Marocco: Marrakech e Fes

Città Imperiali, Atlante, deserto e kasbah del sud
Scritto da: Sergio C.
marocco: marrakech e fes
Partenza il: 22/08/2010
Ritorno il: 29/08/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Questa estate volevamo fare un viaggio diverso dalla solita vacanza estiva al mare, cercavamo qualcosa che ci portasse lontano con la mente dalla vita di tutti i giorni. L’idea di andare in Marocco deriva dal bellissimo ricordo che ci è rimasto delle architetture di Siviglia e dell’Alhambra a Granada in Andalusia, sicuramente le meraviglie che più ci hanno colpito nel corso dei diversi viaggi, inoltre volevamo vedere le dune del deserto sabbioso. Tutte queste aspettative sono rimaste totalmente appagate da questo viaggio in Marocco in cui forse abbiamo visitato le due città imperiali più significative, Marrakech e soprattutto Fes, e poi abbiamo raggiunto le dune sabbiose e le vallate desertiche del sud. Prima di partire avevamo una idea diversa del Marocco rispetto a quella che abbiamo ora che siamo tornati, idea che ci siamo fatti direttamente sul posto: tutto ciò che si vede e si conosce del mondo arabo passa attraverso le immagini della televisione o le opinioni di varie persone che a vario titolo commentano quanto accade. Nulla viene trasmesso della cultura araba, dei modi di vita della popolazione, delle abitudini di tutti i giorni. Sinceramente ci aspettavamo di trovare un paese chiuso e monotono in cui la vita è scandita da ritmi rigidamente imposti dalla religione: nulla di più sbagliato, il Marocco ci è apparso come un paese vivo e vario in cui ogni cittadina attraversata ha le sue consuetudini ed in cui la popolazione convive tranquillamente tra tradizioni passate e modernità. Non ci saremo mai aspettati di vedere signore in motorino senza velo (…e senza casco!) e tanti bambini giocare di sera fino a notte fonda nelle fontane di Fes. Il pregiudizio che avevamo ci ha sicuramente indirizzato verso un viaggio organizzato di un buon tour operator, e con il senno del poi forse non è stata una scelta sbagliata, e ciò per diversi motivi: innanzitutto abbiamo percorso oltre 1.400 km in meno di una settimana tra cui lunghi tratti in pieno deserto, sicuramente non ce la saremmo sentita di farli da soli. Inoltre abbiamo avuto una guida ottima che, in un italiano perfetto, ci ha descritto vita morte e miracoli di ogni paese attraversato. Abbiamo anche provato a consultare i costi dei voli (obbligatoriamente da Roma con scalo a Casablanca) ed i costi degli hotel separatamente dal pacchetto turistico ed abbiamo trovato quest’ultimo abbastanza vantaggioso. Infine in questo viaggio abbiamo conosciuto un gruppo di persone simpatiche con le quali siamo stati benissimo, persone che hanno contribuito molto al gradimento del viaggio. Ovviamente il viaggio organizzato presenta anche dei difetti in quanto non sei libero di organizzarti la giornata come vuoi. Forse la cosa più fastidiosa sono state le visite pilotate dalla guida a negozi di tappeti, ceramiche, profumi, centri artigianali e quant’altro: in questo caso occorre organizzarsi e cercarsi i propri spazi accordandosi con la guida con degli appuntamenti in modo da evitare l’inutile mostra mercato, molto meglio quindi separarsi momentaneamente dal gruppo ed andare per conto proprio. Abbiamo viaggiato con la Royal Air Maroc, ottima compagnia, l’unica che collega Roma al Marocco. Purtroppo da Roma non esistono voli diretti senza scalo a Marrakech o a Fes, pertanto i tempi di volo ed i costi aumentano. Siamo arrivati a Marrakech di sera, ci ha subito sorpreso vedere tanta gente per strada per via dei festeggiamenti serali durante il periodo del Ramadan. Abbiamo pernottato al Golden Tulip Farah a Gueliz, parte moderna di Marrakech. Tutti gli hotel dove abbiamo soggiornato durante questo tour erano a 4 stelle, avevamo saputo che forse non erano all’altezza dei nostri 4 stelle ma non ci è sembrato così: si trattava di strutture pulite, abbastanza moderne con enormi camere climatizzate e belle piscine. Forse avremmo preferito soggiornare nei riad nelle medine delle città, ma ciò non avrebbe sicuramente agevolato i continui spostamenti di un gruppo di 20 persone. Le preoccupazioni riguardo