Il Tirreno prima dei Romani

A spasso nel tempo per raccontare le antiche rotte dei Popoli del Mare
Syusy Blady, 04 Nov 2016
il tirreno prima dei romani

Anche questa volta vi propongo un itinerario che più che turistico, è storico. Un viaggio molto vicino, che parte da Santa Severa, cioè in pratica dai dintorni di Roma, e da un monumento molto celebrato ma utilissimo per scoprire “cosa c’è sotto”, cioè in pratica “cosa c’era prima”. Sono nel tratto della costa tirrenica fra Civitavecchia e Roma, e in particolare fra Ladispoli e Santa Marinella, un golfo naturale riparato dai venti che nell’antichità è stato un porto degli Etruschi. Un luogo che sembra fatto apposta per la navigazione.

 

Arrivo in bicicletta al castello di Santa Severa. La notizia è che dopo anni è stato restaurato e riaperto. Il Castello è imponente, e si staglia sull’antico insediamento che fu prima etrusco, poi romano, a riprova che questo luogo non è mai stato del tutto abband0nato, vista la sua importanza strategica. Bellissimo: si può fare il giro del castello da sotto! Vorrei avere un deltaplano o un elicottero per vedere il castello dall’alto! Ma si possono fare molte scoperte anche dal basso. Il castello è stato costruito nell’XI secolo, appunto dove sorgeva l’antico porto etrusco di Pyrgi e sopra il castrum romano. E io sono qui per approfondire questo aspetto. Le antiche mura girano tutte attorno e si perdono in mare, per continuare a vederle bisognerebbe andare sulla spiaggia e immergersi con maschera e pinne.

L’ANTICA PYRGI

La civiltà si è diffusa sostanzialmente per mare. L’archeologo Flavio Enei del Museo della Navigazione di Pyrgi ribadisce una cosa che si rischia di non considerare: andare per mare era più semplice, perché il mare è uguale ovunque. Inoltre andare via terra implica un certo tempo, mentre se il vento è buono, per mare si fa molto prima. Immergendosi da queste parti si trovano vasi, resti di mura e pozzi a pochi metri sott’acqua, a riprova che la costa all’epoca etrusca era molto più spostata verso il largo e il porto coi suoi moli era grandissimo. Immaginiamo quanti commerci venivano svolti qui, sul Mar Tirreno, navigando per mare e poi lungo i fiumi. La città etrusca era molto più ampia dell’attuale, era un porto dedicato all’accoglienza. Archeologi e studenti dell’Università La Sapienza di Roma stanno ancora scavando l’abitato per far tornare in vita l’antica Pyrgi. “Cosa stai facendo?” chiedo ad uno studente. “Stiamo prendendo dei punti con cui poi ci agganciamo nella maglia generale per rilevare le varie U.S. che scaviamo”. Un po’ criptico, difficile da spiegare! U.S. significa unità stratigrafica: si tratta di un metodo per definire l’età di un reperto in base appunto agli strati di scavo. Assistere al ritrovamento di reperti archeologici è emozionante. Un po’ di soggezione ce l’abbiamo quando troviamo questi utensili, oggetti che gli Etruschi utilizzavano quotidianamente. L’area sulla quale sto camminando probabilmente è un abitato che serviva come collega­mento e servizio ai templi. Sono state trovate delle basi di colonne e persino una parte di strada.

 

RESTI E SANTUARI

Qui cosa c’è, un antico etrusco? Si tratta di un’area ricca di resti fossili per lo più di animali, mangiati e sacrificati, legati all’area sacra. Sono con la dottoressa Maria Paola Baglione, sovrintendente agli scavi che vanno avanti da anni e hanno riportato alla luce il santuario di Pyrgi. È l’unico santuario etrusco scavato di cui le fonti antiche greche e latine abbiano mai parlato. Fu costruito nel VII secolo a.C., dedicato alla Dea Uni. Il tempio viene ricordato per un evento tragico dell’epoca: una scorreria del noto tiranno Dionigi il Vecchio di Siracusa che ordinò un attacco notturno a sorpresa al santuario di Pyrgi, trafugando un bottino che le fonti tramandano come favoloso. Forse qui aveva sede il tesoro pubblico, l’erario. Il tempio era il luogo sacro, ma anche “la banca”. Nel 460 a.C. si costruisce un secondo tempio più grande del primo, dedicato a un’altra Dea, Leucotea. Il tempio era decorato di statue in cotto completamente colorate: il grande quadro frontale raccontava il momento finale del mito dei Sette contro Tebe. Nel mito, Capaneo sfida Zeus scalando le mura di Tebe, e non solo uccide, ma vuole mangiare la testa del nemico. Sulla parte sinistra di questo riquadro si vede Atena che tiene tra le mani l’ampolla col liquido dell’immortalità ma la Dea non vuole donare tanto potere a un uomo che si dimostra così feroce. L’ammonimento è che non si pos­sono sfidare né le leggi degli Dei, né le leggi degli uomini. Gli Etruschi erano saggi, più di noi…

