchi a pelo ad asciugare sugli alberi.

Alle 10 passate partiamo destinazione Litchfield National Park (LNP).

Il LNP è fantastico e si può descrivere come un enorme parco acquatico naturale. In circa 80 chilometri ci sono meravigliose cascate, piscine naturali, rook pools, pozze d’acqua cristallina immerse nella foresta. Tutti i siti sono raggiungibili con piccoli trekking e con questo caldo tutti i bagni sono proprio una manna!

I posti migliori: per nuotare Wangi Falls, più divertente le Buley Rockhole, più pittoresco Florence Falls.

Oltre ai divertimenti acquatici il parco ospita gli impressionanti Magnetic Termite Mounds. Di termitai giganti tutto il N.T. ne è pieno, ma questi sono davvero particolari. Non solo per la mole, ma per il medesimo orientamento N-S, la concentrazione in un’area di pochi Km e l’impressionante somiglianza con lapidi cimiteriali.

Prima di tornare a Darwin, dove nella notte abbiamo il volo per Brisbane, ripassiamo dal campeggio per lavarci e cambiarci.

Raggiungiamo la città prima del previsto per cui abbiamo tempo per una bella passeggiata nel Bicentenarial Park sull’Esplanade e per bere qualcosa nel nuovissimo ed artificiale quartiere Waterfront. Qui oltre a lussuosi appartamenti vista mare, bar, negozi e ristoranti, due lagune di cui una di acqua marina con reti antimedusa, l’altra artificiale con piscina onde.

In aeroporto molliamo la Corolla (nessuno si accorge dei piccoli segnetti) e inganniamo l’attesa del volo sfruttando il potente Wi-Fi del salone delle partenze.

MARTEDì 20 AGOSTO 2013

Il nostro volo in programma per l‘1.00 del mattino (!!!) viene, ahinoi, ritardato di quasi 2 ore. Uffa! Già la notte in aeroporto non è il massimo, ora speravo proprio di salire sull’aereo e dormire un po’.

Finalmente alle 3.00 cerchiamo di adattarci al sedile e ad assopirci per qualche ora. Ne abbiamo bisogno perché la giornata che ci attende sarà piuttosto impegnativa, ma dormire è impossibile! Siamo accerchiati da una moltitudine di bambini frignoni che piangono a turno. La cabina sembra un asilo nido. Una coppia ne ha 4! (Quattro!!!! Sono uomini o conigli?) Ma dico io: tutti su ‘sto volo devono stare? Vabbè oggi notte in bianco.

Arriviamo a Brisbane di prima mattina, incazzosi per la mancanza di sonno. Oltretutto la stessa famiglia di coniglietti che ha fatto casino sul volo ce la troviamo anche negli uffici dell’autonoleggio. Fa confusione anche lì!! Sono le 7.00 ed ho già un mal di testa pauroso! Giuro che se non se ne vanno in 3 secondi li butto fuori a calci!

Recuperiamo la macchina e ci avviamo verso il Lone Pine Sancuary che, purtroppo, è dall’altra parte della città.

Oggi non è proprio la nostra giornata migliore. Sbagliamo più volte strada e ci troviamo in mezzo al traffico dell’ora di punta. Uffa!

La città di Brisbane non la sto neanche calcolando, vedo solo strade, vialoni, binari e devo capire dove andare.

Già non mi raccapezzo con le indicazioni stradali, ci mancano anche cartelli simpatici che indicano la Sherwood Forest! Ma dove siamo, sul set di Robin Hood???? In una favola?? (No, è che a Brisbane c’è una foresta che si chiama così)

Grrrr….. per contenere il nervosismo ho bisogno di fare colazione.

Se non altro siamo fortunati e nel bel mezzo della foresta di Sherwood vedo una German Bakery (Ecco ho le allucinazioni! Tra poco vedrò anche la casa di marzapane di Hansel e Gretel!!)

Per fortuna la panetteria/pasticceria è reale e hanno anche la caffetteria. Mmmmhh cappuccino …..Ottimo!

Con la pancia piena sono molto più ottimista. Mi guardo intorno e vedo una città fatta di incantevoli quartieri residenziali, colline verdeggiati, meravigliose ville affacciate sul Brisbane River ….. Insomma una città piacevole.

Arriviamo al Lone Pine Sanctuary per primi, il parco non è ancora aperto e facciamo due passi lungo il fiume.

Pensavamo di fare una sosta lampo, invece ci tratteniamo tutta la mattina. Il Lone Pine è strepitoso, un vero e proprio paradiso dei koala! Le simpatiche bestioline sono praticamente dappertutto! Appese ai rami di eucalipto si possono anche prendere in braccio!

Il “koala hug” ad attrarre visitatori da tutto il Mondo. Si attraversano Oceani pur di arrivare fin qui, ma abbracciare una creatura così morbida e coccolona merita davvero le 24 ore di volo fatte!

I renger che supervisionano il “koala hug” sono severissimi circa le modalità secondo le quali deve essere trattato il koala, e fanno bene. Per contro lasciano diversi minuti a disposizione per familiarizzare con il dolcissimo animale e fare le foto senza fretta. Cinesi permettendo.

Il parco Lone Pine riserva però altre sorprese: ornitorinco, vombati, diavoletti della Tasmania e tantissimi canguri. I canguri hanno a disposizione un’area immensa, un prato cui si può accedere liberamente e provare a dar da mangiare a questi timidi marsupiali mentre si fanno accarezzare. Dopo un po’ di diffidenza iniziale faccio amicizia con un piccolo canguro che viene a cibarsi dalle nostre mani, mi da la zampa e si siede vicino a me per farsi coccolare un po’.

Sarà che sono abituati ai visitatori e un po’ sono addomesticati, ma per me resta un’esperienza entusiasmante e senza eguali. Ma quando ci ricapita di abbracciare un koala e coccolare un canguro?????

Le forti emozioni ci hanno fatto scordare la notte passata in bianco ….. Verso mezzogiorno, quando ci rimettiamo in viaggio, dobbiamo percorrere 300 chilometri. Non siamo ancora usciti da Brisbane che … azz….ci cala la palpebra!

Optiamo per fermarci ogni 100 chilometri, alternanrci al volante ad ogni sosta e prenderci un super caffè triplo!

La strada è a doppia corsia per senso di marcia, molto scorrevole ,per i primi 100 Km. Poi, nei pressi di Noosa, diventa un vero inferno: una sola corsia, cantieri, mezzi lenti da sorpassare.

Se la guida impegnativa non è sufficiente a tenerci svegli ci pensa l’amministrazione stradale del Queensland….. Con i quiz! Esatto, i quiz! un Trivial Pursuit on the road fatto con un sistema di cartelli. Funziona così: primo cartello “Hai sonno?”, secondo cartello – dopo 1 chilometro circa – : “Allora giochiamo a Trivial!”. Altro chilometro e terzo cartello “Qual è il simbolo del Queensland?” Altro chilometro e quarto cartello con la risposta, altro chilometro, altro cartello nuova domanda, e così via. Dopo circa 20 chilometri di nuovo il cartello con la domanda “Hai sonno?”, questa volta però al chilometro successivo campeggia un cartello di ammonimento “E allora fermati a dormire!!!!!!” ….. segue ulteriore cartello con l’indicazione per il motel più vicino. Certo che questi australiani sono davvero matti!!!

Quando non c’è il quiz, c’è il free coffee. Qui c’è il solito cartello che ti chiede se hai sonno, poi la risposta che ti invita a “have a free coffe now! (depending on service hours) ”, dopo qualche chilometro una freccia che manda ad una piazzaola di sosta dove, sotto ad un tendalino, un gruppetto di pensionati volontari offre caffè agli automobilisti stanchi come noi. Nooooo!!!!!!! Ma sono troppo avanti!!!!!

Arriviamo ad Hervey Bay con in corpo più caffeina che sangue, ma con gli occhi cerchiati di nero.

Rob, il proprietario dell’Emeraldene EcoLodge, capisce subito che abbiamo un gran bisogno di dormire. Ci accompagna alla bella suite, ci organizza le escursioni per domani e ci lascia al materasso.

Va bene tutto, ma a nanna alle cinque del pomeriggio ….. anche no!

Facciamo almeno due passi ad Hervey Bay! Così vediamo il mare, il tramonto, il lunghissimo molo, due negozietti e compriamo qualcosa per cena.

Ok, fatto. Poi però crolliamo.

MERCOLEDì 21 AGOSTO 2013

Grazie all’efficiente organizzazione di Rob alle 7.00 passa a prenderci un pulmino dell’agenzia Whale Song, specializzata in crociere di avvistamento balene. Sembra il pulmino della scuola ed è guidato da un simpatico vecchietto.

Arrivati al porto ci rendiamo conto che qui quasi tutti sono “simpatici vecchietti”. Hervey Bay è la patria dei Grey Nomads e sembrano tutti usciti dal film “Cocoon”.

Saliamo a bordo del catamarano (ribattezzato dei “viaggi dell’INPS”) con aspettative altissime. Alcuni ragazzi incontrati a Uluru ci hanno detto che le balene sono tantissime e che si possono quasi toccare. Io, dopo la fallimentare esperienza di Whale Watch precedente (Brasile 2010 – passata a star male tutto il tempo), vanto un credito con le balene. Quindi mi sono preparata bene: pastiglietta per il mal di mare e teleobiettivo montato: megattere arriviamo!

Tutto il nostro entusiasmo svanisce dopo 2 ore e varie soste di avvistamento: due balene ci sono, ma lontane, lontane. Ecco, mi dico, ho preso l’ennesima fregatura. Va bene, penso, posso rientrare in coperta e abbioccarmi sotto effetto della Xamamina (ma è antiemetico o sonnifero?!? Miiii ….. che botta di sonno!).

Per effetto dei farmaci cado in una trance piena di sogni finché mi sento tirare per la manica e vedo Sergio, sorridente, che mi chiama…..

La barca è ferma, il mare è piattissimo, esco …. A pelo d’acqua, a neanche un metro, vedo un’enorme pinna uscire dall’acqua come a volerci salutare.

Penso: “Ah! Che bel sogno che sto facendo!! Guarda quante balene!”

Ad un certo punto dall’acqua esce un’enorme coda, poi si rituffa in mare alzando una nube di spruzzi.

“Ehi!!!” esclamo, “Ma mi son bagnata la faccia!!!!” …… Ma allora è tutto vero! Non sto sognando!

Mi do un paio di colpetti in faccia e no, no …. sono sveglissima!

Ammazza che spettacolo!

