Basilicata, scrigno di segreti

Una regione in cui stai bene e hai dei posti meravigliosi in cui perderti, siti in cui ti senti quasi in intimità con quello che ti circonda
Scritto da: hellblazer1976
basilicata, scrigno di segreti
Partenza il: 21/07/2018
Ritorno il: 05/08/2018
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Regione poco conosciuta e, come si dice, che sembra non esistere. Uno dei segreti meglio custoditi d’Italia, secondo il New York Times. La Basilicata. Una regione che da anni avevo in testa di visitare e che quest’anno finalmente siamo riusciti a conoscere. Il periodo non è forse dei migliori, trattandosi di fine luglio, ma quest’anno era l’unica possibilità che Dani e io avessimo per poter partire.

Indice dei contenuti

È stata una vera scoperta. Di solito pensi alla Basilicata e la identifichi con Matera, capitale europea della cultura nel 2019. E invece abbiamo scoperto una regione splendida, varia, verdissima, ricca di paesaggi e di cultura. Di questo dobbiamo ringraziare una persona in cui mi son imbattuto per caso, navigando su internet, e che ci è stata di grande aiuto: Antonio, uno dei tre fondatori del sito www.basilicatadavedere.com/it e che di cuore consiglio a chiunque stia pensando di andare a scoprire questo pezzo di terra dove per alcune cose il tempo sembra essersi fermato. Antonio con pazienza, in questi mesi, ci ha consigliato le mete e fornito i punti d’appoggio dai quali muoverci, ed in effetti senza di lui non saremmo stati in grado di vivere davvero e capire le pieghe di questa terra.

Le differenze culturali tra le due regioni ci sono, è chiaro, ma a me che sono friulano la vita della Basilicata ha ricordato quella dei miei contadini, fatta di miseria e di lotta contro il destino. Con la fondamentale differenza (friulani all’ascolto, non abbiatene male) che in Basilicata la gente ti dona il cuore, ti accoglie con un calore e un’ospitalità quasi sospettosa, per chi come il sottoscritto si è abituato a pensare che se una persona è troppo gentile, potrebbe voler qualcosa da te. Chiusa parentesi introduttiva.

Partenza il 21 luglio, con destinazione Bari: su consiglio di Antonio destiniamo la prima notte a Matera, che dista circa 45 minuti di auto dall’aeroporto. Dormiamo presso PiazzaMulino 26, trovato tramite convenzione aziendale, scelta ottimale perché attaccato al centro, per la gentilezza della proprietaria (Diana) e per la comodità delle stanze. Una volta arrivati lì, tempo di disfare le valigie ed usciamo a scoprire gli aspetti serali di Matera, grazie alle indicazioni di Diana.

Dalla centrale piazza Vittorio Veneto lo sguardo spazia sul Sasso Barisano. Non è facile descriverlo, e le foto che si possono trovare su internet non rendono giustizia. I due Sassi sono due gioielli, due presepi incantati che di sera si riempiono di luci e di giorno presentano una distesa continua di piccole terrazze, di cortili minuscoli e curatissimi, di mura bianche sotto il peso delle ombre che si allungano. Una passeggiata quasi a caso ci porta ad arrivare al Monastero di Sant’Agostino, che se visto da fuori non sembra niente di straordinario, in realtà al suo interno ingloba letteralmente una chiesetta rupestre meravigliosa, piccola e ben tenuta, per entrare nella quale bisogna fare qualche metro di un passaggio stretto stretto.

Un altro spettacolo meraviglioso ce lo regala la chiesa di San Giovanni Battista, con un arco esterno finemente lavorato, ed è nell’omonima piazza che ci regaliamo una cena con affettati e birre tipiche presso la Nocelleria, un posto gestito da due ragazzi simpatici e disponibili. Serata allietata da un concerto improvvisato da un piccolo gruppo folkloristico e poi nanna.