le elevatissime temperature, che a volte durante il viaggio hanno superato anche i 50 ° C, sono apparse ingiustificate in quanto il clima secco non le fa percepire più di tanto: per questo stesso motivo ci è apparso più accettabile il clima in pieno deserto rispetto a quello delle città, che nelle ore centrali della giornata diventa afoso. Sicuramente il periodo di agosto non è il migliore per visitare le città, ma dobbiamo ammettere che iniziando le visite la mattina presto non ci siamo trovati affatto male, più o meno la percezione delle temperature era la stessa che si ha in Italia. Altra valutazione riguarda il periodo del Ramadan durante il quale la maggior parte dei musulmani, tranne alcune categorie, smettono di bere e di mangiare durante tutto il giorno. La popolazione appare quindi più tranquilla e meno laboriosa in ogni attività, inoltre i musei e le altre attrazioni chiudono prima, alle 16:00 circa, e ciò può condizionare la visita alle città. Tutto è però ripagato dall’esplosione di vita serale in quanto, dopo il canto del muezzin delle 19.00, tante persone si chiudono in casa, mangiano e si riversano nelle strade dopo poche ore. Quindi se si vuole provare l’emozione di circolare nelle città semivuote in un ambiente quasi irreale vi conviene partire alle ore 18:00 e cenare alle 20:00: noterete tante persone pregare, tante altre rifocillarsi nelle case in una calma assoluta. Dalle 21:00 di sera le piazze si affollano e si respira aria di festa. 1° GIORNO: questa giornata è stata dedicata al trasferimento da Marrakech a Fes, dove siamo arrivati il pomeriggio. La distanza tra le due città è consistente, oltre 500 km, la strada è abbastanza buona, si attraversano pianure coltivate e colline aride. Giunti a Beni Mellal e disponendo di tempo si possono raggiungere in due ore le Cascate dell’Ourzoud, il pullman ha invece tirato dritto per Kasba Tadla e Khenifra, dove abbiamo sostato per il pranzo. Lungo il percorso si incontra il grande lago artificiale Hansali, forse il maggiore del Marocco, che fornisce acqua alla pianura sottostante. Superato il lago la strada si inerpica sul Medio Atlante dove si attraversano delle pinete, un altopiano desolato e poi si discende a Meknes e quindi a Fes. Qui ci siamo sistemati all’Hotel Volubilis nella Ville Nouvelle. In serata siamo stati su un riad dove abbiamo assistito a vari spettacoli con musica andalusa e poi abbiamo fatto un giro intorno alla città. 2° GIORNO: Fes è la città che ci ha colpito maggiormente rispetto a tutte le altre visitate, vista dall’alto c’è sembrata un enorme formicaio, una volta entrati nella medina ci siamo ritrovati in pieno medioevo: tutto è rimasto come nei secoli passati, ci si districa tra migliaia di vicoli dove donne, bambini, anziani corrono tra souk, moschee, piazze. Tutto è inaspettato, dopo ogni vicolo puoi trovare un cortile o una fontana, ogni monumento ti si apre davanti agli occhi per caso, senza alcuna possibilità di orientamento. Senza una buona guida non so dove saremmo arrivati in quanto dentro la medina tutti procedono in ordine sparso, asini carichi di merci galoppano tra la folla, si vive in un costante stato di allerta, intensi profumi di spezie si confondono con cattivi odori di pesce: nel bene e nel male è una esperienza unica, intensa ed indimenticabile! Il fascino della medina di Fes non sta solo nel suo intrico di vicoli ma anche nei tesori in essa nascosti. Nel corso della giornata abbiamo visto prima la bellissima Madrasa el Attarin, poi abbiamo girato intorno alla grande Moschea Kairaouine, nella quale noi occidentali non possiamo entrare ma che al tempo stesso possiamo ammirare dalla diverse ampie porte. All’interno di questa moschea c’è un ampio cortile con fontane di marmo e diversi portici che ricordano l’Alhambra di Granada, solo che in questo caso possiamo vedere anche le persone pregare ed il tutto appare più concreto. Vicino alla Moschea Kairaouine siamo saliti su una terrazza a vedere le concerie delle pelli, con tante vasche di coloranti immutate da secoli. Il forte fetore di porcilaia a cielo aperto, a cui dopo un po’ non si fa più caso, viene ammorbidito dall’odore di rametti di menta che consegnano all’ingresso. A pochi