Londra di primavera

Londra in 4 giorni: musei, parchi, pub, attrazioni, curiosità.
Scritto da: sere71
londra di primavera
Partenza il: 07/04/2010
Ritorno il: 11/04/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
7-11 aprile 2010 (viaggio di coppia) Che effetto fa tornare in una città dopo 20 anni? Io Londra la conoscevo ai tempi della scuola, quando ogni estate andavo un paio di settimane in Inghilterra per imparare la lingua. Ma era sempre un mordi e fuggi, influenzato, oltretutto, dalle inclinazioni adolescenziali: molto più Oxford Street che British Museum, per intendersi. Stavolta ci torno da adulta, insieme a Mik che non l’ha mai vista. 4 giorni di full immersion nella capitale che non passa mai di moda, perché ha sempre qualcosa di nuovo da raccontare. L’offerta dei voli è sterminata. Ne scegliamo uno della Ryanair (comodo anche per il check-in on line) che da Bologna ci deposita a Stansted a mezzogiorno. Niente attesa bagagli perché viaggiamo solo con un borsone a mano. Ci dirigiamo all’uscita, al banco della Terravision, per acquistare un passaggio pullman A/R al costo di 14 £ ciascuno (validità tre mesi). Il tragitto dura un’ora ed è già emozionante perché entrando in città intravvediamo la Canary Wharf e il Millennium Dome, sfioriamo da vicino la Tower of London e il Monument e costeggiamo buona parte della riva nord del Tamigi passando accanto a Westminster Abbey, per sbarcare esattamente nel cuore pulsante di Londra: Victoria Station. Acquistiamo 2 Oyster Card (deposito di 3 £ che ci verrà restituito a fine vacanza insieme al credito residuo) e le carichiamo di 20 £ l’una. I trasporti londinesi non sono i più economici del mondo, è vero, ma almeno sono efficienti e capillari. La Oyster non ha scadenza e si può ricaricare a piacimento: ogni volta che la striscerete sugli appositi lettori, al termine di una tratta in metro, vi verrà segnalato il credito rimanente. Noi per 4 giorni abbiamo speso 24 £ ciascuno, senza fare un uso smodato della metro, ma usandola solo per raggiungere la nostra meta al mattino e tornare in hotel la sera più, a volte, un tragitto intermedio. La Oyster permette di usare anche i bus, la linea ferroviaria di superficie e dà diritto ad uno sconto sul trasporto fluviale. Sono quasi le 14 e la fame si fa sentire. Entriamo al Victoria Place, una galleria di negozietti e punti di ristoro sovrastante l’Underground e ci sediamo da Garfunkel’s, catena che offre cibo inglese tradizionale (o almeno così reclamizza). Dal lunedì al venerdì c’è un’offerta su tutti i main courses: 6,95£. Prendiamo sausage & mash (un classico) e del roasted chicken + acqua. Giudizio: più che soddisfacente. Costo 15£ totali. In 5 fermate di Tube (linea District) arriviamo a West Kensington; il residence in cui alloggeremo si chiama Castletown House. La zona non è centralissima ma ottimamente collegata (a distanza di 10 minuti c’è anche la Piccadilly line) e l’alloggio ci soddisfa in pieno. Uno studio arredato nei toni del bianco con angolo cottura e bagno. Niente di lussuoso, ma dotato di ogni comfort: cucina attrezzata con forno elettrico e microonde, generi alimentari di prima necessità (acqua, tè, caffè, zucchero, olio, sale), phon, ferro da stiro, televisore, lettore dvd (con scelta di 5, 6 titoli), stereo, pc con accesso a internet gratuito. Cosa desiderare di più per 70 £ a notte in totale? Diciamo anche i contro, altrimenti sembra troppo bello: il nostro appartamento è seminterrato, seppure assai luminoso; il bagno non è proprio di ultima generazione, il letto è alla francese. In più è un residence, non un hotel, e ciò comporta che non rifanno la camera, bisogna provvedere da soli. Ma per starci pochi giorni è ottimale! Ci sono anche appartamenti più grandi, da 4 o 6 