Viaggio nel Sarawak alla scoperta di storia e trad

Kuching, capitale del Sarawak, è un’autentica sorpresa: i suoi colori sono caldi, i profumi intensi, gli abitanti ospitali e curiosi. Etnie diverse che convivono una accanto all’altra, un bagaglio storico e culturale che torna indietro di molti secoli, l’innovazione che si è insinuata nella tradizione, la tradizione che, nonostante...
Scritto da: nadia tarantino
viaggio nel sarawak alla scoperta di storia e trad
Partenza il: 17/08/2008
Ritorno il: 07/09/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Kuching, capitale del Sarawak, è un’autentica sorpresa: i suoi colori sono caldi, i profumi intensi, gli abitanti ospitali e curiosi. Etnie diverse che convivono una accanto all’altra, un bagaglio storico e culturale che torna indietro di molti secoli, l’innovazione che si è insinuata nella tradizione, la tradizione che, nonostante l’inarrestabile ascesa della modernità, resiste.

Il Borneo è un altro pezzo di Malesia. Qui non c’è il lusso sfrenato che abbiamo incontrato lo scorso anno nella parte nuova di Kuala Lumpur. Niente centri commerciali illuminati a festa, niente piazze enormi e grattacieli. Qui non c’è il traffico impazzito delle immense jalan. Tutto ha una dimensione non solo più ridotta, ma anche più semplice. Anzi, a tratti la dimensione è quella della povertà che, per quanto dignitosa, rappresenta una piccola lezione di vita. Kuching è divisa in due dal Sarawak river. Su una sponda del fiume, la città più nuova con gli alberghi internazionali, qualche modesto centro commerciale e con la jalan Main Bazar, la strada dei negozi tipici che vendono soprattutto artigianato in legno, spezie e dolci; sull’altra sponda la città vecchia con le case in legno, le palafitte che si alzano su piccole lingue d’acqua, le moschee, le bancarelle del pesce appena pescato e messo sulla brace. Le sponde ritraggono le due facce di Kuching: quella più povera dove la gente si sposta a piedi o al massimo su un motorino arrugginito, e quella più moderna (non più ricca) dove si passeggia sul lungofiume ed è possibile prendere un taxi per farsi portare in periferia. Per raggiungere una o l’altra sponda si sale sul tambangs, minuscola barchetta in legno che fa avanti e indietro giorno e notte per appena 30 centesimi di ringit (meno del costo di una nostra caramella). I tambangs sono molto frequentati ed è un’esperienza anche il solo fatto di prendere posto a sedere: sono così piccoli e leggeri che il movimento delle persone li fa oscillare così tanto che il bordo tocca quasi l’acqua. Per definizione, Kuching è la città dei gatti. Ovunque ci sono monumenti che raffigurano gatti. Da non perdere quello centrale nella piazza su cui si affaccia l’Holiday Inn, quello che sta a metà di Chinatown e, infine, quello che sta all’ingresso del quartiere cinese. Per gli amanti del genere, bellissimo il Cat Museum che si trova fuori città, su una collina da cui si ammira un bellissimo panorama. Irresistibile lo shopping nella coloratissima India Street, la strada principale del quartiere indiano particolarmente pittoresco con i suoi ristoranti (molto simili alle nostre mense), le bancarelle e un pazzesco andirivieni di persone. Di grande impatto Chinatown con i suoi scorci caratterizzati dal colore (e dal disordine) di frutta, verdura, pesce essiccato, polli neri e sementi di ogni tipo e forma. Nel quartiere si trova di tutto, basta cercare con molta pazienza. Con pochi ringit è possibile farsi massaggiare piedi e gambe, sottoporsi ad un trattamento di agopuntura o farsi tatuare la pelle. Kuching si addormenta presto la sera: le bancarelle che cucinano piatti tipici lungo il fiume chiudono intorno alle 10.00, le luci della passeggiata si spengono verso le 11.00. Le escursioni sono organizzate bene e la puntualità è il valore aggiunto di un servizio pressoché impeccabile. Damai beach è la spiaggia che si trova a pochi chilometri da Kuching. Da qui è possibile incamminarsi verso il Sarawak cultural village, riproduzione molto fedele delle sette abitazioni tipiche delle tribù del Borneo. Con il biglietto d’ingresso, si riceve un “passaporto” che viene timbrato ad ogni fermata. Nelle abitazioni, tutte in legno e alcune provviste di scalette scavate nei tronchi – non sempre facili da salire – si possono assaggiare dolcetti di riso, bevande a base di bambù e aloe. Il giro si conclude con uno spettacolo danzante: ogni tribù porta in scena i suoi costumi e le sue musiche tribali. Il Semenggoh Wildlife Centre si trova a trenta minuti di macchina da Kuching. Il parco viene aperto ai visitatori due volte al giorno, mattina e pomeriggio, quando gli orangutan si avvicinano alla piattaforma per fare rifornimento di frutta. Conta molto la fortuna, non sempre lo spettacolo si concretizza. Abbiamo atteso quasi un’ora davanti alla piattaforma e abbiamo visto solo una femmina col suo piccino stretto in vita. Quando la delusione stava per prendere il sopravvento, siamo stati letteralmente circondati dagli orangutan: alcuni erano veramente a pochissimi passi che quasi si potevano toccare. Hanno un fisico imponente, facce simpatiche, movenze bizzarre. Saltano da un albero all’altro con un’agilità sorprendente e si avvicinano molto alle persone. La cautela, comunque, è d’obbligo. A 75 chilometri a sud di Kuching, a Padawan, a poca distanza dal confine con il Kalimantan, si può visitare una vera e propria longhouse: Annah Rais Bidayuh è immersa nelle montagne, circondata da una vegetazione di un colore vivo mai visto. E’ una costruzione grandissima in legno, divisa in tante piccole abitazioni, alcune delle quali sono aperte e mostrano l’arredamento tipico della tribù. Qui è raro vedere occidentali e, soprattutto i bambini, sono molto incuriositi da jeans e sneakers. Nella longhouse c’è una specie di bar: uno dei capi della tribù offre liquore di riso e spiega come si svolge la vita degli abitanti. Da Kuching, dopo 45 minuti di macchina e 20 di barca dal jetty del Bako village si arriva al Bako National Park dove vivono le scimmie nasiche e i macachi. Non è affatto difficile imbattersi nelle pit viper, che cambiano colore a seconda dell’ambiente circostante e che, se infastidite, diventano molto pericolose. Il Bako è famoso anche per le sue piante carnivore che si nutrono di insetti e per la distesa di mangrovie sulle quali sono solite ondeggiare le proboscis monkey. Molti i percorsi di trekking all’interno del parco, alcuni decisamente faticosi e lunghi. Un unico ristorante dove vengono serviti solo riso, pollo, pesce e qualche verdura.

