Natura e avventura in Madagascar

Un viaggio ricco di emozioni tra escursioni in barca per fare snorkeling, paesaggi desertici e villaggi
Scritto da: Jackass91
natura e avventura in madagascar
Partenza il: 05/07/2016
Ritorno il: 28/07/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Io, Jessica, e il mio fedele compagno di avventure, Paolo, abbiamo organizzato questo viaggio raccogliendo informazioni sui pochi diari presenti online, leggendo qualche recensione qua e là e affidandoci alla Lonely Planet, che stavolta si è rivelata più inutile del solito, al contrario della Routard che mi è sembrata molto più completa; entrambe le guide però sono state pubblicate parecchi anni fa… non che le cose siano cambiate poi tanto, ma vi consiglio di comprare la versione più recente!

In questo diario non vi racconterò tutto ciò che abbiamo visto in maniera dettagliata, perché voglio lasciarvi il piacere di viverlo in modo autentico in prima persona. Cercherò invece di darvi qualche consigli utile per la vostra organizzazione. In Madagascar le strade, se ci sono, sono in pessime condizioni, e i mezzi pubblici sono inaffidabili e lenti; quindi, se volete dare più tempo al viaggio e meno agli spostamenti, vi consiglio di noleggiare una macchina con autista. Dopo averne contattato qualcuno via email, la mia scelta è caduta su Gaby per numerosi motivi. Si è mostrato subito gentile e disponibile, e, cosa a cui tenevo molto, ha accettato l’itinerario che avevo delineato nelle settimane precedenti, dandomi comunque qualche consiglio da esperto della zona. La sua email è gabiturbo@yahoo.com e ve lo consiglio vivamente se volete fare un viaggio autentico, a contatto con la popolazione locale e non dedicarvi esclusivamente alle classiche attrazioni turistiche. Troverete una persona molto cordiale che cercherà di adattare il viaggio ai vostri interessi e alle vostre esigenze, e, se preferite, potrà anche occuparsi della prenotazione degli alberghi. Io e Paolo siamo appassionati di fotografia reportage e abbiamo costruito il nostro itinerario sulla base di questo interesse. Il nostro viaggio è tuttavia risultato molto vario dal punto di vista naturalistico e delle attività svolte, per cui lo consiglio a chiunque abbia la spinta verso la scoperta e verso l’avventura. Non è un viaggio comodo, non troverete comfort di nessun tipo, ma sarete immersi in un mondo che probabilmente è molto lontano dal vostro e questo vi arricchirà senz’altro.

Noi abbiamo scelto di fare un tour circolare che inizia e si conclude nella capitale. Ci siamo prima dedicati alla zona ovest imbarcandoci sul fiume Tsiribihina, e proseguendo verso sud, lungo la costa, in un percorso lungo e accidentato fino a Toliara. In seguito abbiamo imboccato la RN7, che ci ha riportati nella capitale attraversando gli altipiani centrali e le maggiori città. Per questo tour sono sufficienti 3 settimane, ma se avete più tempo a disposizione potrete anche fermarvi più giorni in qualche località balneare o visitare più parchi di quelli che abbiamo visitato noi.

Ecco a voi il nostro diario di viaggio, scritto durante i nostri spostamenti in auto.

Dopo un interminabile viaggio durato un giorno e mezzo, 15 ore di volo, e 4 scali, arriviamo finalmente ad Antananarivo. Se prenotate con un po’ di anticipo, potrete sicuramente trovare una soluzione più comoda e veloce della nostra. L’aeroporto è piccolissimo. Facciamo il visto e usciamo a cercare il mitico autista. E’ notte, fa freddo ed entriamo subito nella 4×4 che ci accompagnerà per circa 3000 km. Ci fermiamo in una triste stanza a Tana (Hotel Shangai: Sconsigliato) e ci addormentiamo, esausti.