posti, ai piani superiori della palazzina, in cui vivono anche i proprietari. Il tempo di rinfrescarci e posare i bagagli e siamo fuori a dare il primo assaggio alla città. Ovviamente piove, e il tempo è grigiastro. Decidiamo di non allontanarci troppo (sono quasi le 16) e visto il clima optiamo per un museo. A Londra i musei statali sono gratuiti, si paga solo per le mostre temporanee. Della serie: la cultura è patrocinio di tutti; non male, no? Se poi volete siete liberi di lasciare una donazione, ma nessuno vi obbligherà a farlo. Scegliamo, per motivi di vicinanza, il Natural History Museum. L’idea sarebbe di vedere un museo al giorno, durante questo soggiorno londinese. Il NHM (South Kensington, orario 10-17.50) ha due ingressi. Entriamo dal meno affollato, su Exhibition Road, e ci troviamo alle soglie delle Gallerie della Terra, nella Red Zone. Nell’atrio fanno mostra di sé 6 statue che rappresentano i diversi stadi dell’evoluzione umana. Una scala mobile traghetta i visitatori nel cuore del museo, inghiottendoli dentro una riproduzione del globo terrestre. Il museo è pensato soprattutto per un pubblico minorenne, ma può essere affascinante anche per gli adulti, soprattutto per chi dentro si sente ancora un po’ bambino. La struttura architettonica è suggestiva, con soffitti altissimi e linee snelle e aggraziate. Girovaghiamo mischiandoci alla folla di turisti, scolaresche e famiglie con bimbi al seguito. Il museo è molto grande e visitarlo richiede tempo, anche perché c’è molto da leggere (didascalie, displays). Imperdibile la sosta nella Central Hall dove è esposta la ricostruzione dello scheletro di un gigantesco dinosauro. Usciamo dopo un paio d’ore, la pioggerellina insiste: che si fa? Qui vicino c’è Harrods (dieci minuti a piedi) e, anche se già sappiamo che non faremo acquisti, un’occhiata gliela si può dare. Cerchiamo subito la sala egizia, io ho una piccola mania per l’Egitto, anche quando è fasullo al 100% come qui dentro. I nostri olfatti vengono rapiti da un profumino che proviene dalla sala accanto: reparto pasticceria. Delizioso! Non solo per la merce esposta e i prezzi per nulla eccessivi, ma anche per l’ambientazione bucolica: le divise degli addetti al reparto, i grembiuli provenzali e i cappelli di paglia sembrano appena usciti da un quadro di Renoir. Giriamo principalmente il piano terra, sale alimentari, profumeria, e sbuchiamo davanti all’altare commemorativo di Diana e Dodi, prima di lasciare l’edificio. Fuori c’è da decidere per la cena. Ci fermiamo nei dintorni o compriamo qualcosa da cucinare nel nostro studio? Su Brompton Road veniamo attratti dall’insegna di un pub, il Bunch of Grapes, che promette un fish & chips da sogno. E’ la formula magica. Entriamo. Al piano terra non ci sono tavoli liberi, per cui lasciamo la vivace birreria per rifugiarci al piano superiore, dove una saletta tranquilla ospita qualche coperto. Due fish & chips, che mantengono la promessa, + una red beer al costo di 22 £ complessivi. Poi il tube ci riporta al residence.

Giovedì 8 aprile: Oggi Londra ha deciso di regalarci una splendida giornata primaverile e siamo di ottimo umore mentre facciamo colazione con yogurt, tè e due belle paste comprate ieri sera in una pasticceria vicino al Bunch of Grapes. Oggi visiteremo la Londra “istituzionale”, ossia la zona di Westminster. Prendiamo la metro fino a Victoria, da lì con una breve camminata siamo davanti a Westminster Cathedral, che, seppur diversissima dalla ben più famosa Abbey, merita una visita. Costruzione romanico-bizantina, in mattoni bianchi e rossi, fortissimamente voluta dalla chiesa cattolica per contrapporsi all’omonima abbazia protestante, stupisce soprattutto per i bei mosaici. Si può anche salire, a pagamento, sul campanile, per