Un mese nella capitale di Cuba

L'Avana, affascinante metropoli latino-americana
Scritto da: kuros
un mese nella capitale di cuba
Partenza il: 16/07/2015
Ritorno il: 13/08/2015
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
Scordatevi il mito del “Che”, la visita “all’unico paese fuori da sistema capitalistico”, l’attacco al treno a Santa Clara, il Fidel dei libri di storia… qui a La Havana troverete un’affascinante metropoli latinoamericana, piena di umanità e di ricchezze, ma anche una città in profonda decadenza, con i bei palazzi del centro mezzo crollati, le fogne rotte, i bambini laceri che giocano sudati sotto il sole, un onnipresente odore di fritture rancide, tra carretti di frutta e mercatini all’aperto, mentre lo smog delle vecchie auto appestano l’aria. Gli onnipresenti agenti dei Comitati di Rivoluzione sorvegliano i dissidenti, mentre una legge ventennale vieta addirittura ai cubani di parlare con i turisti. Si tratta della legge contro l'”assalto al turismo”. Ma pochi la rispettano e molti non danno tregua agli “yuma”, agli stranieri. Se decidi di andare fuori città, ti accorgi che le spiagge nei dintorni non sono nulla di speciale, tra alghe in quantità industriale e un sole che ti spacca la testa. La sera, dopo una giornata di caldo atroce torno all’Havana e ben presto scopro che il turista qui non è quasi mai un essere con cui entrare in contatto, portatore di una visione del mondo differente, ma un pollo da spennare, un incontro fortunato che potrà rimpinguare il magrissimo portafoglio del cubano di turno. Spesso paga il quintuplo dei cubani e, se all’inizio non ha capito bene il discorso doppia moneta, sta fresco. La mia padrona di casa cerca di spillarmi soldi in tutti i modi proponendomi “vantaggiosi” viaggi gratuiti nelle città vicine, grazie alle sue conoscenze. Le cubane che gestiscono le case particulares sono molto furbe. Questa, fingendo di prendermi sotto la loro protezione, in realtà cerca di trarne il maggior vantaggio possibile. La cuoca mi chiede 10 euro per lavarmi i panni. Il ristorante dietro casa, la prima sera, mi fa pagare in dollari americani e non in moneta nazionale. Esattanete il quintuplo. Il taxi mi chiede 15 euro quando il prezzo di una corsa per un cubano è esattamente trenta volte di meno. Alla fine la prendo con filosofia e truffatori, imbroglioni e turlupinatori a un certo punto mi fanno ridere. Inutile prendersela.

Sono decenni che qui funziona così. E’ la loro cultura. Non vedo più me stesso come il pollo, ma mi considero come un inviato di un giornale che scopre gli inganni e li descrive. Faccio la parte del fesso e accetto la situazione con filosofia. Sono certo che tutti mi considerano un baccalà, ma in fondo chi se ne importa? Quando fa troppo caldo me ne sto a casa e leggo ampie parti a me sconosciute dell’Antico Testamento. Quando sei lontano da casa assume un valore mille volte più potente. Le parole ti penetrano nell’anima e la miseria che ti circonda assume un’importanza molto relativa. Memore dell’insegnamento dei grandi santi secondo cui il miglior modo per sentirsi vivo consiste nel aiutare la gente, mi presento allora a un convento con dei DVD di inglese da proiettare ai bambini, ma scopro che non sono convertibili nei loro lettori. Inoltre il governo non lo permetterebbe. Peccato. La sera esco e vengo attorniato da un esercito di ragazze. Non mi sorprendo molto, si sapeva. Ma quando vedo anche donne dai balconi, dai terrazzi e dagli usci delle case sulla strada che mi chiamano, resto alquanto perplesso. Faccio due chiacchiere con una bella agente di polizia. Almeno lei mi saprà dare un quadro oggettivo della situazione? Dopo qualche minuto di oneste chiacchiere, con mio grande disappunto anche lei si propone come “chica” per “una noche romantica” in cambio di un regalo. Mah. Per fortuna dopo qualche giorno riesco a fare amicizia con dei giocatori di scacchi e passo i pomeriggi a giocare con loro. Grandi uomini dal cuore d’oro che sopravvivono nella difficile vita cubana. Mi raccontano mille aneddoti di vita e mi diverto molto in loro compagnia. Uno conosce bene la letteratura e il cinema italiano. Ha visto molti film di Mastroianni, Gassman e Sordi nei festival dell’Havana. I giocatori giocano con dei pezzi consumatissimi su delle scacchiere così vecchie da rendere difficile distinguere le caselle bianche da quelle nere. Sono pochi quelli che se la possono permettere e fanno lunghi turni per giocare. La maggior parte delle volte perdo, ma riesco anche a ottenere delle onorevoli patte e qualche rara volta vinco. Alcuni hanno dei vecchi libri su cui studiano mosse e aperture. Sanno tutto di Capablanca, ovviamente, il campione del mondo cubano degli anni Trenta, ma conoscono bene anche Ficher, Karpov e Kasparov, Anand e infine Magnus Carlsen, il giovane nuovo genio degli scacchi. L’ultimo giorno gli regalo una scacchiera con dei pezzi nuovi. L’avevo pagata 8 euro, tirando. Per loro è mezzo stipendio e mi ringraziano commossi. A parte questi fortunati incontri, qui all’Havana mi rendo conto che è quasi impossibile avere una relazione autentica con la gente del posto. Per la stragande maggioranza, sei solo un walking dollar. Incontro un fiorentino simpatico e intelligente e esco spesso con lui. Passiamo le serate a raccontarci le nostre esperienze e anche lui ha la mia stessa impressione. Queste ragazze purtroppo sono del tutto inaffidabili. E’ la stessa cosa che penso dopo un mese, dopo aver ricevuto fregature di tutti i colori, furti e “sole” di ogni ordine e ingenuità. L’ultima all’aeroporto, quando scopro che gli ultimi miei 50 euro mi sono stati sottratti dal portafoglio mentre il bagaglio restava “sicuro” nella stanza della padrona di casa, quando, dovendo lasciare la stanza per le 12, lei mi aveva “gentilmente” permesso di lasciare lo zaino dentro la sua fino alla partenza. Maledico la miseria e la malasorte che mi perseguita, facendo troppo torto ai cubani, alla fine un popolo di alta dignità che sopravvive come la Napoli milionaria di De Filippo. Mi consolo o mi illudo che fuori dalla capitale, della grande Babilonia, le cose non possono stare così. Mentre faccio il check in vedo davanti a me un giovanotto con la barba e gli occhiali che porta in Italia la sua conquista cubana tra il sorriso languido e lo sguardo a pesce morto. Sorrido compiangendolo. Caro amico che ti perdi negli occhi neri neri che spuntano nel volto d’ebano della tua fidanzata caraibica, non sai che tra qualche mese molto probabilmente il tuo sogno diventerà un incubo. Troppo diverse le mentalità, troppo divario culturale, troppo importante il denaro, troppo stretti i legami familiari tra la “chica” e la sua famiglia e la terra di origine. Povero fesso, ingenuo romantico credulone. Che Dio te la mandi buona.