Giorno 1. ANTANANARIVO – ANTSIRABE

L’indomani partiamo alle 10, direzione Antsirabe. Attraversiamo una strada fatta di terrazze di riso, capanne, zebù. Sembra un altro mondo rispetto a Tana. C’è un cambio di programma rispetto al nostro itinerario: saltiamo la sosta ad Ambatolampy dove ci fermeremo al ritorno, l’ultimo giorno. Si sposa la cugina del nostro autista e siamo invitati al rinfresco del matrimonio, siamo felicissimi di vivere questa fetta di vita malgascia. Ci fermiamo al villaggio di Ambohimandroso, dove veniamo accolti da decine di bambini della scuola elementare del villaggio che, al nostro arrivo, escono dalle classi insieme alle maestre per venirci incontro. Ci spostiamo nella sala del matrimonio, ci sono centinaia di invitati seduti nei lunghi tavoli che al nostro arrivo ci puntano gli occhi addosso! Si respira un’aria di festa, mangiamo e ridiamo con loro, senza capire bene il perché 😀 Notiamo che le ossa, dopo aver spolpato la carne, rigorosamente mangiata senza l’uso delle posate, si poggiano direttamente sulla tovaglia, accanto al piatto…

Riprendiamo il cammino e arriviamo ad Antsirabe che è già buio. Dopo cena usciamo a fare un giro notturno in pousse-pousse, una sorta di versione malgascia dei risciò asiatici; essi sono trainati da uomini, spesso a piedi nudi, ma esiste anche il modello “cyclo”, a nostro parere meno disumano. Ad Antsirabe se ne vedono a migliaia, e per questo la città è stata ribattezzata come “capitale dei pousse-pousse”. Andiamo a dormire all’hotel Green Park, molto carino, con un bel giardino all’interno ed un piccolo laghetto; ottimo anche il ristorante.

Giorno 2. ANTSIRABE

Dopo aver fatto colazione, saliamo sulle bici fornite dall’hotel per andare in un villaggio in cui assisteremo ad una cerimonia tradizionale dei popoli betsileo e merina, chiamata Famadihana. Si tratta di un rito di riesumazione e risepoltura degli antenati, che avviene ogni sette anni, e si si svolge tra luglio e settembre negli altopiani centrali. Per accedere è necessario chiedere permesso in anticipo alla famiglia, e grazie al nostro autista siamo riusciti ad ottenerlo. Dopo circa 25km in bici in una strada sterrata fatta di sali e scendi, arriviamo nel villaggio di Antsahavola. C’è molta gente che balla e si diverte al ritmo di musica malgascia. Mangiamo in una piccola casa in compagnia del capo del villaggio e la moglie; ci sediamo per terra e ci vengono offerti riso e maiale. Mangiamo, beviamo del rum e poi ci uniamo alle danze. Di pomeriggio ci spostiamo tutti insieme per andare alla tomba della famiglia, dove si svolge il rito. I corpi dei defunti vengono tirati fuori ad uno ad uno dal sepolcro, e vengono sollevati tra le urla della gente e la musica della banda. I corpi sono riavvolti con un nuovo strato di lenzuola per poi essere adagiati nuovamente nella tomba. L’atmosfera è surreale e carica di emozioni. I malgasci considerano la vita terrena come una fase di passaggio verso la vita eterna, per cui preferiscono vivere in case modeste, fatte di fango e paglia, e costruire tombe in muratura, solide e decorate.

Al tramonto ci rimettiamo in bici, il paesaggio è magnifico. Torniamo all’hotel ad Antsirabe, mangiamo il ravitoto (piatto tipico malgascio a base di carne e foglie di manioca) e ci addormentiamo, stremati e soddisfatti per la giornata trascorsa. N.B. vi è generalmente una certa corrispondenza tra la grafia e la fonetica malgascia; un’eccezione è data dalla vocale “o” che si pronuncia sempre come “u” (esempio: “ravitoto” si pronuncia “ravitutu”).

