La terra dei laghi

Un itinerario tra il Lago di Como, il Lago Maggiore e le sue isole
Scritto da: hummin
la terra dei laghi
Partenza il: 29/09/2018
Ritorno il: 05/10/2018
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
A volte una vacanza nasce in maniera casuale, magari perché i piani cambiano all’ultimo minuto e ci si ritrova a dover inventare in pochi giorni un viaggio nuovo di zecca. Sappiamo tutti come le sorprese possano essere positive o negative ed io, per carattere, amo programmare ma devo anche ammettere che tutte le volte che mi sono imbarcato in viaggi improvvisati non me ne sono mai pentito.

Quest anno per varie vicissitudini personali ci siamo ritrovati a saltare le tanto agognate ferie estive ritrovandoci all’inizio di ottobre con una settimana da sfruttare, confidando anche in un meteo clemente. Dopo vari ragionamenti abbiamo deciso di tentare la sorte restando in Italia per vedere una zona sino a quel momento a noi sconosciuta cioè quella dei laghi, nello specifico lago Maggiore e lago di Como. La scelta è stata dettata dalla volontà di non allontanarci troppo da casa e fare quindi un viaggio in auto e nel contempo vedere qualcosa di nuovo ed interessante.

29 SETTEMBRE

Partiamo di buon ora verso la prima tappa del nostro viaggio cioè Stresa, dove ci fermeremo per tutto il fine settimana. La distanza da coprire è relativa, poco più di 300 km, e per percorrerla impieghiamo circa tre ore, siamo fuori dai periodi di punta del turismo di massa quindi non incontriamo traffico e abbiamo la fortuna di pescare una giornata di sole. Arriviamo in zona verso l’ora di pranzo ma prima di sistemarci in hotel ci fermiamo a pranzare in un delizioso ristorante ad Arona poco lontano dall’autostrada ma completamente immerso nel verde e con una bella vista sulla campagna circostante.

Siamo in hotel nel primo pomeriggio, ne abbiamo trovato uno molto comodo poco fuori dal centro di Stresa, dove i prezzi salgono in maniera importante, ma comunque comodo e con vista lago. Come già detto tante volte non amo fare pubblicità però credo anche che le strutture che lavorano bene meritino un riconoscimento, in questo caso specifico l’hotel si chiama La Sacca. Della posizione ho già detto, è una struttura comoda, le stanze sono spaziose e pulite, e per una cifra più che accettabile si ha anche una colazione a dir poco spettacolare. L’unico neo, se proprio vogliamo trovarne uno, è che vista la posizione occorre comunque l’auto per arrivare in centro, si trova ad un paio di chilometri ma la strada è priva di marciapiede e la possiamo definire a scorrimento veloce.

Come primo giorno non possiamo fare molto, dopo un po’ di riposo andiamo in centro e, considerando il meteo favorevole, prendiamo la funivia per arrivare sul Mottarone. Devo dire che io non soffro l’altezza o gli spazi chiusi ma questo breve viaggio mette alla prova anche me, sarà che finiamo sfortunatamente insieme ad un gruppo di attempati americani che urlano come ragazzini per tutto il tragitto come se stessero decollando su uno Shuttle e l’apertura delle porte all’arrivo è una vera liberazione. Dal monte ovviamente si gode una bella vista del lago, che in realtà si godrebbe anche durante il viaggio in funivia se non foste stipati come sardine, per chi non è appassionato di trekking e, come noi, vuole fare due passi consiglio una passeggiata di dieci minuti per vedere il Giardino botanico Alpinia. Ad ottobre non si può avere la pretesa di vedere chissà quali fioriture e di questo veniamo gentilmente avvisati prima di acquistare il biglietto, entriamo comunque e si rivela una scelta corretta, il giardino è molto bello e c’è un belvedere che da solo vale la visita, da lì si può ammirare il lago Maggiore quasi nella sua totalità ed è l’occasione giusta per qualche foto. Tornati a valle è già tardo pomeriggio, rimandiamo quindi una ulteriore esplorazione del piccolo centro di Stresa per rientrare in hotel e pensare alla cena. Stresa è un centro da sempre meta di un turismo che definirei d’elite ed i prezzi rispecchiano pienamente questa condizione, il consiglio che mi sento di dare è quello di spostarsi nella vicina Arona, credo che offra più scelta soprattutto per chi vuole assaggiare una cucina tipica. Arona di sera è da vedere, il centro è un gioiello e gioca a suo favore anche la sapiente illuminazione, c’è anche la possibilità di fare una bella passeggiata lungolago che, in certe serate, riconcilia davvero con la vita.