  • kuros kuros
    Viste le migliaia di visualizzazioni e i complimenti pieni di curiosità di amici e parenti, vi scrivo con piacere la seconda parte delle mie memorie cubane, sperando che, al di là del fascino per l'affabulazione esotica, qualcuno possa trarne qualche beneficio. Ecco, rincominciamo dall'inizio, quello che non raccontai. All'aeroporto dell'Havana era una sera di un Luglio 2015 torrido, e decine di autobus di turisti, provenienti da mezzo mondo, stazionavano davanti lo slargo, tra un via vai caotico di tassisti, viaggiatori e poliziotti. Un tassista, vista la mia aria assonnata e smarrita, mi ferma e mi chiede se ho bisogno di un passaggio. Contratto e accetto. Quando arrivo a "l'Havana Centro" riesco a trovare dopo poco la zia di un mio alunno che mi avrebbe "ospitato" per circa un mese. Non mi conosce e non sa del mio arrivo. Ho solo un biglietto spiegazzato con il suo indirizzo che mostro ai vicini, fin quando trovo l'affittacamere. Una donna di mezz'età dallo sguardo astuto. Gli sbalzi di pressione dell'aereo mi hanno completamente otturato un' orecchia, e, quando glielo dico, il suo volto si illumina. Ho una sete pazzesca e lei mi invita ad andarmi a comprare l'acqua a mezzo Km di distanza. Perplesso, mi incammino nelle strade mezze buie e alla fine compro il mio litro di acqua. E' il mio primo impatto con le notti dell'Havana, e subito, nel breve percorso, incontro delle ragazze che mi salutano “Hola, mi amor”. Il giorno dopo, mentre scopro in cucina la presenza di un grande distributore d'acqua filtrata, la mia padrona di casa si offre di accompagnarmi all'ospedale. Perché tanta generosità? Solo perché sono il prof di un nipote italocubano che non vede da sei anni? Sono perplesso. Capisco tutto quando, dopo la visita all'otorino, mi chiede trenta euro, entra nella stanza e poi mi invita a uscire fuori. Poi sorride e mi dice che mi ha fatto risparmiare almeno settanta euro e tre ore di fila. Crede proprio che sia un perfetto idiota, ma glielo lascio credere. Mah. Il giorno dopo esco e, spinto dal consiglio di tre giovani napoletani (come me) appena incontrati, mi dirigo nella famosa "Casa della Musica". Decine di bellissime ragazze ti puntano, ma capisco subito che cosa vogliono davvero. Cerco di ragionarci e parlo nel mio stentato spagnolo (in realtà un idioma fatto più di portoghese che di spagnolo) con una specie di Venere nera, una ragazza di ventidue anni che non ha nulla da invidiare a Naomi Campbell. Da incorreggibile ma anche ambiguo “moralista” sputasentenze, mezzo indignato dalla situazione, ma anche scioccato dalla sua bellezza mozzafiato, le chiedo perché mi chiede soldi e che ci faccia lì. E se vuole mai farsi una famiglia, se vuole un giorno conoscere un ragazzo onesto, perché spreca la sua vita in una specie di bordello del genere, attirando puttanieri di tutte le età e le taglie provenienti da mezzo mondo. Lei non si offende per nulla e mi risponde che deve aiutare la sua famiglia a Santiago e che, dopo dieci anni, ha già deciso, smetterà. Un giorno tornerà a Santiago con un bel giovanotto e metterà al mondo tanti bambini. Auguri, le dico, e la saluto. Torno a dormire. Qualche giorno dopo la mia padrona di casa, durante la colazione, torna alla carica. Mi propone, dopo due settimane, di andare con lei e suo marito a Trinidad, una città distante sei ore di automobile. Il patto è questo: se vado non pago il passaggio, però in cambio devo mettere la benzina e devo prometterle che, al ritorno, starò da lei all'Havana fino alla fine del viaggio. Pagamento anticipato (nessun testimone). A Trinidad però il vitto e alloggio per me e la ragazza di Marianao che nel frattempo avevo conosciuto sarebbero costati solo 30 euro. Tutto sommato mi sembra conveniente ed accetto, senza immaginare le terribili conseguenze future. Ma chi è sta ragazza di Marianao? Si tratta di una bella chica nera che conosco una domenica mattina all'Havana vecchia. Passeggio con lei tutto il giorno, poi il pomeriggio l'accompagno a casa. Non so che mi aspetta. Abita in una specie di tugurio col tetto di Eternit senza bagno (hanno dietro una tenda un grande bidone d'acqua e si lavano con una specie di pentolino col manico lungo). Sono di religione Yoruba e in casa hanno delle bamboline nere su un tavolino con foto di parenti e candele accese. Quando entro in casa, la madre della mia “fidanzata” si illumina e mi fa sedere offrendomi caffè, dolci e panini. Abbraccia la figlia piangendo mostrando le medicine (ansiolitici?) che ha preso durante le ore precedenti perché la figlia non era tornata a casa. La figlia, abbracciandola, mi sorride. Poi arriva correndo la bambina che si attacca al collo della giovane madre e non si scosta più. Nonna, madre e figlioletta. E' decisamente un quadretto commuovente e dovresti avere il cuore di pietra per non sentire niente. Vivono in questa casetta di 20 metri quadrati in tanti: lei, la figlioletta di quattro anni, il fratello maggiore, la madre. Accanto c'è la sorella col marito e due figli piccoli. Quando arrivo sono tutti felici perché hanno appena comprato un pc. Si tratta di un pezzo da museo dei