Libia spettacolare

A Pasqua del 2005 assieme a due amiche e due amici ho organizzato autonomamente uno dei più bei viaggi della mia vita. La Libia è un paese particolare e si distingue anche dagli altri paesi della fascia nordafricana. E’ considerato un paese ricco e presenta peculiarità dovute soprattutto alla sua forma statale: in realtà la Libia si chiama...
Scritto da: labenny77
libia spettacolare
Partenza il: 19/03/2005
Ritorno il: 29/03/2005
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
A Pasqua del 2005 assieme a due amiche e due amici ho organizzato autonomamente uno dei più bei viaggi della mia vita. La Libia è un paese particolare e si distingue anche dagli altri paesi della fascia nordafricana. E’ considerato un paese ricco e presenta peculiarità dovute soprattutto alla sua forma statale: in realtà la Libia si chiama “Jamahiriya araba libica popolare socialista” in cui il termine Jamahiriya può grosso modo tradursi come “stato delle masse”. Fu il colonnello Gheddafi (o Quddafi a seconda della traslitterazione) che coniò questi termini, fu lui che sostituì il Parlamento con il Congresso generale popolare e fu lui che, diventato leader della rivoluzione dopo il colpo di stato militare del 1969, ritiratosi nel deserto per un periodo di riflessione, scrisse la Terza Teoria Universale nel famoso Libro Verde. Un mondo tutto da scoprire.

Per entrare in Libia abbiamo dovuto chiedere il visto a Milano, presentando una lettera di Hafid, per fortuna proprio da pochissimo non era più necessaria la traduzione in arabo dei documenti, un problema in meno. In Libia gli stranieri non possono girare da soli, devono essere accompagnati da una guida ufficiale e, se in più di 5, anche dalla polizia turistica. Tripoli e Sabratha La prima mezza giornata passata a Tripoli ad ambientarci, con un tempo non proprio clemente freddo e piovoso, la mattina dopo partenza per il giro da noi organizzato. Prima tappa Sabratha, con le sue rovine a perdita d’occhio. Purtroppo il museo era chiuso per ristrutturazione, ma certamente la visita vale la pena. Jebel Nafusa e Ghadames Da Tripoli passiamo dalle Montagne Occidentali alla volta di Ghadames. Lungo il tragitto sostiamo a Yefren villaggio berbero e a Qasr al-Haj, dove si trova il granaio fortificato, una struttura circolare con cortile interno risalente al XII sec. Utilizzata per conservare i raccolti; è spettacolare, ho visto se non sbaglio una cosa simile in Tunisia decenni fa, ma questa è decisamente da non perdere. Poi proseguiamo per Nalut e infine alla volta della magica Ghadames.

A Ghadames siamo stati ricoperti di particolari attenzioni, visto che Hafid è di lì: conosce tutti e ci apre tutte la porte. Il villaggio carovaniero di Ghadames è una città museo, patrimonio dell’UNESCO: Gheddafi ha costruito una città nuova con tutti servizi al di fuori della vecchia, ci ha trasferito la popolazione e ha lasciato la proprietà delle case tradizionali ai vecchi proprietari, i quali ci ritornano solitamente il venerdì, giorno di festa. Le nuove generazioni tornano sempre meno, ma questa città museo conserva un fascino inalterato. E’ un labirinto di vicoli bui, perché tutte le strade sono coperte, per difesa dal caldo. Sui vicoli bui si affacciano gli ingressi delle case, le quali tutte sono a tre piani terra/cielo: al piano terra solo la scala per salire, al primo piano salotto e stanze da letto, all’ultimo piano cucina e terrazzo, il regno delle donne, che, non potendo uscire di norma da sole, uscivano solamente sul tetto e si spostavano di casa in casa dai tetti. Gli interni sono riccamente decorati soprattutto di trame rosse e tappeti. Se non hai una guida ti perdi, è come un labirinto. Abbiamo cenato in una delle case antiche, alla Dan Do Omer, per l’occasione tutta per noi, dove l’amico di Hafid ci ha portato lo “ftaat” piatto squisito con carne di cammello. Ghadames Sebha Germa Da Gadahmes partiamo alla volta del deserto; le strade sono diritte per centinaia di km, vaste e deserte, unico inconveniente che può capitare è che siano a tratti sepolte dalla sabbia, allora lì è un problema ma a noi è andata liscia. Ora capiamo perché quando organizzavamo il viaggio dall’Italia ci dicevano che questa tratta e la tratta Sebha-Tripoli l’avremmo fatta in auto o in aereo indifferentemente. Anche se trattasi di centinaia e centinaia di km, il tempo è lo stesso: gli orari degli aerei (come avremmo appreso al ritorno… Attesa del volo di linea 5 ore) sono sempre molto opinabili, spesso l’aereo non è disponibile perché utilizzato prima per scopi statali e poi messo a disposizione per i privati. Da Germa in poi ci aspetta la parte più spettacolare del viaggio: un crescendo di visioni magnifiche fino al culmine dello stupore.

