Stupefacente Lanzarote

Strade che passano in mezzo a un vero mare di lava e rocce taglienti, lagune separate dall'oceano impetuoso da scogliere nere e punteggiate da ricoveri circolari fatti di pietre laviche…
Scritto da: artemisia59
stupefacente lanzarote
Partenza il: 03/11/2016
Ritorno il: 10/11/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Una settimana su Marte

3 novembre

Appena superata la Sardegna, l’aereo sorvola il mare e si dirige verso la costa africana. Non facciamo in tempo ad assaporare il piacere di vedere la terra rossa del deserto, che una fitte coltre di nubi ci coprirà la vista fino all’atterraggio. Così Lanzarote compare all’improvviso, terra nera e casette bianche, adagiata su un mare calmissimo. Mi ha già conquistata.

Ritiriamo la nostra fiammante C3 all’agenzia Auto Reisen, prenotata via mail. Consigliatissima: molto economica, prenotazione senza carta di credito (che servirà solo per pagare), nessuna cauzione, nessuna politica di carburante. Troveremo anche l’auto con ¾ di serbatoio pieno (da non restituire). Si paga al ritiro e si lasciano poi le chiavi in una buca da lettere alla partenza.

Usciamo dall’aeroporto e, cercando di districarci tra il traffico di Arrecife (unica zona trafficata dell’isola), prendiamo verso nord. Abbiamo prenotato un appartamentino in una Finca nel paese di Ye. Almeno così crediamo. Si tratta di El Cortijo Eco Finca. Se amate le sorprese, se siete aperti a soluzioni alternative e se volete fare la conoscenza di un personaggio originale, fa per voi. Il primo problema, scesa la notte lungo la strada, è stato trovarlo. Man mano che si procede verso nord, la strada è sempre perfetta, ma il paesaggio cambia, le costruzioni quasi finiscono e l’illuminazione è assai scarsa. Non ricordavo che la notte potesse essere così buia: un nero perfetto, non interrotto nemmeno dalle sagome degli alberi che almeno avrebbero riflesso la luce delle stelle. Infatti non ci sono alberi. Dopo vari tentativi, e finalmente l’aiuto di un passante nel paese di Ye, troviamo la nostra destinazione (che peraltro è indicata da un cartello completamente buio nel buio, e pure con un nome differente). Entriamo in una specie di cortile pieno di cactus: buio pesto. Si intravedono solo dei lumicini davanti ai bungalow. Parcheggiamo alla meno peggio e incespichiamo verso la porta del corpo centrale della struttura. Sarà la reception? Non c’è nessuno. Ci dicono che tale Emilio, il titolare, è fuori, e che il generatore non funziona, perciò tutto questo buio.Torniamo alla macchina e aspettiamo una buona mezz’ora. Strano. Ritorno sui miei incerti passi, e alla fine scopro che tale Emilio è sempre stato in casa (!) Ma non ha posto; eppure la prenotazione esiste… Ci dice: “No preocupe! Emilio resuelve!” Sarà la sua frase preferita, e la pronuncerà più volte durante la lunga serata in cerca di un alloggio alternativo: casa sperduta sulla collina (ma anche qui niente luce), infine casa dopo il paese di Guatiza,molto grande, ma lasciata da poco da altri ospiti, ancora in disordine. Ci promette che l’indomani ci verrà a prendere e ci porterà nella Finca più bella di Lanzarote. Chiedo quante case abbia: mi risponde 40 (…). Per fortuna, appena noleggiato l’auto abbiamo fatto la spesa. Diversamente saremmo anche morti di fame. Mentre tolgo dai letti la biancheria usata e mi corico vestita, penso che questa vacanza è iniziata in una maniera davvero insolita.