primi anni 90 col cassettone gigantesco e il monitor ricurvo. Ma loro ci possono giocare, ascoltare musica e scrivere. Ovviamente, niente internet. Adiacente alla casa ci sono molte casette. Non hanno telefono e per le comunicazioni urgenti usano un telefono fisso di una vicina. I bambini giocano nello spiazzo adiacente questo gruppetto di case e fanno una confusione piena di calore e umanità ed è un piacere vedere questi ragazzini che si rincorrono felici con giochi di altri tempi. Qualche giorno dopo ci ritorno con il mio amico fiorentino conosciuto perché anche lui ospite nella famigerata casa pensione dell'Havana. Anche lui apprezza il calore del quartiere Marianao e della gente che ci vive. Portiamo le ragazze al ristorante e poi andiamo nella festa di piazza del quartiere. Che spettacolo vedere centinaia di cubani che si divertono con poco e niente. Il fiorentino poi deve ripartire e ci salutiamo con la promessa di risentirci.A Trinidad, una bellissima cittadina a pochi km da spiagge molto belle, io e la mia ragazza cubana ci troviamo dunque in balia della mia padrona di casa. Il passaggio gratuito dalla capitale alla fine non c'è più e quindi devo pagare 70 euro (invece dei 50 preventivati all'ultimo momento). Quando arriviamo nel quartiere Boca, alla mia padrona di casa dell'Havana prende un colpo: “la villa” che si aspettava di trovare è in realtà costituita da una una piccola casetta senza acqua corrente, stracolma di gente. E' una villetta di proprietà di un lontano parente del marito, in cui erano stati invitati. Il suo piano fallisce: all'Havana, quando mi aveva fatto la proposta, aveva evidentemente pensato di sistemare me e la mia ragazza in una stanza della “villa”, farsi pagare dal pollo italiano 30 euro al giorno e pagarsi così la vacanza. Ma lì non ci sono proprio stanze dove piazzarci. Va nel panico e alla fine ci porta in un Bed and breakfast di Trinidad centro (distante 6 km), promettendoci di venirci a prendere la mattina dopo per i pasti promessi. Ma il giorno seguente si fa tardi e nel frattempo noi mangiamo. Quando finalmente arriva, verso mezzogiorno, succede il finimondo. C'è un'accesa discussione tra la mia padrona di casa e quella del Bed and breakfast. Quella dell'Havana mi invita a uscire, ma io capisco che lei aveva preventivato 20 euro tutto compreso, e invece il prezzo è 30 (+ 8 per le due colazioni), quindi 38 euro. Un salasso per lei. Non so che fare: mi trovo in balia di una donna senza scrupoli che, pur non essendo una ladra e mantenendo finora a suo modo la parola, ormai mi ha in pugno. Le ragazze del breakfast, sentita la mia storia, mi guardano sconsolate: “The business that you made with that woman is really bad”. Per farla breve, cambiamo pensione e in qualche modo sopravviviamo ai 5 giorni a Trinidad. Tutto sommato, un'esperienza di vita anche questa. E, al di là del discorso economico, positiva.Quando ritorno all'Havana, la mia ragazza mi chiede se le posso dare un po' di soldi per la bambina. Non è la prima volta e sorrido tristemente. Arrivato a casa, mi concedo un po' di riposo, ma il pomeriggio sento dei canti e delle urla provenienti dalla cucina. Mi affaccio dalla porta della mia stanza e vedo una donna nera nera con delle candele e delle polveri che presiede una specie di riunione. Si tratta di una cerimonia Yoruba, ma durerà ore ed assomiglia più a un rito vodoo. Il tutto mi dà l'occasione di pensare a quanto sono belle le nostre tanto disertate messe nelle italiche chiese post-tridentine.Ma ormai è passato quasi un mese e siamo alla fine del mio viaggio. All'aeroporto, dopo aver assistito all'ultima, fatale illusione di quel giovanotto con la barba e gli occhiali che si perdeva nel volto della sua ragazza cubana, ho l'ennesima, amarissima sorpresa. Volo cancellato e comitato di ricevimento a Fiumicino dei miei amici romani saltato. Dopo due, tre ore veniamo infine dirottati in un hotel di lusso alla periferia dell'Havana. Mai stato in vita mia in un posto del genere. Anche qui, all'arrivo, dopo una giornata di caldo torrido, ho una sete tremenda e in camera, nel frigo, non c'è la bottiglia d'acqua che doveva starci. La sete è terrificante e chiedo più volte alla reception un po' d'acqua. Mi dicono di tornare in camera e di aspettare. Aspetto, aspetto, ma niente. Purtroppo non la posso acquistare, perché non ho un centesimo dopo che qualcuno/a mi ha rubato, come raccontato in precedenza, i miei ultimi 50 euro dalla valigia posta in camera della mia padrona di casa all'Havana. Alla fine, imbestialito, vado al bar, ordino una bottiglia d'acqua e me la scolo, ignorando platealmente le proteste del barman che mi chiede i soldi. Poco dopo scopro che quello era l'Hotel di Al Capone, l'Hotel preferito dal famoso gangster. La sera, dopo un breve giro nei dintorni, mi butto su una sedia a sdraio posta vicino la piscina di extralusso, ascoltando stancamente il complesso di cantanti donne che ripropone l'ovvio repertorio del caso. Faccio amicizia con delle famiglie di simpatici napoletani, che rivedrò poi con piacere a Napoli. Uno è un avvocato in gamba e insieme organizziamo i termini del rimborso. La mattina successiva è quella decisiva. Finalmente si parte. Dal finestrino dell'aereo, ripensando a tutte le truffe che subii, guardo i passeggeri prima del decollo. Dalle loro espressioni, sembra che ritornino soddisfatti alle loro case, bevendo il vino e facendosi il segno della croce. Qualcuno biascica orazioni con il rosario. Ci alziamo in volo e, vedendo l'Havana scomparire, ripenso a quello che mi disse il frate italiano che andai a trovare : “Qui quasi nessuno ormai viene più in chiesa. I pochi che resistono ci dicono 'Ci hanno tolto la libertà e ci hanno dato il libertinaggio' ”. E' proprio vero, e ormai lo posso pensare anch'io, che il Comunismo, degenerando in dittatura, ha distrutto gran parte dei valori della società cubana. Prima di affrontare il massacrante viaggio di ritorno, mi scolo i tre bicchieri di vino rosso offertimi, sperando di prendere sonno. Chissà perché, nel dormiveglia, mi vengono in mente i bellissimi versi della poetessa russa Achmatova. Versi straordinari, che però hanno il torto di accusare ingiustamente il Padreterno di aver abbandonato l'uomo. Non sarà il contrario? Cara poetessa dalla vita segnata dal dolore, io penso proprio di sì: ”Bevo a una casa distrutta /alla mia vita sciagurata / a solitudini vissute in due/ E bevo anche a te: /All'inganno di labbra che tradirono,/ al morto gelo dei tuoi occhi,/ ad un mondo crudele e rozzo,/ ad Un Dio che non ci ha salvato”.© 2016 Microsoft Condizioni Privacy e cookie Sviluppatori Italiano"
  • kuros kuros
    Viste le migliaia di visualizzazioni e i complimenti pieni di curiosità di amici e parenti, vi scrivo con piacere la seconda parte delle mie memorie cubane, sperando che, al di là del fascino per l'affabulazione esotica, qualcuno possa trarne qualche beneficio. Ecco, rincominciamo dall'inizio, quello che non raccontai. All'aeroporto dell'Havana era una sera di un Luglio 2015 torrido, e decine di autobus di turisti, provenienti da mezzo mondo, stazionavano davanti lo slargo, tra un via vai caotico di tassisti, viaggiatori e poliziotti. Un tassista, vista la mia aria assonnata e smarrita, mi ferma e mi chiede se ho bisogno di un passaggio. Contratto e accetto. Quando arrivo a "l'Havana Centro" riesco a trovare dopo poco la zia di un mio alunno che mi avrebbe "ospitato" per circa un mese. Non mi conosce e non sa del mio arrivo. Ho solo un biglietto spiegazzato con il suo indirizzo che mostro ai vicini, fin quando trovo l'affittacamere. Una donna di mezz'età dallo sguardo astuto. Gli sbalzi di pressione dell'aereo mi hanno completamente otturato un' orecchia, e, quando glielo dico, il suo volto si illumina. Ho una sete pazzesca e lei mi invita ad andarmi a comprare l'acqua a mezzo Km di distanza. Perplesso, mi incammino nelle strade mezze buie e alla fine compro il mio litro di acqua. E' il mio primo impatto con le notti dell'Havana, e subito, nel breve percorso, incontro delle ragazze che mi salutano “Hola, mi amor”. Il giorno dopo, mentre scopro in cucina la presenza di un grande distributore d'acqua filtrata, la mia padrona di casa si offre di accompagnarmi all'ospedale. Perché tanta generosità? Solo perché sono il prof di un nipote italocubano che non vede da sei anni? Sono perplesso. Capisco tutto quando, dopo la visita all'otorino, mi chiede trenta euro, entra nella stanza e poi mi invita a uscire fuori. Poi sorride e mi dice che mi ha fatto risparmiare almeno settanta euro e tre ore di fila. Crede proprio che sia un perfetto idiota, ma glielo lascio credere. Mah. Il giorno dopo esco e, spinto dal consiglio di tre giovani napoletani (come me) appena incontrati, mi dirigo nella famosa "Casa della Musica". Decine di bellissime ragazze ti puntano, ma capisco subito che cosa vogliono davvero. Cerco di ragionarci e parlo nel mio stentato spagnolo (in realtà un idioma fatto più di portoghese che di spagnolo) con una specie di Venere nera, una ragazza di ventidue anni che non ha nulla da invidiare a Naomi Campbell. Da incorreggibile ma anche ambiguo “moralista” sputasentenze, mezzo indignato dalla situazione, ma anche scioccato dalla sua bellezza mozzafiato, le chiedo perché mi chiede soldi e che ci faccia lì. E se vuole mai farsi una famiglia, se vuole un giorno conoscere un ragazzo onesto, perché spreca la sua vita in una specie di bordello del genere, attirando puttanieri di tutte le età e le taglie provenienti da mezzo mondo. Lei non si offende per nulla e mi risponde che deve aiutare la sua famiglia a Santiago e che, dopo dieci anni, ha già deciso, smetterà. Un giorno tornerà a Santiago con un bel giovanotto e metterà al mondo tanti bambini. Auguri, le dico, e la saluto. Torno a dormire. Qualche giorno dopo la mia padrona di casa, durante la colazione, torna alla carica. Mi propone, dopo due settimane, di andare con lei e suo marito a Trinidad, una città distante sei ore di automobile. Il patto è questo: se vado non pago il passaggio, però in cambio devo mettere la benzina e devo prometterle che, al ritorno, starò da lei all'Havana fino alla fine del viaggio. Pagamento anticipato (nessun testimone). A Trinidad però il vitto e alloggio per me e