passi da qui ci siamo fermati nella piazza en Nejjarin dove c’è una fontana maiolicata tra le più fotografate di Fes, bello anche il Palazzo en Nejjarin che ospita il museo della falegnameria. Sempre in zona, nascosta tra i vicoli, c’è la Zaouia di Moulay Idriss II, mausoleo del fondatore di Fes, piccolo, pieno di bellissimi azulejos (o zellij) e sempre interdetto a noi non credenti; ci è rimasto impresso il fatto che questo mausoleo era pieno di donne in preghiera che vedendoci sulla porta muniti di macchine fotografiche sembravano apprezzare il nostro interesse per il mausoleo. Dopo la pausa pranzo in un ristorante ospitato in un riad della medina, invece di risalire i vicoli in pendenza per arrivare alla parte alta della medina di Fes, siamo usciti dalle mura ed il nostro pullman ci ha lasciato davanti alla porta principale di Fes, Bab Boujeloud, interamente ricoperta di smalto blu: è bellissima la vista dei minareti di Fes tra le aperture di questa grande porta. A pochi passi da qui iniziano altri souk, poi abbiamo potuto vedere in alto l’orologio idraulico, dal funzionamento complicatissimo e proprio di fronte l’ingresso della Madrasa Bou Inania, indubbiamente la struttura più bella di Fes e forse anche quella più interessante dell’intero viaggio. Si tratta di uno dei pochi edifici religiosi del Marocco nei quali possiamo entrare noi occidentali. In realtà, dopo l’ingresso ed un ampio cortile occorre fermarsi e vedere da fuori le arcate delle sale di preghiera. Gli stucchi scolpiti, le piastrelle e gli intarsi di cedro sono elaboratissimi e lasciano senza fiato. In serata ci siamo fatti una bella passeggiata nel viale principale della Ville Nouvelle di Fes fino alle grandi porte del Palazzo Reale, che avevamo visto di giorno in mezzo alla folla di turisti; quella sera invece eravamo in pochi della nostra comitiva, soli e piccoli di fronte alle enormi porte di ottone. 3° GIORNO: è stata la giornata che ci ha appagato di più dal punto di vista paesaggistico-ambientale: abbiamo percorso la strada che da Fes attraversa il Medio Atlante per poi scendere a Midelt tra vette desolate ed infine dopo un valico sull’Alto Atlante si arriva ad Erfud, quindi alle Dune di Merzouga in pieno deserto. Il Marocco ci ha stupito per la grande varietà di paesaggi: percorrendo questa strada, oltre 300 km, si passa dagli altopiani e le foreste di cedro del Medio Atlante, al deserto roccioso solcato da fiumi di verdi palmeti come nelle Gole dello Ziz, fino ad arrivare alle Dune di sabbia rossa, la cui vista vale l’intero viaggio. Siamo partiti presto da Fes, risalendo il Medio Atlante in un ambiente più simile al nostro Appennino che al resto del Marocco. Abbiamo sostato sul Lago Dayet Aoua e sembrava di stare nella nostra Umbria. Giunti nella località sciistica di Ifrane, a quasi 1800 m di quota, ci siamo stupiti nel vedere le case dai tetti a spiovente molto inclinati come in Svizzera … a pensare che solo due ore prima avevamo lasciato la medina di Fes! Superata Ifrane si arriva in altopiano superbo, grandi pascoli a perdita d’occhio si intervallano a bellissime foreste di cedro atlantico, le ultime rimaste ed in fase di espansione in seguito a rimboschimenti: il Marocco arido era solo un ricordo! L’emozione più grande è arrivata attraversando queste alte fustaie, quando abbiamo avvistato le prime bertucce o scimmie di barberia. Ovviamente ci siamo fermati per una bella sosta. Queste grosse scimmie erano radunate in un grosso branco, che, accorgendosi di noi, ha iniziato ad allontanarsi lentamente. Inoltre c’erano alcuni esemplari solitari che sono rimasti ad una certa distanza da noi e ci osservavamo reciprocamente. Sapevamo che in queste foreste c’erano le bertucce ma non avremo mai immaginato di incontrarle, senza alcuna fatica, praticamente lungo la strada principale. Attraversato l’altopiano abbiamo salutato gli ultimi cedri misti a querce e la strada ha iniziato a scendere tra scenari sempre più aridi. Lungo i pendii la vegetazione scompare ed il verde si concentra nelle vallate, dove c’è acqua. Giunti a Midelt, circondati tra le montagne del Medio e l’Alto Atlante, abbiamo accusato lo sbalzo termico considerevole tra le temperature dell’altopiano