ammirare il panorama, noi però, approfittando della giornata limpida, preferiamo contemplare la città dall’alto del London Eye, la ruota panoramica che campeggia all’estremità meridionale del Westminster Bridge. Tralasciando per il momento Westminster Abbey, dove torneremo più tardi, attraversiamo Parliament Square, popolata dalle statue dei politici famosi, tra cui l’immancabile Churchill, e percorriamo il ponte ammirando il Big Ben e la facciata austera delle Houses of Parliaments, e, sull’altro lato, la statua della regina Budicca,. Il Tamigi scintilla placido: è un’allegra giornata di sole in una città che di sole ne vede pochino. Ci fermiamo a scattare qualche foto, approfittando anche della gentilezza di un’anziana signora britannica, poi eccoci alle casse del County Hall per acquistare i biglietti per la ruota. Qui la fila è d’obbligo; è però possibile, per chi ha le idee chiare sul giorno e l’orario in cui vuole salire, prenotare on-line (costo £ 17,38). Da lontano la ruota panoramica sembra ferma, in realtà si muove impercettibilmente per dare modo alla gente di salire di continuo, nella cabina che termina il suo giro e tocca il suolo (15/20 persone a cabina). Non è da consigliare a chi ama le montagne russe, non è un giro da forti emozioni, però è un’esperienza simpatica trovarsi lassù, sospesi nel cielo di Londra, a sbirciare il Parlamento e il Big ben dall’alto, il St James Park che si apre verso Buckingham Palace e più a destra, là in fondo, la cupola di St Paul Cathedral. Per noi ne vale la pena! Scendiamo, e la banchina lungo il fiume (South Bank) ci invita a una passeggiata. C’è un bel movimento: bambini che giocano nei prati, artisti di strada, suonatori, giocolieri. Arriviamo fino al successivo ponte pedonale e torniamo indietro sulla riva sinistra, fino a ritrovarci dinnanzi all’abbazia di Westminster, dove finalmente entriamo. Dentro si viene rapiti e trasportati in un’altra dimensione. Per qualche momento ci aggiriamo spaesati: non si riesce ad avere una visione complessiva della cattedrale ma solo prospettive parziali in base al punto in cui ci si trova, e questo ci disorienta. Cominciamo ad esplorarla ma non capiamo nulla, così decidiamo di utilizzare l’audioguida compresa nel costo del biglietto (£ 15 ), disponibile anche in italiano. Beh, ora è un’altra cosa! Cominciamo ad addentraci, seguendo le indicazioni, nella labirintica abbazia. Non basterebbe una giornata per visitarla minuziosamente, ogni angolo è ricco di iscrizioni, statue, decori. Westminster Abbey è il tradizionale luogo di incoronazione dei monarchi inglesi dai tempi che furono, ma è soprattutto un luogo di sepoltura di re e personaggi celebri (per citarne alcuni, Tennyson, Kipling, Hardy, Dickens, Chaucer, Darwin, Newton, Elisabetta I, Maria Stuarda, James I, la lista è lunga) e l’impronta solenne e un po’ tetra si avverte quasi ovunque, nonostante la ricchezza dei fregi e lo sfarzo dei marmi. Non solo i monarchi, ma anche le loro madri, mogli e figli sono sepolti qui; anche ministri, consiglieri, personaggi a noi sconosciuti che secoli fa ebbero fama e gloria e si guadagnarono una vetrina permanente e l’immortalità del nome nella chiesa più famosa d’Inghilterra. Insomma, Westminster Abbey è il luogo in cui valgono ancora le differenze sociali, in cui anche nel 2010 l’uomo comune si confronta con la sovranità, la stirpe nobiliare, l’appartenenza a una casta. Il chiostro è l’unica parte dell’abbazia non commentata dall’audioguida. Percorrendone il perimetro si rientra nella parte terminale di Westminster Abbey (ingresso ovest) dove si trova la tomba del milite ignoto (un po’ kitch, con tutti quei papaveri finti) presidiata dalle statue di Newton e Darwin, poco distanti. E’ l’una e 30 quando usciamo all’aperto, l’aria è piacevolmente calda per cui optiamo per una pausa relax al St James Park, proprio qui dietro. Ne approfitteremo per mangiare i buoni panini comprati al Cafè Nero, una catena diffusa in tutta Londra che offre piccoli spuntini take away oltre al servizio di caffetteria. E’ carino, questo parco, molto raccolto, con un laghetto artificiale nel centro e molti scoiattoli per nulla intimoriti dalla presenza umana. Vediamo parecchia gente sdraiata sull’erba che si gusta la bella giornata. Ci sono anche sedie a sdraio che volendo si possono affittare per 1,50 £ l’ora. Gli alberi sono ancora reduci dal periodo invernale, ma tutto suggerisce un risveglio imminente. Lunch & relax; poi verso le 15 completiamo il giro del parco, uscendo sul lato Buckingham Palace. La bandiera svetta: i reali sono a Londra. Una piccola folla di curiosi è assiepata davanti al cancello e scatta foto alle guardie. Il monumento alla Regina Vittoria giganteggia nella piazza, costituendo punto di ritrovo per comitive di giovani. Non c’è molto di più da vedere. Sarebbe interessante visitare le sale interne del palazzo, ma è consentito solo d’estate. Attraversiamo il Green Park (niente di che) per prendere la metro, linea Piccadilly, fino a Russel Square, una piacevole piazzetta alberata non distante dalla nostra meta pomeridiana: il British Museum. Anche il British, come molti musei pubblici, è gratuito e assolutamente imperdibile. Entriamo da Montague Place. Già la struttura è favolosa. Si salgono le scale e si arriva nella Great Court, uno spazio circolare bianco sormontato da un enorme cupola vetrata che lo fa somigliare a una serra del sapere. Le collezioni permanenti sono impressionanti: è così vasto e ricco di reperti che ci vorrebbero due giorni interi per visitarlo, per cui noi siamo destinati ad una visita superficiale. Tuttavia, sapendo in anticipo cosa privilegiare si può andare a colpo sicuro e ottimizzare il poco tempo a disposizione. Noi avevamo scaricato da internet una mappa della varie sale con la descrizione degli oggetti esposti, scegliendo già da casa cosa non mancare. Con la consapevolezza che non si può vedere tutto, si può decidere su cosa concentrare l’attenzione e cosa invece rimandare alla visita successiva. In fondo Londra è veramente dietro l’angolo! Noi in 3 ore abbiamo visto un bel po’ e siamo usciti con i piedi lessi e gli occhi gratificati. Non paghi, abbiamo deciso di proseguire con una passeggiata nel quartiere di Soho. Da Great Russel Rd (ingresso principale del British Museum) attraverso Bloomsbury Street, New Oxford Street (dove Mik trova una svendita da urlo in un negozio di articoli sportivi e ne approfitta alla grande), sbuchiamo in Soho Square e ci addentriamo nel cuore del quartiere (Firth Street, Dean Street, Old Compton Street) proprio alle 18, ora dell’aperitivo. Centinaia di giovani affollano gli usci di ogni pub, con in mano un bicchiere di vino o una pinta di birra. I tavolini straripano di gente e ai ritardatari non resta che intasare il marciapiede, creando lunghe cose di risate e chiacchiere. Hanno tutti un’aria rilassata ed invidiabile! Conversano, bevono, si godono il meritato relax. Notiamo anche dei pub in cui la clientela è esclusivamente maschile, ed è facilmente intuibile il motivo, ma nella maggior parte dei locali è mista. Gironzoliamo ancora un po’, sfociamo su Shaftesbury Avenue, la via dei teatri. Domattina avremmo l’intenzione di procurarci dei biglietti per un musical a prezzo scontato. Verso le 19 ci facciamo ispirare da uno dei tanti pub (the Dog & the Duck) in Bateman Rd, che ha una mini sala al piano superiore, dove consumiamo una cenetta eccellente spendendo in tutto una ventina di sterline. Poi in metro torniamo al residence.

Venerdì 9 aprile: Anche stamattina ci viziamo con una colazione golosa in camera. La giornata sarà dedicata alla Londra commerciale, con qualche piccola deviazione dal tema. Il sole splende e già questo è di buon auspicio. Prima tappa Piccadilly Circus, luogo a nostro avviso ampiamente sopravvalutato, ma per gli inglesi è un cult e noi giustamente gli rendiamo omaggio. Da lì a piedi in Leicester Square, dove si trova uno dei due botteghini ufficiali Tkts della Society of London’s Theatre (l’altro è all’interno del Brent Cross Shopping Centre) che ogni giorno vende biglietti last minute per i musicals in cartellone. Non per tutti, però. Dipende dalle disponibilità rimaste, e infatti i due che cerchiamo noi non ci sono (Mamma mia / Billy Elliot). Il chiosco apre alle 10 ma già mezzora prima comincia a crearsi la fila e alle 9.45 un addetto affigge alla bacheca i titoli disponibili con i relativi prezzi. Alcuni hanno un ribasso anche del 50%. Noi però non siamo fortunati e di pagare il biglietto intero non se ne parla (125 £ a testa). Rinunciamo, un po’ dispiaciuti. I biglietti si trovano anche dall’Italia on line e prenotando con molto anticipo (4 mesi prima) si possono ottenere prezzi assai convenienti, però bisogna avere già le idee chiare sull’orario e il giorno dello spettacolo che si desidera vedere, perché una volta acquistati non sono rimborsabili. E’ chiaro che nel week end (soprattutto venerdì sera e sabato) i prezzi lievitano parecchio. Da Leicester Square, dopo aver dato un’occhiata alla statua di Charlie Chaplin, in due passi siamo a Trafalgar Square, immensa, rallegrata dalle fontane trionfali e dall’obelisco in onore di Horatio Nelson, che fermò a Trafalgar l’invasore francese. Alle 10 e 20 del mattino la piazza, di solito affollatissima, è ancora abbastanza tranquilla. Anche le code davanti alla National Gallery, che qui si affaccia e ha l’aspetto di un tempio greco, sono relative. Decidiamo di visitarla solo se ci resterà del tempo a fine giornata, perché il programma di oggi è bello denso. Intanto Mik si fa scattare varie foto tra le zampe dei leoni che sono alla base dell’obelisco. Imbocchiamo lo Strand, lunga arteria trafficata, dove tuttavia non mancano di sfrecciarci accanto diversi ciclisti. Abbiamo notato che a Londra la bicicletta è molto in voga come mezzo di locomozione, cosa che non avviene nelle nostre grandi città. Sarà a causa del traffico più civile, la maggiore educazione, il rispetto che spesso manca nella nostra bella Italia? Non facciamo polemica… Fatto sta che molta gente qui usa la bici anche per andare al lavoro, portandosi dietro il cambio d’abito in uno zaino. Il nostro obiettivo è raggiungere il quartiere di Temple, degli Inns of Courts, già sede dell’ordine dei templari e, fino a qualche tempo fa, della stampa (Fleet Street). Proprio all’inizio di questa via campeggia una colonna sormontata da un grifone, simbolo della City, che segna il confine tra la zona della politica (Westminster) e la zona degli affari. Poco più avanti, sulla destra, un passaggio conduce a Temple, che è davvero un altro mondo. Assenza totale di macchine, una serie di vicoli e cortili chiusi, sembra di tornare indietro di un secolo improvvisamente. Ci ha spinto qui il desiderio di visitare la Temple Church, l’unica a pianta circolare di Londra, un tempo quartier generale dell’ordine dei Templari, che vi compivano riti di iniziazione. Purtroppo la chiesa non rispetta precisi orari di apertura. Bisogna telefonare per conoscerli di volta in volta, oppure scrivere una e-mail a verger@templechurch.com . Noi l’abbiamo fatto, senza ricevere però risposta. Nel dubbio tentiamo ugualmente ma la sorte non è dalla nostra parte e il portone della chiesa è, ahimè, sbarrato. Oltre a noi, altri 4 turisti solitari occhieggiano alla chiesa con aria sconsolata. Peccato! Proseguiamo nella passeggiata, andando verso il fiume. Costeggiamo la riva nord del Tamigi, Victoria Embankment, fino ad incontrare