Possiamo solo assistere, ammutoliti dallo stupore, alle evoluzioni di una balena che ci saluta con la pinna, sbuffa dallo sfiatatoio, passa sotto alla barca, si gira da un lato, all’altro, a pancia all’aria e poi ….. esce col muso! Emerge con tutta la sua mole dall’acqua e sembra restare sospesa per un momento in aria prima di scomparire nuovamente nell’acqua fredda dell’oceano con gran fragore. Oddio! Se allungo la mano la tocco. E’ enorme! Vedo gli occhi, la parte sopra nera, sotto bianca, le venature, le conchiglie cresciute sulla pelle.

Poi si avvicina un altro esemplare (si tratta di balene gobbe) un po’ più piccolo (vanno da 10 ai 16 metri). Lo spettacolo si protrae per circa mezz’ora, poi ci salutano e si re immergono per nuotare chissà dove. Esperienza irripetibile.

Avendo avuto un solo giorno a disposizione a Hervey Bay siamo soddisfatti di aver scelto il Whale Watching anzichè l’escursione in giornata a Fraser Island. Quest’ultima la costeggiamo durante la navigazione di ritorno ad Hervey Bay. Si tratta di un’isola unica nel suo genere, ma avremmo avuto freddo e non ne avremmo apprezzato le belle lagune (di giorno, ad agosto, ho la felpa, la sera la giacca pesante).

Alle due del pomeriggio siamo di nuovo in macchina per portarci avanti lungo i quasi 800 chilometri che ci separano da Airlie Beach. Speriamo che, superato il Tropico, faccia un po’ più caldo.

Dopo chilometri di statale, sorpassi, campi coltivati a canna da zucchero, villaggetti in stile coloniale e lunghe ore di viaggio (ingannate leggento TUTTA la Lonely planet, ad alta voce, per tenere sveglio Sergio con qualche aneddoto. Uno tra tutti quello sull’Opossum dotato di un “attributo” enorme) arriviamo a Rockhampton, la capitale della bistecca, appena prima che scenda la notte ed incominci la strage di canguri lungo la strada.

Tra i tanti motel ne scegliamo uno a caso, tra i primi, lungo la strada. Si chiama Golden Fountain un po’ vecchiotto, ma con tutti i servizi necessari e cucinotto. Fatta un po’ di spesa nel vicino supermercato cerchiamo di cucinare della pasta. Peccato che la piastra elettrica sia mezza andata e perciò ci impieghiamo un’eternità per ottenere infine pasta scotta con sugo tipo passata. Davvero dei bravi cuochi. Na schifezza!

GIOVEDI‘ 22 AGOSTO 2013

Facciamo un giro per la cittadina di Rockhampton caratterizzata da edifici del primo novecento ben conservati. Cerchiamo, invano, il monumento al Tropico del Capricorno e poi ci rimettiamo in marcia per un’altra giornata di trasferimento.

Nel pomeriggio raggiungiamo Airlie Beach! Ci aspettano tre giorni di mare e relax. Finalmente!

Airlie è la classica cittadina turistica che ruota attorno ai due porticcioli dai quali si salpa per le meravigliose Withsunday Islands: hotel di tutti i tipi, ristoranti, locali, negozietti e tour operator.

Noi soggiorniamo agli Airlie Beach Apartments, ottimo Studio nel pieno centro con tanto di piscina a forma di cuore in omaggio all’Heart Reef.

Come a Darwin c’è un laguna artificiale dove è possibile nuotare, prendere il sole in tutta tranquillità o fare una corsa lungo i vialetti ombreggiati.

Interrompendo il nomadismo per ben tre notti consecutive, abbiamo il beneficio di poter fare il bucato avvalendoci delle enormi lavatrici a gettone dell’hotel.

Per cena super BBQ preparato sulla terrazza vista mare. Stasera ci concediamo anche il lusso di una bottiglia di vino rosso australiano, non male se consideriamo che l’abbiamo scelto solo perché ci piaceva l’etichetta col canguro! (Va bè dai! Risulta prodotto dalla famiglia “Casella” di indubbia origine italiana …. Fidiamoci dei connazionali!!)

La terrazza è frequentata da altri ospiti, così abbiamo occasione di fare con loro due chiacchiere. Ci impressiona il colloquio una coppia di italiani emigrati dalla Puglia 40 anni fa e mai ritornati al Paese. Non parlano italiano, ma dialetto pugliese e la loro percezione dell’Italia è un fermo immagine del 1967. Ci raccontano del Paese nel dopoguerra, la vita rurale nelle masserie, il Sud isolato, l’aspettativa dell’emigrazione. Una realtà che a noi, nati alla fine degli anni ’70, sembra sconosciuta ed arretrata. Invece i due ex-pugliesi ci fanno capire che, dal loro punto di vista, l’Italia è, per molti aspetti, ancora ferma lì. Il nostro Paese, nella situazione attuale, poco si discosta dalla situazione del ’67. Oggi come allora la crisi spinge i giovani a cercare opportunità in Australia. Solo che se nel ’67 si trattava di braccianti, oggi sono i neolaureati ad emigrare in cerca di futuro, benessere e stabilità.

Il clima intanto è migliorato: durante il giorno si sta in costume e si fa il bagno, la sera fa freschetto (come in liguria a fine settembre).

VENERDI‘ 23 AGOSTO 2013

Kate la responsabile dell’Airlie Beach Apartments è stata molto carina e si è resa disponibile a prenotare per noi le escursioni. Rispetto ai prezzi standard beneficiamo così di un piccolo sconto.

Oggi ci aspetta un’intera giornata in barca alla scoperta delle Withsundays. Il tempo è splendido e non c’è una nuvola.

Ci imbarchiamo al porto di Abel Point Marina ed in pochi minuti siamo al largo di queste isole verdissime e ricche di vegetazione. Gli alberi sembrano quasi stipati, crescono fino al bordo più estremo dell’isola e stanno aggrappati alla superficie con determinazione, quasi a vincere la gravità, per non cadere in mare.

Raggiungiamo una baia rocciosa dalla quale parte un breve sentiero che sale fino al lookout Hill Inlet. Anche qui gli alberi fanno a gara per crescere su ogni centimetro quadrato di terreno disponibile.

Arrivati in cima il panorama è d’eccezione. Abbiamo di fronte una tra le spiagge più belle del Mondo. Nella baia sabbia, acqua e marea creano un enorme mosaico cangiante di colori: bianco, blu, verde. Ideale sarebbe informarsi circa gli orari delle maree e visitare il sito con acqua bassa.

Segue nuovo tratto di navigazione tranquilla (per fortuna zero mal di mare ….) sino a raggiungere la spiaggia di Whitehaven dove sbarchiamo per circa 3 ore. Sabbia di silice di un bianco abbagliante che, al calpestio, “scrocchia”, mare cristallino, foresta alle spalle. E’ talmente bella questa spiaggia che ci sdraiamo direttamente sulla sabbia, sprofondando e facendoci avvolgere dai granelli tiepidi, per poi tuffarci a lavarci nel mare. Un vero Paradiso.

Il BBQ organizzato sulla spiaggia non è un’esperienza piacevole. Occorre mangiare in piedi ed in fretta perché numerosi gabbiani e Gouana, abituati alla gente che tutti i giorni pranza lì, sono in agguato per rubare interi bocconi direttamente dal piatto. Basta un attimo di disattenzione e questi planano in picchiata su di voi o allungano la lingua velocissimi!

Nel pomeriggio sosta snorkeling a Mantaray bay.

Ci stupiamo di come l’equipaggio spieghi nel dettaglio le modalità di utilizzo di pinne, maschera e boccaglio. Ma dai! Chi non lo sa come si fa! Ed invece rimaniamo basiti nell’osservare un gruppo di 20 cinesi alla prima esperienza di snorkeling (o addirittura acquatica?): sostenuti da giubbetto di salvataggio e tubo galleggiante pinneggiano come ossessi, il boccaglio lontano dalla faccia (ma hanno capito a cosa serve?), terrorizzati dal mettere la faccia sotto al pelo dell’acqua. I più coraggiosi ci riescono e urlano come forsennati agitandosi tutti. Alla fine ripiegano sulla barchetta con il fondo di vetro.

Noi che ci tuffiamo direttamente dal ponte con addosso l’attrezzatura e senza galleggiante siamo visti come mostri e additati dal gruppo vociante e stupito. Probabilmente pensano che siamo nati con le pinne e il boccaglio. Incredibile!

Ciò che si vede sott’acqua è …… Enorme! Abituati come siamo al Mar Rosso, qui è tutta un’altra cosa. Numericamente ci sono meno pesci e coralli, ma le dimensioni sono Jurassiche: pesci napoleone grossi e colorati come Twingo, cernie enormi, mante giganti lunghe moooolto più di me. Siamo immersi nella Grande Barriera Corallina. Grandi, di nome e di fatto, sono sia il reef che tutte le creature marine (Più che “Great Barrier” suggerirei “Giant Barrier”). Un’ecosistema unico e una meraviglia planetaria. Restiamo senza fiato.

SABATO 24 AGOSTO 2013

Tutto ciò che abbiamo risparmiato nei primi giorni di viaggio, grazie al campeggio ed alle cene BBQ, ce lo bruciamo oggi in poche ore. Quella odierna sarà una vera e propria giornata da magnati. Come direbbe la mia amica Vale I.C.P.S.S. !!!!

Dopo una mattina di relax alla laguna raggiungiamo il piccolo aeroporto regionale di Arlie Beach. Mentre l’aeroporto è piccolo, il terminal di AirWithsunday è spazioso, fighissimo, con tanto di buffet a disposizione, poltroncine in pelle e vetrata panoramica sulla pista.

Facciamo il check-in e ci sveniamo (960 dollari!!!!!!!!!). Dopo un breve breefing con pilota personale, figo tipo top gun (licenza poaetica femminile), saliamo sul Cessna Idrovolante. Posso anche fare da copilota WOW!!!

Il decollo è rapido e in pochi minuti siamo già sopra le Withsundays Island, perle verdi nell’Oceano.

Sorvolando Hamilton Island vediamo nell’acqua due sagome scure. Noooo! Non ci credo! Sono un’enorme balena gobba con il balenotterino che le nuota accanto! Si vedono le grosse sagome che si restringono per poi aprirsi nella doppia pinna della coda. Spettacolo!!!!

Passiamo sopra la cima di una lussureggiante collina e sotto di noi ecco l’Hill Inlet. La vista aerea è impareggiabile. Viriamo diverse volte per ammirare, da ogni punto di vista e con luce diversa, i giochi di colore che non stancano mai.

Ancora una virata e poi giù, verso il mare, tra mille spruzzi, per ammarare e raggiungere la spiaggia di Whiteheaven.