e quelle della vallata desertica in cui ci trovavamo. La strada poi ha continuato a scendere lungo il corso dello Ziz, un fiume che scorre lungo delle gole e disegna nel deserto roccioso una scia di palmeti e vegetazione verdissima. Tutti i fiumi che dall’Atlante scorrono verso il deserto creano questo spettacolare contrasto di colore tra il rosso ed il giallo delle rocce e le varie tonalità di verde della vegetazione ripariale. Lungo queste gole ci siamo fermati all’improvviso senza capire il perché: una volta usciti dal pullman davanti a noi, mimetizzata dai colori rossastri dei costoni rocciosi, c’era la prima Kasbah che incontravamo lungo il nostro percorso. Tante piccole case di paglia e fango, con l’immancabile minareto, circondate dalle mura e poste appena sopra la vegetazione ed i rilievi rocciosi, per non sottrarre terra fertile all’agricoltura. In seguito tutto il tragitto era disseminato da molte altre Kasbah, ma la prima incontrata ci ha stupito particolarmente. Giunti a Erfud all’Hotel Belere, siamo partiti quasi subito in fuoristrada diretti alle dune di Merzouga. Usciti da Erfud il deserto è inizialmente roccioso, appare come una distesa di rocce senza confine, poi giunti sopra un colle sono apparse davanti a noi le dune (Erg Chebbi) in lontananza. Da Erfud ci vuole più di un’ora per raggiungerle ed appaiono sempre più vicine come un miraggio, sempre più alte e sempre più color ocra. Alla base delle dune ci sono vari accampamenti, alberghi spartani e diverse carovane di dromedari in attesa di turisti. La passeggiata in groppa ai dromedari tra queste bellissime dune è stato forse il momento più bello del viaggio, intorno a noi c’era il paesaggio visto e rivisto in film e cartoline, ciò che invece non traspare dalle immagini è il silenzio che regna in ogni direzione. La sabbia, a volte dura, a volte friabile attutiva il rumore dei passi del dromedario, si avvertiva solo il leggero fruscio del vento…da provare, almeno una volta nella vita! Dopo quasi un’oretta di passeggiata, giunti alla base della duna più alta, abbiamo proseguito a piedi nudi lungo un pendio ripido, la sabbia era calda e compatta, diversa da quella del mare. In cima alla duna il panorama lascia a bocca aperta, i colori della sabbia cambiano a seconda della direzione in cui si guarda, in lontananza appaiono costoni rocciosi distanti chilometri e chilometri. Si comprende che le dune siano le alture più elevate della zona, si riesce a capire bene dove iniziano, nel versante del Marocco, ma non si riesce a vedere dove finiscono, oltre il confine con l’Algeria: certamente non appaiono infinite, ma si fondono con il deserto roccioso. Siamo rimasti in cima fino al tramonto, quando abbiamo iniziato a vedere le stelle più luminose. Il “cammelliere” ci ha detto che eravamo rimasti gli ultimi e che dovevamo andare, ma noi saremmo rimasti lì volentieri, tranquillamente appollaiati sulla cresta della duna fino a notte fonda. Questi cammellieri, come tanti altri marocchini, portano con loro anche qualcosa da vendere, e noi, grati per la bella passeggiata, oltre a fargli la mancia gli abbiamo comprato per circa 10 euro anche un fossile ed una rosa del deserto: a chi è gentile fai fatica a dir di no. 4° GIORNO: Da Erfoud a Ouarzazate la distanza è notevole, ben oltre 300 km, ma la strada è buona, attraversa lunghissimi tratti di deserto roccioso, che non appare mai monotono, il paesaggio varia continuamente. Tra Erfoud e Tinerhir, pochi chilometri dopo Fezna, il pianoro desertico è punteggiato da centinaia di rudimentali pozzi d’acqua allineati lungo la strada, sembrano piccoli crateri molto particolari. Giunti alla Kasbah di Tinerhir, dopo tanti chilometri di deserto, ci ha fatto piacere rivedere un po’ di verde della vegetazione lungo le sponde del fiume Todra. La vallata in questo punto è ampia ma risalendo il fiume si restringe rapidamente fino ad arrivare alle gole del Todra, un profondo canyon incassato tra costoni rocciosi a strapiombo. La strada si snoda a pochi metri dal torrente dove la gente del posto si tuffa tra diverse piscine naturali. Nei punti in cui il canyon è più stretto la luce arriva dall’alto tra le rocce rosse, poi la gola si allarga e sotto un enorme