Il mio ****

Il mio viaggio in Kenya inizia per caso, per motivi di lavoro e di turismo, l’utile col dilettevole. E’ il 2 ottobre quando parto da Milano volando di notte. Sembra di non arrivare mai, e quando prima dell’atterraggio il comandante annuncia che sta piovendo, mi viene da imprecare anche perche’ si diceva che la stagione delle piogge e’...
Scritto da: ALESSIA F.
il mio ****
Partenza il: 02/10/2006
Ritorno il: 10/10/2006
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 500 €
Il mio viaggio in Kenya inizia per caso, per motivi di lavoro e di turismo, l’utile col dilettevole.

E’ il 2 ottobre quando parto da Milano volando di notte.

Sembra di non arrivare mai, e quando prima dell’atterraggio il comandante annuncia che sta piovendo, mi viene da imprecare anche perche’ si diceva che la stagione delle piogge e’ finita con largo anticipo quest’anno.

Fortunatamente la giornata si preannuncia positiva ( a parte degli enormi corvi neri sul tetto dell’aeroporto che gracchiano sulle teste dei turisti.. Oscuro presagio… per gli antipatici! Sono cosi carini!!!!!) non piove, ma la cappa di umidita’ ti schiaffeggia gia’ all’apertura del portellone, forse proprio per le recenti piogge.

E’ mattina presto e la distanza per raggiungere la struttura scelta e’ di circa 2 ore e mezzo di autobus, ma non mi dispiace, perche’ almeno potro’ avere un assaggio d’Africa, quella vera, prima di arrivare al villaggio dove tutto e’ perfetto per i turisti.

Dopo le decine di persone che cercano di portarti la valigia ( che poi puntualmente si lamentano della mancia che gli dai) e che salto velocemente facendo da sola, mi guardo intorno notando quanto siano antipatici molti degli altri italiani che si trovano con me, impressione che verra’ piu’ volte confermata durante la mia permanenza qui.

Il tragitto fino a Watamu e’ bellissimo… nonostante la poverta’ sia sovrana, quello che si vede ti riempie occhi e cuore.

I paesaggi variano drasticamente. Ricordo in particolare le sterminate ( e non esagero perche’ per decine di chilometri si procede cosi’) piantagioni di agavi, alcune folte e verdi, altre con un ciuffetto spelacchiato, perche’ vengono tagliate loro le foglie partendo dalla base e proseguendo in modo circolare per produrre prodotti e liquori.

Sono disposte in lunghi filari, un po’ come le nostre vigne, ma con che precisione! E qua e la’ spuntano baobab possenti e ciccioni, un po’ goffi ma pur sempre meravigliosi. Passato il periodo della fioritura mostrano gli oblunghi ed enormi frutti penzolanti.

Alcuni villaggi interrompono foreste e coltivazioni di mais rinsecchito, veri villaggi africani, senza progresso ne’ acqua corrente e di luce neanche a parlarne, coi tetti di lamiera e di foglie di palma, spesso costruiti col fango.

Alcuni mercatini improvvisati espongono su bancarelle mezze storte, piramidi di pomodori e altri ortaggi, strani tuberi e cose che non distinguo bene. Ma i colori sono cosi’ belli! I banchi di cocomeri, cosi’ diversi dai nostri, e quelli zeppi di banane, creano dei contrasti cromatici eccezionali nella loro semplicita’.

Come in tutta l’Africa, la gente cammina, cammina, da una parte all’altra, donne con enormi cataste di stecchi sulla testa , taniche d’acqua pese chissa’ quanto, ceste e altro. Passano cosi’ regalmente ed erette nei loro vestiti tipici, mentre ai lati delle strade si consumano quotidiane scene di vita locale, dove si lavora, si produce e si vende.

I loro mobilifici per esempio, sono cosi’ carini, le testate dei letti, le panche di legno, sono tutti esposti sulla sabbia ai lati della striscia di asfalto, diversi divani sfilano colorati l’uno accanto all’altro in stenderie quasi comiche.

Alcune macchine abbandonate arrugginiscono dimenticate nei dintorni, alcuni bruciano fuochi o cucinano chissa’ cosa, e non potendo sentirli dietro al vetro del mio finestrino, immagino i profumi la’ fuori.

Poi si passa da un lago pieno di ninfee bianche, e si attraversa un fiume sulle cui sponde chiare e sabbiose sono tirate in secca numerose barche di legno. Arrivati nella zona di Watamu, la strada si divide mostrando vari cartelli sui quali sono impressi i nomi di diversi hotel, di supermercati, ristoranti e negozi.

E poi, inizia il nulla… o meglio, via dalla civilta’ dell’asfalto e via libera alla strada sterrata e al bush, pieno zeppo di buche. 6 km cosi’ per arrivare al ***NO PUBBLICITà***** che si fa tanto desiderare , tra baobab, cespugli, caprette che brucano, e capanne, solo capanne, dalle quali sbucano continuamente bambini che gridano al nostro passaggio.

Le buche sono talmente tante e fitte che nemmeno i taxi si dice vogliono venire a prenderti in hotel!!! Ma ne vale la pena, come poso lo sguardo su questa oasi in mezzo al bush e direttamente sul mare, gia’ guardando i giardini immensi e colorati, tutti fioriti di bouganvilles, alberi tipo savana dai quali scendono lunghi semi, piante grasse e spinose, papaia e tanto altro. Nel giardinetto di fonte alla reception sono adagiate enormi tridacne. La camera e’ carinissima ( col soffitto in stile rustico toscano!!!!!!!!!!!!!!!! ) nel senso che ha travi di legno. Zanzariera intorno al letto e fiori lasciati sul lenzuolo dal nostro room boy. Non voglio essere ripetitiva dopo la lunga serie di racconti che parlano del Jacaranda, ma tutte le strutture comuni sono belle e tenute bene, il gusto del proprietario e lo stile africano perfettamente conservato ne fanno il fiore all’occhiello. Per non parlare della spiaggia e del punto di mare, alle cui descrizioni preferisco dedicare un racconto tutto a parte, bellissimi, conferma che viene dalle escursioni organizzate qui dagli hotel limitrofi.

E cosi’ inizio a stampare foto, prima ad una barchetta di pescatori che dondola sul mare verdognolo in piena alta marea. Poi alla gente che passa sulla spiaggia e che ti saluta, a un simpatico bimbo coi capelli rasta e tanto altro.

La piscina e’ ben tenuta, di quelle coi pietroni sul fondo che danno una limpidezza particolare all’acqua e in posizione particolare, vedi il colore della piscina e su sfondo quello del mare a creare contrasto.

Le palme regalano ombra che si allunga sulla sabbia candida e corallina. C’e anche una terrazza che da sul mare dove si puo’ ammirare la luna che durante la settimana e’ stata sempre piena e ci ha regalato atmosfere particolari con il riverbero della sabbia bianchissima.

E poi le sere che vengono organizzate qui, dagli spettacoli masai ( veri o falsi non lo so comunque molto carini) ai saltatori, alle danze tribali e i mercatini che questi allestiscono nella sala circolare dove c’e’ il bar.

Altra nota non trascurabile… La ristorazione… Di tutto di piu’, una cucina impeccabile e ottima, leggera e saporita. Dalla carne alla griglia alle insalate di polpo, alle verdure gigliate ai dolci e alla frutta… per non parlare della pasta, delle pizzette e delle schiacciate. C’e’ davvero da dire chakula chema. Mi sono chiesta come fa uno staff esclusivamente keniota e produrre dei piatti tanto buoni. La risposta e’ stata semplice, se non imparano subito, rischiano il posto. Poverini, ma sono dei geni! Prima della cena, e precisamente dalle ore 19 alle 20 c’e’ l’ora dell’aperitivo…E che dire! Bevande alcoliche o analcoliche a base di frutta tropicale buonissime e poi stuzzichini, dalle pizzette, alle patatine, noccioline e poi anacardi a volonta’ ( ovviamente di provenienza locale ) che sono la fine del mondo, morbidi e burrosi.

Prima dei pasti gli animatori suonano il tamburo nei pressi dell’entrata del ristorante per il richiamo dei clienti a testimoniare che la pappa e’ pronta! Che simpatica idea! Con il passare dei giorni che si rivelano veramente pochi e brevi, tra visite di altri hotels, un’escursione a Robinson Island e meetings, ho modo di ammirare l’hotel con la fauna e la flora che lo popolano in modo piu’ particolareggiato.

Le stradine che dalla reception si diramano nel villaggio sono fatte di sabbia. Le varie palazzine con le camere hanno tutte il nome in swaili degli animali della savana con pronta traduzione in inglese. Io e le mie amiche siamo in posizione privilegiata, blocco simba ( cioe’ leone ), vicinissimo alla spiaggia. Nelle vicinanze centro massaggi e parrucchiera per fare le treccine. Sui cespugli di bouganvilles e altri fiori svolazzano farfalle e cavallettine, ogni tanto passa un micino indisturbato e alcuni millepiedi colorati attraversano i vialetti.

Vorrei ringraziare il proprietario dell’hotel per la sua disponibilita’ e tutto lo staff, gentilissimo e sempre presente. Per non parlare di giardinieri, guardiani, camerieri, addetti alle camere etc, sono davvero persone meravigliose e non dimenticate di mettere in valigia qualcosa anche per loro.

Li farete davvero felici e per capirlo vi bastera’ guardare l’espressione dei loro occhi.

Una sera siamo andate a camminare fuori dall’hotel con zaini colmi di vestiti e regali. Subito fuori del villaggio si apre un altro mondo, e come se lo sentissero, alcuni ragazzini erano li’ ad aspettare. Cosi’ ci hanno accompagnato nelle capanne, a distribuire le nostre cose, mentre la voce si spargeva e spuntava gente da ogni angolo.

Le cose da bambini sono quelle piu’ richieste, specialmente le scarpe, se si pensa che tutti stanno scalzi. E anche gli spazzolini da denti di cui avevamo una grossa scorta. E’ stato bello poter fare felici tante persone che non hanno niente.

Nel frattempo il buio e’ arrivato velocemente e siamo rientrate in hotel sempre accompagnate da alcuni ragazzini che ci facevano strada tra le buche come navigatori. Vedono anche nella notte loro.

Arrivata la fine di questa vacanza, quando siamo ripartiti in piena notte, attraversando il bush col piccolo autobus, ricordo le ultime immagini che ho davanti agli occhi con tanta nostalgia. Con l’oscurita’ un ometto gracile passava con la vecchia bici stracarica di taniche d’acqua… e poi un coniglio ci ha attraversato la strada.

Di passaggio nei paesini di Gede e Timboni, di strada per l’aeroporto, noto che la gente e’ nelle strade, gia’ sveglia, gia’ cammina, nonostante l’ora e il buio pesto.

Davvero qui non ci sono orari. E per ultimo un fortissimo acquazzone tropicale ci accompagna fino all’aereoporto.

Una fila interminabile per il controllo bagagli e passaporti, e un bagno di pioggia africana durante la corsa per arrivare al nostro aereo.

Vorrei tornare indietro al mio ******, ma dovro’ aspettare. E’ gia’ una consolazione la certezza del mio ritorno.

Jambo Kenya.



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