22 luglio

Mattina dedicata alla scoperta di Matera. Appuntamento alle 10 in piazza dove conosciamo Nicola, la guida molto competente procurataci da Antonio, che in tre ore di appassionante giro (per quanto sotto un sole implacabile) condivide con noi il suo amore e a sua profonda conoscenza di questa città incredibile. Scopriamo così che i sassi in origine erano delle stalle, o comunque dei depositi, abitati solo dopo la seconda guerra mondiale quando la miseria vi ha ricacciato dentro i contadini. Costruzioni incredibili, studiate in modo tale che resistessero nel tempo, senza franare gli uni sugli altri: guardando il Sasso dall’alto, ci rendiamo conto di quanto materiale sia stato estratto dalla gravina, che deve essere ridotta ad un groviera. Eppure i sassi sono ancora lì, dopo 200 anni resistono ancora, costruiti da persone che non sapevano cosa fosse l’ingegneria ma che hanno calcolato alla perfezione il materiale da poter utilizzare (le tragedie di questi giorni imporrebbero una doverosa riflessione). Incredibile pure il sistema di canalizzazione studiato da persone che senza una laurea sono riuscite ad avere acqua in abbondanza in una regione comunque secca e povera di piogge: motivo per il quale Matera è diventata sito protetto dal Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Antonio ci spiega tutto questo portandoci in giro per il Sasso Caveoso, facendoci visitare i principali siti e concludendo il giro sulla gravina, di fronte alla città, per farci ammirare il bellissimo panorama e una delle chiese rupestri che costellano la zona (molte sono costruite in stile bizantineggiante, l’influenza di Costantinopoli si era fatta sentire fortemente, nella zona, prima che arrivassero i Turchi).

Il pomeriggio invece lo dedichiamo a visitare il Sasso Barisano, perdendoci nelle sue viuzze, arrivando fino alla bellissima chiesa rupestre di S. Nicola dei Greci, affacciata sulla vallata circostante. Dopo di che, prendiamo la macchina e iniziamo la strada verso Potenza, fermandoci prima a visitare la Cripta del Peccato Originale (la biglietteria, purtroppo, è in un’azienda vinicola. Ci siamo sentiti quasi in obbligo di dover assaggiare il buon vino che producono…). Sulla Cripta non dirò nulla. Non si può descrivere, va vista. Era la chiesa di un complesso monastico che si estendeva in una piccola valle, affrescata secondo temi biblici (la Biblia Pauperum) e che svolgeva anche una funzione di vita comune. La presentazione che ci viene fatta dalla guida locale, prima al buio (con in sottofondo dei canti gregoriani), guardando i singoli particolari, poi accendendo le luci per vedere la sua interezza, lascia davvero stupefatti ed è di grande effetto scenico.

23 luglio

Siamo a Potenza. Confesso che se Antonio non avesse insistito per farcela usare come base per gli spostamenti nel nord della Basilicata, non l’avremmo neanche considerata. Potenza, nella sua parte più centrale, è una piacevole cittadina con un bel corso centrale chiuso al traffico, con monumenti storici e, soprattutto, pulitissima. Non si trova un mozzicone di sigaretta neanche per sbaglio (esattamente come succede nella mia civilissima Milano….). E soprattutto, a differenza di Matera, il paesaggio non è quello delle murge desertiche, ma è verdissimo. Boschi, colline, corsi d’acqua… penso di poter dire che Matera, culturalmente e geograficamente, si stacca dal resto della regione, è una propaggine della Puglia in territorio lucano. L’impressione aumenta poi spostandoci, in mattinata, nella zona delle cosiddette Dolomiti Lucane. Qua i paesini di Pietrapertosa e Castelmezzano di aggrappano alle rocce come dei presepi di roccia, nascondendo tesori storici da gustare lentamente.

Castelmezzano presenta anche le tracce di un antico castello turco, costruito letteralmente nelle rupi (si vedono ancora gli scalini intagliati nella pietra che permettevano di scalare un pinnacolo, diventato così una torre di guardia). Pietrapertosa, invece, si rivela essere un paese costruito sullo schema dei castra latini, con diverse chiese e il bellissimo Convento di San Francesco, splendidamente affrescato. Peccato per la pioggia che al pomeriggio rovina la visita e ci costringe a una fuga anticipata.