Giorno 3. ANTSIRABE – MIANDRIVAZO

Ci svegliamo presto per dedicare la mattinata alla visita del gran mercato di Sabotsy (=sabato). Qui si può trovare di tutto, dalla frutta alla verdura al pesce essiccato, alla carne (rigorosamente poggiata sui banconi e senza frigorifero); a seguire la zona dedicata alla vendita di galline, oche e anatre vive. Infine una grandissima parte di vestiti e oggetti che noi abbiamo tralasciato dedicandoci alla prima zona. Dopo un lungo giro al mercato salutiamo la città, dove torneremo alla fine del nostro viaggio, e facciamo merenda con un delizioso sambosa (frittelle ripiene di carne e verdure) offerto dal nostro autista. Imbocchiamo la strada per Miandrivazo e lungo il tragitto la temperatura si alza gradualmente. Pranziamo in una hotely per strada, come capiterà spesso nel resto del viaggio. Si tratta di ristorantini informali ed economici, non turistici, in cui si mangia riso con pollo o maiale, non c’è molta scelta ma i piatti sono gustosi. Pensiamo che la strada sia in pessime condizioni, ma in seguito la rivaluteremo… Dopo qualche sosta fotografica in alcuni villaggi, si arriva a Miandrivazo, punto di partenza delle escursioni in barca sul fiume Tsiribihina. Facciamo una passeggiata e poi torniamo in albergo per mangiare e dormire (hotel Rosalimo: medio scarso, sporco).

Giorno 4. FIUME TSIRIBIHINA

Ci svegliamo all’alba e dopo una pessima colazione, siamo pronti per partire in direzione Tsiribihina. Si aggiunge a noi una coppia di inglesi, Tom ed Isobel. Attraversiamo un bellissimo paesaggio fatto di banani e piantagioni di riso, poi lasciamo l’asfalto per immetterci in una strada sterrata che ci porterà all’imbarco. Finalmente la temperatura è gradevole. Scopriamo che il termine tsiribihina, il fiume sul quale navigheremo, significa “non attraversare il fiume” a causa dei numerosi coccodrilli…, la cosa ci intimorisce ma in realtà non ne incontreremo molti. Il percorso sul fiume tra Miandrivazo e Belo Sur Tsiribihina è il mezzo più veloce e divertente per raggiungere la zona ovest del Madagascar.

Salutiamo il nostro autista con il quale ci rivedremo dopo 2 giorni e mezzo, e conosciamo Erike e il resto dell’equipaggio che ci accompagnerà sul fiume. Scegliamo di partire in barca rinunciando alla piroga che ci avrebbe costretto ad assumere la stessa posizione per molte ore. La barca è davvero grande, comoda, spaziosa e c’è anche una terrazza panoramica. La discesa sul fiume dà la possibilità di godere di un paesaggio splendido e vario e di osservare la fauna, ma soprattutto di osservare come si svolge la vita nei villaggi lungo il fiume. Vediamo donne che lavano i panni, uomini in piroga, zebù che si abbeverano e bambini che giocano. Incontriamo anche qualche coccodrillo. Di pomeriggio ci fermiamo a fare il bagno in delle piscine naturali create da una cascata, vicino al fiume, magnifico. Incontriamo i primi lemuri del viaggio, si avvicinano ai turisti che danno loro della frutta da mangiare. Dopo questa pausa rigenerante, riprendiamo il nostro viaggio. Il tramonto dalla barca è mozzafiato. Ci fermiamo per la sera di fronte al villaggio rimandando la visita all’indomani. Ceniamo in barca e scendiamo in spiaggia, ci sediamo davanti al fuoco con dei ragazzi malgasci che suonano il mandolino e cantano. Dormiamo in tenda, fa freddo ma non più di Antsirabe.

Giorno 5. FIUME TSIRIBIHINA

Ci svegliamo all’alba e saliamo in barca a fare colazione. Sul fiume incontriamo un uomo in piroga che porta dei pipistrelli uccisi con la fionda, scopriamo con disgusto che in Madagascar li mangiano. In seguito scopriremo che i malgasci mangiano anche lemuri, gatti e qualsiasi tipo di insetto… Ci fermiamo al villaggio di Bejindra dove la gente è accogliente ma evidentemente abituata a vedere turisti. Ci accolgono chiamandoci “vazaha”, che significa turista, bianco, e rispondiamo chiamandoli “gasy”, ovvero malgascio.