4 novembre

Ancora buio: l’alba arriva non prima delle 7, ma i tuoni e la voglia di vedere qualcosa di questo posto surreale, mi fanno saltare dal letto già alle 5. La grande casa è in un giardino di cactus e terra nera, con un grande camino e le foto degli antenati, con le porte che non si chiudono, perchè “tanto a Lanzarote non c’è nessun pericolo”. Quando finalmente anche mio marito si alza, dopo un’abbondante colazione usciamo finalmente per un giro al paese di Guatiza, arrivando fino all’ingresso del Jardin de Cactus (ancora chiuso). Terra nera, terra rossa, case bianche, verde dei cactus in ogni giardino. E’ come se ogni abitante di Lanzarote facesse a gara per emulare i giardini di Manrique: una lezione di amore e rispetto per la propria isola, fortemente recepito e condiviso. Colori intensi, primari, puri, resi scintillanti dalla pioggia notturna. Questa purezza e forza è per me il fascino di Lanzarote.

Il nostro buon Emilio arriverà con ritardo, ma arriverà. Ci porta a Ye, in una grande Finca sotto il Vulcano La Corona. La casa è una sontuosa costruzione d’altri tempi: un labirinto di stanze, mobili antichi, quadri, teste di animali impagliati, ricordi di famiglia… Ci mostra la nostra camera, ma anche gli spazi in condivisione: il grande salone, la cucina, il giardino, forse anche il bagno. Resto spiazzata e ho una reazione un po’ esasperata: volevo il monolocale indipendente prenotato, non una casa in condivisione, oltretutto dopo l’odissea della sera precedente. Inoltre la camera che ci viene mostrata ha ancora le lenzuola dell’ospite che l’ha appena lasciata. Sarà un’usanza? Mi sono adattata in situazioni ben peggiori, ma non mi piace essere presa in giro. Emilio “resuelve” e ci fa cambiare le lenzuola. Mi calmo perché non abbiamo certo voglia di andarcene in giro a cercare un’altra sistemazione: abbiamo già perso troppo tempo con questa storia.

Ci prepariamo qualcosa nell’enorme cucina, attrezzata di tutto (perfino olio, sale, pasta, liquori…) dopodiché iniziamo la scoperta dell’isola, già troppo ritardata. Continuiamo a nord, fino ad arrivare al minuscolo paese di Ye. Superandolo, si gira a destra verso il Mirador del Rio. Come altre creazioni dell’architetto Cesar Manrique, icona di Lanzarote, il Mirador declina il territorio in opera d’arte. Per l’ingresso a varie attrazioni di Lanzarote, esiste un biglietto combinato: il Bono da 3, 4 o 6 ingressi: http://www.turismolanzarote.com/centros-de-arte–cultura-y-turismo-de-lanzarote

Dal Mirador si ammira uno dei paesaggi più incantevoli dell’isola: la Playa del Risco con di fronte l’Isla La Graciosa: terra ocra, mare turchino. Percorrendo la strada ai piedi del Mirador, dalla quale si ha praticamente la stessa vista, e costeggiando il mare dall’alto, si può arrivare in un paio di km al l’ingresso del sentiero che porta giù alla playa del Risco. Lo percorreremo l’ultimo giorno del nostro viaggio.

Qualche km a sud, piegando a sinistra poco prima di Arrieta verso il mare, si trovano altri due luoghi da non perdere: la Cueva de Los Verdes e il Jameos del Agua. La Cueva si snoda per molti km, di cui solo un paio visitabili, ma con un emozionante finale a sorpresa, che ognuno promette di non rivelare ai futuri visitatori. Il Jameos, altra opera di Manrique in cui la natura acquatica si fa arte, svela giochi di luce e di ombra; impareggiabile l’auditorium-grotta, con un’acustica straordinaria.

La giornata finisce con papas arrugadas (patate con salsine varie, tipiche di Lanzarote), polpette speziate e birra.

Dal letto possiamo ammirare le stelle attraverso una grande vetrata: questa casa inizia a piacerci.

5 novembre

Abbigliamento che adotterò ogni giorno: giubbino di jeans, maglia di cotone a maniche lunghe, maglietta a maniche corte o canotta, costume. Ombrello nello zainetto. Mai vista una simile variabilità meteorologica. Alloggiare a nord equivale a trovare un tempo più fresco e più umido, ma anche girando per tutto il giorno, abbiamo trovato di tutto: temporale, sole, pioggia, vento, arcobaleni a non finire. Il termometro varia dai 18 gradi ai 30.