costone roccioso hanno costruito un piccolo ristorante: è un luogo veramente suggestivo. Dopo pranzo ci siamo diretti a Ouarzazate e, dopo un tratto desertico, la strada percorre la valle del Dadès, detta anche la valle delle Kasbah. Il motivo di questa denominazione sta nel fatto che tutta la vallata è disseminata di questi castelli e cittadelle fortificate: alcune più antiche in pessimo stato di conservazione, quasi del tutto “sciolte” dalla pioggia, altre, forse più recenti, in perfette condizioni. Lungo la strada ne abbiamo viste diverse sia vicino al fiume, immerse nel verde del palmeto, sia affiancate alle rocce desertiche color ocra…forse, se non fosse stato un viaggio organizzato, ci saremmo fermati volentieri. Purtroppo dovevamo raggiungere Ouarzazate entro le 16:00 di pomeriggio, altrimenti chiudeva la Kasbah di Taourirt (chiusura anticipata per via del Ramadan). Grazie alla nostra guida, sempre informata su tutto, orari compresi, ed all’autista che nonostante il digiuno per il Ramadan non ha mai accennato un segno di stanchezza, abbiamo raggiunto la Kasbah di Taourirt in perfetto orario…e ne è valsa la pena. Questa Kasbah non era semplicemente un villaggio fortificato ma soprattutto una residenza dei sovrani locali, pertanto nei piani alti presentava stanze destinate all’harem particolarmente decorate. Il resto della Kasbah è ancora abitata dalla popolazione, presenta diversi vicoli intorno al palazzo principale e solo qui siamo riusciti a vedere l’unica cicogna incontrata nel viaggio. Di fronte alla Kasbah di Taourirt hanno creato un piccolo museo del cinema in quanto Ouarzazate è sede di molti studi cinematografici in cui vengono ricreati diversi scenari non proprio marocchini. Questo museo doveva chiudere alla stessa ora della kasbah, ma il guardiano era più malleabile e ci ha fatto entrare nonostante l’ora tarda. La sera siamo andati nella piazza principale di Ouarzazate, piena di gente in festa, in un clima meno turistico delle altre città visitate. 5° GIORNO: da Ouarzazate a Marrakech ci sono altri 300 km di strada che attraverso l’Alto Atlante ci hanno riportato da dove eravamo partiti. Lungo il percorso, a circa 20 km da Ouarzazate, una deviazione dalla strada principale conduce a Ait Ben Haddou, certamente la kasbah più suggestiva che abbiamo visitato, non tanto per le fortificazioni in argilla e paglia che sono comuni a tutte le altre, quanto per la collocazione lungo il greto ghiaioso di un fiume che la fa apparire come un miraggio. Giungendo dalla strada non la si individua subito, si mimetizza tra i colori della rocce che la circondano. Attraversando poche case recenti ti affacci ad un balcone sul fiume e trovi il grande villaggio di Ait Ben Haddou davanti agli occhi. E’ valsa la pena di svegliarsi presto in quanto o di mattina o di sera al tramonto si viene a creare un insieme di luci ed ombre che fa risaltare il rosso della terra delle costruzioni. Prima di superare le mura lungo il percorso per la kasbah si incontrano i resti delle strutture che sono servite per diversi film e che, non alterando il paesaggio, sono state lasciate in ricordo di quanto è importante questo posto come set cinematografico. All’interno del villaggio ci sono poche persone che vivono di turismo, gatti cani ed asini ovunque, ed al termine del percorso gli immancabili venditori di bibite, fossili, tappeti e gioielli berberi. Ait Ben Haddou ci è piaciuta moltissimo, forse in questa parte del Marocco ci sono tante altre kasbah anche più interessanti, certamente questa è quella che ha gratificato di più i nostri occhi. Dopo Ait Ben Haddou, ritornati sulla strada principale, si inizia a risalire il versante sud dell’Alto Atlante e sulle costruzioni i mattoni di paglia e fango lasciano il posto alle pietre, certamente più resistenti alle piogge. La vallata a sud del passo Tizi n’Ticka è bellissima, piena di terrazzamenti coltivati e ricavati lungo ripidi pendii della montagna. A mano a mano che si sale aumentano i pascoli e fino a quando, prossimi al passo, la vegetazione scompare quasi totalmente, resistono solo tanti ginepri contorti. Il passo Tizi n’Ticka è racchiuso da montagne alte, ripide e brulle e la strada verso Marrakech corre a