Visitiamo il mercato e la fabbrica di tabacco e poi ripartiamo seguiti da bambini che ci chiedono bon bon (caramelle) e bottiglie vuote. Notiamo la presenza di una gallina che saltella in barca, più tardi la ritroveremo sui nostri piatti… Passiamo la giornata in barca, tra relax, lettura e chiacchiere; osserviamo la vita locale e avvistiamo due grandi coccodrilli. I pasti in barca sono veramente eccezionali, complimenti a Erike! Di sera ci fermiamo nuovamente in spiaggia, ascoltiamo un po’ di musica malgascia e scopriamo che anche qui si ascolta Laura Pausini… Di notte dormiamo nuovamente in tenda.

Giorno 6. FIUME TSIRIBIHINA – MORONDAVA

L’alba è spettacolare, una delle più belle che abbia mai visto. C’è uno strato di nebbia sul fiume che crea un’atmosfera magica. Arriviamo dopo un paio d’ore a destinazione e facciamo un piccolo giro fotografico attendendo il nostro autista. Con dispiacere salutiamo i ragazzi inglesi che proseguono per gli Tsingy. Noi abbiamo deciso di non andare, a malincuore, perché avremmo sottratto 3 giorni al resto del viaggio. Iniziamo il percorso in auto verso sud, direzione Morondava lungo una strada sterrata. Si attraversano piccoli villaggi, la foresta Kirindy e vediamo moltissimi baobab. Facciamo una sosta all’immenso baobab sacro e al baobab innamorato. Questi alberi raggiungono altezze e circonferenze incredibili. Guardiamo il tramonto alla famosa allee de baobab. Ci sono molti turisti, i bambini chiedono soldi per farsi fotografare. Non amiamo i posti particolarmente turistici e l’aria poco autentica che si respira, ma vale sicuramente la pena fare una sosta, del resto sono gli alberi simbolo del Paese. Si prosegue per Morondava, poco distante. Lasciamo i bagagli in albergo (Coco beach: carino, sulla spiaggia) e andiamo a cena al Chez Jean Le Rasta. Il nome dice tutto: il proprietario è un rasta con capelli lunghissimi, il locale ha un’atmosfera jamaicana e si suona musica malgascia dal vivo. Ordiniamo pesce e camarones (gamberi enormi), buoni ma evidentemente non buonissimi secondo il nostro stomaco.

Giorno 7. MORONDAVA – BELO SUR MER

Facciamo colazione sulla spiaggia e partiamo per Belo Sur Mer. Guadiamo il primo fiume, l’acqua è quasi prosciugata durante la stagione secca, che coincide con l’inverno (la nostra estate). Il paesaggio lungo la strada è arido, attraversiamo la savana. Vi sono pochissimi villaggi fuori dal mondo. Qui si vedono quasi esclusivamente bambini; è difficile vedere anziani, e ancora di più fotografarli. L’aspettativa di vita media è circa 60 anni.

La strada è pessima e soffriamo un po’ per questo lungo spostamento. Mangiamo a sacco, pane con sardine. Dopo qualche ora arriviamo finalmente a Belo Sur Mer e andiamo in albergo. Le Dauphin è un bellissimo hotel costituito da diversi bungalow sulla spiaggia, gestito da un uomo francese; la stanza è meravigliosa, in legno e i pasti eccellenti. Non c’è acqua calda ed elettricità ma questo è il piccolo prezzo da pagare per stare in luogo lontano da tutto e da tutti. Facciamo una passeggiata in spiaggia e poi al piccolo villaggio di pescatori. Belo si trova ai margini di una laguna ed è famoso per la costruzione delle barche con le stesse tecniche che si usavano secoli fa. Mangiamo in albergo, alghe e merù con patate, ottimi entrambi. Andiamo a letto presto.