Oggi è giornata speciale: si va al Parco del Timanfaya, il simbolo di Lanzarote. La strada che scende da Ye verso Harìa è densa di verdi palmeti: il bianco villaggio di Harìa si trova nella “valle delle mille palme” e pare di essere in Tunisia. Questo è anche il villaggio dove si può visitare la Casa Museo di Cesar Manrique, ma che, visti i nostri orari antelucani, troviamo ancora chiusa(è aperta solo dalle 10.30 alle 13.50). La strada che sale da Harìa per poi scendere verso Teguise regala una vista fantastica sulla valle bianca e verde, sotto un cielo color cobalto. Mai traffico, strade impeccabili, strisce nere di asfalto a perdita d’occhio nella terra scura. E intorno montagne rosse, bocche di vulcani, macchie bianche di case e villaggi. Un mondo fuori dal mondo.

Se immagino Marte, lo immagino così. La strada passa in mezzo ad un vero mare di lava e rocce taglienti: il simbolo del parco, il diavoletto col forcone, ci indica che stiamo entrando nella sua area. C’è un primo punto di raccolta visitatori, con un bel museo sul Vulcanismo (questi musei pero’ saranno all’interno di ogni attrazione di Lanzarote) e la possibilità di prendere una cartina del parco, con i percorsi pedonali al di fuori dell’area a pagamento. Prima pero’ della camminata autonoma, vogliamo arrivare all’Area Visitatori più in alto, dove si paga il biglietto e si accede al punto del Timanfaya dove si parcheggia e si può visitare l’area vulcanica con il bus. Nel piazzale c’è la buca con il fuoco alimentato dal vulcano, ci sono i geiser prodotti dagli addetti versando secchiate d’acqua nelle fosse, ma soprattutto c’è un panorama da brivido sulla valle piena di crateri, con il mare in lontananza.

Il giro in bus in questo paesaggio infernale è molto interessante, con la spiegazione storica dei vari eventi eruttivi, ma rimane un po’ claustrofobica e anche soffocante per il caldo. Un bus aperto sarebbe di certo stato più confortevole.

Prima di tornare al Centro Visitatori vicino a Tinajo e iniziare la nostra camminata, arriviamo fino alla zona dei cammelli, dove vengono organizzate escursioni in groppa a questi animali. Non amo questo genere di cose. Il cielo si fa scuro, e quando giungeremo al sentiero per la Montagna Blanca, inizia a piovigginare. Ci avviamo ugualmente lungo il camminamento pietroso, ma ci coglierà un violento acquazzone. Per fortuna, già abbastanza inzuppati, troviamo una specie di riparo sotto una roccia. Torna qualche raggio di sole e continuiamo a camminare. Il percorso è talmente accidentato, e le pietre così acuminate, da farmi saltar via le suole delle scarpe (per fortuna ce ne sono due sovrapposte). La strada è lunga: dovrebbe durare all’incirca un’ora e trenta, ma poi bisogna tornare indietro. Arriviamo al primo cratere, nel quale si può facilmente entrare, essendo più in basso del livello del terreno. La Montagna Blanca, vera ragione dell’escursione, è di fronte a noi maestosa. Vediamo gente camminare lassù in alto sul bordo del cratere, ma non riusciamo a raggiungerlo. Il percorso, oltre ad essere difficile, infangato, pieno di pietre e detriti, interrotto in vari punti, non è nemmeno segnalato. Dopo una serie di vani e faticosi tentativi (con noi altri camminatori disorientati), decidiamo per lasciar perdere: rischiamo anche che ci colga il buio, oltre ad un nuovo acquazzone. Lasciamo il discorso aperto, eventualmente, per un altro momento.

Si riparte, cambiando strada e salendo fino a Caleta de Famara, dove ci fermiamo ad ammirare il tramonto dalla scenografica spiaggia. Stasera avremo una sorpresa che non ci aspettavamo: a Ye l’unico ristorante chiude alle 18. Torniamo allora indietro fino Maguèz, e dopo una lunga ricerca riusciamo a trovare una specie di circolo privato dove è possibile mangiare. Solo nella zona più turistica i ristoranti sono aperti oltre le 18-19. Per noi che alloggiamo a Ye, avere l’uso di cucina si rivela una questione di sopravvivenza!