A Germa ci uniamo ai Tuareg; sono loro che, inevitabilmente in ogni viaggio, conducono i turisti nel deserto: è incredibile come conoscano ogni angolo, come si muovano sulle dune come se fossero strade (spesso neanche la traccia di strade né di piste). Ci sono Mahmud, Hag e Kanna, piloti delle Toyota e del Pick-up cucina (tre “marcantoni” alti due metri), c’è Salim, il giovane e discreto cuoco, e poi c’è il loro amico Besha, che si fa una gita. Insomma ci sono 5 Tuareg, un libico e noi 5: una bella combriccola che ci assicurerà delle giornate indimenticabili.

Ubari Da qui in poi solo deserto e notti sotto le stelle: un crescendo, dicevo. Prima l’Idehan Ubari, suggestiva e imponente distesa di dune, coi suoi spettacolari laghi salati, da non perdere: nel Gebraoun abbiamo fatto anche il bagno, l’acqua è salatissima ti tiene a galla ed è bollente ad aumentare della profondità.

Acacus Passando ai margini dell’inquietante Collina del Diavolo – Kaf Ejoul (fatevi raccontare la storia…) – arriviamo a Ghat, affascinante cittadina carovaniera porta dell’Acacus: da qui non si torna indietro, ci dice la guida. Ci addentriamo in un mondo di paesaggi surreali, deserto e scuri monoliti di basalto che si ergono dalla sabbia, patrimonio dell’UNESCO. Nascosti nei wadi dell’Acacus vi sono dipinti e petroglifi risalenti a 12.000 anni fa, gran parte di essi scoperti e studiati a partire dagli anni ’50 dal nostro Fabrizio Mori, che tra l’altro anche i alcuni dei giovani Tuareg che ci accompagnavano avevano conosciuto personalmente nei suoi ultimi viaggi fatti sino al ’96. Purtroppo molti dipinti rupestri sono stati asportati da vandali con tecniche varie, speriamo che si faccia di tutto per conservare ciò che è rimasto Wan Caza – Idehan Murzuq Il crescendo continua, nei giorni proseguiamo costeggiando la catena montuosa dello Msak Settafet alla volta delle dune di Wan Caza, che già ci sembravano spettacolari se poi non avessimo raggiunto l’’Idehan Murzuq, dove l’uomo si sente sopraffatto dallo spettacolo delle dune dorate e dal silenzio, e dove anche noi non abbiamo potuto trattenere le lacrime dell’emozione. Anche i Tuareg ogni tanto, sebbene ormai stanziali nelle città, non possono non cedere periodicamente alle lusinghe delle dune: è la loro origine che li richiama. E’ incredibile come, sedendo sul culmine di una duna, si senta l’irresistibile tentazione di inoltrarsi a piedi verso la duna successiva a vedere che cosa c’è oltre… E poi andare oltre, a quella successiva… è un processo ipnotico che può portare allo smarrimento, ci spiegano i Tuareg.

Oceano di pietra – Wadi Methkandoush Lasciato questo luogo magico con malinconia, attraversiamo la visione apocalittica dell’”Oceano di pietra” come lo chiamano i Tuareg, vasta pianura di pietre nere in cui si procede a passo d’uomo Ci dirigiamo alla volta del Wadi Methkandoush, luogo con la maggior concentrazione di incisioni rupestri al mondo. Le incisioni si estendono per 12 km lungo pareti di roccia; anche qui vale il discorso dell’Acacus: purtroppo molte sono rovinate, soprattutto per il fatto che sull’altipiano sovrastante le rocce grosse ditte straniere con ruspe e mezzi meccanici negli anni hanno scavato e lavorato alla ricerca di risorse naturali.

Germa Lasciamo il deserto e rientriamo a Germa, l’antica città dei Garamanti, interessantissima dal punto di vista archeologico. Da rientriamo a Sebha, dove attendiamo all’infinito il volo per Tripoli. Gli amici proseguiranno per Leptis Magna, io parto direttamente per l’Italia, non mi dispiace, perché conservo nel cuore le immagini del deserto. Le serate passate coi Tuareg, a fare indovinelli e giochi arabi, a cucinare il pane sotto la cenere, a guardare dune e stelle… Chissà poi come ci capivamo.



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