Basta un passo per scendere sul galleggiante dell’idrovolante e poi, con un balzo, essere nell’acqua a un metro dalla riva…..

Sembra tutto idilliaco, no?

Ed allora ci vuole proprio uno dei disastri di Ilaria ….. Altrimenti, dai! …….. Ci si annoia!

Sono talmente presa dalla bellezza del panorama, dall’atmosfera, dall’emozione, da non considerare che sì, la riva è vicina, ma l’acqua potrebbe anche essere alta ….. Sono troppo occupata a fare la F.D.L. e a darmi un sacco di arie …. Faccio un bel salto aggraziato per scendere dall’idrovolante e …… Azz! No! Affondo in acqua fino alla vita bagnandomi tutta! ….. Che figura di m ….. !!!

Ma questo è niente. Realizzo il peggio solo dopo, quando sintonizzo le orecchie su Sergio che mi sta sbraitando qualcosa ….. Ma cosa?

“Non mi sono fatta niente!” urlo dalla spiaggia tutta felice.

Eppure Sergio urla ancora, perché?

…..Sono stata brava, ho anche tenuto fuori dall’acqua la macchina fotografica …..

Telefono!!! Sento in distanza ……

…… Telefono ???? Che telefono?

Nooooooo! (e il mio cuore manca un battito)

Quello?! (E già realizzo il perché del dramma)

Anzi, …. Quelli!!! (doppio dramma)

Sta parlando proprio di quei due Iphone che ho nella tasca dei pantaloni.

I pantaloni che indosso io

Io che sono finita sott’acqua

Merda!!!

Non ho il coraggio di guardare, ma devo.

Il mio IPhone è nero – ok lo so che è nero – display compreso e Siri sta parlando da sola. Non si spegne ….. sfrigola e frigge. Andato irrimediabilmente.

L’altro …… L’altro sembra sopravvissuto, nessun trauma evidente, solo che …..bè per lo shock ha perso la connessione e non la ritroverà mai più…..Provo a rianimare i feriti, ma non c’è speranza.

Ergo: costo della gita 960 dollari, danni 1400 dollari (ESC!)

Mentre realizzo ciò che è accaduto Sergio mi raggiunge sulla spiaggia. Non parla, mi sta incenerendo con lo sguardo.

Ecco, penso, adesso mi uccide.

Cerco di scamparla sostenendo: “Dai! Chissenefrega! ….. li farò riparare o li ricomprerò”

Ha ragione la nostra amica Vale: “P.S.S. E basta! Godiamoci la giornata!”

Mhhhh….. forse ce la faccio a non farmi ammazzare (ma per poco)

Nel frattempo il pilota ci ha allestito una sorta di buffet in spiaggia con tanto di stuzzichini, Ferrero Rocher e Champagne.

Ok, anneghiamo il dispiacere nello champagne e soffochiamo la rabbia sotto decine di dolcini e cioccolatini. Cin-cin!

Risultato? Siamo brilli di primo pomeriggio, corriamo felici come una Pasqua per la spiaggia e……. Bè, è una giornata da ricordare! Memorabile!! Siamo troppo presi bene!!!

Sole e mare per un pochino, mentre il nostro aereo galleggia placido a pochi metri dalla spiaggia, poi si decolla di nuovo per sorvolare il Reef. La barriera si estende per più di 2000 chilometri creando giochi di forme e colori e chiaroscuri. Il soggetto più spettacolare è l’Heart Reef, un cuore di corallo in mezzo all’azzurro Oceano.

Atterriamo proprio nel mezzo di una laguna corallina e passiamo dall’idrovolante ad una imbarcazione col fondo di vetro ancorata lì in nostra attesa. Facciamo un breve tragitto in barca per osservare i fondali poi, indossata la muta, ci tuffiamo con maschera e pinne alla scoperta dei fondali e dei coralli blu, gialli, verdi ….. Ogni aggettivo sarebbe insufficiente per descrivere l’esperienza.

Rientriamo all’aeroporto soddisfatti ed appagati.

Siccome è la giornata “da ricchi” ci concediamo anche una cena romantica al ristorante in riva al mare a base di crostacei, barramundi e frutti di mare. Ovviamente accompagnata da ottimo Chardonnay. E prendiamo pure il dolce, va là!……. Evviva I.C.P.S.S.!!!

DOMENICA 25 AGOSTO 2013

Smaltire lo Chardonnay ci porta a dormire a lungo. Kate è molto gentile e ci dice di usare la stanza finchè vogliamo, senza limiti di tempo per il chek-out. Facciamo così una bella colazione e poi andiamo a farci una nuotata alla laguna. Solo nel primo pomeriggio ci rimettiamo in marcia per gli ultimi, dannati, chilometri di highway che ci separano dalla nostra prossima meta: Townsville.

E’ domenica pomeriggio quando arriviamo e la città è praticamente deserta. La gente si concentra sul lungomare, alla rockpool e nei pub. Sono le 16.00, ma gli Australiani già affollano i locali per bere birra e ascoltare musica dal vivo. Ci sono diverse feste in corso ….. Ma di pomeriggio? Con la luce? Mi fa un effetto strano …..

La città è dominata da una rocca rossa dalla quale si vede un bel panorama di Magnetic Island.

Il nostro motel è frequentato soprattutto in settimana per dei meeting, oggi è praticamente vuoto. L’uomo alla reception è dunque contento per il nostro arrivo, così ha qualcuno con cui parlare la domenica. Noi ne approfittiamo per farci aiutare a preparare il BBQ.

LUNEDì 26 AGOSTO 2013

Seduti davanti ad una tazza di caffelatte fumante ci godiamo il sole in terrazza e cerchiamo di risolvere l’empasse: stare piallati in spiaggia qui, a Townsville, o fare un’escursione a Magnetic Island?

Alla fine scegliamo l’Isola.

Pronti, via! Ci vestiamo veloci, buttiamo due cose nello zaino, saliamo in macchina al volo e in 2 minuti raggiungiamo il porto. Parcheggiamo in un lampo e con la stessa rapidità facciamo i biglietti andata e ritorno per Magnetic Island. Alle 8.00 siamo già pronti a salpare.

Il tragitto dura circa 20 minuti. Arrivati in porto cadiamo praticamente addosso al bus che fa servizio pubblico sull’isola. Il conducente ci apre la porta e ci invita a salire come se fossimo due scolaretti incerti se montare o meno sullo scuolabus.

L’isola è un paradiso tropicale, molto easy e rilassata. Ci sono pochissime auto e gli abitanti fanno un uso intenso del bus che diventa una sorta di bar o luogo di ritrovo: si sale per fare delle commissioni, si chiacchiera, si parla del tempo, si osservano i turisti …. Un sacco di gente ci dà consigli su come organizzare al meglio la nostra giornata.

Primo tra tutti: oggi evitare Pic-nic bay, Nelly Bay e Geoffrey bay. C’è troppo vento e lo snorkeling sarebbe impossibile a causa del mare molto mosso. Meglio farsi lasciare dal bus all’imbocco del sentiero chiamato “The Forts”, fare una camminata di un paio d’ore in cima all’isola e poi, sempre camminando, arrivare giù fino alla riparata Horseshoe Bay dove mangiare un boccone, fare un tuffo e trascorrere il pomeriggio.

Seguiamo le indicazioni dei residenti e ci avviamo lungo il sentiero che conduce a vecchie roccaforti della seconda guerra mondiale. Il forte non è granché, ma è piacevole camminare lungo il sentiero fiancheggiato da strani alberi dai fiori gialli e da eucalipti sui quali, aguzzando lo sguardo, si vedono numerosi koala dormiglioni.

Arrivati in vetta si vedono, dall’alto, l’intima Florence bay e la lunga striscia di sabbia dorata di Horseshoe bay.

Dopo un abbondante piatto di Fish & Chips ci godiamo mare e sole sino al tramonto. Sono i nostri ultimi tuffi australiani prima di rientrare a Townsville e, da qui, lasciare i tropici per Sydney dove ritroveremo (in teoria) l’inverno australe.

MARTEDì 27 AGOSTO 2013

Trascorriamo la mattinata a cazzeggiare in terrazza, scaricare le foto, tenere contatti….. Io gestisco una mini-rogna con la carta di credito (ho ricevuto alcuni addebiti doppi, ma bastano un paio di mail per risolvere) mentre Sergio controlla se a Sydney c’è modo di far riparare i telefoni cellulari annegati.

Da casa le solite notizie, per nulla entusiasmanti: la crisi aumenta, lo spread sale, i politici fanno il solito teatrino preparando l’ennesima manovrina ….. Insomma, la voglia di ritornare è sempre meno ,di viaggio in viaggio …..

Dopo più di 4000 chilometri percorsi in questi pochi giorni restituiamo la macchina al parcheggio Europecar. Lasciamo le chiavi all’operatore che ci dice solo “Ok guys! Have a g’day” in assoluta fiducia reciproca (Da noi capiterebbe di trovarsi poi addebiti fantasma o, addirittura, essere accusati di furto dell’auto perché l’operatore nel parcheggio non sarebbe che un truffatore ….. ). Mi piace questo Paese dove si può vivere tranquilli, in tutta serenità, senza dover sempre avere paura del prossimo!

All’ora di pranzo voliamo con Virgin Australia da Townsville a Sydney dove si atterra dopo aver sorvolato la città ed ammirato la Baia, l’Harbour Bridge e l’Opera House ….. Sydney, arriviamoooooo!

Con il treno Airportlink raggiungiamo in 10 minuti la fermata Central. Lì di fronte il nostro Hotel: The Bounce. Scelta logistica perfetta .

Parlando con l’operatore alla reception scopriamo che il nostro programma per domani sera (stare in giro fino a tardi per poi dormire in aeroporto) non può essere attuato: l’aeroporto di Sydney chiude alle 22.30 per riaprire solo la mattina successiva verso le 4.00. Dobbiamo quindi aggiungere una notte in più non preventivata. Va bè, ma almeno non staremo in giro 6 ore come profughi.

Ci facciamo una doccia in fretta perchè alle 18.30 abbiamo appuntamento con Manu e Giordy, due nostri amici milanesi che dal 13 agosto sono a Sydney in cerca di opportunità migliori rispetto a quelle che l’Italia, in questo momento, è in grado di offrire.

Rivediamo i ragazzi con piacere, anche se li troviamo molto dimagriti. Ci spiegano che, per chi è arrivato da poco e ancora non ha trovato un’occupazione, la vita a Sydney ha davvero dei costi proibitivi. Anche fare la spesa o pagare una corsa sui mezzi pubblici è caro. Per questo motivo, ci dicono, mangiano poco e camminano tanto!!!

