Kenya: la mia prima volta

Era il 6 febbraio 2006 quando, in partenza dall'aeroporto di Fiumicino, io e mia moglie Stefania ci accingevamo a lasciare, senza alcun rimpianto il freddo europeo per recarci ad incontrare per la prima volta il sole equatoriale del Kenya. Avevamo prenotato on-line tramite ***NO PUBBLICITà****, nelle vicinanze di Malindi - costo 750 Euro a...
Scritto da: canestrari
kenya: la mia prima volta
Partenza il: 06/02/2006
Ritorno il: 14/02/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Era il 6 febbraio 2006 quando, in partenza dall’aeroporto di Fiumicino, io e mia moglie Stefania ci accingevamo a lasciare, senza alcun rimpianto il freddo europeo per recarci ad incontrare per la prima volta il sole equatoriale del Kenya.

Avevamo prenotato on-line tramite ***NO PUBBLICITà****, nelle vicinanze di Malindi – costo 750 Euro a testa, comprensivo di spese accessorie -. Dopo circo 8 ore di volo, comodissimo, con ****giungiamo sull’isola di Mombasa. Le formalità doganali appaiono subito approssimative ed ho il sospetto che alcuni viaggiatori dessero, su richiesta dei poliziotti, qualche mancetta per non farsi aprire i bagagli. Al sottoscritto invece viene chiesto il valore della videocamera che portavo a mano e viene registrato sul passaporto insieme al visto d’ingresso.

Dopo circa quattro ore di bus, attraverso strade sconnesse affollate di venditori ed artigiani che lavoravano all’aperto, nonché una moltitudine di bambini che ci salutavano gridando “Jambo !!” … caprette che attraversavano la strada … galline che fuggivano spaventate, si arriva al nostro villaggio. Il Villaggio L’accoglienza del personale, quasi esclusivamente italiano, e l’impatto olfattivo e visivo di un immenso giardino fiorito riesce immediatamente a cancellare le ore di stress accumulate nel viaggio. Le camere sono essenziali, munite di aria condizionata – molto rumorosa – letti in legno massiccio protetti da zanzariere. Durante il primo briefing con il personale italiano del villaggio si affronta subito il problema della malaria e veniamo a scoprire che nessuno dei nostri assistenti o animatori seguiva alcun tipo di profilassi. Confermando le informazioni che erano già in nostro possesso, ovvero : la profilassi farmacologia (Lariam, Malarone etc… ) rafforza le difese contro un’eventuale puntura senza però garantirne l’immunità… Ed in moltissimi soggetti può provocare anche gravi disturbi… Quindi, pur avendo portato con noi il Lariam e vista la totale assenza di zanzare abbiamo optato per l’uso di repellenti odorosi – Autan -.

Il Mare Il mare di fronte al villaggio non è proprio accessibile alla balneazione a causa di una barriera corallina morta e deturpata, la spiaggia invece è fruibilissima, sabbia fine che, nei momenti di bassa marea, viene utilizzata dagli europei come pista per auto 4×4 che al passaggio fanno levare in volo nuvole di uccelli di tutte le specie. Mentre la popolazione locale la utilizza la mattina all’alba come scorciatoia per raggiungere il paese vicino e barattare lo Mnasi con qualche pesce (– Mnasi, vino estratto dalla palma del cocco – trasportato sulla testa dalle donne dentro contenitori di plastica gialla).

La spiaggia del villaggio, attrezzata di lettini, di bar, di inserviente/massaggiatrice è protetta dalla eventuale invadenza dei beach boys da un ascaro armato di bastone. Malindi.

Il Villaggio mette a disposizione dei clienti un servizio giornaliero di navetta per andare a Malindi, e noi ce ne siamo serviti immediatamente.

All’arrivo a Malindi, subito dopo esser scesi dal pulmino veniamo affiancati da due ragazzi locali che si offrono di farci da guida. Rifiutiamo dicendo loro che volevamo stare soli, ed alle loro insistenze sono costretto a mostrarmi fermo e dico loro di andarsene… Eco allora che uno dei due si allontana e si siede a terra in un angolo con la testa tra le mani, abbattuto e quasi piangendo dice che lui è bravo, che non ruba e che vuole solo farci compagnia. Mossi a compassione ci adattiamo ai nostri nuovi compagni e non ce ne pentiamo perchè ci accompagnano in posti che forse da soli non avremmo trovato il coraggio di visitare: delle stradine interne nella periferia dove c’era una popolazione estremamente dignitosa, misera e gentile, un mercatino locale di prodotti tipici dove si vendeva o barattava la miseria, (esempio una donna aveva solo 3 cipolle e le esponeva adagiandole in terra, un altra esponeva 4 misere zucchine seduta all’angolo della strada). Siamo andati poi in quello che loro chiamano il mercato di “porta portese” , un’ insieme di baracche dove vendono oggetti dell’artigianato locale quasi essenzialmente in legno o pietra saponaria.

Mia moglie che già aveva scoperto che parecchi indigeni non disdegnavano il baratto si è divertita a comprare parecchie statuine dando loro, oltre che qualche euro, anche oggettini portati da Roma (specchietti, pettini, spazzolini, dentifrici ed altro).

Ci hanno accompagnato poi sulla riva del mare, dove un gruppo di ragazzi Kenyioti faceva il bagno. Era la prima volta che vedevamo dei bambini giocare e correre. Alla fine i due improvvisati accompagnatori ci hanno portato in un’agenzia che vendeva pacchetti per escursioni ed abbiamo organizzato, pagandolo molto poco, un safari di 2 giorni per il giorno seguente ( 120 euro a testa al **** (campo tendato) nel parco dello Tsavo Es.) Il Safari Ci vengono a prendere alle 5,30 del mattino all’ingresso del Villaggio, prima di farci salire ci chiedono di saldare il conto (in agenzia avevamo dato solo un piccolo acconto). A Malindi si fanno varie tappe nei villaggi italiani per poter far salire gli altri partecipanti al Safari -Safari significa semplicemente viaggio-. Dopo circa due ore di di strade sterrate si giunge in prossimità dell’ingresso del parco ( … Nel parco esistono vari ingressi per pagare e, poichè l’accesso in auto è possibile solo percorrendo alcune strade al pedaggio non si sfugge! Gli animali invece sono liberi, possono entrare o uscire in quanto non esiste alcuna recinzione) Ci fermiamo a 20 metri dall’ingresso per sgranchirci le gambe, qualcuno per fumare ed altri per usufruire dei “bagni”… Io e mia moglie vedendo scorrere un fiume nel quale troneggiava una coppia di Marabù ci accingiamo ad avvicinarci per catturare alcune immagini per il nostro filmato, immediatamente veniamo accostati dai Rangers che ci informano che, causa la presenza di coccodrilli, era pericoloso.

Si entra finalmente nel parco e si comincia a filmare gli animali in libertà, ce ne sono moltissimi… La terra in alcuni punti è completamente rossa, la polvere finissima si infila tra i vestiti ed in ogni angolo della telecamera. L’autista/guida (S.) è costantemente in contatto tramite il baracchino con le altre guide e si scambiano informazioni circa l’avvistamento dei “big five” che sono le prede più ambite per le nostre videocamere. Gli elefanti sono veramente tanti, le giraffe un po’ di meno (a proposito giraffa si dice twige, leone simba, signore buana… Hakuna matata significa tutto bene… , si, la lingua locale, lo Swahili è la lingua dei cartoni animati !!!). All’interno del parco, che è grande come una regione italiana, ad ogni incrocio vengono poste delle pietre con l’indicazione della varie distanze e le direzioni delle prossime uscite. Sulla nostra auto eravamo, oltre io e mia moglie, una coppia di mezza età di Bergamo e tre amici di Latina. Giunta l’ora del pranzo veniamo separati, l’autista accompagna la coppia di bergamo al campo tendato *** quelli di Latina *** e noi al ***, l’autista S. Resta con noi, quindi lo invitiamo al nostro tavolo e gli offriamo da bere (Nel prezzo del soggiorno le bevande sono escluse). La tenda è posta sul terreno su una base di cemento, all’interno vi sono due aree separate, una con due letti protetti da zanzariere e due comodini, l’altra, separata dall’area notte ma all’interno della tenda è costruita in cemento e maioliche, con tre divisioni, una per il Water, una per la doccia, ed infine il lavandino. Sempre costruito su una base di cemento c’è la veranda esterna con tavolino e due sedie.

Dopo aver pranzato e fatto una breve sosta S. Ci fa fare una nuova escursione per “catturare” ancora qualche immagine stupenda. Ma il re Leone non si è ancora visto, in compenso abbiamo filmato struzzi, bufali (migliaia) e ghepardi..

Si torna al campo e, dopo aver effettuato una cena tipica a base quasi esclusivamente vegetale, il proprietario ci ricorda che la corrente elettrica è un lusso e che normalmente dopo la cena in ogni tribù è usanza riunirsi intorno ad un braciere per trascorrere la notte, raccontandosi leggende locali o storie della tradizione, quindi gli ospiti (eravamo sette persone in quel campo, io e mia moglie, tre olandesi e due polacchi) se lo gradivano potevano restare ad ascoltare un guerriero masai che ci avrebbe illustrato le tradizioni locali. Il tutto naturalmente in lingua inglese.

Il mattino seguente, dopo aver nuovamente compattato il gruppo, la nostra guida ci informa che tramite il baracchino altre guide avevano assistito all’attacco di alcune leonesse verso un branco di bufali. Seguendo le indicazioni delle altre guide S. Riesce a portarci sul luogo della caccia ma prima di noi c’erano già altri sei o sette pulmini. I leoni stavano sbranando la preda ormai morta ma la nostra visuale non era la migliore, Solo tramite lo zoom della telecamera riuscivo ad avere una visione discreta del pasto.