Giorno 8. BELO SUR MER

Ci svegliamo all’alba per fare una passeggiata a mare e scattare qualche fotografia, la spiaggia è totalmente deserta. Di giorno c’è bassa marea e possiamo raggiungere la sponda di fronte camminando dentro l’acqua. Decidiamo di rimanere un giorno in più a Belo e di rinunciare ad Anakao, che si trova dopo Toliara. Facciamo colazione e usciamo in pirogue a motore col proprietario dell’albergo. Paghiamo 150.000 Ariyari, un po’ troppi ma accettiamo. Bellissima gita. Ci fermiamo prima in un villaggio di pescatori Vezo e più avanti in una grande duna di sabbia da cui si gode di un ottimo panorama. Torniamo e pranziamo in albergo, è un vero paradiso! Di pomeriggio assistiamo al rientro dei pescatori che tornano a riva con il pescato. Compriamo due enormi aragoste e un pesce di circa un kg: 6 euro in tutto. Facciamo un giro per il villaggio, c’è molta gente che vende cibo nelle piccole botteghe per strada. Passeggiando notiamo un gruppo di persone in fila davanti una stanza con tante piccole sedioline: è un cinema, il televisore è di circa 19 pollici!

Torniamo in spiaggia, e c’è alta marea. Accendiamo il fuoco e arrostiamo il pesce con il nostro autista e Bruno, suo fratello. Pesce divino! Beviamo, noi birra, loro rum, mangiamo e parliamo sotto le stelle davanti al fuoco, bellissima serata.

Giorno 9. BELO SUR MER – MANJA

Sveglia all’alba, ci abbiamo preso gusto. La vista appena usciti dalla camera è magnifica, tutti gli isolotti sono emersi. Lasciamo l’albergo e ci immettiamo nella strada per Manja. Passiamo dalle saline senza fermarci perché non c’è quasi nessuno che lavora. Proseguiamo, la strada è davvero spaccaossa come c’era stato preannunciato. Siamo immersi in una fitta vegetazione, una piccolissima strada dissestata rossa è l’unica percorribile. Vi sono molti dislivelli e la velocità media è di 20km/h. Dopo aver guadato diversi fiumi, siamo in prossimità di un fiume più profondo, più di un metro di altezza. Una donna con un bambino entra in acqua per valutare quanto sia profonda, cercando di aiutarci. Le arriva all’ombelico! Riusciamo comunque a passare grazie alla capacità di del nostro autista. Ci fermiamo per mangiare un po’ di frutta e si riparte. Dopo pranzo mi addormento e mi risveglio dopo un paio d’ore a Manja. Usciamo subito a fare foto, gli abitanti sono sorpresi di vederci in giro, probabilmente perché è solo un luogo di passaggio lungo la strada per qualche località balneare. I bambini scappano divertiti quando vedono la macchina fotografica. Andiamo nell’oratorio di Saint Joseph (scuola privata) e siamo circondati da bambini sorridenti e gioiosi. Ritorniamo in hotel molto presto per cenare e poi andiamo a dormire. Io sto un po’ male a causa delle molte ore di viaggio, Paolo mi fa compagnia. L’hotel Kanto è meno terribile di quanto immaginavamo, seppur la notte ci ha mostrato il suo lato peggiore. Rumori di ogni tipo, in primis quel lavandino che perdeva… Un trapano in testa, per concludere cani e galli a tutte le ore. Una notte quasi insonne. Ma il Kanto è l’unico albergo presente in questa zona, per cui se vi troverete da queste parti non potrete fare a meno di alloggiare qui.

Giorno 10. MANJA – IFATY

Ci svegliamo alle 5:30 perché alle 6 si parte. Facciamo colazione e lasciamo l’hotel. Ci immettiamo in una strada dissestata ma un po’ meno dei giorni passati. Abbiamo problemi alla macchina e ci fermiamo, è una fortuna che non sia successo prima, era quasi inevitabile in una “strada” del genere. Siamo ormai non molto distanti da Toliara, l’unico posto nella zona in cui è possibile trovare un meccanico. Ne approfittiamo della sosta forzata per avvicinarci in prossimità del fiume dove alcune donne lavano i panni. Dopo un’oretta riprendiamo il cammino e arriviamo in un’area di sosta in attesa di oltrepassare il fiume con la zattera. Nel frattempo il nostro autista mi porta una carpa su un foglio di quaderno, comprata lì, ho preferito non guardare esattamente dove…la divoro. Saliamo sulla zattera e oltrepassiamo lentamente il fiume. Arrivati nella sponda opposta, facciamo un po’ di strada a piedi sotto il sole cocente in compagnia di alcuni bambini malgasci. Ricominciamo il cammino e più tardi arriviamo ad Ifaty. La notte ad Ifaty non era in realtà prevista nel nostro itinerario perché saremmo voluti andare ad Anakao, ma la scelta di stare due giorni a Belo ci ha costretti a rinunciare. Il Bamboo club sembra bello anche se è già buio. Mangiamo, ci fanno aspettare moltissimo, ma ne vale la pena: gamberi e pesce grigliati con patate. La stanza è molto bella, in un bel bungalow sulla spiaggia. Ci addormentiamo.