24 luglio

Giornata dedicata a Melfi. Ci affidiamo a Lina, guida locale consigliataci dal sempre presente Antonio, che da brava insegnante d’arte di fa scoprire la storia di questa città dal passato glorioso ed antico, che senza la sua spiegazione ci sarebbe sembrato una cittadina piuttosto anonima. Purtroppo infatti molti monumenti sono andati persi nei secoli a causa dei terremoti, e dove non ci ha pensato la natura, ci ha pensato l’uomo, andando a cambiare radicalmente gli stili delle chiese. Questioni di gusto, sia chiaro: ma a me che piace il romanico e che trova pesante il barocco, l’interno del duomo di Melfi mi delude un po’ rispetto al suo maestoso esterno (e questa cosa sarà una costante delle chiese che vedrò anche in Puglia).

Molto interessante il museo, ambientato direttamente negli interni del castello federiciano, e semplicemente imperdibile è la chiesa rupestre di Santa Margherita, situata fuori dal centro, vicino al cimitero, esempio di ambiente sacro nel quale si svolgeva anche la vita di refettorio dei monaci. In una parete laterale c’è un bell’affresco nel quale viene probabilmente ritratto Federico II, il grande mecenate e mente illuminata dell’epoca.

Al pomeriggio, dopo una breve esitazione (puntare su Venosa o approfittare per vedere i laghi di Monticchio?) decidiamo di andare ai laghi. La strada per circa un’oretta si snoda su panorami bellissimi, boschi di castagni, pendii dolci e meli selvatici carichi di frutta. Procediamo lentamente, con i finestrini aperti, godendoci la bellezza e la tranquillità del posto. Quando scolliniamo, intravvediamo i due laghi ai nostri piedi, in mezzo agli alberi.

I due specchi d’acqua sono di origine vulcanica, nati dall’esplosione dell’antico cratere, quando la lava si è andata a mescolare con le acque sotterranee che hanno scavato il tufo fino ad entrare a contatto con il magma. L’attività vulcanica si manifesta ancora adesso con la presenza di sorgenti di acqua naturalmente gasata, di cui ci hanno parlato, e con la presenza in aria di anidride carbonica, che tende a stazionare verso l’alto e a concentrare il calore sotto. Il risultato di questo fenomeno è che sul versante esterno dell’antico vulcano la vegetazione si presenta nell’ordine consueto (le pianta da alta quota crescono in alta quota), mentre sul versante interno succede esattamente l’opposto, le piante d’alta quota crescono sulle rive del lago, dove la temperatura è inferiore rispetto a quella presente in vetta. (fenomeno che abbiamo molto apprezzato, visto il sole di fine luglio…). In alto, l’abbazia di San Michele, sede di pellegrinaggi e di una cappella rupestre molto bella. Un paesaggio di pace e di tranquillità, zona poco turistica e dove ci possiamo bere una birra in santa pace e come detto al fresco. Per poi riprendere la strada e fare un’altra tappa consigliata da Michele, una degustazione presso una splendida cantina in Rionero del Volture. Scelta felice, non solo per la qualità del vino che assaggiamo e che davvero è superbo, ma anche per la possibilità di visitare le cantine scavate in tempi antichissimi nel tufo vulcanico della zona e che si stendono sotto quasi tutto il paese. E’ un’esperienza divertente e che nello stesso tempo va fatta. Ed è anche la fortunata occasione di conoscere il proprietario della cantina ed ascoltare la sua più che credibile teoria storica sul fatto che il Fermo e Lucia manzoniano sia originariamente stato pensato in quei posti.