Gli amici di Latina erano muniti di fotocamere digitali che gli permettevano al massimo un ingrandimento di 4x, quindi si sono lamentati della sfortuna. La nostra guida allora ci dice di non preoccuparci e prosegue il viaggio dicendo che saremmo tornati in seguito, quando gli altri turisti avranno abbandonato la postazione; quindi dopo circa un’ora e mezza S. Ci riporta sul posto, non c’èrano più gli altri turisti ed allora decide di abbandonare la pista (VIETATISSIMO !!) ed entrare direttamente nella savana fermando il nostro pulmino a circa 6 metri da due leonesse che proseguivano a divorare la carcassa rimanente. Rimane fermo solo una manciata di secondi per alcune foto, poi rientra immediatamente nella pista di terra battuta.

Il pomeriggio prosegue senza più grandi emozioni e dopo aver pranzato insieme nella città di Voi decidiamo di dare a S. Una mancia di 5 Euro a coppia. Watamu.

Si parte per una escursione per Watamu, piccolo paese di pescatori famoso perchè ospitò anche E. Emmingway, (ora invece ospita ville di proprietà di Briatore, Vecchioni, Ventura ed una numerosissima colonia di italiani) Appena giunti sulla spiaggia di sabbia bianchissima, tra alte palme rigogliose di cocchi veniamo abbordati da un simpaticissimo kenyota di nome “C.” il quale ci propone una gita sul suo dow, tipica imbarcazione ottenuta scavando in maniera assolutamente primitiva un tronco. Noi ci facciamo accompagnare col suo daw sino al termine della barriera e poi nuotiamo insieme, mentre lui scendeva in acqua per mostrarci quanche pesce palla. Ogni tanto ci accorgiamo di ragazzi locali che escono dal mare una volta con una cernia, un’altra con una aragosta, con una cesta piena di pesci da frittura o con una decina di polpi. Ci preparano da mangiare cernia ed aragosta alla brace, poi si arrampicano su una palma altissima per offrirci un cocco appena raccolto.

Il Parco marino di Malindi.

Ci vengono a prendere al Villaggio verso le ore 9 con il tuk tuk (ovvero un’Ape a tre ruote dove sono stati aggiunti due sedili posteriori per i passeggeri). Il veicolo, estremamente caratteristico, era munito di radio con altoparlanti attaccati con il nastro adesivo. Con la musica “a palla” veniamo per la prima volta in contatto con la corruzione della polizia che ad un posto di blocco viene “addomesticata” dal nostro autista con il passaggio di “qualcosa” verso le mani tese del poliziotto.

Arriviamo a Malindi e parcheggiato il tuk tuk veniamo imbarcati con altri turisti, tutti italiani, sulla barca che ci porterà a visitare il parco marino. Il mare quel giorno, seppur calmo, non sembrava affatto pulitissimo. Facciamo la prima sosta per una breve nuotata. La visibilità in acqua non superava i 7/8 metri io ho visto molti pesce sergente, altri più fortunati dicono di aver visto aragoste.

Dopo la breve sosta, si riparte costeggiando alcuni villaggi di pescatori… Palme, capanne e tanta gente sempre allegra… Immagini stupende… Cartoline !!! Arriviamo in un punto a circa un miglio dalla costa, l’acqua ora è limpidissima con almeno 30 metri di visibilità il fondale e quasi esclusivamente sabbioso, la profondità varia tra 50 cm e un metro. L’imbarcazione fa una seconda sosta e cominciano a preparare il pasto a base di King Fish ed aragoste.

Mentre tutti i turisti facevano il bagno il livello dell’acqua cominciava a scendere sempre di più e dalla costa stavano arrivando alcuni un paio di imbarcazioni locali (dow) con il loro carico souvenir di fattura artigianale. Inevitabile a questo punto evitare la contrattazione e l’acquisto di alcuni oggettini. La marea continuava a scoprire questo atollo di sabbia bianchissima ed infine, per la soddisfazione di tutti ci servono il desideratissimo pasto.

Ultima nota prima di chiudere riguarda la corruzione. Espletate le formalitàdi imbarco mi viene consegnato il biglietto dove è scritto di recarmi al Gate 8, io riesco solo a trovare il Gate 1 e Gate 2, entrambi affollatissimi con una coda di almeno 20 minuti.

Chiedo informazioni ad un poliziotto, il quale mi dice di seguirlo… Entriamo in una porta di servizio ed usciamo esattamente come primi della fila del Gate 1. Mi ha chiesto 2 euro di mancia, ma mi sono vergognato come un cane… Non è mia abitudine utilizzare sotterfugi per passare avanti alla fila… Chiedo scusa a tutti i passeggeri che mi avranno giudicato male.

Stefania e Luciano Canestrari



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