Giorno 11. IFATY

Ci alziamo e facciamo colazione, buona e abbondante. Scegliamo un’escursione, prendiamo maschere e pinne e partiamo con una piroga a vela. Ci fermiamo per fare snorkeling nella barriera corallina: bellissimo fondale e pesci colorati. Ci sono anche un sacco di ricci giganti che nessuno prende perché qui non si mangiano. Risaliamo e ripartiamo alla volta di un villaggio in cui faremo una lunga sosta a pranzo. Ci sediamo sulla spiaggia, nel frattempo i piroghieri preparano il riso, arrostiscono aragoste, e cucinano un pesce in pentola. Distendono la vela sulla spiaggia e apparecchiano, mangiamo lì. Tutto veramente ottimo. Ritorniamo a Ifaty, paghiamo 15 euro l’uno per l’escursione. Siamo soddisfatti. Di pomeriggio facciamo una passeggiata in spiaggia, nulla di speciale, e decidiamo di andare al villaggio delle tartarughe. Lungo il tragitto passa un’auto alla quale chiediamo indicazioni, penso che potrebbe darci un passaggio, evidentemente lo dico ad alta voce perché ci fa salire a bordo. Siamo in 7 o 8 in auto. Arriviamo al parco e scendiamo. Carino ma niente di imperdibile. Torniamo a piedi e ci rilassiamo un po’ nel giardino dell’hotel. Ottima cena.

Giorno 12 IFATY – RANOHIRA

Dopo una buona colazione a base di pane e omelette, partiamo in direzione Toliara. Ci fermiamo in città, l’autista si ferma dal meccanico e noi ne approfittiamo per fare un giro. La città ci sembra molto triste. Il mercato delle conchiglie è una “turistata”; il gran mercato è più autentico ma ugualmente poco attraente. Facciamo qualche foto e torniamo dal nostro autista in pousse-pousse. Andiamo via da Toliara e ci immettiamo nella RN7, ci sembra un miracolo vedere l’asfalto. Ci fermiamo a pranzare in una hotely per strada, poi ci rimettiamo in viaggio. Il paesaggio è quasi desertico. Passiamo da Ilakaka, la via principale è costituita da baracche nate attorno all’estrazione di zaffiri e da molte botteghe per i minatori. Arrivati a Ranohira ci fermiamo ad assistere al tramonto a La Fenetre de l’Isalo, una grande scultura naturale da cui si gode di un ottimo panorama. Più tardi ci fermiamo da Chez Alize, dove conosciamo il simpatico compagno della proprietaria, un italiano che ci racconta la sua (incredibile) storia. Mangiamo lì, maiale con ceci e pasta alla bolognese con carne di zebù: piatti straordinari.