25 luglio

Riprendiamo la strada fatta il giorno prima, destinazione Venosa, città di antichi natali e grande storia. E ancora grazie Antonio per averci consigliato di andare, perché un posto del genere in qualsiasi altra nazione sarebbe meta principale di turisti. Non parlo tanto del castello (federiciano ovviamente) e sede di un museo. E neppure del centro storico che a mio parere se fosse chiuso alle macchine sarebbe un bellissimo salotto a cielo aperto, con le sue strade strette. Ma parlo della zona degli scavi romani (ancora in buona parte sotto terra, mancano i fondi per scavarli) e del complesso della santissima Trinità. Certo, come ho scritto al sindaco, se ci fosse qualche cartello che ne indica la direzione, un turista saprebbe orientarsi, evitando di parcheggiare la macchina, traversare la città, arrivare davanti al castello, consultare la piantina e scoprire che il complesso è a cento metri di distanza rispetto a dove ha parcheggiato…

Per fortuna all’ingresso della zona degli scavi ci consigliano di iniziare la visita dalla chiesa, che poi chiude ad ora pranzo. E davvero se l’avessimo persa sarebbe stato un delitto (abbiamo anche la fortuna di chiedere un’informazione al prete che gentilissimo ci organizza una piccola visita guidata, spiegandoci le cose più belle ed importanti). La chiesa altomedievale, che sorge su una precedente basilica, di cui si vedono i resti, è un complesso imponente, di tipo monastico, studiata per accogliere i pellegrini che arrivavano da lontano con un vasto atrio porticato sul quale campeggia ancora un grande San Cristoforo, (protettore dei pellegrini appunto). Le colonne al lato del portale sono lisce non perché così sono state create, ma per le migliaia di mani che per secoli le hanno carezzate. E poi dentro si spalanca davanti agli occhi una magnificenza di affreschi, santi, simboli, un’acquasantiera che nella sua semplicità scolpisce e riunisce una sintesi della storia della salvezza dell’uomo, la cripta, la struttura paleocristiana… per non parlare della struttura esterna, l’Incompiuta, a corona dell’abside. Nei progetti originari avrebbe dovuto essere una chiesa molto più grande, che racchiudesse quella vecchia, e per iniziare a costruirla è stato utilizzato ampiamente il materiale di recupero della città romana. E poi invece i fondi economici sono finiti, i benedettini se ne sono andati e l’incompiuta è rimasta lì, con le sue navate scoperte, con il sole che si insinua tra gli archi, bella come un’ambientazione degna del Nome della Rosa.

Peccato non aver potuto visitare le catacombe degli ebrei (a Venosa c’era la più importante colonia ebraica del sul Italia) che apre solo in alcuni giorni della settimana e per la quale occorre comunque la prenotazione. Sosta culinaria al panificio Caressa in via Frusci (hanno una focaccia semplicemente spettacolare!) e ripartiamo verso Ripacandida, un paesino dove non sospetteresti mai di trovare un gioiellino come la chiesa di San Donato: una vera e propria Bibbia dei poveri, con affreschi su tutte le pareti e con la volta che sembra una cartolina.

Rimaniamo un po’ delusi da Acerenza, uno dei borghi più belli d’Italia (molto bella la cattedrale, ma come per altre chiese, più bella fuori che dentro, secondo me) e il castello di Lagopesole alla fine si rivela essere chiuso, peccato perché oltre ad essere molto bello, è stato sicuramente la dimora di Manfredi, figlio di Federico II, e poi covo di briganti nell’Ottocento.

E con un’ultima mangiata alla pizzeria napoletana “Noi di Napoli” a Potenza (pizza spettacolarmente buona e proprietaria gentilissima!) si conclude la parte lucana della nostra vacanza.

Segue poi lo spostamento verso la Puglia, le sue spiagge e i suoi paesi bellissimi, Ostuni, Alberobello, Castellana Grotte, Polignano… posti splendidi, imperdibili, ma più noti e celebrati. La Basilicata invece è uno scrigno di bellezze segrete, un angolo d’Italia ingiustamente dimenticato. Una regione in cui stai bene, mangi meglio e hai dei posti meravigliosi in cui perderti, siti in cui ti senti quasi in intimità con quello che ti circonda. Ricca d’arte e di differenze, e dove torneremo sicuramente perché siamo riusciti a sentirci a casa nostra, grazie alle persone che hanno lavorato per aiutarci a conoscerla.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche