Lituania, in moto alla scoperta del Sahara Baltico

I chilometri da percorrere sono tanti, oltre 5.000, i giorni solo dieci. Partenza di notte attraverso la Romea. Entriamo in Austria quando inizia ad albeggiare; l’aria è frizzante, nel gruppo si percepisce la stanchezza, non abbiamo dormito Un paio d’ore ci rimettono in sesto e, viste le discrete condizioni, decidiamo di allungare la...
Scritto da: PinoMotoamici
Partenza il: 30/05/2002
Ritorno il: 09/06/2002
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
I chilometri da percorrere sono tanti, oltre 5.000, i giorni solo dieci. Partenza di notte attraverso la Romea. Entriamo in Austria quando inizia ad albeggiare; l’aria è frizzante, nel gruppo si percepisce la stanchezza, non abbiamo dormito Un paio d’ore ci rimettono in sesto e, viste le discrete condizioni, decidiamo di allungare la percorrenza, arrivando oltre Bratislava. Circa 1200 chilometri di tappa possono bastare e, visto come si svilupperà il viaggio, potremmo definirli come decisivi. Partenza di buon’ora, tempo splendido. Percorriamo la restante parte di Slovacchia, fino al confine con la Polonia, attraversando la pittoresca zona dei parchi naturali dei Monti Tatra. Paesaggi di singolare bellezza, natura rigogliosa e incontaminata, sembra d’essere tornati indietro nel tempo. La strada che avvolge le montagne invoglia alle pieghe. Varie soste per le foto e per ammirare i borghi e i villaggi di antica origine austro-ungarica, un’architettura elegante soffocata negli anni dell’influsso sovietico a favore degli immensi e impersonali agglomerati abitativi edificati, per lo più, in pianura, vicino alle fabbriche. Nel primo pomeriggio arriviamo a Auschwitz. Raggiungiamo l’antica caserma divenuta tristemente famosa come il primo campo di concentramento nazista. In silenzio, con impaccio e quasi timore, entriamo. Una guida ci accompagna nella visita ai luoghi della prigionia, della tortura e della sperimentazione dello sterminio di massa. Tutto ciò che si può definire quale inimmaginabile aberrazione umana lo si trova a Auschwitz.Ci rechiamo anche nel vicino lager di Birkenau, quello raggiunto dai binari della ferrovia. Nel campo, concepito e realizzato per attuare lo sterminio di massa, la degradazione e l’ignominia hanno toccato livelli quasi inverosimili; si stenta a credere al racconto della nostra guida. E’ calato il silenzio, tacciono anche le macchine fotografiche. E’ quasi sera quando risaliamo in moto, un tramonto tetro ci accompagna nella ricerca di un hotel, lo troviamo vicino alla stazione del treno. E’ grande, dispersivo, semivuoto, l’ideale contenitore per una mesta serata. Cielo plumbeo al risveglio, una fitta pioggia sulle moto lasciate nel parcheggio all’aperto. Non è proprio l’ideale per la tappa impegnativa che ci aspetta, risalire il più possibile la Polonia ed avvicinarsi al confine lituano. La pioggia è diventata scrosciante e facciamo conoscenza con le micidiali condizioni delle strade polacche, per lo più segnate dai profondi solchi causati dal traffico pesante dei camion. Per mantenere la “media” dobbiamo assolutamente sorpassare gli ingombranti automezzi, attraversando e riattraversando i solchi divenuti veri e propri canali. La tensione e la concentrazione sono ai massimi livelli. Guidiamo in queste condizioni per tutta la mattina. Aggiriamo Varsavia per evitare il traffico locale. Decidiamo di sostare per la notte a Lomza, poco distante dal confine lituano.