30 SETTEMBRE

E’ domenica ed è anche l’ultimo giorno sul lago Maggiore, come detto prima infatti questo fine settimana è nato all’ultimo momento, siamo consapevoli che due giorni non sono molti e che ci sarebbe parecchio da vedere ma dobbiamo fare una scelta.

Alla fine seguendo una nostra logica decidiamo di scegliere la visita delle Isole Borromee, che da molti vengono considerate il simbolo di questo splendido lago. La partenza dei traghetti che fanno il giro delle tre isole non è molto distante dal nostro hotel e, come succede sempre in casi simili, ci sono diverse compagnie che cercano di assicurarsi i turisti. Non ci sono grandi differenze e il costo si aggira sui 15 euro a testa per il biglietto giornaliero, consiglio soltanto di verificare prima di imbarcarsi gli orari e la sequenza di visita delle isole.

Partiamo relativamente presto per evitare il caos domenicale e la prima tappa è l’Isola Madre, i tragitti fra le isole sono brevi ma le barche sono molto piccole e sempre affollate quindi se soffrite il mal di mare questa non è la soluzione migliore.

Il meteo non è dei migliori, molto nuvoloso ma per fortuna non è prevista pioggia, arriviamo in circa dieci minuti sull’isola e decidiamo di fare il biglietto cumulativo per maggiore comodità e per risparmiare qualche euro.

L’Isola Madre, anticamente chiamata anche isola di San Vittore o isola Maggiore, è la più grande delle tre essendo lunga poco più di 300 metri per circa 200 di larghezza ed ha una storia antichissima.

Pare che già dal IX secolo ci fosse una chiesa, un cimitero e forse un piccolo insediamento militare ma il suo reale sviluppo inizia all’alba del ‘500 quando Lancillotto Borromeo introdusse sull’isola la coltivazione degli agrumi importati dalla Liguria affiancandola a quella preesistente degli ulivi, e iniziando la costruzione della meravigliosa dimora che possiamo vedere ancora oggi.

A partire circa dal biennio 1823/1823, per decisione dei conti Giberto V e Vitaliano IX Borromeo Arese, ad opera di Renato I, Giacomo e Francesco Rovelli, famiglia di giardinieri originaria di Monza, pur preservando il bosco nella parte verso Nord-Ovest dell’isola, i settori tenuti a frutteto vengono convertiti in giardino romantico all’inglese, che ancora viene considerato tra i migliori esempi di quest’arte in Italia.

La superficie dell’isola è quasi interamente occupata dal palazzo e dal giardino quindi se non avete intenzione di visitarlo evitate di mettervi piede, non c’è praticamente altro da fare nel senso che non c’è fisicamente lo spazio per passeggiare altrove. Dico anche che sarebbe un peccato mortale non dedicarvi un po’ di tempo, la dimora è splendidamente conservata e i giardini trasmettono una sensazione quasi fiabesca, vale realmente la pensa prendersela con calma e dedicare almeno un paio d’ore alla visita.

Proprio per questa ragione noi terminiamo in tarda mattinata e approfittiamo di essere a ridosso del pranzo per andare all’Isola dei Pescatori.

Delle tre è certamente la meno affascinante oltre che la più piccola, in effetti non c’è nulla di particolare da vedere, è un antico borgo di pescatori che nel tempo si è trasformato in maniera radicale seguendo una nuova e spiccata vocazione turistica, è pieno di ristoranti e negozi di souvenir e, a quel che ci dicono, i residenti oggi si contano sulla punta delle dita, perlomeno quelli che fanno ancora della pesca la propria attività lavorativa.

Devo dire che la visita è comunque piacevole, troviamo posto in un bel ristorante con terrazza e visto che il tempo va migliorando e la temperatura è mite ci godiamo una rilassante vista lago. Una volta terminato ci avviamo verso l’ultima tappa del nostro giro e quindi verso la terza isola che, senza nulla togliere alle altre, è a mio parere la più affascinante cioè l’Isola Bella.

Fino al 1632 l’isola inferiore o “isola di sotto” era uno scoglio roccioso occupato da un minuscolo villaggio di pescatori provvisto di due chiese, una intitolata a san Vittore, presente sin dall’XI secolo, l’altra a san Rocco. I Borromeo, il cui nome iniziale era Vitaliani, ebbero in feudo dai Visconti, nel XV secolo e in varie fasi, tutta questa zona del lago Maggiore, che fu appunto detta Golfo Borromeo. Vitaliano I Borromeo fu il primo a concepire il progetto di un incredibile palazzo sull’isola Bella. Ma esso venne realizzato in seguito, soprattutto dal 1632: in quell’anno Carlo III Borromeo iniziò la costruzione di un grandioso palazzo dedicato alla moglie, Isabella D’Adda.

I lavori subirono una pausa d’arresto verso la metà del XVII secolo a causa della grave epidemia di peste scoppiata nel Granducato di Milano.

Tra varie vicissitudini la costruzione di palazzo e giardino termino alla fine proprio di questo secolo, diventando nei secoli anche teatro di grandi eventi storici come l’incontro del 1935 tra Mussolini, Laval e McDonald che diede vita ai cosiddetti accordi di Stresa. Possiamo dire senza timore di smentita che molti furono i nobili ospiti che scelsero come dimora questo meraviglioso palazzo, cito solamente Napoleone Bonaparte che venne qui con la moglie Giuseppina per ben due volte.

Andando per un attimo oltre le ricostruzioni storiche credo contino di più le sensazioni quando ci si trova in luoghi simili, che di solito nascondono sorprese del tutto inattese e a questo proposito sarebbe troppo scontato parlare degli arredi sfarzosi o del giardino botanico, a me hanno colpito moltissimo le grotte sotto il palazzo. I muri sono ricoperti di conchiglie e pietre di molte varietà raccolte nel tempo in questa zona e che danno alle stanze un’atmosfera misteriosa ed affascinante.

Rientrati a Stresa ci prendiamo un po’ di tempo per vedere il centro, onestamente non è granchè, piccolo e privo di particolari attrattive, a meno che non si considerino tali gli sfarzosi hotel sui quali è stata scritta la storia di questo centro. Per quanto gli anni passino e il tempo comporti un mutamento dei costumi e delle abitudini qui si respira ancora un po’ l’atmosfera patinata dei primi del Novecento, quando viaggiare era un privilegio riservato a pochi eletti.

1 OTTOBRE

Oggi ci spostiamo verso la seconda parte del nostro viaggio cioè verso il lago di Como, secondo le previsioni dovrebbe essere la giornata peggiore dal punto di vista climatico, ci auguriamo solo di avere qualche ora di tregua.

Visto che la distanza fra i due laghi è minima cogliamo l’occasione per fare una tappa intermedia, cioè la Rocca Borromea di Angera sulla sponda opposta del lago Maggiore sotto la provincia di Varese.

Nonostante la giornata grigia, ma per fortuna ancora non piovosa, il colpo d’occhio avvistando la fortezza dal basso è notevole e lo diventa ancora di più man mano che si sale verso di essa.

Arriviamo praticamente per primi e, come immaginabile visto il periodo e la giornata feriale, non troviamo praticamente anima viva, il che onestamente non mi dispiace.

La Rocca di Angera è il risultato di cinque diversi corpi di fabbrica, eretti tra l’XI e il XVII secolo: l’Ala Scaligera, l’Ala Viscontea, la Torre di Giovanni Visconti, l’Ala dei Borromeo. Nell’edificio si trovano le sale del Buon Romano, della Mitologia, delle Cerimonie, di San Carlo, dei Fasti Borromeo.Di grande importanza artistica è la Sala di Giustizia che ospita il ciclo di affreschi realizzato nel secolo XIII da un anonimo pittore denominato “Maestro di Angera”. La rappresentazione narra vicende legate alla vita dell’arcivescovo Ottone Visconti. La Sala della Mitologia ospita una vasta collezione di Maioliche, con oltre trecento pezzi di manifattura olandese, francese, tedesca, italiana, spagnola, persiana e cinese. Tralasciando per un attimo la storia della Rocca uno dei motivi per cui è nota è senza dubbio per il Museo delle Bambole che si trova al suo interno.

Fondato nel 1988 dalla principessa Bona Borromeo Arese, il museo espone oltre mille bambole realizzate dal XVIII secolo in poi, nei più noti e diffusi materiali appartenenti alla tradizione antica: legno, cera, cartapesta, porcellana e tessuto. Riccamente abbigliate e munite di corredi in miniatura, sono esposte insieme ai molti giocattoli di vario tipo, accessori domestici,negozi in miniatura,giochi di società e didattici, libri, riviste, fotografie,figurine, il tutto sempre assolutamente attinente al mondo dei bambini. Data la grande qualità, varietà e rarità dei pezzi della collezione, questo Museo si colloca tra i più importanti d’Europa in questo settore. Un lungo percorso che si sviluppa in 12 sale, a cui poi si affiancano altre sale monotematiche, ad esempio ce n’è una dedicata alle bambole provenienti dalle culture extraeuropee.

Oggi la Rocca è diventata una sorta di centro per la reinterpretazione del Medioevo dove si tenta di ricostruire le condizioni di vista dell’epoca e, a mio parere, il grande giardino ne è uno degli esempi più riusciti.

Per far questo è stato condotto un meticoloso studio sui codici e sui documenti dell’epoca che hanno portato prima alla realizzazione di una mostra temporanea su tre principali tipologie di giardini, Il Giardino dei Principi, Il Verziere e Il Giardino delle Erbe Piccole, poi alla realizzazione degli stessi nella grande spianata che si affaccia verso il Lago Maggiore.

All’esterno della Rocca i giardinieri hanno dunque dato il via alla realizzazione di un progetto che porterà, anno dopo anno, ad aggiungere e completare quanto descritto da quegli antichi codici.

A ridosso dell’antica chiesetta della Rocca di Angera hanno già messo radice molte specie descritte dagli antichi maestri, sia piante medicinali che ornamentali coltivate secondo regole e geometrie precise, tutto per ricreare in terra l’idea del perduto paradiso.

Terminata la visita ripartiamo per Como dove rimarremo per il resto del soggiorno, purtroppo però il meteo è peggiorato rapidamente, inizia a piovere e si alza un forte vento, tanto che è quasi impossibile andare in giro, a malincuore siamo costretti a rimandare la nostra breve esplorazione della città al giorno dopo quando, sempre secondo le previsioni, il tempo dovrebbe cambiare radicalmente.

2 OTTOBRE

Dopo la pioggia del giorno precedente il meteo è completamente cambiato, ci svegliamo con un bel sole pronti a mettere in atto il nostro programma che oggi prevede la visita della sponda occidentale del lago, quella che rimane sotto la provincia di Como per intenderci.

Sarebbe per me complicato suggerire un itinerario definito, quel che facciamo noi è semplicemente seguire la strada lungo il lago e fermarci ogni volta che il paesaggio ci ispira. La verità è che c’è una serie di paesi più o meno grandi che meritano attenzione, tutti propongono scorci particolari o qualcosa degno di attenzione.

Le nostre tappe ad esempio sono Carate Urio, Laglio, e soprattutto Argegno. Su quest’ultima voglio soffermarmi perchè non è stata una sosta di pochi minuti per scattare qualche foto, il paese infatti è delizioso ma a renderlo speciale c’è la possibilità di prendere una funivia per arrivare a Pigra, piccolo comune in altura dal quale si domina il lago.

Un gruppo di case sparse che ricordano il classico paese di montagna, da qui partono diversi sentieri per gli appassionati di trekking ma soprattutto c’è una vista del lago sottostante da togliere il fiato, devo dire una delle prospettive più incredibili mai viste.

Per gli appassionati di fotografia è un invito a nozze, arriva però il momento di tornare a valle visto che si fa rapidamente l’ora di pranzo, nel caso decidiate di fermarvi qui consiglio comunque di fermarsi ad Argegno, a Pigra infatti non ho visto nulla di interessante per mangiare.

Quando ripartiamo, nel primo pomeriggio, ci attende un’altra serie di soste molto interessanti. La prima è Sala Comacina, la particolarità non risiede tanto nella bellezza del paese che è in linea con tutti quelli citati prima ma nella presenza proprio davanti alla costa dell’Isola Comacina, Unica del lago di Como, fu protagonista della storia comasca in età romana e alto medievale risultando un oppidum militare, un fulcro politico, nonché uno dei più importanti centri religiosi della diocesi. La grandezza dell’isola nella storia è tale da ritenerla il luogo mitico da cui sarebbe sorta l’ars muraria dei Magistri Comacini, ed anche da cui sarebbe partito l’intero processo di sviluppo dell’arte medievale italiana. La splendida storia della Comacina sembra interrompersi bruscamente nel 1169, l’annus horribilis che segnò il suo tragico destino: devastata e rasa al suolo per opera dei comaschi e del Barbarossa, l’isola decadde rapidamente, finendo nei secoli successivi in uno stato di abbandono.

Ripartiti ci avviamo verso Menaggio, una delle località più belle e famose di questa sponda del lago. Devo dire che questi paesi tendono a somigliarsi un po’ tutti, molto belli, curati e scenografici, noi, nonostante il fuori stagione, li troviamo popolati quasi interamente da stranieri, in particolar modo da tedeschi.

Facciamo una passeggiata e verso la metà del pomeriggio risaliamo in auto per tornare indietro, la distanza non è molta però va sempre considerato che si tratta di una strada relativamente stretta e sempre trafficata, per capirci se si trova un camper lungo il percorso i tempi si raddoppiano.

Tornando indietro facciamo tappa anche a Cernobbio, altra perla lunga la sponda comasca del lago, giusto il tempo per goderci una breve passeggiata lungolago e un po’ di relax prima di rientrare in hotel ormai sul far della sera.

3 OTTOBRE

Oggi altra giornata di sole, tempo ideale per lanciarci all’esplorazione della riva orientale del lago, per capirci il ramo lecchese. La prima tappa partendo da Como è istintivamente Bellagio, località turistica famosa e rinomata.

Quello che non ci aspettavamo è che i 35 km che separano le due località siano si sviluppino in realtà su una strettissima strada collinare dove raramente passano due auto affiancate in un susseguirsi di saliscendi alla lunga fastidiosi.

Arrivati a Bellagio siamo talmente provati che ci lanciamo verso una soluzione estrema pur di non doverla rifare anche al ritorno, cioè compriamo un biglietto per il pomeriggio su un traghetto dove potremo imbarcare anche l’auto diretti a Cadenabbia, sulla sponda opposta del lago, in pratica dove eravamo il giorno prima, da qui la strada del ritorno, pur mantenendo il solito chilometraggio, sarà certamente meno tortuosa

Visto che siamo alla biglietteria e dobbiamo scegliere che fare della nostra giornata, cosa c’è di meglio di un giro panoramico in traghetto verso Varenna, altra perla incastonate sulle rive di questo meraviglioso lago.

Messo piede a terra a Varenna si ha subito una sensazione diversa rispetto a Bellagio, questa infatti appare molto più turistica, ci se ne accorge facilmente dai negozi, bar e ristoranti, diciamo che sembra tutto un po’ troppo patinato.

Questo non significa che Varenna sia una sorta di oasi di pace e serenità, nel senso che è comunque molto battuta dai turisti, ma il solo fatto che ci si arrivi prevalentemente in traghetto piuttosto che in auto la rende più piacevole.

La passeggiata che porta al borgo è splendida, con tanto di romantico ponticello ideale per scattarsi qualche foto, il paese in realtà si sviluppa lungo la collina quindi occorre comunque salire verso il vero centro storico. Ci sono un paio di percorsi per arrivarci, noi ovviamente prendiamo inconsapevolmente quello più lungo, scelta che in realtà si rivela fortunata, perchè una volta arrivati in cima ci troviamo praticamente di fronte all’ingresso dei giardini di Villa Monastero.

Questa incredibile villa a pochi metri dalle placide acque del lago è utilizzata prevalentemente per l’organizzazione di eventi e concerti, l’edificio risale al XII secolo quando veniva utilizzato come monastero cistercense femminile, nel corso dei secoli passa fra le mani di vari proprietari che la ingrandiscono, ampliando anche il meraviglioso giardino botanico che la circonda. L’apertura al pubblico risale al decennio 40 – 50 dello scorso secolo, per poi finire una decina di anni fa sotto la gestione della Provincia di Lecco.

Il mio consiglio spassionato è di non perdersi il giardino, si tratta di due chilometri lungolago che in una giornata di sole come quella che abbiamo trovato noi si trasformano in un piccolo angolo di paradiso. Ci sono piante molto rare provenienti da varie parti del mondo e, anche se ottobre non è di certo il periodo migliore per le fioriture, il giardino è comunque un’esplosione di colori, puntellato di terrazze panoramiche da cui godersi la vista e l’abbraccio di un caldo sole.

Terminata la piacevole visita ci fermiamo a pranzo nella piazza principale del paese, e dopo un po’ di riposo ci dirigiamo, nel primo pomeriggio, verso l’imbarcadero, dobbiamo infatti tornare a Bellagio per poi prendere nuovamente il traghetto con auto al seguito.

Devo dire che sono tutte esperienze piacevoli, non è certo la prima volta che ci imbarchiamo con la nostra auto, però non ci era mai capitato di farlo circondati da un paesaggio simile, l’unico rammarico è che gli spostamenti sono fin troppo brevi. Ciò che colpisce trovandosi in mezzo al lago e guardandosi intorno è come le splendide montagne sembrino gettarsi a capofitto verso lo specchio d’acqua sottostante con una continuità e armonia incredibile. E’ esattamente la sensazione provata guardandosi intorno dalla funivia Angera – Pigra, cambia la prospettiva certo ma il colpo d’occhio è sempre da togliere il fiato.