il Cleopatra’s Needle, un obelisco egiziano donato all’Inghilterra nel 1819, che ha un esatto gemello a New York. La base contiene oggetti della vita quotidiana destinati ai posteri. Le due sfingi sono capovolte: guardano l’obelisco, invece di fargli la guardia, come di consueto. Lasciamo il lungofiume e ci inoltriamo verso l’area di Covent Garden. Piccola pausa ristoratrice in una delle tante Patisserie Valerie sparse per la città (Henrietta Street). Ottime, ne vale la pena! Il Covent Garden era fino agli anni 70 un mercato generale. Successivamente la zona è stata riqualificata e trasformata in un’area pedonale commerciale, molto frequentata dai turisti. C’è sempre qualche artista di strada ad intrattenere la folla, cantanti, acrobati… Nelle vie pedonali limitrofe alla piazza principale (Neal Street, James Street) negozietti colorati e locali pieni di musica strizzano l’occhio a chi si trova a passare. Dietro l’angolo, il palazzo della Royal Opera House, presidiato dalla bella statua di Piazzotta che ritrae una ballerina di danza classica. E’ ormai ora di pranzo. Abbiamo con noi due appetitosi panini acquistati in una panetteria dello Strand e pensiamo bene di andare a sbafarceli al sole, in un altro dei celebri parchi londinesi, Hyde Park. In poche fermate di metro (Piccadilly Line) siamo a Wellington Arch, sul quale volendo si può salire per ammirare il panorama. Entriamo nel parco dall’ingresso sud est e percorriamo la strada principale che costeggia The Serpentine, il lago artificiale che divide Hyde Park da Kensington Gardens. Molta gente prende il sole sulle sdraio o fa un pic-nic con gli amici. Ci stendiamo sul prato a riposare per un’oretta. Che pacchia – e che strano – visitare Londra con questo sole! Quando troviamo la forza di rimetterci in piedi, ci dirigiamo verso l’uscita nord, passando accanto allo Speaker’s Corner (ma non è domenica e non c’è nessuno), nei pressi di Marble Arch. Siamo su Oxford Street., straripante di gente e di traffico. Oddio, non era così che la ricordavo! Proviamo ad entrare in un grande magazzino che promette prezzi stracciati (in strada tutti i pedoni hanno borse con quel marchio, piene zeppe di recenti acquisti) ma… aiuto… C’è da fare a pugni (e la sauna) per avvicinarsi alla merce in vendita. Beh, non sono venuta a Londra per questo! Non è cosa: dietro-front! Roba da pazzi… Spintonarsi e calpestarsi in quel modo per lo shopping! Regent’s Street è più ordinata, ma anche più ordinaria: i negozi sono per lo più catene esistenti anche in Italia (Furla, Intimissimi, Benetton). Ma ricordo male o 20 anni fa non era per niente così? Giriamo verso Carnaby Street, molto più gradevole, caratteristica e pedonale (evviva!). L’atmosfera è rilassata e non frenetica, i volti sono distesi e sorridenti. Entriamo al Blue Post, dove ci fanno accomodare al secondo piano e, mentre altri turisti già stanno cenando (ore 17.00!), sorseggiamo una birra rinfrescante. Il pomeriggio è ancora giovane, che si fa? Decidiamo di raggiungere la Tate Britain, visto che ci manca il museo quotidiano. Da Oxford Circus a Pimlico sono tre fermate di metro. Anche questo museo è gratuito: a pagamento, invece, la mostra temporanea dedicata a Henry Moore, che non visiteremo. La Tate Britain racchiude un’ampia collezione di opere pittoriche britanniche; tra i dipinti che più ci colpiscono Ophelia di Millais, The Lady of Shalott di Waterhouse e l’ala dedicata a Turner. Il museo è più ampio di quanto appaia a prima vista e la visita richiede come minimo due ore. Quando usciamo sono le 19 e i piedi iniziano a protestare. Ci trasciniamo fino alla metro. Decidiamo di tornare in zona residence e provare un pub che abbiamo adocchiato ieri. Non potevamo fare scelta migliore: il pub, oltre ad essere molto carino, serve ottimo cibo (il salmone alla griglia più tenero mai assaggiato) e ottima birra. The Curtais up, di Vereker Rd. Ci ripromettiamo di tornare per cena anche domani. Merita una seconda occasione!