Ok allora: risparmiamo anche noi! Chiacchierando percorriamo i 3 chilometri circa che separano Central dai più famosi quartieri di Circular Quay e lo storico The Rocks.

Camminando abbiamo modo di familiarizzare con Sydney by night. Finalmente un posto in Australia dove, dopo il calar del sole, c’è vita!!!! I ristoranti e i pub sono affollati da clientela cosmopolita e per la strada c’è gente. La passeggiata che affaccia sull’Harbour Bridge e l’Opera House è un crocevia di incontri e lungo i marciapiedi ci sono un sacco di persone. Sembra quasi che ci sia “Movida”!! Massiccia la presenza di cinesi, non solo nel quartiere di chinatown.

Nella breve storia d’Australia The Rocks è il quartiere più antico (ha ben più di 200 anni!!!! Hihihihih….. Altro che Colosseo!) E’ un insieme di strade acciottolate, ripide scalinate, vicoli ciechi, cottage di arenaria e vecchi magazzini, che sembrano nascosti dalla mole dell’Harbour Bridge. Da qui sono passati tutti: marinai, soldati, immigrati e qui, ancora oggi, sono aperti i più antichi pub di Sydney.

Noi scegliamo di bere una birra e mangiare un buon piatto di carne sulla terrazza riscaldata del Glenmore con vista sulla baia.

Il posto ci piace e la compagnia è bella. La serata vola discutendo di orari di lavoro, welfare, stipendi ….. (in Australia si guadagnano in media 4000 Aud al mese lavorando 6 ore al giorno. L’orario negli uffici è dalle 9.00 alle 16.00, il resto del tempo lo si trascorre in famiglia, facendo sport, ecc… Insomma la qualità della vita è alta!)

MERCOLEDì 28 AGOSTO 2013

Siamo arrivati al nostro ultimo giorno down-under e non vogliamo perdere nemmeno un istante.

Alle 8.00 siamo già prontissimi e ci incamminiamo verso il moderno quartiere di Darling Harbour che raggiungiamo attraversando China Town. Tra pagode, draghi, ideogrammi, lanterne e spaghetti di riso ci sembra di aver lasciato per qualche minuto l’Australia ed essere tornati a Pechino!

Darling Harbour è un moderno quartiere alle spalle del CBD ed è affacciato su una baia minore. Vi si trovano eleganti locali, musei (sono liberamente visibili alcune barche e un sommergibile del museo navale della Marina), parchi, cinema e tante, tantissime, imbarcazioni ormeggiate. Fino a pochi mesi fa il panorama era caratterizzato dalla monorotaia che è stata smantellata a giugno. Peccato, a me piaceva, ….. faceva tanto immagine da vecchia cartolina e avvenirismo anni ’80.

Continente che vai …… Starbucks che trovi!

Rispettiamo perciò la tradizione del “cappuccino Big” e poi, sempre di buon passo, raggiungiamo il CBD, il Victoria Building, la Sydney Tower e le vie dello shopping. Non resisto ad un paio di pelosissimi Ugg chiccosissimi con tanto di tacco! Wow!

Con un’altra sgambata raggiungiamo nuovamente The Rocks. Le stradine che si arrampicano fin sotto l’Harbour Bridge sono graziose anche di giorno. Raggiunto l’imponente ponte, vanto dell’ingegneria anni ’30, riteniamo che spendere 200 AUD per “scalare” la struttura sia inaudito (!!!) Molto più sensata la spesa di 11 Aud necessaria per salire al lookout del pilone. Il biglietto include vista a 360° gradi sulla baia (anche se la migliore si ha dai Royal Botanical Gardens) e ingresso ad un piccolo museo che illustra con belle fotografie gli step della realizzazione dell’Harbour Bridge.

Scendiamo e ci dirigiamo dall’altra parte della baia a Milson Point. Mentre camminiamo siamo costantemente sorpassati da una folla di runners che fanno dell’Harbour bridge una meta prediletta per la corsetta mattutina.

Affacciano sulla baia la stupenda piscina olimpionica ed il Luna Park con il suo enorme ingresso con faccione ghignante che fa tanto ultimo libro di Stephen King. Splende il sole e ormai siamo in canotta ….. un bagnetto in piscina proprio me lo farei …..

Per pranzo raggiungiamo con la metro + light rail il Fish Market. Qui c’è un abbondanza di banchi di vendita di pesce fresco, ostriche, crostacei, frutti di mare ….. Mmmmhhhh …… Boni!!! Il bello è che in molti banchetti c’è la possibilità di farci cucinare ciò che più ci tenta e mangiarlo seduti su tavoloni comuni. Si mangia bene, si spende il giusto, si socializza e c’è un’ampia varietà (sushi, grigliate, pesce fritto, ecc) ..… L’unico rischio è di fare indigestione e di esagerare !!! Ndr: la maggior parte dei gestori è cinese ed il posto è affollato da turisti che si ingozzano di ostriche annaffiate da bottiglie di Chardonnay.

Per smaltire il pranzo e risparmiare 12 dollari di biglietto ci facciamo una bella sgambata dal Fish Market sino ai Royal Botanic Gardens: giardini vasti, curatissimi, zeppi di piante di ogni specie, pappagallini ed affollati di gente slandrata al sole. La miglior vista sulla baia si ha da Mrs macquaries chair, anche se è meglio andarci al mattino perché la sera è controluce.

E possibile scendere dai giardini sugli scogli, la baia farà da sfondo e vi sembrerà di camminare sul mare …. Intanto i pellicani cercano di pescare qualche pesce.

Ritorniamo ancora in centro passando per la St. Mary Chatedral il cui stile neogotico contrasta con i grattacieli del distretto finanziario.

Abbiamo fissato un appuntamento all’Apple Store con la speranza di farci riparare in garanzia (che bella pretesa!) i due IPhone annegati ….. Ovviamente ci rispondono picche! Vabbè ci riproveremo a Milano.

Ultimo saluto alla Baia, all’Opera House e a The Rocks dove ci infiliamo in un ristorantino italiano (Zia Pina) che si presenta molto bene, intimo e caldo. Peccato si mangi da schifo …. Ci cucinano per due volte la stessa pietanza: bruciata tutte e due le volte!

In previsione della levataccia di domani mattina cerchiamo di andare a letto presto, ma prendere sonno alle 9.00 di sera è praticamente impossibile! Sembriamo Sandra e Raimondo ….

Alle 23.00 quando finalmente mi addormento un malcapitato giovane inglese ha la pessima idea di mettersi in videochiamata Skype proprio davanti alla porta della mia stanza. Mi alzo con le balle girate, spalanco la porta e lo aggredisco in mutande, canottiera e con mano “a pera” e: “Oooohh!! Ma la piantiamo con sto c…. di telefono o no?” .

Con i capelli tipo chioma leonina devo essere davvero spaventosa: la smette subito e chiede pure scusa. troppo educati in ‘sto Paese!

GIOVEDI‘ 29 AGOSTO 2013

La sveglia suona alle 2.15 del mattino! Ahahahah!!!! E si tratta proprio di una sveglia classica dato che i telefoni sono morti. Quando ieri sera l’ho chiesta alla reception mi hanno guardata stralunati. Una sveglia??? Nel 2013? Ancora increduli, ne hanno recuperata una nel fondo di qualche cassetto con non poca difficoltà anche nel trovare delle pile funzionanti.

Preoccupato che potesse essere malfunzionante il ragazzo della reception viene a svegliarmi! Troppo efficiente!

Il taxi è già lì che ci aspetta. Ho un flash pazzesco quando vedo l’autista: è il gemello di Bob Marley, separato alla nascita!

Non so se perché si faccia anche lui le canne, ma il fratello di Bob è proprio fuori …. Legge il nome della chiamata (il mio cognome è Piazza) è inizia a ridere da solo come un pazzo. La traduzione di Piazza in Mrs. Place (secondo la sua versione, io insistevo con Square) lo manda fuori di testa. Si sbellica dalle risate e continua: “Ahahahah Mrs. Pace….. Hihihihih….” Io quasi mi sento offesa. Sì, va bé, cosatiridi?!?

Io e il sosia di Bob non andiamo affatto d’accordo. Per fortuna all’aeroporto si arriva in meno di mezz’ora. Incomincia un suo monologo sugli italiani: sono delinquenti, ladri, assassini, corrotti, mafiosi. “Ma basta!” Non ho voglia di discutere, tantomeno con un giamaicano scappato in Australia, la cui filosofia lavorativa è: “lavoro solo di venerdì e sabato sera, perché qui tanto sono tutti ubriachi e mi pagano un botto dato che non capiscono più niente”. E poi i truffatori delinquenti saremmo noi??? Ma ammazzati, và!

Arriviamo in aeroporto ed è tutto ancora chiuso. Oltre a noi gli altri passeggeri disgraziati del volo Emirates si aggirano come fantasmi. Certo che chiudere l’aeroporto è da esauriti! Oltretutto alle 3.00 apre solo il check-in, il controllo passaporti apre alle 4.00, mentre non c’è neanche un bar aperto per una cappuccino …. Che tristezza.

Data l’unicità della situazione Emirates potrebbe avvisare che, per il volo da Sydney, basta recarsi all’aeroporto anche solo 2 ore prima, soprattutto se si é fatto il check-in on line.

Una volta in volo ci ripromettiamo di dormire per assorbire il fuso orario ma, come ci aspettavamo, essendo giorno, non riusciamo a chiudere occhio. Ci spariamo più o meno 5 film a testa ed arriviamo a Dubai con gli occhi arrossati dall’eccesso di schermo.

La prima cosa che ci colpisce della città degli Emirati è che praticamente non si esce mai all’esterno: è tutto un tunnel.

Dall’aeroporto un camminamento sopraelevato di vetro (ovviamente condizionato a palla) ci porta alla metro con identica temperatura polare.

Scendiamo alla nostra fermata – Mall of The Emirates – e vari percorsi obbligati in plexiglass super-avveniristico ci portano direttamente nel centro commerciale. Il nostro albergo, da cartina, dovrebbe distare circa 100 metri dal Mall, ma uscire dal tunnel è impossibile.

Distrutti dal viaggio con addosso i nostri vestiti da combattimento e gli zainoni siamo decisamente fuori luogo tra le ricche famiglie arabe cariche di gioielli e acquisti Gucci & Co.

Quando finalmente troviamo l’uscita (l’Hotel Citymax al Barsha è proprio al di là della strada) comprendiamo il perché dell’esistenza dei tunnel. Siamo colpiti da un’ondata di calore atomica che ci fa passare istantaneamente dallo stato solido/condizionato a quello liquido/sudore_100%. Sembra di essere passati da una cella frigorifera ad un bagno turco.