la ragazza di Marianao che nel frattempo avevo conosciuto sarebbero costati solo 30 euro. Tutto sommato mi sembra conveniente ed accetto, senza immaginare le terribili conseguenze future. Ma chi è sta ragazza di Marianao? Si tratta di una bella chica nera che conosco una domenica mattina all'Havana vecchia. Passeggio con lei tutto il giorno, poi il pomeriggio l'accompagno a casa. Non so che mi aspetta. Abita in una specie di tugurio col tetto di Eternit senza bagno (hanno dietro una tenda un grande bidone d'acqua e si lavano con una specie di pentolino col manico lungo). Sono di religione Yoruba e in casa hanno delle bamboline nere su un tavolino con foto di parenti e candele accese. Quando entro in casa, la madre della mia “fidanzata” si illumina e mi fa sedere offrendomi caffè, dolci e panini. Abbraccia la figlia piangendo mostrando le medicine (ansiolitici?) che ha preso durante le ore precedenti perché la figlia non era tornata a casa. La figlia, abbracciandola, mi sorride. Poi arriva correndo la bambina che si attacca al collo della giovane madre e non si scosta più. Nonna, madre e figlioletta. E' decisamente un quadretto commuovente e dovresti avere il cuore di pietra per non sentire niente. Vivono in questa casetta di 20 metri quadrati in tanti: lei, la figlioletta di quattro anni, il fratello maggiore, la madre. Accanto c'è la sorella col marito e due figli piccoli. Quando arrivo sono tutti felici perché hanno appena comprato un pc. Si tratta di un pezzo da museo dei primi anni 90 col cassettone gigantesco e il monitor ricurvo. Ma loro ci possono giocare, ascoltare musica e scrivere. Ovviamente, niente internet. Adiacente alla casa ci sono molte casette. Non hanno telefono e per le comunicazioni urgenti usano un telefono fisso di una vicina. I bambini giocano nello spiazzo adiacente questo gruppetto di case e fanno una confusione piena di calore e umanità ed è un piacere vedere questi ragazzini che si rincorrono felici con giochi di altri tempi. Qualche giorno dopo ci ritorno con il mio amico fiorentino conosciuto perché anche lui ospite nella famigerata casa pensione dell'Havana. Anche lui apprezza il calore del quartiere Marianao e della gente che ci vive. Portiamo le ragazze al ristorante e poi andiamo nella festa di piazza del quartiere. Che spettacolo vedere centinaia di cubani che si divertono con poco e niente. Il fiorentino poi deve ripartire e ci salutiamo con la promessa di risentirci.A Trinidad, una bellissima cittadina a pochi km da spiagge molto belle, io e la mia ragazza cubana ci troviamo dunque in balia della mia padrona di casa. Il passaggio gratuito dalla capitale alla fine non c'è più e quindi devo pagare 70 euro (invece dei 50 preventivati all'ultimo momento). Quando arriviamo nel quartiere Boca, alla mia padrona di casa dell'Havana prende un colpo: “la villa” che si aspettava di trovare è in realtà costituita da una una piccola casetta senza acqua corrente, stracolma di gente. E' una villetta di proprietà di un lontano parente del marito, in cui erano stati invitati. Il suo piano fallisce: all'Havana, quando mi aveva fatto la proposta, aveva evidentemente pensato di sistemare me e la mia ragazza in una stanza della “villa”, farsi pagare dal pollo italiano 30 euro al giorno e pagarsi così la vacanza. Ma lì non ci sono proprio stanze dove piazzarci. Va nel panico e alla fine ci porta in un Bed and breakfast di Trinidad centro (distante 6 km), promettendoci di venirci a prendere la mattina dopo per i pasti promessi. Ma il giorno seguente si fa tardi e nel frattempo noi mangiamo. Quando finalmente arriva, verso mezzogiorno, succede il finimondo. C'è un'accesa discussione tra la mia padrona di casa e quella del Bed and breakfast. Quella dell'Havana mi invita a uscire, ma io capisco che lei aveva preventivato 20 euro tutto compreso, e invece il prezzo è 30 (+ 8 per le due colazioni), quindi 38 euro. Un salasso per lei. Non so che fare: mi trovo in balia di una donna senza scrupoli che, pur non essendo una ladra e mantenendo finora a suo modo la parola, ormai mi ha in pugno. Le ragazze del breakfast, sentita la mia storia, mi guardano sconsolate: “The business that you made with that woman is really bad”. Per farla breve, cambiamo pensione e in qualche modo sopravviviamo ai 5 giorni a Trinidad. Tutto sommato, un'esperienza di vita anche questa. E, al di là del discorso economico, positiva.Quando ritorno all'Havana, la mia ragazza mi chiede se le posso dare un po' di soldi per la bambina. Non è la prima volta e sorrido tristemente. Arrivato a casa, mi concedo un po' di riposo, ma il pomeriggio sento dei canti e delle urla provenienti dalla cucina. Mi affaccio dalla porta della mia stanza e vedo una donna nera nera con delle candele e delle polveri che presiede una specie di riunione. Si tratta di una cerimonia Yoruba, ma durerà ore ed assomiglia più a un rito vodoo. Il tutto mi dà l'occasione di pensare a quanto sono belle le nostre tanto disertate messe nelle italiche chiese post-tridentine.Ma ormai è passato quasi un mese e siamo alla fine del mio viaggio. All'aeroporto, dopo aver assistito all'ultima, fatale