Sabato 10 aprile: Oggi ci attende l’East End. Usciamo di casa per tempo e alle 9.00 siamo già sotto la Torre di Londra. Qui la fila non manca mai e poiché non abbiamo prenotato i biglietti su internet preferiamo giocare d’anticipo. Difatti ce la caviamo piuttosto velocemente. Che dire? Già l’impatto iniziale è fortissimo. La fortezza è magnifica anche dall’esterno! Entriamo e come prima cosa ci dirigiamo alla Jewel House per vedere i gioielli della corona, perché sappiamo che col procedere della giornata si formeranno lunghe code. Non che la vista di questi oggetti ci appaghi particolarmente… comunque in un quarto d’ora si completa il giro e può valerne la pena, anche perché entrando ci si trova dinanzi al filmato originale dell’incoronazione di Elisabetta II, la prima avvenuta in diretta TV nel 1953. Noi all’epoca non c’eravamo, per cui abbiamo guardato con curiosità spezzoni della cerimonia, per quanto a nostro avviso la monarchia sia un regime abbastanza anacronistico nell’era contemporanea. Il complesso della Torre di Londra è molto vasto e va gustato pezzetto per pezzetto. Mettete in conto 3 ore circa. Già verso le 10.30 il tasso di affollamento cresce sensibilmente e diventa problematico muoversi negli spazi stretti, come i bastioni, il perimetro delle mura. La visuale del fiume, del Tower Bridge e dell’area di Southwark è spettacolare! La bella giornata di sole aiuta. Ma è davvero Londra? Tre giorni di clima fantastico, da non credere! Non sto a fare l’elenco di tutti i luoghi da visitare: gironzolare e curiosate dappertutto. Alcuni ambienti sono un po’ macabri perché recano le testimonianze murali dei prigionieri politici, che spesso finivano decapitati o sulla forca (alcuni celebri prigionieri della Torre: Enrico VI, Anna Bolena, Elisabetta I, Tommaso Moro…). Sappiate anche che questo è il luogo originario della città di Londra; infatti la Londinium fondata dai romani nacque proprio qui sulle sponde del Tamigi, dove ora sorge la Torre. Usciamo dal complesso verso mezzogiorno; piccola pausa sulla terrazza di un chioschetto che vende spuntini; prendiamo due caffè e una pasta da dividere in due, poi risaliamo da dove siamo venuti, in direzione della fermata metro Tower Hill, per imboccare il passaggio che conduce al St. Katherine Dock, attualmente riconvertito in ameno luogo di passeggio e di ritrovo. Troverete negozietti, localini invitanti e anche alcune abitazioni, il tutto con vista sul porticciolo turistico e sulle impeccabili imbarcazioni di qualche facoltoso. Facciamo tutto il giro, sbucando di fronte alla bella scultura di un bambino che abbraccia un delfino, con dietro lo sfondo del Tower Bridge. Questo famosissimo ponte è assai scenografico con le sue torri a punta pseudo gotiche e i colori accesi delle decorazioni rosse e azzurre. Lo percorriamo a piedi, senza accedere alla mostra sulla storia della costruzione e alla sala motori. Volendo si può salire fino in cima alle torri, ma per noi è già un’emozione camminare allegramente sul marciapiede pedonale. Alla nostra destra Southwark brulica di movimento. Si staglia su tutto, curiosa, la sagoma di The Egg, il Municipio di Londra. Iniziamo la south river walk, in mezzo ad una gioiosa popolazione di turisti e residenti. Vagamente questa zona ricorda la Defence di Parigi, per il connubio tra edifici moderni e sculture surreali, ma è molto più vivace. Scattiamo varie foto. Nelle acque di fronte a noi l’HMS Belfast, incrociatore utilizzato nella II guerra mondiale, ora adibito a museo galleggiante. Ci infiliamo nella Hay’s Galeria, qualche negozio e poco più. Ci fermiamo a mangiare un ottimo fish & chips con birra in un pub poco più avanti, The Horniman at Hay’s, per 22 £ in totale, mentre una cricca di avventori segue appassionatamente le corse dei cavalli sul maxischermo del locale. Tappa successiva: la Southwark Cathedral, dove restiamo perplessi nel vedere un esercito di giovani stravaccati ovunque con i resti del pranzo; vabbè che qui dietro c’è il Borough Market, ma non ci sembra che il perimetro della cattedrale sia il luogo più adatto per tali bivacchi. Diamo una sbirciatina rapida all’interno, poi proseguiamo l’itinerario, che ci conduce verso St. Paul, passando davanti al Golden Hindle, una copia del galeone di Francis Drake e al Globe, ricostruzione del celebre teatro shakespeariano (purtroppo gli spettacoli hanno luogo solo in estate). Eccoci sul Millennium Bridge, non così avveniristico come pensavamo, che collega la cattedrale di St Paul con la Tate Modern, ora ospitata nell’edificio di una ex centrale elettrica. L’ingresso a St Paul costa 12,50 £, anche pagabili alle