Giorno 13. ISALO PARK

Ci svegliamo presto per iniziare la nostra escursione all’Isalo park. Conosciamo la nostra guida, Marcellino, molto simpatico. All’interno del parco si possono osservare le tombe del popolo bara (:D) inserite nelle incanalature della montagna. Vediamo qualche serpente, uno scorpione e il simpatico insetto stecca che si mimetizza fra i rami delle piante. I panorami sono mozzafiato, il paesaggio è quasi desertico, costituito da canyon e pareti rocciose a strapiombo. Ci sentiamo in Arizona. Nella parte più umida sono presenti ruscelli, cascate, piscine naturali: un vero paradiso. All’interno del parco abbiamo la fortuna di incontrare tutte e tre le specie di lemuri presenti, compreso il catta, davvero simpaticissimo con quegli piccoli occhi arancioni e la lunga coda ad anelli! Dopo una lunga camminata tra la vegetazione all’interno del canyon lungo il ruscello, arriviamo alle piscine naturali; la prima, la piscina blu, più piccola e profonda 3 metri, e la piscina nera, profonda almeno 6. Non resistiamo alla tentazione di fare un tuffo, nonostante l’acqua sia gelida. Facciamo un pic-nic in piscina, pane uova e ananas. Arrivano i primi visitatori e andiamo via. Vi consiglio di arrivare alle piscine prima di pranzo per poter godere di qualche ora di silenzio. Dopo pranzo ci rimettiamo in marcia, dopo circa 15 km di cammino andiamo via. In albergo scegliamo di fare un massaggio al corpo, rigenerante dopo la fatica di oggi! Facciamo un aperitivo di crocchette con friggitelli e carne. Si cena in albergo: Paolo spiedini di zebù e io un panino con hamburger di zebù stufato e ananas caramellato, DIVINO. Chez Alize è sicuramente il miglior ristornate del nostro viaggio.

Giorno 14. RANOHIRA – AMBALAVAO

Dopo colazione partiamo in direzione Ambalavo. Ci fermiamo a scattare qualche foto in dei villaggi e poi a pranzare in una hotely. Ripartiamo e ci accorgiamo di come il paesaggio sia cambiato: siamo circondati da montagne e risaie. I villaggi sono meno isolati, con costruzioni più forti e più servizi. Arriviamo ad Ambalavao, indossiamo qualcosa di più pesante e usciamo a scattare fino al tramonto. La città è piccola e affascinante. Nonostante il turismo qui non manchi, la gente sembra stupita di vederci. Le persone sono anche più diffidenti rispetto ai villaggi e meno entusiaste nel farsi fotografare. Facciamo un giro al mercato e poi torniamo in albergo a cenare. Cena pessima, peccato perché il posto è veramente carino.

Giorno 15. AMBALAVAO – SAHAMBAVY

Dopo aver fatto colazione ci fermiamo ad osservare dei camaleonti proprio fuori dalla nostra camera. Usciamo e facciamo tappa in un laboratorio in cui si lavora la seta. Qui assistiamo a tutte la fasi della lavorazione. Dal bozzolo dei bachi da seta, all’essiccazione, alla bollitura e asciugatura, fino al prodotto finito; le ragazze filano ad una velocità straordinaria. In seguito ci spostiamo nella fabbrica di un particolare tipo di carta, chiamata antemoro. La corteccia della tapia viene bollita, poi assemblata e infine decorata con fiori essiccati. Il negozio è bellissimo e facciamo qualche acquisto.

Oggi è giovedì e decidiamo di concludere la mattinata al mercato di zebù che si svolge ogni mercoledì e giovedì mattina appena fuori dalla città. Il grande mercato attira numerosa gente, tra venditori, compratori e visitatori. Siamo un po’ perplessi per i modi bestiali che usano i pastori con gli zebù. Lasciamo Ambalavao e ci dirigiamo verso Sahambavy. La strada è molto bella, ci sono terrazze di riso ovunque. Camminiamo parallelamente alla famosa ferrovia che porta da Fianaratsoa a Manakara; ci dispiace rinunciare a questa esperienza ma il tempo di percorrenza è davvero imprevedibile. Di pomeriggio arriviamo al Lac hotel, un incanto! Diverse palafitte direttamente sul lago e una splendida vista, albergo curatissimo! Sul lago ci sono due isolotti collegati da un ponte su cui vivono due lemuri! Usciamo a fare una passeggiata a piedi, 3 bambini si uniscono a noi e ci portano al loro villaggio, c’è ancora il mercato. Facciamo qualche foto, si fa buio e torniamo. Cena scarsa.