Io non sudo praticamente mai, ma in soli 100 metri sono bagnata. Il tempo è bello, ma c’è talmente tanta afa che il cielo sembra grigio.

Facciamo velocemente il check in e ci tuffiamo nella piscina sulla terrazza in cerca di refrigerio. Speranza vana, l’acqua è a temperatura ambiente: calda! 40° più o meno, tipo bagnetto per bambini.

Se non altro la nuotata ci toglie la stanchezza del viaggio e ci rilassa. Risultato? Ci addormentiamo, secchi, colpiti dall’effetto fuso orario, sui morbidi lettini all’ombra. I gentili addetti alla piscina ci svegliano quando scende il buio.

Quando ci svegliamo, nonostante sia sera, fa ancora caldo …. troppo caldo! L’aria condizionata non basta, ci vorrebbe il clima di St. Moritz ….. magari con anche una bella sciatina. Detto, fatto! Siamo nel Paese dei Balocchi di Dubai City, qui ogni sfizio può essere soddisfatto.

Vogliamo la montagna? C’è Sky Dubai! Temperatura fissa -3°, seggiovia quadriposto, 3 piste, noleggio attrezzatura, sci e scarponi. Alberi di Natale addobbati, baita in legno che vende cioccolata calda, decorazioni con renne e cristalli di neve creano davvero l’illusione di essere a Capodanno sulle Alpi.

Sono un po’ fuori luogo i pinguini.

Decisamente estranei all’ambiente similalpino gli arabi (uomini, ma soprattutto donne), in abito tradizionale, coperti da improbabili giacche a vento ad effetto cappotto, lunghe sino ai piedi. E’ bello vedere come vivano come realtà l’illusione creata. Sono emozionati dalla neve, dai pupazzi e dal paesaggio come se, a St. Moritz, ci siano per davvero.

Gli sciatori sono pochissimi, solo qualche spavaldo adolescente-snowboarder-tamarro, made in UAE, spadroneggia sulla pista.

Ci scaldiamo facendo qualche discesa. Gli sci e la qualità della neve sono quelli che sono, la seggiovia è lentissima, la pista è lunga solo 400 metri (ma avete presente dove siamo!). Nonostante ciò, la gente ci osserva stupita. Dato il livello medio dell’utenza, siamo additati come due specie di campioni, destinati, di sicuro, a vincere il prossimo mondiale. Quasi, quasi, pensiamo, potremmo restare qui e fare i maestri di sci. Poi però, ben pensandoci, -3° qui dentro, 45° fuori ….. Anche no! Meglio la nostra amata Bormio!

Dopo un’ora abbondante nel freezer artificiale, una cioccolata e 2 bretzel abbiamo freddo (freddo!!!) ed usciamo (cioè entriamo nel Mall) mischiandoci alla folla del giovedì sera che qui equivale al nostro Sabato.

La giornata è stata decisamente lunga. Adesso ci compete un po’ di sonno ristoratore.

VENERDI‘ 30 AGOSTO 2013

Il Mall of The Emirates è diventata la nostra casa come per Viktor Navorski l’aeroporto JFK a New York.

Facciamo colazione da Costa Coffee, poi sfruttiamo la navetta gratuita dell’hotel che ci porta alla Public Beach ai piedi del Burj Al Arab, più comunemente nota come “La Vela”.

Spiaggia bianca, mare cristallino ed in riva al mare il cielo lattiginoso, che copre la città, e quasi azzurro pieno.

Stare sdraiati al sole è impossibile, all’ombra praticamente uguale. Così stiamo per due ore immersi a bagno maria nell’acqua calda tipo “CaldoBagno”.

La spiaggia è dotata di docce. “Fantastico!” pensiamo, convinti di toglierci sabbia e caldo dal corpo. Errore …. la doccia sarà a 70° ….. E’ ustionante!!!!! I tubi che portano l’acqua si sono tutti scaldati al sole.

Da veri matti ci spostiamo a piedi (!!!) verso Medinath Jumierah. Anche se si percorre meno di un chilometro sembra di camminare in un forno. Tagliamo per il parcheggio sotterraneo del parco Acquatico Wild Wadi, almeno c’è un po’ d’ombra e, già che siamo lì, ci facciamo tentare. Quasi quasi possiamo stare un paio d’ore a divertirsi sugli scivoli.

Unico problema: è Venerdì ( = Domenica per gli islamici) e ….. C’è il Mondo! Tutte le famiglie di Dubai si sono date appuntamento qui. Oggi è l’ultimo giorno delle vacanze estive e pare che ogni ragazzino tra i 5 ed i 17 anni intenda dare al Wild Wadi l’addio alla libertà. La coda è chilometrica, l’attesa di due ore. Direi che lasciamo perdere! Peccato, ci saremmo fatti volentieri qualche scivolo.

Raggiungiamo il Souk di Medinath Jumierah molto finto (è una ricostruzione, con tanto di torri del vento, del quartiere storico di Bastakya), a misura di turista e carissimo. Niente a che fare con i veri souk.

Oltretutto rischio di prendermi un malanno perché il costume bagnato con l’umidità che c’é non si asciuga e con l’aria condizionata mi si congela addosso. Urge ritorno immediato in taxi in hotel per cambio d’abito prima che mi venga la febbre!!

Già che ci siamo ci prepariamo per il pomeriggio/sera. Ci aspetta un’altra giornata lunghissima….

Nel pomeriggio raggiungiamo in metro il Burj Khalifa il cui accesso è ovviamente occultato nel Centro Commerciale Dubai Mall.

Questo centro ci sembra ancora più sfarzoso del Mall of Emirates e lungo il vialone d’accesso è tutta una coda di: Bentley con autista, mega Suv, Ferrari, Maserati, Lamborghini …Insomma, abbiamo capito che qui il Papy, quando prendi la patente, non ti regala la Panda, ma come minimo una R8.

Notiamo due cose. La prima: sono molte le donne al volante di auto da sogno ma tutte, rigorosamente, sono nascoste agli sguardi indiscreti da vetri scuri. La seconda: gli Emiri & co. si scelgono auto dai colori pacchianissimi! Ferrari verde acido, Range Rover giallo limone, Maserati arancione, Mustang blu elettrico ….. Un arcobaleno di lusso sfacciato.

Altra cosa che, da proletari, ci lascia a bocca aperta è che le gioiellerie più famose: Rolex, De Beers, Bulgari, non sono solo “punti vendita di rappresentanza”, ma sono affollatissime e vendono di brutto. Alla faccia della crisi! In una di esse notiamo un annoiato signore africano, in abito tradizionale, dover acquistare fior fior di gioielli per ben tre colorite signore nere, anch’esse con abiti e fattezza tipiche del Centro Africa. Sembrano volersi accaparrare tutto ciò che espone il negozio. Il commesso non riesce a seguire la loro smania di acquisti. Come minimo, pensiamo, si deve trattare del Re dello Swaziland con una rappresentanza delle sue 18 mogli!

Comunque sia, Re o non Re, sbuffa come mio marito quando m accompagna per negozi ….

Per la salita al “The Top”, la terrazza panoramica del Burj Khalifa, siamo stati lungimiranti ad acquistare i ticket on-line, altrimenti la fila sarebbe stata chilometrica. Abbiamo scelto come orario le 17.30 in modo da vedere il panorama sia con la luce del giorno, sia con le luci notturne.

Restiamo però un po’ delusi. Innanzitutto non si sale sino in cima agli 828 metri di altezza massima dell’edificio, ma si arriva a “solo” circa 500 metri. Poi la foschia è talmente accentuata che la vista spazia solo per pochi chilometri. La vela, l’isola artificiale “palma” ed i grattacieli della Dubai Marina sono solo ombre nel grigio del tramonto.

Bellissimi invece lo spettacolo delle fontane visto dall’alto e la vista degli altri grattacieli che, a confronto, sono piccolissimi. Dall’alto si nota come Dubai sia ancora un enorme cantiere. La città è estesissima, ma tra un quartiere e l’altro spesso ci sono ancora pezzi di deserto e nulla. Sembra un po’ di essere seduti al tavolo del gioco “hotel” con gli edifici già costruiti (il Burj Khalifa è il President) e gli altri lotti ancora di pietra e sabbia tutti da edificati ….

Certo che questo grattacielo di 800 e passa metri è davvero impressionante. E’ talmente ben realizzato da non sembrare neanche così massiccio. Per riuscire ad inquadrarlo interamente dal livello del suolo dobbiamo allontanarci di quasi un chilometro. Non ci sta neanche nel grandangolo!

Dopo mille scatti del Burj Khalifa (chiamato amichevolmente Burgi-burgi), facciamo un salto allo spettacolo delle fontane danzanti, carine, ma non belle come quelle del Bellagio a L.V., e poi al Dubai Aquarium. Qui si pò benissimo evitare di pagare il biglietto di accesso al tunnel subacqueo, tanto gli stessi pesci si vedono benissimo dalle vetrate al primo piano. L’acquario è decisamente affollato da mante, squali ed un sacco di altri pesci. C’è addirittura chi fa immersioni! (Cinesi a prezzi da capogiro!)

Alle 21 mi infilo il tacco 12 e sono pronta per l’aperitivo più glam della vacanza. Time Out la definisce una delle location Top al Mondo: il 360°. Su un isolotto collegato da una lingua di terra al resto della città, ha una bella vista sulla “Vela” e sui grattacieli della Marina. Il posto ci piace molto, atmosfera raffinata ma rilassata e ci divertiamo. E’ l’aperitivo ideale a Dubai, proprio come mi immaginavo.

Verso le 23 ci ricordiamo che dovremmo anche mangiare ….. meno male che c’è il Mall!

Ricominciamo a riprendere i “ritmi milanesi” dopo tre settimane di “ora delle galline” australiane!

SABATO 31 AGOSTO 2013

Dopo neanche 48 ore in questa città, ci sembra di conoscerla come le nostre tasche: locali, ritmi di vita, cose da fare, mezzi di trasporto! Adoro Dubai!!!!

Pianifichiamo quindi la giornatina incominciando col classico cappuccino da Costa con vista su “St. Moritz”. A causa del fuso astraliano che ci fa alzare prestissimo siamo praticamente i primi clienti.

Dopo colazione, intanto che ancora non fa caldissimo, ci facciamo portare con l’ennesimo taxi allo Jumierah Beach Park per un paio d’ore di relax. Si tratta di una spiaggia attrezzata con noleggio sdraio e ombrelloni, alcuni bar e aree ombreggiate da palme per il picnic. Accesso 5 AED, direi molto comodo.