La parte interessante della giornata è conclusa, sbarcati a Cadenabbia ritorniamo verso Como, dove ci fermeremo come sempre a cena e per la passeggiata serale, se doveste venire qui ritagliatevi del tempo per visitare il centro della città, con le luci della sera è un gioiello.

4 OTTOBRE

Per l’ultimo giorno sulle rive del lago di Como scegliamo una gita fuori porta, siamo vicinissimi al confine con la Svizzera e abbiamo letto che Bellinzona con i suoi castelli è molto bella, sarebbe un peccato perdere l’occasione.

La distanza da percorrere è minima e per arrivare a destinazione impieghiamo un’ora scarsa, grazie anche al poco traffico incontrato. Bellinzona è una deliziosa città, fa sorridere il fatto che a tutti gli effetti si tratti di uno spicchio di Italia in un altro paese, la sensazione è che qui le cose funzionino un po’ meglio.

I castelli sono tre e tutti meritano a mio modesto parere di essere visitati, per logica io suggerirei di partire da quello di Castelgrande perchè è quello logisticamente più comodo, vi si accede infatti con un ascensore direttamente dal parcheggio di Piazza del Sole, in pratica ci si trova in pieno centro città.

Castelgrande è dotato di due torri e di una cinta muraria percorribile a piedi dalla quale, oltre a godere una bella vista della città, si possono vedere gli altri due castelli quello di Montebello e di Sasso Corbaro.

Ospita a rotazione delle esposizioni di vario tipo e un museo che racconta la storia della città, e, per chi fosse interessato, un ristorante. Mi ha colpito molto la bellezza del castello, è conservato in maniera quasi perfetta e soprattutto mi ha colpito come quest ultimo sia perfettamente integrato nel tessuto urbano della città, immaginate di vedere un centro abitato relativamente moderno con uno splendido castello medievale al centro che lo domina dall’alto, sicuramente qualcosa di particolare.

Per quanto riguarda i biglietti consiglio di acquistare quello cumulativo, permette di risparmiare qualche euro (o franco che dir si voglia) e tempo in caso di eventuali code. Dopo Castelgrande di logica la seconda tappa è il castello di Montebello, ci si arriva a piedi scendendo verso Piazza della Collegiata per poi risalire una scalinata piuttosto ripida fino alla cima della collina su cui è posto. Non è un percorso morbido quindi mi sento di suggerirlo a chi è un buon camminatore, diversamente esiste un trenino turistico che dalla stessa piazza porta più comodamente al castello.

Noi scegliamo il percorso a piedi e con non poca fatica arriviamo a destinazione verso tarda mattinata, va detto che una volta giunti alla meta lo sforzo è ampiamente ripagato. La vista è migliore rispetto a quella che si gode da Castelgrande ma soprattutto Montebello è integrato in una sorta di oasi verde, a prima vista si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un dipinto.

Anche qui le mura sono percorribili, l’interno è decisamente poso interessante ma lo stato di conservazione praticamente perfetto della struttura la rendono imperdibile, molti approfittano dei grande prati che circondano il castello per un pic-nic improvvisato o anche solo per rilassarsi un po’ al sole.

I tre castelli sono tutti collegati fra loro quindi chi volesse potrebbe fare un unico tragitto a piedi per vederli tutti, l’ultimo però cioè Sasso Corbaro rimane piuttosto defilato e fuori mano, noi infatti dopo un veloce pranzo in centro scegliamo di andarci in auto, anche perchè c’è la possibilità di parcheggiare praticamente di fronte all’ingresso.

Sasso Corbaro è scenograficamente il più bello, situato su un’altura ancora più imponente emerge dal bosco in maniera maestosa, si entra da una piccola porta il legno, e da qui si iniziala visita del castello. Non mi soffermo sui dettagli, sarebbe noioso e pretenzioso ma suggerisco di godersi l’esperienza in totale relax, meglio ancora se durante una bella giornata di sole come quella che abbiamo trovato noi, un tuffo nella natura a due passi dalla città ed essendo in Svizzera tutto è praticamente perfetto, sembrerà un luogo comune ma è così.

Tracciando un rapido bilancio di questa settimana di vacanza questo non può che essere positivo, posti meravigliosi, ottima cucina e esperienza interessanti.

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