Il volo da Kuching a Kuala Lumpur dura circa un’ora e mezzo. Quello da Kuala Lumpur a Kuala Terengganu un po’ meno. E’ stato smantellato il piccolo aeroporto che era in funzione lo scorso anno, sostituito da quello internazionale, grandissimo, modernissimo e realizzato sul disegno delle tipiche costruzioni malesiane. Da qui si raggiunge, dopo circa un’ora di autobus, il jetty di Merang da dove ci si imbarca per la meravigliosa Redang. Mare stupendo: acqua placida e molto calda. Basta tuffarsi appena per scoprire di essere in compagnia di piccoli di squalo, pesci pagliaccio e qualche murena. Dopo un anno qualcosa è cambiato al Laguna. La spiaggia è più affollata, il menù del ristorante a la cart si è italianizzato e contempla anche acque minerali italiane, il self service cinese si è “occidentalizzato”. A parte questo, le amicizie coltivate durante tutto l’inverno con sms ed e-mail sono una delle ragioni del nostro ritorno a Redang. Grazie a Oscar, Julianto e Demi senza i quali non sarebbe stata la stessa vacanza. Ultimi giorni trascorsi a Palau Perhentian Besar che si raggiunge da Redang con un’ora di barca veloce. Isola molto selvaggia, spiaggia di sabbia quella su cui domina il Perhentian Island Resort (il migliore qui, senza la minima pretesa ma almeno con camere pulite), di sassolini l’altra su cui si affacciano numerosi piccoli alberghi che costano pochissimo e offrono altrettanto. Le due spiagge sono collegate da un pontile che corre in mezzo a massi e piante. Vale la pena una capatina al Coral View island resort dove il ristorante offre specialità di pesce fresco a prezzi stracciati. Da nessuna parte viene servita la birra, figurarsi i liquori: la religione musulmana non lo consente e a Perhentian non si fanno strappi alla regola come invece avviene altrove. Pipistrelli e scimmie sono di casa nell’isola e l’imbrunire offre uno scenario a cui non siamo abituati con i prepotenti suoni e rumori della foresta. L’ambiente, nel complesso, non è un granché: modesta l’accoglienza, niente tv, isolamento quasi totale. Il gradimento sale per merito del mare: il Pir si stende su uno dei punti migliori per lo snorkeling. Poche bracciate sono sufficienti per vedere tartarughe marine giganti, attrazione principale per chi sceglie questo posto.

Dalla spiaggia, infine, si possono raggiungere le isole vicine grazie al servizio di taxi boat.

Il jetty di Kuala Besut è piuttosto vicino, circa venti minuti di barca veloce. Un’ora abbondante, invece, per raggiungere in macchina l’aeroporto di Kota Bharu e riprendere la strada di casa. (nadia tarantino)



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