casse automatiche ubicate all’esterno sulla sinistra della chiesa. La cattedrale è sontuosa e barocca, la cupola è la seconda in Europa per dimensioni, dopo San Pietro. Saliamo subito sulla cupola, al livello Stone Gallery, senza andare fino in cima alla Golden Gallery. Già così è sufficientemente faticoso, dopo 3 giorni di camminate in lungo e in largo per Londra, e il panorama più o meno equivalente. Il colpo d’occhio sulla città è meno scenografico di quello che si gode dal London Eye, a nostro parere. Riscendiamo nella Whispering Gallery, così chiamata perché sembra che risuoni da una parte all’altra anche il minimo bisbiglio, ma con tutta la gente che c’è adesso è impossibile fare la prova. Ci fidiamo! Torniamo poi a visitare la navata principale e da ultimo scendiamo nella cripta. A St Paul sono sepolti personaggi come Florence Nightingale, Horatio Nelson, Christopher Wren (l’architetto che ne progettò la costruzione) e molti altri. In questa chiesa si tennero anche il funerale di Winston Churchill e il matrimonio di Carlo e Diana. Con nostro sconcerto constatiamo che nella cripta, a fianco delle tombe illustri, ci sono una rumorosa caffetteria con tavolini a disposizione di chi vuole sostare più a lungo, un negozio di souvenir e le toilettes (con file interminabili). Ok, la Chiesa attirerà pure i turisti, ma organizzare degli spazi commerciali gomito a gomito con il luogo di culto ( e di riposo) ci sembra un bel po’ di cattivo gusto. Usciamo, e dopo esserci procurati in una pasticceria Paul’s due paste leccorniose per la colazione di domani, riattraversiamo il Millennium Bridge e terminiamo il nostro pomeriggio all’interno della Tate Modern (e così anche oggi abbiamo avuto il nostro museo), che però non ci coinvolge più di tanto (l’arte astratta non è il nostro forte). Inoltre la Galleria è un po’ dispersiva, su 5 piani, alcuni dei quali destinati a mostre temporanee. Anche la location, da tanti esaltata, non ci entusiasma; avevamo apprezzato di più il Pompidou a Parigi. O forse è solo che la stanchezza a quest’ora comincia a farsi sentire e non siamo più ricettivi come a inizio giornata. Per cena torniamo al pub di ieri sera, che unisce l’utile (la vicinanza al residence) al dilettevole (buon cibo e atmosfera simpatica)

Domenica 11 aprile: Ultimo giorno, o meglio ultime ore. Ghiotta colazione come sempre, e ci prepariamo a lasciare la stanza. Fino a tutto il 2011 sono in corso dei lavori sulla linea metropolitana, in vista delle olimpiadi del 2012, e durante i week end alcune stazioni possono essere inagibili, per cui è bene consultare il sito www.tfl.gov.uk per essere informati (noi abbiamo scoperto che la fermata West Kensington non era aperta al pubblico e abbiamo dirottato su Barons Court). Il pullman per l’aeroporto parte alle 13.40; nel poco tempo a disposizione decidiamo di visitare un quartiere a noi poco noto, Chelsea, non distante da Victoria Station. Con la metro arriviamo a Sloane Square, dove restituiamo le Oyster Cards riprendendoci la caparra e le poche sterline avanzate. Passeggiamo per King’s Rd; la domenica mattina Chelsea è un quartiere sonnolento, i negozi sono chiusi, c’è qualche locale che serve il brunch, giovani e meno giovani con i pattini, persone che portano a spasso il cane o che semplicemente fanno due passi in tranquillità. Imbocchiamo Old Church Street, sbuchiamo sul Tamigi, pieno di sportivi che fanno footing (a due passi da qui c’è il Battersea Park, di cui si scorge la maestosa pagoda) e sulla Cheyne walk, all’inizio della quale si trova la statua di Thomas More. Ci inoltriamo nei vicoli interni, fino ad arrivare in Tite Street dove al n. 34 una targa ricorda che Oscar Wilde visse qui il suo esilio londinese. All’angolo di Albert Bridge un’altra slanciata scultura raffigura the Boy with the Dolphin (David Wynne). Senza fretta cominciamo ad avvicinarci alla nostra meta. Su Buckingham Palace Rd ci procuriamo due panini espressi che mangeremo in un giardinetto pubblico, poco più di un fazzoletto di verde, prima di riprendere il pullman Terravision che ci riporterà all’aeroporto di Stansted in tempo per salire sul volo per l’Italia.

Buona Londra a tutti! Serena e Michele



  • D0lphin D0lphin
    complimenti!un racconto molto carino che gia mi fa immergere nella city a pochi giorni dalla partenza :)"
  • D0lphin D0lphin
    complimenti!un racconto molto carino che gia mi fa immergere nella city a pochi giorni dalla partenza :)"
  • D0lphin D0lphin
    complimenti!un racconto molto carino che gia mi fa immergere nella city a pochi giorni dalla partenza :)"
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