illusione di quel giovanotto con la barba e gli occhiali che si perdeva nel volto della sua ragazza cubana, ho l'ennesima, amarissima sorpresa. Volo cancellato e comitato di ricevimento a Fiumicino dei miei amici romani saltato. Dopo due, tre ore veniamo infine dirottati in un hotel di lusso alla periferia dell'Havana. Mai stato in vita mia in un posto del genere. Anche qui, all'arrivo, dopo una giornata di caldo torrido, ho una sete tremenda e in camera, nel frigo, non c'è la bottiglia d'acqua che doveva starci. La sete è terrificante e chiedo più volte alla reception un po' d'acqua. Mi dicono di tornare in camera e di aspettare. Aspetto, aspetto, ma niente. Purtroppo non la posso acquistare, perché non ho un centesimo dopo che qualcuno/a mi ha rubato, come raccontato in precedenza, i miei ultimi 50 euro dalla valigia posta in camera della mia padrona di casa all'Havana. Alla fine, imbestialito, vado al bar, ordino una bottiglia d'acqua e me la scolo, ignorando platealmente le proteste del barman che mi chiede i soldi. Poco dopo scopro che quello era l'Hotel di Al Capone, l'Hotel preferito dal famoso gangster. La sera, dopo un breve giro nei dintorni, mi butto su una sedia a sdraio posta vicino la piscina di extralusso, ascoltando stancamente il complesso di cantanti donne che ripropone l'ovvio repertorio del caso. Faccio amicizia con delle famiglie di simpatici napoletani, che rivedrò poi con piacere a Napoli. Uno è un avvocato in gamba e insieme organizziamo i termini del rimborso. La mattina successiva è quella decisiva. Finalmente si parte. Dal finestrino dell'aereo, ripensando a tutte le truffe che subii, guardo i passeggeri prima del decollo. Dalle loro espressioni, sembra che ritornino soddisfatti alle loro case, bevendo il vino e facendosi il segno della croce. Qualcuno biascica orazioni con il rosario. Ci alziamo in volo e, vedendo l'Havana scomparire, ripenso a quello che mi disse il frate italiano che andai a trovare : “Qui quasi nessuno ormai viene più in chiesa. I pochi che resistono ci dicono 'Ci hanno tolto la libertà e ci hanno dato il libertinaggio' ”. E' proprio vero, e ormai lo posso pensare anch'io, che il Comunismo, degenerando in dittatura, ha distrutto gran parte dei valori della società cubana. Prima di affrontare il massacrante viaggio di ritorno, mi scolo i tre bicchieri di vino rosso offertimi, sperando di prendere sonno. Chissà perché, nel dormiveglia, mi vengono in mente i bellissimi versi della poetessa russa Achmatova. Versi straordinari, che però hanno il torto di accusare ingiustamente il Padreterno di aver abbandonato l'uomo. Non sarà il contrario? Cara poetessa dalla vita segnata dal dolore, io penso proprio di sì: ”Bevo a una casa distrutta /alla mia vita sciagurata / a solitudini vissute in due/ E bevo anche a te: /All'inganno di labbra che tradirono,/ al morto gelo dei tuoi occhi,/ ad un mondo crudele e rozzo,/ ad Un Dio che non ci ha salvato”.© 2016 Microsoft Condizioni Privacy e cookie Sviluppatori Italiano"
  • kuros kuros
    Viste le migliaia di visualizzazioni e i complimenti pieni di curiosità di amici e parenti, vi scrivo con piacere la seconda parte delle mie memorie cubane, sperando che, al di là del fascino per l'affabulazione esotica, qualcuno possa trarne qualche beneficio. Ecco, rincominciamo dall'inizio, quello che non raccontai. All'aeroporto dell'Havana era una sera di un Luglio 2015 torrido, e decine di autobus di turisti, provenienti da mezzo mondo, stazionavano davanti lo slargo, tra un via vai caotico di tassisti, viaggiatori e poliziotti. Un tassista, vista la mia aria assonnata e smarrita, mi ferma e mi chiede se ho bisogno di un passaggio. Contratto e accetto. Quando arrivo a "l'Havana Centro" riesco a trovare dopo poco la zia di un mio alunno che mi avrebbe "ospitato" per circa un mese. Non mi conosce e non sa del mio arrivo. Ho solo un biglietto spiegazzato con il suo indirizzo che mostro ai vicini, fin quando trovo l'affittacamere. Una donna di mezz'età dallo sguardo astuto. Gli sbalzi di pressione dell'aereo mi hanno completamente otturato un' orecchia, e, quando glielo dico, il suo volto si illumina. Ho una sete pazzesca e lei mi invita ad andarmi a comprare l'acqua a mezzo Km di distanza. Perplesso, mi incammino nelle strade mezze buie e alla fine compro il mio litro di acqua. E' il mio primo impatto con le notti dell'Havana, e subito, nel breve percorso, incontro delle ragazze che mi salutano “Hola, mi amor”. Il giorno dopo, mentre scopro in cucina la presenza di un grande distributore d'acqua filtrata, la mia padrona di casa si offre di accompagnarmi all'ospedale. Perché tanta generosità? Solo perché sono il prof di un nipote italocubano che non vede da sei anni? Sono perplesso. Capisco tutto quando, dopo la visita all'otorino, mi chiede trenta euro, entra nella stanza e poi mi invita a uscire fuori. Poi sorride e mi dice che mi ha fatto risparmiare almeno settanta euro e tre ore di fila. Crede proprio che sia un perfetto idiota, ma glielo lascio credere. Mah. Il giorno dopo esco e, spinto dal consiglio di tre giovani napoletani (come me) appena incontrati, mi dirigo