Se si escludono le spiagge private dei grandi alberghi si tratta della spiaggia pubblica più famosa di Dubai frequentata sia da turisti che da locali. In molti si mettono in mostra correndo su e giù per la spiaggia lunga circa un paio di chilometri. Secondo me sono pazzi. Correre? Con sto caldo?! Se proprio vuoi farti vedere … che ne so …. nuota a farfalla, cammina sulle mani, buttati col paracadute, ma correre è da psicopatici!

Nelle ore più calde rientriamo in hotel per una doccia gelata. Ne approfittiamo anche per pranzare.

Solo nel tardo pomeriggio, dopo un po’ di shopping nel Mall climatizzato, raggiungiamo in metro la fermata di Al Ras. Qui, alle porte della città vecchia, si trovano i souk dell’oro e delle spezie.

Nella città vecchia sembra lontana anni luce l’opulenza della Dubai internazionale, fatta di grattacieli e di specchi, e si ritorna come indietro nel tempo. L’architettura è quella tipica delle città arabe, con edifici bassi e intricati vialetti. Finalmente si zittiscono i rumori dei cantieri e dei martelli pneumatici per ridare voce alla ciabatta dei muezzin nelle moschee.

Siamo nel quartiere vecchio di Deira che potrebbe essere un po’ Tunisi, San’aà, Fes, il Cairo …..

Il Souk dell’Oro è stato restaurato di recente ed il camminamento tra i vari negozi è fortunatamente ombreggiato.

Nonostante tutto fa un caldo insopportabile, manca l’aria e non abbiamo proprio voglia di cercare di fare buoni affari (anche perché rischieremmo di portarci a casa delle sole paura).

Per fortuna ad un certo punto si esce dal dedalo di stradine e ci si affaccia sul Creek, il lungo canale che dal mare penetra fino nel deserto.

Questo è il vero cuore della città. Visto con la luce del tramonto è incantevole e mi manca il fiato (sarà per l’afa? :)).

La luce arancione illumina centinaia di barche lignee malandate, cariche di ogni mercanzia che sembrano non avere età. L’acqua luccica e riflette le facciate ocra delle antiche dimore, le cupole della moschea, i minareti e le palme. Nonostante il recente restauro del quartiere di Bastakya, ordinato e pulito, tutto attorno regna ancora il caos tipico di una città araba: l’acqua è agitata dalle imbarcazioni, i negozi sono affollati da ogni mercanzia, Abra (traghettini locali), cariche di gente, quasi si scontrano nel tentativo di attraversare il canale, nelle botteghe in cui si frigge ogni cosa e aleggia l’odore del kebab, gli uomini lavorano e sudano non sembrando tutti Big-gym in tunica inamidata, Ferrari e khajal … Insomma sembra di stare in un altro Paese. Si tratta di una zona davvero piccola, schiacciata tra la nuova Deira e Bur Dubai, ma affascinante.

Accettiamo con piacere la proposta di un giro privato in Abra lungo il creek della durata di circa un ora. Muovendosi l’imbarcazione crea un piacevole filo di vento. Lasciamo che il panorama scorra davanti ai nostri occhi e ne approfittiamo per respirare.

Si è fatta l’ora di cena e molte imbarcazioni illuminate da fasci di lampadine offrono “dining cruise” con navigazione sul creek. Pensiamo possa essere carino e romantico, ma cambiamo immediatamente idea quando ci rendiamo conto che: non c’è cucina a bordo, quindi tutti i cibi sono precotti e riscaldati; non avremo pace perché il grosso degli avventori è costituito da gruppi di 40/50 persone che, giusto ora, stanno scendendo da decine i pullman gran turismo. Ringraziamo, ma decliniamo la proposta.

Risaliamo su un taxi e attraversiamo tutta la città per raggiungere il Dubai Marina Walk, lunga via pedonale (a Dubai una rarità) in un quartiere dallo scintillante skyline futuristico che si innalza imponente attorno ad un porto turistico artificiale zeppo di imbarcazioni da sogno. Qui si trovano alcuni tra i migliori negozi, ristoranti, locali all’aperto tra cui diversi Shisha bar in cui si possono vedere i ricchi emirati attorniati dalle loro massimo tre mogli coperte interamente da abbaya neri.

Ma se già si schiatta dal caldo, ed in più sono coperti da capo a piedi, come fanno a stare all’esterno? Semplice! A Milano d’inverno si sta in piazza Duomo a bere un cappuccino riscaldati dal tepore dei “funghi”? Qui si sorseggia un succo analcolico (alcolici ammessi solo in luoghi chiusi o privati) rinfrescati dal “pinguino portatile da tavolo”, un mega-condizionatore orientabile e portatile da 12000 Btu. Pazzesco!

Ceniamo al Reem Al Bawadi frequentato molto da famiglie e gruppi di amici emirati. Si tratta di un ottimo ristorante che offre specialità di tutto il Medio Oriente, dal Libano all’Iraq. I camerieri sono però un po’ insistenti: non sono serviti alcolici (mi va benissimo dell’acqua minerale) per cui continuano a propormi succhi dagli improbabili colori flou e fatti con composti chimici! Ma per favore! Sono peggio dell’inca cola peruviana, sono velenosi!

Usciti facciamo due passi e raggiungiamo l’Hotel Marriot. Avevo letto della bella vista che si ha dal bar “Observatory” al 52° piano, così convinco Sergio a portarmici.

Mio marito deve aver qualche trauma infantile che non mi vuole rivelare….. Ieri sera sosteneva che al 360° avremmo speso una fortuna, stasera pensa che ci cacceranno dal locale. “Ma che c’é? Che problema hai ?“ gli dico “Ti senti come il Brutto Anatroccolo? Ti vergogni?” A volte non lo capisco. E mi fa entrare camminandomi 3 passi indietro, come ad aspettare che qualche receptionist mi mandi via in malo modo tipo commessa che in Rodeo drive ha cacciato Pretty Woman. Cribbio, è un bar! Noi siamo clienti perciò sono ben contenti di farci entrare. Mah !!!!

Effettivamente si domina tutta la Marina e si vede benissimo la “Palma” fino allo scintillante Atlantis.

Come previsto rientriamo che è tardissimo, quasi le 2.00 del mattino.

DOMENICA 1 SETTEMBRE 2013

Noooooo!

L’ultimo giorno!

Che tristezza.

Non vogliamo perdere neanche un istante di Viaggio, quindi ci alziamo alle 6.00 e ci facciamo portare in spiaggia a Umm Suqueim per una bella nuotata mattutina: mare piatto e cristallino.

Ci attardiamo un po’ più del previsto ma , anche se tutti i taxi sono affollati a causa della ripresa della scuola, io riesco a fermarne uno direttamente dall’acqua alla strada che dista quasi 400 metri (Eheheh! Il capello biondo ha sempre il suo perché …..). Mentre camminiamo per raggiungere l’auto ci asciughiamo un po’ e ci togliamo, per quanto possibile, la sabbia dai piedi.

Così come siamo, coi capelli ribelli ed in crosta di sale, attraversiamo di corsa il mall lasciando dietro di noi granelli di sabbia come le briciole di pollinico (vabbè, già che ci siamo facciamo pure colazione) e ci fiondiamo in stanza dove buttiamo letteralmente i nostri effetti in valigia per catapultarci all’aeroporto. Siamo in ritardo ed il traffico è completamente in tilt. Bloccato. Adeguata anticipazione del nostro rientro milanese di domani. Azz….

Per fortuna il tassata intuisce il problema e, passando per una stradina secondaria, raggiunge una fermata del Metro e ci suggerisce di usare il più veloce mezzo pubblico.

Nella fretta sbagliamo anche a prendere la metro e ci infiliamo per errore nella carrozza riservata a donne e bambini.

La numeose donne avvolte nelle abbaya nere ci fulminano con lo sguardo. essendo l’unica parte del corpo visibile è moooolto esplicita.

Così ci tocca scendere e trasportare di corsa i nostri zainoni all’altra carrozza. Puf, puf…. che faticaccia quest’ultimo giorno …..

Crolliamo sui sedili della metro gettando uno sguardo alla città che continua a mutare giorno dopo giorno. Domani ci saranno case, strade, giardini che oggi non ci sono. Nel 2020 ci sarà l’Expo, la città sarà ancora diversa. Motivo per ritornare (magari in un mese più adatto tipo ottobre!) per visitare il deserto e altre cose che non abbiamo fatto in tempo ad apprezzare.

Emirates è praticamente padrona dell’aeroporto. Per fare il check-in abbiamo a disposizione tutto il terminal 3! Ed è velocissimo.

Dato che questo viaggio non è costato niente (!!!) abbiamo modo di spendere gli ultimi dirham in profumi e balocchi al Duty Free e concederci un ottimo pranzo da Carluccio’s, ottimo per essere un ristorante in aeroporto!

Alle 15.00 ci imbarchiamo sul nostro volo. Ho la faccia scura, da vera imbruttita, sono stronza e scostante con gli altri passeggeri. E’ sempre così quando si torna a casa.

Il volo fa anche ritardo perché, a causa della purtroppo critica situazione in Syria, non possiamo sorvolarne lo spazio aereo e facciamo un giro più largo.

Per fortuna in aeroporto mi aspettano i mie genitori: l’unico motivo per cui ha significato tornare.

Alla prossima avventura!

CONSIGLI e VALUTAZIONI CON IL “SENNO DI POI” + NOTE DI VIAGGIO

Onestà, trasparenza, regolarità, rispetto e poche formalità

Nel nostro viaggio in Australia abbiamo molto apprezzato queste qualità nella gente e in tutto il “sistema”.

Dio quanto vorremmo che anche nel nostro Paese fosse così!

Ci sono poche regole e semplici! Senza dover leggere centinaia di norme e contronorme.

Ci si fida. Punto. Si pagano i biglietti anche se non c’è nessuno a controllare, non si fanno addebiti “precauzionali” sulla carta di credito …. Quasi non ci sembra vero!

Tutto funziona come dovrebbe. Le anomalie sono tali, non abusi volontari “perchè tanto …..”

Dire ad un australiano “Sei poco corretto” è come insultare sua madre.

Come contenere i costi

Con un viaggio in Australia si fa in fretta a far lievitare il budget ….. Il solo biglietto aereo è già di suo una bella botta. Con qualche accorgimento, però, si può andare oltre il luogo comune, viaggiando bene e contendendo i costi.

1 – Camping: Se nelle località più famose i prezzi degli hotel sono inavvicinabili, le piazzole in campeggi attrezzatissime sono quasi a prezzo “politico”. Ad Ayers Rock l’hotel più sgrauso lo avremmo pagato 300 dollari a notte, il campeggio 36!!! Inoltre tutti i campeggi sono pulitissimi e ordinati, hanno acqua calda illimitata, cucina con frigo, fornelli e BBQ gratuiti a disposizione, assistenza. Un affare!