mezza costa, supera crinali a strapiombo ed è piena di tornanti. In meno di due ore si arriva a Marrakech ed il paesaggio del versante nord è più verde rispetto a quello sud, che rimane più suggestivo. Giunti a Marrakech ci siamo sistemati sullo stesso hotel dell’andata e siamo ripartiti per visitare la città nel pomeriggio. Dopo un giro lungo le mura ci siamo fermati ai Giardini Majorelle con una bella collezione di piante grasse, cactus e succulente da tutto il mondo sovrastate da altissime palme. La villa ed i pergolati hanno un colore blu intenso che contrasta con il verde della vegetazione, il giallo dei vasi e delle inferriate, si vede la mano dell’artista. Dopo un’oretta ci siamo trasferiti nel centro di Marrakech, fermandoci sotto il minareto della Koutoubia verso la tanto attesa piazza Djemaa el Fna. Gli spazi sono grandi ed ordinati, diverse moschee e minareti si affacciano sulla piazza ma di fatto non c’è nulla di molto particolare, almeno fino al una certa ora del pomeriggio. Ciò che rende questa piazza unica è la moltitudine di gente, in buona parte anche turisti, che dopo una certa ora del pomeriggio inizia a girovagare senza meta tra incantatori di serpenti, guerrab (folcloristici portatori d’acqua), dentisti d’altri tempi, tatuatrici di henne, carretti di venditori di spremute d’arancia e frutta secca, asini che trasportano altri carretti con le più svariate merci, altra gente che traina a mano gli stessi carretti degli asini, biciclette, motorini e calessi trainati da cavalli che corrono tra la folla…è tutto un enorme, affascinante caos! Arrivando nel pomeriggio questo stato di frenesia aumenta gradualmente, seguendo i tempi dei montatori delle cucine mobili, dopodichè si accendono i bracieri e l’aria si riempie di fumi ed odori di carne arrosto o di frittura, quindi aumenta il vociare della gente, le musiche dei suonatori, il suono dei pifferi degli incantatori di serpenti ed al tramonto si accendono le lanterne dei ristorantini ambulanti. Dopo un po’ di sano girovagare tra questa atmosfera frenetica ci siamo andati a riposare sulla terrazza del Gran Balcon du Cafè Glacier che gode della migliore vista su tutti gli angoli della piazza; inoltre da questa terrazza con un buon obbiettivo si possono fotografare tutti gli animatori della piazza senza che venga richiesta alcuna mancia. Il Gran Balcon du Cafè Glacier è ovviamente un locale per soli turisti, serve solo bibite analcoliche, 20 dirham ciascuna, e ti permette di godere il tramonto sulla piazza, con il sole che scende tra i minareti…assolutamente da non perdere! Avremmo voluto cenare in una delle terrazze che si affacciano sulla piazza ma abbiamo dovuto rimandare al giorno dopo, quella sera era prevista una cena in un riad turistico nel quartiere ebraico di Marrakech con annessi spettacoli berberi e danza del ventre. 6° GIORNO: come visitare gran parte di Marrakech in un solo giorno: senza la guida ed i passaggi in pullman probabilmente non ci saremmo riusciti. Ennesima sveglia precoce, siamo partiti diretti ai Giardini Menara, la cui visita dura poco. Dopo aver attraversato un ampio oliveto si giunge ad una costruzione affacciata su una grande vasca d’acqua marrone dove le carpe vengono a mangiare il pane lanciato dai turisti; dovrebbe essere molto bello venire qui in inverno o in primavera e vedere i monti innevati dell’Atlante riflessi sulla vasca. Ci siamo poi spostati nella parte bassa della città di fronte alla grandiosa porta Bab Aguenaou sulla quale nidificano le cicogne. Oltrepassata la porta siamo passati sotto al bellissimo minareto verde della Moschea della Kasbah e siamo arrivai all’ingresso delle Tombe Sadiane. Si tratta del complesso che ci ha colpito di più di tutta Marrakech: pur essendo mausolei relativamente raccolti nelle dimensioni, impressionano per le decorazioni elaborate e la leggerezza delle architetture. Ci ha inoltre colpito vedere all’interno dello stesso mausoleo tombe di musulmani rivolte verso la Mecca accanto a tombe cristiane disposte perpendicolarmente: ci hanno spiegato che i collaboratori più valorosi dei sultani venivano seppelliti vicino a loro, qualunque fosse la loro fede. Usciti dalle tombe sadiane ci siamo diretti verso il