Giorno 16. SAHAMBAVY – FIANARATSOA

Ci svegliamo molto presto per andare alle piantagioni di the di Sahambavy, le uniche del Madagascar. Arriviamo e scopriamo che non è il periodo di raccolta, non c’è nessuno che lavora ai campi; entriamo comunque agli impianti di lavorazione dove ci viene offerta una degustazione. Siamo poi attirati dalle piantagioni di riso poco più giù, assistiamo alla lavorazione della terra e alla semina. Ci fermiamo nuovamente al mercato di Sahambavy con la luce, molto carino. Poi ripartiamo percorrendo la strada per Fianaratsoa. Arrivati in città, andiamo direttamente al mercato Zoma (=Venerdì), è anche il giorno giusto e c’è tantissima gente. Qui si può trovare davvero di tutto. Ci immergiamo nel caos, facciamo qualche foto e poi a pranzo al Zomatel dove dormiremo. La stanza è fornita di ogni comfort e le sale comuni sono molto eleganti, in netto contrasto con l’esterno. Dopo pranzo andiamo al laboratorio di un grandissimo fotografo malgascio, Pierrot Men, all’interno dell’albergo Soafia. Abbiamo la fortuna di incontrarlo lì e gentilmente ci fa entrare nel suo studio mostrandoci alcuni suoi lavori. I suoi bianco e nero ci lasciamo incantati. Usciamo ed esploriamo l’haute ville a piedi; per la prima volta visitiamo un luogo che ha sembianze di città. Più tardi andiamo alla casa famiglia “omeo bon bon” (dammi una caramella), e veniamo accolti dallo psicologo Tony Vasco il quale ci racconta della sua esperienza, di come ha lasciato tutto ciò che aveva in Sicilia ritrovando se stesso in questo angolo di mondo, donandosi agli altri, in questo caso una ventina di bambini di strada. I bambini ci accolgono e coinvolgono con canti e balli. Ci invitano a cena e trascorriamo lì la serata.

Giorno 17. FIANARATSOA – AMBOSITRA

Dopo colazione lasciamo Zomatel e incontriamo nuovamente Tony Vasco, il quale ci conduce nella sede in cui si studia per il rinserimento scolastico. Qui incontriamo numerosi bambini tra cui Josephine, figlia adottiva di un amico italiano. I bambini sono allegri e ci accolgono cantando. Scattiamo qualche foto e salutiamo, si parte in direzione Ambositra. Ci fermiamo a pranzare nel villaggio di Ambohimahasoa, facciamo un giretto fotografico e si riparte. Il paesaggio montano è molto bello. Arriviamo ad Ambositra e dopo aver lasciato i bagagli all’hotel Violette usciamo a fare un giro in centro. La città sembra meno caotica e più graziosa rispetto alle altre. Di sera torniamo in pousse-pousse, mangiamo una buona grigliata di carne e andiamo a letto.

Giorno 18. AMBOSITRA – ZAFIMANIRY

Ci svegliamo, fuori è nebbioso e fa freddo. Partiamo per i villaggi Zafimaniry, rinomati per le sculture in legno e patrimonio UNESCO. Il nostro autista ci lascia ad Antoetra, la porta di accesso per gli altri villaggi, di per sé poco interessante. Da lì partiamo a piedi con una guida, ancora inconsapevoli…

Proseguiamo per una faticosissima salita di circa 4km, lungo sentieri impervi per andare a visitare Ifasina, un villaggio isolato e non raggiungibile in macchina, ma comunque il più vicino fra i Zafimaniry. Dopo circa un’ora di camminata mora mora (piano piano) immersi in un bellissimo paesaggio, appare come un miraggio il villaggio dall’alto. Le sue case sono interamente fatte in legno e assemblate a incastro, senza nemmeno un chiodo! Il capo del villaggio novantenne ci ha accolti in casa sua; dalle travi pendevano centinaia di pannocchie di mais, messo lì ad asciugare e simbolo di ricchezza.

La gente di questi villaggi, fra gli altri fady (taboo), osserva il divieto di lasciare che le donne mangino ali di pollo, perché credono che, qualora lo facciano, esse comincino a ‘volare’ qua e là…



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