2 – BBQ: mangiate bene e sano. Bitecca BBQ al ristorante “Pioneer” di Ayers Rock 35 AUD a persona ….. Stessa cosa cucinata da voi 15 AUD a persona …..

3 – Camminare a Sydney: tutto sommato si può arrivare da Central, al Circle Quay, all’altro lato dell’Harbour Bridge e anche al Fish Market a piedi. Ci si gode la città e si scoprono “tagli” che avvicinano ciò che sulla cartina sembra lontanissimo….. Se si considera il prezzo di ogni corsa pari a 3,8 AUD e il costo del biglietto giornaliero di circa 22 AUD a testa ….. Ci si mantiene anche i forma!

4 – Porzioni: come in molti nostri viaggi anche in Australia abbiamo adottato spesso il metodo “una porzione in 2”. Vale per i cappuccini e i muffin (generalmente enormi), le porzioni di fish & Chips, ecc ….

5 – Il N.T. è la zona dell’Australia più selvaggia ed entusiasmante ….. Peccato che i prezzi siamo il doppio che nel resto del Paese.

6. Cena vista Uluru? Sound of the Silence vi spenna almeno 100 euro a testa, e poi non è per nulla esclusivo …. Alba e tramonto? Fredda la prima, affollatissimo il secondo.

Suggerimento: l’area di osservazione dell’Uluru verso le 9.30 10.00 del mattino è pressoché deserta. Ci sono un sacco di panchette in legno da usare come tavolini e la vista sull’Uluru è sublime. Oltretutto a quell’ora non fa caldo (in agosto ci sono circa 15/20 gradi) e un venticello mattutino piacevole scaccia le mosche. Qundi???? Anzichè una cena romantica si può organizzare fai-da-te (e ci vuole davvero poco) una colazione con vista. Esclusiva e gratis (a parte pochi $ di spesa al super)!

Pasti, BBQ &. Co

1 – BBQ Come indicato in molte guide mangiare nei ristoranti in Australia è costoso e soprattutto di qualità scarsa.

Se si escludono ristoranti di cucine internazionali e gli onnipresenti fish & chips non esiste nulla di veramente australiano….. E per forza! Il mondo alimentare down-under ruota attorno al BBQ! Troverete a disposizione griglie gratuite (nei motel, nei campeggi, sul lungomare, nei parchi …..) e supermercati che vendono succulente bistecche (porterhouse e cangaroo fillet le nostre preferite) per cucinare da Voi le pietanze.

Accorgimento importante per chi come me e Sergio è figlio della carbonella: i BBQ sono esclusivamente a gas! (Puliti , veloci e comodi!!!!) Quindi non chiedete il “cook” o il “wood” perchè vi prenderanno per matti.

2 – Per quanto riguarda gli orari gli Australiani cenano prestissimo. L’ora è la cosiddetta ora delle galline. Se per voi cenare alle 19.00 come facevano i vostri nonni è assurdo, sappiate che gli Aussi cenano dalle 18.00 – 18.30 !!. Dopo le 21.00 non c’è in giro più un’anima!

3 – Nutella vs. Vegemite! La preziosa crema alla nocciola del noto marchio italiano è diffusissima (anche se prodotta in Nuova Zelanda) per fortuna. Sugli scaffali del market si trova anche una crema da spalmare tipica australiana: la Vegemite! Onnipresente nelle colazioni Made in Oz. E’ terrificante!!!!!! Avrà di sicuro un quarto delle calorie, ma sa di dado. E pensare che ne ho anche acquistato un vasetto per assaggiarla. Orrore!!!

4 – Fish&Chips. E’ stato per molte volte il nostro pasto a mezzogiorno. Abbondante, buono, gustoso e a buon mercato.

5 – Birre & co. Vendute solo nei bar con licenza o nei bottle shop. Mai nei supermercati. Che senso abbia io onestamente non lo capisco.

Parcheggi

Nelle città è meglio sapere che nel 90% dei casi i parcheggi sono a pagamento. Purtroppo però la segnaletica è completamente diversa dalla nostra e per capirla ci vuole un po’.

1 – il cartello che indica P non indica esclusivamente parcheggio, ma dipende dal colore e da quello che c’è scritto sotto.

P verde con numeri tipo 1, oppure 1/2, oppure 1/4 o 2 è l’equivalente del nostro disco orario (un’ora, mezz’ora, un quarto d’ora o 2 ore …)

P verde con tariffe e orari è l’equivalente del nostro parcheggio a pagamento. Bisogna trovare un parchimetro e inserire le monetine fino a che l’ora che appare sul diplay non è quella di fine periodo di sosta che vi soddisfa.

Se oltre ad una certa ora il parcheggio diventa gratuito la macchinetta incomincia a restituire i soldi oltre soglia.

Le tariffe sono davvero eterogenee. A Melbourne nel giro di un chilometro si passava dai 14 AUD all’ora in un autosilo ai 2 dollari l’ora del parcheggio dei canottieri ….

P rosso si parcheggia con limitazioni. Occhio a situazioni del tipo “divieto totale dalle 8.00 alle 18.00 poi libero. Sostanzialmente si stratta di strade a 2/3 corsie di marcia durante il giorno. La sera e la notte le corsie laterali si trasformano in parcheggi, ma se vi scordate la macchina al mattino scatta la rimozione forzata. Stessa cosa accade per corsie che in certi giorni/orari sono piste ciclabili ed in altri vengono adibite alla circolazione.

S barrato: divieto di sosta

C …. non abbiamo capito bene, ma essendo rosso abbiamo inteso “lasciar perdere”!

Osservazione del tramonto ad Ayers Rock

A nostro giudizio è assolutamente da evitare il parcheggio identificato come “punto di osservazione del tramonto” . Considerarlo sovraffollato è riduttivo! La gente sta accalcata, in fila, allineata. Vietato oltrepassare la linea di fil di ferro…… Insomma: il luogo perde il suo fascino ed il tramonto la sua poesia. Il vociare e gli urti dei cinesi sono terrificanti. Le vostre foto saranno tutte uguali perché muoversi per cercare l’inquadratura e la luce giuste diventa impossibile …. sarete nel campo visivo di qualcun altro e qualcun altro sarà presente nella vostra inquadratura.

Poiché L’Uluru è enorme è certamente possibile fermarsi ad ammirarlo un po’ prima. Senza, oltretutto, violare alcun divieto di sosta (il divieto scatta dopo, nel pezzo di strada appena antecedente il parcheggio).

Noi abbiamo trovato uno slargo spettacolare dove poterci fermare ad osservare l’Uluru in tutta la sua bellezza (e senza rompiscatole!). Poco dopo l’ingresso del parco, superata di poco la deviazione per le Olgas (a destra), si trova una piazzolina sulla sinistra. Ci si può spingere a piedi per qualche decina di metri nel bush. Di fronte non avete che natura.

Canguri e Koala

Sono marsupiali notturni. Sulle strade si rischia di investirne qualcuno di notte, quando il buio è pesto e loro se ne vanno in giro. Consiglio, di cuore, di evitare il più possibile di guidare col buio fuori dai centri abitati. Lungo i lati delle carreggiate è davvero una strage di canguri morti.

Animali pericolosi

Cubomeduse, serpenti, coccodrilli, insetti mortali …… Dio, com’è pericoloso questo Paese!

Ed è tutto vero. Soprattutto per i coccodrilli, ce n’è un’infinità. Bisogna essere molto prudenti.

Questione aborigena

Per quanto L’Australia stia cercando di recuperare gli errori fatti nel passato e stia tentando di integrare le comunità aborigene, riconoscendo e rivalutando il valore della loro cultura, il cammino è ancora molto lungo. La realtà mostra gruppi ghettizzati, emarginati, lontani dalla società attiva. Più che una condivisione reale si tratta di un riconoscimento “di facciata” .

L’ alcolismo tra i nativi è una vera e propria piaga. Nel N.T. l’amministrazione ha cercato di porre un freno introducendo una sorta di sistema proibizionistico. Oltre al divieto di consumo in luoghi pubblici, per l’acquisto di alcolici nei Bottle Shop o nei bar occorre una sorta di “permesso” . Ma il provvedimento non ha risolto granché …..

L’Ute

(abbreviazione di Utility Vehicle) è al 100% australiano e prodotto dalla Holden (la locale Opel, Gruppo GM) perciò i nazionalistissimi australiani ne vanno davvero fieri. Sostanzialmente l’ute è una berlina dal frontale accattivante e dai colori alla Fast & Furious alla quale hanno sostituito il posteriore con un cassonato (non avendo ancora girato l’episodio n. 7 non escludo che possa essere ambientato qui con questi aggeggi come protagomisti). Si tratta di una macchina inguardabile per chi è abituato al lusso ed allo stile, oltretutto sembra nana perchè ha ruote piccolissime e con muso sfiora terra ….. Eppure qui ne vanno fieri. Mha!

Che lavoro fai?

In Australia ci capita un sacco di volte di vedere la stessa persone che svolge più ruoli.

Sui traghetti chi guida è anche il bigliettaio……. Al rettilario una sola persona fa tutto: ciba gli animali, fa i biglietti, fa da cicerone. In campeggio la titolare fa anche la giardiniera….

Il pilota dell’Idrovolante ci prepara anche il pranzo e ha guidato la barca!

Certo che ottimizzano davvero le risorse!

Autostrade

Solo nelle grandi città sono simili alle nostre autostrade e tangenziali. Nel resto dell’Australia le Highway sono strade ad una sola corsia per senso di marcia. Nel N.T. non si da molto peso a questo fatto, le strade sono talmente deserte e dritte che una sola corsia basta e avanza per procedere spediti a più di 100 Km orari.

Nel Queensland, invece, la highway è una vera tortura: è come una nostra provinciale, trafficata, lungo la quale è necessario sorpassare ogni 5 minuti, attraversare centri abitati, evitare animali, fare la coda in presenza di cantieri e lavori (tipo Salerno-Reggio Calabria), stare attenti ai limiti di velocità, non farsi beccare da polizia e laser. Insomma, un incubo!

All inclusive? Scordatelo!

Gli australiani brillano per la chiarezza e la trasparenza, quindi esplicitano ogni singola voce di costo.

Occorre però sapere che i servizi accessori non sono mai compresi nel prezzo.

Il Wi-fi in camera? Certo che c’è, ma costa.

La maionese per il panino? Sono 20 centesimi da pagare a parte.