Palazzo Bahia e poi al palazzo Dar Si Said, situati a breve distanza in una zona ricca di ville. Si tratta di residenze del 1800, quindi molto più recenti rispetto alle altre strutture visitate, che meritano una visita soprattutto per la ricchezza delle decorazioni dei soffitti e per la delicatezza dei cortili interni, alcuni dei quali ospitano bei giardini. Nel palazzo Dar Si Said c’è inoltre un museo con esposte opere in legno, tappeti e soprattutto una antica ruota panoramica in legno che, fino a pochi decenni fa, veniva ancora utilizzata durante le fiere nella piazza Djemaa el Fna. Nel pomeriggio ci siamo staccati dal gruppo per dedicarci alla parte alta della medina di Marrakech, quella che ospita i souk. L’idea di muoverci autonomamente tra i souk ci incuriosiva e ci spaventava allo stesso tempo in quanto, memori dei souk di Fes, pensavamo di perderci al secondo incrocio: nulla di più sbagliato, i souk di Marrakech sono ordinatissimi, anche se forse meno caratteristici rispetto ai souk di Fes. Innanzitutto sono posti in pianura, poi sono piuttosto larghi, permettendo il passaggio di carretti, motorini e quant’altro. Infine la gente sembra differente, più tranquilla rispetto agli animatori della piazza Djemaa el Fna: partendo dalla stessa piazza, nel lato sotto la terrazza del ristorante Argana, si arriva in una piazza triangolare, Bab Ftouh, dopodichè girando a destra inizia una via piena di bancarelle di ogni tipo, in particolare vendono vestiti. A metà della via un arco dà inizio alla Rue Smarine che deve diventare il punto di riferimento per tutta la visita alla medina: questa via infatti attraversa quasi tutti i souk ed è abbastanza rettilinea, pertanto vi porta senza tante occasioni di smarrimento fino alla Moschea ed alla Medersa Ben Youssef che sono le principali attrazioni di questa parte della medina. Ogni parte dei souk è specializzata nella vendita di un prodotto specifico quindi lungo questa via o nelle immediate deviazioni a destra o a sinistra si incontrano prima i venditori di vestiti, di tessuti poi intorno a una piazza vendono le spezie e i prodotti di erboristeria, poi si incontrano i tintori, quindi i venditori di borse, tappeti, babbucce, lampadari, frutta secca, piatti di latta e tantissime altre cose. Rue Smarine termina su una lunga piazza in cui ci sono gli ingressi della Koubba almoravide, della Moschea ed infine sotto un arco decorato c’è l’ingresso della Medersa Ben Youssef. La Koubba almoravide è una sorta di cappella con delle aperture sulle pareti con motivi vagamente floreali. Come per tante altre moschee anche la Moschea Ben Youssef non è visitabile per noi occidentali, in compenso la si può ammirare dalla porta che dà sulla piazza. La Medersa Ben Youseef era in orario di chiusura anticipata per via del Ramadan e ci siamo fermati ad ammirare l’ingresso. Nel tardo pomeriggio, dopo un ampio girovagare tra i souk e tante foto tra persone, carretti, biciclette, asini e camaleonti, siamo tornati alla piazza Djemaa el Fna, ci siamo dissetati con delle buonissime spremute di arancia, cercando di non pensare più di tanto alle impronte delle dita impresse nel vetro dei bicchieri, sicuramente non lavati in lavastoviglie! Al tramonto siamo ritornati sulla terrazza del Gran Balcon du Cafè Glacier, ci era piaciuta troppo, dove ci siamo fatti un aperitivo con delle limonate. Alle 19:00 tutta la piazza rallenta di colpo la solita frenesia, il muezzin dal minareto della Koutoubia intona il suo “Allah akbar” ed uno dopo l’altro tutti gli altri minareti di Marrakech gli rispondono…l’atmosfera è favolosa! Poco dopo abbiamo iniziato a cercare un ristorantino della piazza, cosa non facile in quanto c’è l’imbarazzo della scelta, ogni locale, tavolo all’aperto o terrazza che sia, ha i suoi pro e contro. Volevamo cenare in uno dei tanti banconi al centro della piazza, servono tanta carne o pesce o verdure alla griglia e fritture di ogni tipo, i prezzi sono sicuramente i migliori rispetto alle terrazze: purtroppo siamo rimasti impressionati dalla vista delle lunghe tovaglie di plastica che ricoprivano i tavoli e che venivano utilizzate da tante persone senza essere pulite neanche con uno straccio umido…l’idea che queste