Il tempo si è rimesso e ci accompagna al confine con la Lituania. Entriamo nella repubblica baltica. Il paesaggio è come lo avevamo immaginato, dominato dal verde delle foreste e dall’azzurro del cielo. Anche le strade sono migliorate, ben tenute, si può riprendere a fare qualche piega. E’ caldo! La strada corre accanto al letto di un fiume che ci porterà verso il Mar Baltico. La campagna è semplice, ma curata. E’ evidente la tradizione rurale di questo popolo. Le case, piccole, a uno o due piani e colorate di vivaci tinte, sono in legno, come anche i campanili delle chiese. Immancabili le cicogne, che nidificano dappertutto. Nel tardo pomeriggio siamo vicino al mare, a Silute, che scegliamo per passare la notte. Alloggiamo in un curioso hotel, stile primi novecento; le moto sono state riposte in due fondi dietro l’albergo, siamo vicini a zone di traffico marittimo, la prudenza non è mai troppa. C’è difficoltà a comunicare, l’inglese è poco conosciuto, meglio sarebbe il tedesco. Una calda mattinata ci accompagna al traghetto che da Klaipeda conduce in pochi minuti nella penisola di Neringa. E’ uno zatterone che porta di tutto: automezzi di ogni genere, biciclette, passeggeri. Le moto attirano interesse e curiosità. Sbarcati sulla penisola lasciamo la zona prettamente turistica per addentrarci nel parco, verso sud, al confine con l’enclave russo di Kaliningrad. Il nero nastro d’asfalto taglia le foreste che scendono al mare e il traffico è quasi inesistente. Turisti sempre meno, un paradiso. Cominciano a comparire le prime dune che danno il cambio alle pinete. Sostiamo per addentrarci nel bosco della “Collina delle Streghe”, una originale raccolta di statue scolpite sul legno, testimonianza di tradizioni popolari molto diffuse in queste regioni e che affondano le radici nell’antico politeismo e nel totemismo. Ripresa la strada continuiamo verso la parte meridionale; il paesaggio si fa più aspro, ormai le dune di sabbia si susseguono sempre più maestose e alte, fino a gettarsi sul mare. Nida è l’ultimo paesino, prima del confine russo. Ordinato, silenzioso, con le dacie dai colori vivaci; qui passeremo la notte. Ma intanto, via verso le bianche dune, che “si muovono” sotto le raffiche di vento. E’ finalmente il “sahara lituano”, a oltre 2.500 km. Da casa. Il tramonto ci vede lungo il mare, una spiaggia sterminata, battuta dal vento; alcuni, veramente coraggiosi, si tuffano nelle acque del gelido Baltico. Ci sistemiamo in una confortevole dacia, gestita da una severa e militaresca signora, che proprio non vede di buon occhio le nostre moto parcheggiate sul retro giardino. E da domani inizia il ritorno.

Lasciate le dune di Neringa ci dirigiamo ad est, meta Vilnius, la capitale. Attraversiamo una zona prevalentemente pianeggiante. Il paesaggio è caratterizzato da sconfinati campi coltivati, di color giallo e verde, che vanno a incontrarsi, all’orizzonte, con il cielo azzurro. Superata Siauliai, deviamo per Kryziu Kalnas, la Collina delle Croci. Si tratta di una collina interamente coperta di croci, centinaia di migliaia, milioni, di più, di ogni taglia, di ogni materiale, anche appese le une alle altre. La sua origine si perde nel tempo, ma è dall’epoca zarista e, poi, nel secondo dopo guerra, durante gli anni del governo sovietico, che ha iniziato a divenire luogo di devozione; un pellegrinaggio contrastato dalle autorità e divenuto per questo anche un simbolo di resistenza. Saliamo su per il sentiero che percorre la collina; il sole a fatica passa tra le fessure della giungla di croci e riflette ombre strane, sembra di perdere l’orientamento. E chissà di notte, magari col vento, sembrerà di sentire anche le voci. Acquistiamo in una delle bancarelle una piccola croce di legno; non siamo venuti per pregare, vogliamo solo testimoniare la visita alla collina simbolo. L’appendiamo con su scritto: ”che si possa continuare a viaggiare con il pensiero, con la parola, con la moto”. La sera una sosta nella capitale lituana, Vilnius. Da domani il ritorno attraverso le micidiali strade polacche e le ampie strade austriache, passando per il Grossglockner.



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