Il phon in camera? 5 euro di noleggio

Tutto così ……

Insomma, bisogna abituarsi.

Già tanto che non mi chiedono il supplemento carta igienica!

Hill Inlet e Whiteheaven Beach

Noi alla fine abbiamo optato per raggiungerli con tour organizzato (barca + idrovolante) per mancanza di tempo.

Avendo a diposizione un giorno in più il nostro suggerimento è di evitare la gita di un giorno in barca (quella che porta al lookout Hill Inlet e poi alla spiaggia Whitehaven) e fare così:

– trasferimento alla spiaggia di Whiteheaven con barca per campeggiatori (Scamper)

Www.whitsundaycamping.com.au A/R 155 AUD a persona acqua compresa.

– restare sull’isola quante notti volete come dei novelli Robinson Crusoe

Il permesso va acquistato sul sito

Http://www.nprsr.qld.gov.au/parks/whitsunday-islands/

– fare una camminata lungo tutta la spiaggia (purtroppo il sito per il campeggio è opposto all’Hill Inlet e sono 6 chilometri a piedi a tratta!!!!) e poi salire sul lookout dall’altra parte della baia rispetto a quello dove van tutti

– godersi il sole, il mare e la spiaggia praticamente deserte.

Perchè non lo abbiamo fatto??? Perchè stupidamente non anbbiamo considerato che percorrere 6+6 = totali 12 chilometri su una spiaggia ci richiedeva ben più di un’ora di tempo!!!!! Ho considerato che Hill Inlet era vicino alla spiaggia di Whitehaven, ma non immaginavo che le barche mi lasciassero esattamente dal capo opposto!!!

Aeroporti australiani

Sono ben organizzati, connessione wi-fi ovunque, sui voli interni controlli minimi e molto easy (non vi controllano nemmeno il documento di identità).

Hanno però una grande pecca: chiudono di notte! Sbarrano tutto e buttano fuori la gente!

L’aeroporto di Sydney, ad esempio, chiude dopo l’ultimo volo atterrato alle 22.30 e riapre (in parte) alle 4.00 del mattino successivo per il primo volo delle ore 6.00.

Noi, avendo proprio il volo alle 6.00 del mattino, avevamo dato per scontato di trascorrere la serata in giro per Sydney fino a tardi e poi andare direttamente in aeroporto.

Avremmo così risparmiato una notte in hotel (molto cara) e ottimizzato il biglietto del trasporto pubblico …… E invece!

Per fortuna siamo stati avvisati della chiusura dell’aeroporto il giorno prima (per caso), almeno evitiamo di trovarci all’ultimo momento all’aeroporto ed essere sbattuti fuori.

Ci tocca quindi pagare una notte in più in hotel

Più giorni a Sydney!

Abbiamo pianificato di restare a Sydney solo 2 giorni, pensando (erroneamente) di trovare l’inverno …… E invece no!

Durante il giorno la temperatura arriva ad essere di circa 25° gradi, fa caldo e si può stare in canotta.

Questo significa che avremmo potuto apprezzare anche Bondi Beach e Manly ……

Vabbè, come al solito ci serve un motivo per ritornare: io voglio nuotare nella piscina Iceberg a Bondi Beach o nella piscina olimpionica all’aperto sotto all’harbour Bridge. Fighissime entrambe!!!!!

Http://www.northsydney.nsw.gov.au

Http://icebergs.com.au

Altro modo piacevole per scoprire la città: di corsa. L’Harbour bridge, the Quay, i Royal Botanic Gardens, darling Harbour sono luoghi ideali per una bella corsetta che permette di guardarsi intorno in modo diverso.

Dubai e i centri commerciali

A Dubai i centri commerciali sono come i Casinò di Las Vegas: un simbolo, un richiamo, ma soprattutto ……. dei labirinti! Si è sempre invitati ad entrare, ma non vi è modo agevole per uscire ….

I quartieri sono costruiti in funzione del centro commerciale, direttamente collegato, con tunnel e passerelle, alla metropolitana.

Piani su piani, negozi, piazze, ristoranti, piste da sci, acquari giganti, …… Ma l’uscita?????

Come nel Nevada lo sono i templi del gioco, qui i Centri Commerciali sono cattedrali nel deserto (nel vero senso del termine) erette al Dio consumismo. Roccaforti condizionate, dalla temperatura artica, che prevedono ogni sorta di servizio ed attenzione per il visitatore: dal personal shopper al massaggio thai, dalle boutique di lusso alla ristorazione di ogni Paese del Mondo, …… Tutto, proprio tutto, tranne l’uscita!

Alcuni di essi sono vere e proprie città con Centri Commerciali a tema all’interno di un più grande complesso. Tipo Matrioska. Per orientarsi ci vorrebbe il GPS!

Per dare un parametro di riferimento: moltiplicare circa 10 volte l’estensione dell’Orio Center ed annettere, come parti dello stesso, un paio di Outlet. Ci sono interi isolati di soli ristoranti e fast food.

I principali Mall hanno anche 1 o 2 alberghi al loro interno per gli Shopping addicted ai quali un solo giorno di acquisti sfrenati non dovesse bastare. E non si tratta della “Pensione Mariuccia”, parliamo di Sheraton, Armani Hotel, ecc ….

Una considerazione particolare va fatta circa l’abbigliamento da indossare nei Mall e in giro per Dubai.

La cultura locale (ed anche appositi cartelli affissi all’ingresso dei Centri) vieterebbero gonne corte, spalle, ginocchia e ombelichi scoperti e uso di canotte mignon.

Per quanto un abbigliamento un po’ meno “scollacciato” sia, a mio parere, doveroso, la verità e che nessuno, ormai, fa più caso a voi. Le ragazze/donne russe spadroneggiano in ogni angolo della città in shorts e top e pantaloni attillati …..

I negozi sono invasi da miniabiti ed intimo degno di 50 sfumature, quindi, non vestitevi come la Monaca di Monza!

Oltretutto il 50% della popolazione è immigrata. Molte le indiane (i cui sari mostrano schiena e ombelico) e le cinesi, che, ormai, fanno a gara con le russe per chi si veste meno.

Altro cartello che mi ha fatto sorridere, e un po’ anche sentire in colpa, riguarda il divieto a uomo e donna di tenersi per mano. L’immagine di due bamboline maschio e femmina che si tengono con la manina è chiaramente cerchiata e barrata di rosso. Giuro che io non l’ho fatto per trasgredire ad alcuna norma, solo che ….. Non lo sapevo! Ho trascorso praticamente tutto il tempo abbracciata a mio marito. Più che altro per farmi riparare un po’ dal freddo polare! per fortuna nessuno mi ha detto nulla ….

Dubai,attrazioni e costi

A Dubai potete trovare tutto.

Il costo della vita non è per nulla caro.

Hotel, ristoranti, mezzi pubblici, taxi, spiagge ecc… pari categoria di Milano/Italia sono molto più accessibili.

Lo stesso lusso sfrenato costa, in proporzione, un po’ meno.

Quello che ha prezzi esagerati è tutto cià che è classificato “attrazione”.

Ci ha impressionato come una foto ricordo tipo “Mission Impossible” scattata sul Burj Khalifa potesse costare l’equivalente di 50 Euro, nuotare con i delfini costa circa 400 e passa euro, lo Sky Dubai circa 50 euro, ecc ….

Serata a Dubai?

In molti mi hanno consigliato l’aperitivo alla “Vela”, ma non mi andava di spendere 60 euro per un aperitivo in un american bar giusto per dire “ci sono stata”. Sì certo, avrei potuto vedere l’interno di questo fantomatico hotel 7 stelle, ma a che pro????

Molto meglio queste location:

-360°: prenotare un tavolo è oltre la nostra portata (mi hanno chiesto 2.000 dollari!!!!), ma è un locale adatto per un aperitivo al bancone (8 euro). C’è selezione all’ingresso e serve abbigliamento informale ma curato. Documento di identità obbligatorio. Il locale è su un isolotto collegato da una sottile lingua di terra. Si tratta di una sorta di “rotonda sul mare” da cui si vedono divinamente la città, Dubai marina, e la vela illuminate.

Per arrivare si attraversa il complesso dello Jumierah Beach Hotel trasportati (gratis) con un Golf Car.

– Observatory bar Panoramico Marriot Hotel, Dubai marina: Se vi chiedete da dove vedere la palma dall’alto, questo è il posto! Situato al 52° piano è aperto tutto il giorno dalla colazione al dopocena. Prezzi normalissimi. Ovviamente non presentatevi in ciabatte perché verrete cacciati. Noi ci siamo andati per un drink serale, carino.

Dietro lo sfarzo di Dubai …..

Dubai non è una città tutta a 24 carati.

Anch’essa ha alcuni aspetti che cerca di tenere nascosti.

In primis nel 2009 l’Emirato ha rischiato la banca rotta, trascinato verso il baratro dalla bolla speculativa edilizia. Si stima che tra i nostri connazionali che hanno investito a Dubai 6 su 10 abbiano perso il proprio capitale anticipato per acquisti immobiliari in cantieri fermi o, peggio, mai avviati.

I progetti, le strade, i quartieri, i giardini che, invece, sono stati terminati e, quotidianamente, sono mantenuti lucidi, splendenti e protetti dal deserto (che pare voler inghiottire ogni cosa) debbono invece il loro successo al duro lavoro di migliaia di indiani e pachistani. Questi vivono in quartieri dormitorio, lontano dalla Città dei Balocchi, in condizioni non proprio tali da rappresentare un vanto per l’Emirato. Considerati come manodopera a basso costo lavorano 24h su 7 days in turni da 8 ore in piena notte o sotto al sole cocente, nelle fondamenta o in cima ai grattacieli e sono, anche se nascosti, la vera forza di Dubai.

Stesso discorso vale per i tassisti anch’essi, in prevalenza, tutti immigrati dal subcontinente. Inutile stupirsi se non conoscono un luogo di ritrovo famoso (locale, ristorante, mall) o un indirizzo. Probabilmente hanno da poco imparato quel minimo sindacale di inglese necessario ad esercitare la professione, ma si sentono più stranieri di noi in un Paese in continua evoluzione. Saranno proprio loro, a volte, a prendere strade lontane dallo scintillio della Dubai voluta dall’Emiro e a farvi vedere quei quartieri abitati da migliaia di lavoratori che sembrano non esistere.

Altra lavoratrice che svolge il suo ruolo in condizioni disumane: al Reem Al Bawadi una donna fa la guardiana alla toilette delle signore in uno stanzino cieco, dove manca l’aria. Presupponendo che stia lì tutta la serata (ogni volta che una cliente lava le mani porge il sapone) penso che sia intollerabile!



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