nella famosa "Casa della Musica". Decine di bellissime ragazze ti puntano, ma capisco subito che cosa vogliono davvero. Cerco di ragionarci e parlo nel mio stentato spagnolo (in realtà un idioma fatto più di portoghese che di spagnolo) con una specie di Venere nera, una ragazza di ventidue anni che non ha nulla da invidiare a Naomi Campbell. Da incorreggibile ma anche ambiguo “moralista” sputasentenze, mezzo indignato dalla situazione, ma anche scioccato dalla sua bellezza mozzafiato, le chiedo perché mi chiede soldi e che ci faccia lì. E se vuole mai farsi una famiglia, se vuole un giorno conoscere un ragazzo onesto, perché spreca la sua vita in una specie di bordello del genere, attirando puttanieri di tutte le età e le taglie provenienti da mezzo mondo. Lei non si offende per nulla e mi risponde che deve aiutare la sua famiglia a Santiago e che, dopo dieci anni, ha già deciso, smetterà. Un giorno tornerà a Santiago con un bel giovanotto e metterà al mondo tanti bambini. Auguri, le dico, e la saluto. Torno a dormire. Qualche giorno dopo la mia padrona di casa, durante la colazione, torna alla carica. Mi propone, dopo due settimane, di andare con lei e suo marito a Trinidad, una città distante sei ore di automobile. Il patto è questo: se vado non pago il passaggio, però in cambio devo mettere la benzina e devo prometterle che, al ritorno, starò da lei all'Havana fino alla fine del viaggio. Pagamento anticipato (nessun testimone). A Trinidad però il vitto e alloggio per me e la ragazza di Marianao che nel frattempo avevo conosciuto sarebbero costati solo 30 euro. Tutto sommato mi sembra conveniente ed accetto, senza immaginare le terribili conseguenze future. Ma chi è sta ragazza di Marianao? Si tratta di una bella chica nera che conosco una domenica mattina all'Havana vecchia. Passeggio con lei tutto il giorno, poi il pomeriggio l'accompagno a casa. Non so che mi aspetta. Abita in una specie di tugurio col tetto di Eternit senza bagno (hanno dietro una tenda un grande bidone d'acqua e si lavano con una specie di pentolino col manico lungo). Sono di religione Yoruba e in casa hanno delle bamboline nere su un tavolino con foto di parenti e candele accese. Quando entro in casa, la madre della mia “fidanzata” si illumina e mi fa sedere offrendomi caffè, dolci e panini. Abbraccia la figlia piangendo mostrando le medicine (ansiolitici?) che ha preso durante le ore precedenti perché la figlia non era tornata a casa. La figlia, abbracciandola, mi sorride. Poi arriva correndo la bambina che si attacca al collo della giovane madre e non si scosta più. Nonna, madre e figlioletta. E' decisamente un quadretto commuovente e dovresti avere il cuore di pietra per non sentire niente. Vivono in questa casetta di 20 metri quadrati in tanti: lei, la figlioletta di quattro anni, il fratello maggiore, la madre. Accanto c'è la sorella col marito e due figli piccoli. Quando arrivo sono tutti felici perché hanno appena comprato un pc. Si tratta di un pezzo da museo dei primi anni 90 col cassettone gigantesco e il monitor ricurvo. Ma loro ci possono giocare, ascoltare musica e scrivere. Ovviamente, niente internet. Adiacente alla casa ci sono molte casette. Non hanno telefono e per le comunicazioni urgenti usano un telefono fisso di una vicina. I bambini giocano nello spiazzo adiacente questo gruppetto di case e fanno una confusione piena di calore e umanità ed è un piacere vedere questi ragazzini che si rincorrono felici con giochi di altri tempi. Qualche giorno dopo ci ritorno con il mio amico fiorentino conosciuto perché anche lui ospite nella famigerata casa pensione dell'Havana. Anche lui apprezza il calore del quartiere Marianao e della gente che ci vive. Portiamo le ragazze al ristorante e poi andiamo nella festa di piazza del quartiere. Che spettacolo vedere centinaia di cubani che si divertono con poco e niente. Il fiorentino poi deve ripartire e ci salutiamo con la promessa di risentirci.A Trinidad, una bellissima cittadina a pochi km da spiagge molto belle, io e la mia ragazza cubana ci troviamo dunque in balia della mia padrona di casa. Il passaggio gratuito dalla capitale alla fine non c'è più e quindi devo pagare 70 euro (invece dei 50 preventivati all'ultimo momento). Quando arriviamo nel quartiere Boca, alla mia padrona di casa dell'Havana prende un colpo: “la villa” che si aspettava di trovare è in realtà costituita da una una piccola casetta senza acqua corrente, stracolma di gente. E' una villetta di proprietà di un lontano parente del marito, in cui erano stati invitati. Il suo piano fallisce: all'Havana, quando mi aveva fatto la proposta, aveva evidentemente pensato di sistemare me e la mia ragazza in una stanza della “villa”, farsi pagare dal pollo italiano 30 euro al giorno e pagarsi così la vacanza. Ma lì non ci sono proprio stanze dove piazzarci. Va nel panico e alla fine ci porta in un Bed and breakfast di Trinidad centro (distante 6 km), promettendoci di venirci a prendere la mattina dopo per i pasti promessi. Ma il giorno seguente si fa tardi e nel frattempo noi mangiamo. Quando finalmente arriva, verso mezzogiorno, succede il