6 novembre

Oggi è domenica ed è giorno di mercato a Teguise. Direi piuttosto che tutta Teguise si trasforma in un enorme mercato all’aperto. Il mercato non inizia prima delle 9, ma consiglio di non arrivare tardi: il parcheggio diventa molto difficoltoso. Qui si trova di tutto: dai souvenir alle cineserie, dai vestiti ai formaggi, dal vino ai prodotti all’aloe. Sono proprio questi ultimi che attireranno maggiormente la nostra attenzione: ottimi e ad un prezzo davvero vantaggioso.

Teguise è sormontata dal castello di Santa Barbara, la più antica fortificazione dell’isola. Dall’alto del castello si domina il paesaggio a 360°, ma con il tempo nero in arrivo, la pioggia e le nuvole in corsa, credo che oggi non sia la giornata adatta.

Torniamo a Ye, questa volta passando da Tahiche, e lungo la strada, tra sprazzi di sole e arcobaleni, incontriamo delle strane architetture naturali: grotte e colonne di arenaria grigia dalle forme più bizzarre.

Ora il sole si affaccia deciso e possiamo entrare a visitare il Jardin De Cactus, altra opera del visionario Manrique, che qui ha riqualificato un vecchio mulino e piantato all’interno del cortile, migliaia di piante di cactus di ogni tipo, provenienti da ogni parte del mondo. E’ un trionfo spinoso di forme e colori.

Prima di rientrare alla nostra base, vogliamo fare una capatina alla capitale, Arrecife. Parcheggiamo nella zona portuale, dove sono ormeggiate le navi da crociera. Il porto è veramente una costruzione innovativa, che quasi stona con tutto il resto, sia della cittadina, che dell’isola intera. Qui c’è un miscuglio tra la parte vecchia del paese, raccolta intorno ad una piccola laguna e protesa sul mare grazie all’antico Castello, e la parte nuova poco attraente, composta da alti palazzoni.

Ceneremo ad Orzola, il paese da cui partono i traghetti per La Graciosa. Al ristorante El Norte, proprio di fronte all’imbarco, mangiamo una strepitosa, enorme paella de marisco e infine un ottima crema catalana. Questo ristorante chiude “ben” alle 20!

7 novembre

Si parte sotto un cielo che alternerà di continuo pioggia, arcobaleni e sole. Destinazione sud. La strada dal monumento al Campesino fino a Yaiza, è per me puro spettacolo. In fondo, un panorama dantesco di nuvole e vulcani: la Montagna Bermeja, che risalta sullo sfondo, è davvero vermiglia. Ai margini terra lavica e le famose buche per la coltivazione della vite: siamo in località La Geria, dove è possibile fermarsi nelle cantine per visite e degustazioni. Dopo la bianca Yaiza, un bivio porta a El Golfo, sulla costa ovest. Non ci sono parole per descrivere il Lago Verde: la natura offre uno spettacolo sublime, inventandosi colori potenti, combinati in un’armonia perfetta. Da El Golfo, ancora a sud si arriva alle scogliere di Los Hervidores. Percorsi e terrazze naturali da dove ammirare, come sulla prua di una nave, la potenza dell’Oceano. Infine, dopo spiagge nero-pece, la zona delle Salinas De Janubio, dove le saline splendono al sole, con mille sfumature di colore.

Scendendo ancora a sud, si arriva alla zona turistica di Playa Blanca, da cui, dopo pochi km si accede all’area protetta del Papagayo. Dopo un iniziale sterrato, si paga l’ingresso e si procede ancora per qualche km di strada non asfaltata e abbastanza dissestata. Vi è un primo bivio a destra per Playa Mujeres; si potrebbe anche decidere di fermarsi qui, evitando il resto dello sterrato, per poi superare a piedi il promontorio e incamminarsi per le altre spiagge. Anche proseguendo fino in fondo (come abbiamo fatto noi), se si vuole un po’ esplorare la zona, c’è da camminare un bel po’. Quasi a ridosso del grande parcheggio, c’è Playa Papagayo, la più riparata dal vento, in quanto racchiusa tra due scogliere. Preferiamo scendere verso sinistra, superando le grandi dune di sabbia e scendendo verso altre due spiagge, più esposte ma più belle, frequentate principalmente da nudisti. Ritornando al parcheggio, scenderemo poi dalla parte opposta, visitando così sia Playa del Pozo che Playa Mujeres. Intanto il termometro è salito a 30°, il sole splende, ma arriva anche qualche goccia di pioggia.