tovaglie, passando da un cliente ad un altro, potrebbero venir cambiate o meglio ancora sostituite da tovaglie di carta usa e getta, tutto ciò in Marocco costituisce un concetto assurdo! Detto ciò ci siamo aggregati a una bella famiglia di Pordenone della nostra compagnia alla ricerca di una terrazza affacciata sulla Djemaa el Fna: avevamo sentito parlare bene del ristorante Chez Chegrouni ma una volta saliti in cima ci siamo accorti che era già stracolma di turisti, pochi dei quali godevano di una vista accettabile. Ci siamo spostati nel ristorante accanto, appena più centrale sulla piazza rispetto al precedente, presso l’Hotel Du Cafè de France, ristorante che visto da fuori sembrava poco invitante per via dei menu fissi a base di pizza…e l’idea di mangiare la pizza a Marrakech sinceramente non ci attirava. Questo ristorante, nonostante la bellissima posizione, era completamente vuoto, ci hanno fatto accomodare lungo il bordo della ringhiera della terrazza, sotto di noi c’era l’intera piazza con sullo sfondo il minareto della Koutoubia…era ciò che cercavamo. Abbiamo preso un menù fisso composto da insalata, tajine o cous cous e frutta a 100 dirham e forse abbiamo mangiato il miglior cous cous del viaggio. Tristi per l’aver trascorso l’ultima serata a nostra disposizione in Marocco siamo tornati all’hotel con un petit taxi al costo patteggiato di 40 dirham. Il Marocco ci ha proprio affascinato, abbiamo visto luoghi stupendi ed il deserto che attendevamo tanto. In Marocco abbiamo incontrato anche tanta povertà ed abbiamo avuto la sensazione che la popolazione delle città fosse più affamata delle popolazione delle aride campagne. Nei paesi berberi dell’Atlante e del sud che abbiamo attraversato ci siamo sentiti osservati a distanza e raramente ci è stata rivolta una parola o chiesta elemosina, anche i venditori ci sono sembrati tranquilli e garbati nella contrattazione del prezzo, pratica peraltro diffusa ovunque. Nella medina di Fes la povertà di molta gente era tangibile ma anche in questo caso i marocchini sembravano avere una determinata dignità, solo i bambini occasionalmente chiedevano qualche soldo. A Marrakech abbiamo invece conosciuto venditori e gentaglia varia assillante e prepotente: queste persone vedono noi turisti come polli da spennare, forse pensano che abbiamo talmente tanti soldi che possiamo permetterci di donarli senza motivo e quindi nel parlare con noi abbandonano ogni forma di correttezza. Mentre nella medina di Marrakech puoi camminare e fotografare qualsiasi cosa tranquillamente, facendo magari attenzione a non inquadrare da vicino donne e bambini, nella Piazza Djemaa el Fna la gente vive solo grazie ai soldi di noi turisti: ne deriva che tutti, dal venditore nelle bancarelle al simpatico dentista fino agli incantatori di serpenti, proprio tutti provano a chiederti soldi per ogni cosa. Quando si compra una spremuta di arance (solo 4 Dirham!) o quando si mangia ai tavoli delle bancarelle è ovvio pagare quanto dovuto, quando invece ci si avvicina e si guarda una danzatrice o un artista di strada allora questa mancia continua diventa insostenibile. Quando poi si prova a fotografare uno di questi animatori della piazza, ecco che la mancia viene imposta con prepotenza da più persone e ci si sente a disagio. Consideriamo questo stato delle cose il frutto di tanta distanza tra il nostro benessere e la povertà di tanti di loro. Accanto a qualche marocchino scorretto abbiamo trovato anche tante persone cortesi e gentili. C’è stato anche un attimo di commozione quando un ragazzo di Marrakech, dopo averci accompagnato come pseudo-guida tra i souk fino alla Medersa Ben Youssef e dopo aver ricevuto la mancia, continuava a seguirci per indicarci altri monumenti; gli abbiamo spiegato che non avevamo più bisogno del suo aiuto e lui ci ha risposto che era egli stesso ad aver bisogno di noi… Tutte queste situazioni improvvise, che non avremmo mai immaginato di vivere, e queste atmosfere particolari così lontane dalla nostra realtà, rendono un viaggio in Marocco un’esperienza intensa, che rimane impressa e non si dimenticherà facilmente. Andateci! Sergio e Sonia scherubi@libero.it


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