finimondo. C'è un'accesa discussione tra la mia padrona di casa e quella del Bed and breakfast. Quella dell'Havana mi invita a uscire, ma io capisco che lei aveva preventivato 20 euro tutto compreso, e invece il prezzo è 30 (+ 8 per le due colazioni), quindi 38 euro. Un salasso per lei. Non so che fare: mi trovo in balia di una donna senza scrupoli che, pur non essendo una ladra e mantenendo finora a suo modo la parola, ormai mi ha in pugno. Le ragazze del breakfast, sentita la mia storia, mi guardano sconsolate: “The business that you made with that woman is really bad”. Per farla breve, cambiamo pensione e in qualche modo sopravviviamo ai 5 giorni a Trinidad. Tutto sommato, un'esperienza di vita anche questa. E, al di là del discorso economico, positiva.Quando ritorno all'Havana, la mia ragazza mi chiede se le posso dare un po' di soldi per la bambina. Non è la prima volta e sorrido tristemente. Arrivato a casa, mi concedo un po' di riposo, ma il pomeriggio sento dei canti e delle urla provenienti dalla cucina. Mi affaccio dalla porta della mia stanza e vedo una donna nera nera con delle candele e delle polveri che presiede una specie di riunione. Si tratta di una cerimonia Yoruba, ma durerà ore ed assomiglia più a un rito vodoo. Il tutto mi dà l'occasione di pensare a quanto sono belle le nostre tanto disertate messe nelle italiche chiese post-tridentine.Ma ormai è passato quasi un mese e siamo alla fine del mio viaggio. All'aeroporto, dopo aver assistito all'ultima, fatale illusione di quel giovanotto con la barba e gli occhiali che si perdeva nel volto della sua ragazza cubana, ho l'ennesima, amarissima sorpresa. Volo cancellato e comitato di ricevimento a Fiumicino dei miei amici romani saltato. Dopo due, tre ore veniamo infine dirottati in un hotel di lusso alla periferia dell'Havana. Mai stato in vita mia in un posto del genere. Anche qui, all'arrivo, dopo una giornata di caldo torrido, ho una sete tremenda e in camera, nel frigo, non c'è la bottiglia d'acqua che doveva starci. La sete è terrificante e chiedo più volte alla reception un po' d'acqua. Mi dicono di tornare in camera e di aspettare. Aspetto, aspetto, ma niente. Purtroppo non la posso acquistare, perché non ho un centesimo dopo che qualcuno/a mi ha rubato, come raccontato in precedenza, i miei ultimi 50 euro dalla valigia posta in camera della mia padrona di casa all'Havana. Alla fine, imbestialito, vado al bar, ordino una bottiglia d'acqua e me la scolo, ignorando platealmente le proteste del barman che mi chiede i soldi. Poco dopo scopro che quello era l'Hotel di Al Capone, l'Hotel preferito dal famoso gangster. La sera, dopo un breve giro nei dintorni, mi butto su una sedia a sdraio posta vicino la piscina di extralusso, ascoltando stancamente il complesso di cantanti donne che ripropone l'ovvio repertorio del caso. Faccio amicizia con delle famiglie di simpatici napoletani, che rivedrò poi con piacere a Napoli. Uno è un avvocato in gamba e insieme organizziamo i termini del rimborso. La mattina successiva è quella decisiva. Finalmente si parte. Dal finestrino dell'aereo, ripensando a tutte le truffe che subii, guardo i passeggeri prima del decollo. Dalle loro espressioni, sembra che ritornino soddisfatti alle loro case, bevendo il vino e facendosi il segno della croce. Qualcuno biascica orazioni con il rosario. Ci alziamo in volo e, vedendo l'Havana scomparire, ripenso a quello che mi disse il frate italiano che andai a trovare : “Qui quasi nessuno ormai viene più in chiesa. I pochi che resistono ci dicono 'Ci hanno tolto la libertà e ci hanno dato il libertinaggio' ”. E' proprio vero, e ormai lo posso pensare anch'io, che il Comunismo, degenerando in dittatura, ha distrutto gran parte dei valori della società cubana. Prima di affrontare il massacrante viaggio di ritorno, mi scolo i tre bicchieri di vino rosso offertimi, sperando di prendere sonno. Chissà perché, nel dormiveglia, mi vengono in mente i bellissimi versi della poetessa russa Achmatova. Versi straordinari, che però hanno il torto di accusare ingiustamente il Padreterno di aver abbandonato l'uomo. Non sarà il contrario? Cara poetessa dalla vita segnata dal dolore, io penso proprio di sì: ”Bevo a una casa distrutta /alla mia vita sciagurata / a solitudini vissute in due/ E bevo anche a te: /All'inganno di labbra che tradirono,/ al morto gelo dei tuoi occhi,/ ad un mondo crudele e rozzo,/ ad Un Dio che non ci ha salvato”.© 2016 Microsoft Condizioni Privacy e cookie Sviluppatori Italiano"
  • woody54 woody54
    Credo proprio che tu sia troppo severo nei confronti del popolo cubano, anche se devo ammettere che le cose che racconti sono la quotidianità, ma c'è sempre un rovescio della medaglia. Comunque complimenti per il tuo breve racconto e anche per l'altro su Capoverde"
  • woody54 woody54
    Credo proprio che tu sia troppo severo nei confronti del popolo cubano, anche se devo ammettere che le cose che racconti sono la quotidianità, ma c'è sempre un rovescio della medaglia. Comunque complimenti per il tuo breve racconto e anche per l'altro su Capoverde"
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