Stasera compreremo dell’ottimo pesce da preparare a casa.

8 novembre

Stamattina torniamo alla Montagna Blanca. Quel paesaggio ci ha proprio conquistati, e vogliamo rivedere la zona da un’altra prospettiva e senza pioggia. Una volta a Tinajo, prendiamo la strada che porta a Punta Gaviota. Le 3 montagne in fila, sono straordinarie. Vorremmo anche fare un po’ di cammino, ma al solito i sentieri mal segnalati (soprattutto in questa zona più defilata) ci fanno abbandonare l’idea dopo poco. Deviazione a La Caleta, sull’oceano: quattro case, un cane e gli schiaffi delle onde. Come sarà vivere qui?

Oggi la giornata è più limpida, per cui torniamo a Teguise per salire alla Fortezza. Lo sguardo da quassù spazia a 360° su tutta l’isola. Per entrare nel castello, bisogna necessariamente pagare il biglietto, accedendo anche al Museo della Pirateria. Il Castello è completamente spoglio, e il Museo non è imperdibile, ma per 4 euro vale la pena.

Visto che la giornata è assolata, decidiamo di ritornare a nord, e finalmente scendere alla Playa del Risco. Bisogna cercare la Finca la Corona: dalla strada principale, appena superato il paese di Ye, direzione Guinate, si gira a destra (c’è anche una fermata del bus). Dopo pochissimo si arriva alla Finca, si supera, e sulla sinistra c’è l’accesso ad una strada dove si può parcheggiare. Si procede poi a piedi e si arriva all’affaccio sul mare. Da qui inizia una scalinata molto rudimentale, con pietre e massi sconnessi, che in un’oretta scende dalla montagna fino alla spiaggia. Tra le spiagge da noi viste a Lanzarote, la più bella. Dune altissime di sabbia dorata, con la vista de La Graciosa di fronte. Risalire è stato alquanto faticoso, ma è una spiaggia a cui non rinunciare.

9 novembre

Mattina presto. La Finca dove alloggiamo è vicinissima al Vulcano La Corona, ai margini di un grande campo di cactus e deliziosi fichi d’india. Per accedervi, basta azionare il telecomando della sbarra, di cui il buon Emilio “resuelve”, ci ha dotati. Camminiamo tra i campi, fino ad iniziare a salire lungo le pendici del vulcano spento. Si arriva comodamente fino al cratere, la cui bocca offre davvero uno spettacolo inquietante e vertiginoso. Si può camminare sul ciglio e anche, volendo, scendere all’interno del cratere.

Con la voglia di sperimentare qualche altra spiaggia, ci spostiamo nella zona est, al paese di Orzola. A pochi km a sud, a bordo strada, c’è la spiaggia del Caleton Blanco. Si tratta di una laguna celeste con acque bassissime, separata dall’oceano impetuoso da nere scogliere. La sabbia invece è bianca, punteggiata da ricoveri circolari fatti di pietre laviche, simili a quelli dove crescono le viti. Solo che questi sono per i bagnanti, per ripararsi dal vento e per avere privacy. Anche qui il nudismo è molto praticato.

Ad Orzola, sempre al ristorante El Norte, la nostra ultima cena a Lanzarote. Ottima Parillada di pesce e vino della casa. Il vino delle isole vulcaniche è straordinario.

Per salutare quest’isola al meglio, andiamo a vedere il tramonto dal balcone naturale di fronte a La Graciosa, nel punto in cui abbiamo preso il sentiero per la Playa del Risco il giorno prima.

10 novembre

5 del mattino: sotto un cielo stellato come non se ne vedono nelle nostre città, risaliamo sulla nostra auto dopo aver lasciato le chiavi di casa nel posto concordato, e ci dirigiamo verso l’aeroporto.

Difficilmente desidero tornare in un luogo già visto, ma Lanzarote farà certamente parte delle rare eccezioni.

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Playa del Risco - Lanzarote



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