MARE NOSTRUM

Al Castello di Santa Severa c’è anche il museo archeologico dell’antica Pyrgi. Entro dal retro e scopro un magazzino pieno di roba: c’è di tutto, anni e anni di scavi, frutto del lavoro degli studenti che si sono avvicendati. Prendo tra le mani una antefissa, una tegola di terracotta che stava alla fine del coppo, sulla testata delle travi dei Templi. Ce n’erano tantissime, doveva essere colorata di rosso o di nero. Meravigliosa. Dalla porta posteriore entro nel museo, dove si possono vedere le statue e i bassorilievi trovati negli scavi di Pyrgi. Qui l’antica etrusca Pyrgi si svela a noi con l’immagine di Leucotea, una principessa tebana che si era gettata in mare, approdando proprio qui. E con l’immagine di Eracle che l’accoglie sulle spiagge del Lazio. Ad accogliere me sulle mura dell’antica Pyrgi trovo Valentino Nizzo, che mi illustra il sito. Ci incontriamo qui nell’area naturale e archeologica di Pyrgi, una meraviglia! Questo luogo riassumeva le ambizione degli Etruschi della zona: il dominio sul mare al quale avevano dato il nome, e i due santuari importantissimi dell’epoca, dove sono state trovate le straordinarie lamine d’oro di Pyrgi che provano l’esistenza di un trattato firmato tra Etruschi e fenici alleati contro i focei che avevano cercato di stabilire il loro dominio sul Mar Tirreno. C’è stata la grandissima battaglia di Alalia ricordata da Erodoto, uno scontro fra greci-focei da una parte, cartaginesi ed Etruschi alleati dall’altra. Vincono questi ultimi e alla fine il Mar Tirreno viene diviso fra i vincitori in due sfere di influenza: gli Etruschi dominano la zona nord, proiettata verso il centro Europa mentre i cartaginesi mettono sotto la loro sfera di influenza la zona dalla Sardegna – Corsica alle Baleari. In questo viaggio io vorrei capire meglio il meccanismo di questa battaglia e le cause e le conseguenze di questa guerra, che è stata importantissima all’epoca. Vorrei colmare una lacuna dei nostri libri di storia. In seguito infatti, il mare dominato dagli Etruschi diventerà romano e solo dopo la vittoria di questi ultimi sui Cartaginesi diventerà Mare Nostrum, stabilendo l’indiscussa potenza romana. E da qui in poi, è storia nota.

 

LA TOMBA-CASA

Tutto qui ruota nella riproposizione e nella dimensione ultraterrena della casa: evidentissima nella Tomba dei Rilievi dove si riproducono oggetti di uso comune. I membri della famiglia sono tutti a riposare nei loro klinai. La signora della casa ha lasciato sul gradino i propri sandali. Le tombe gentilizie etrusche erano la manifestazione del nucleo familiare, dove venivano inumati anche gli altri consanguinei, un vero clan. Le scale servivano per salire sulla sommità del tumulo e svolgere le cerimonie a complemento della venerazione dei defunti, per lo più banchetti e sacrifici rituali. Poi si entrava. Tutto replica la casa anche qui: le colonne a sostegno del tetto, il tetto a sua volta riprodotto perfettamente, le stanze con i letti dove venivano deposti i defunti come se riposassero a casa loro. Un po’ fuori dal luogo dove le tombe si susseguono ravvicinate ecco un grande tumulo: stiamo per entrare nella Tomba degli Scudi e delle Sedie. Più che sedie sembrano troni mentre gli scudi sono quelli classici dei guerrieri dell’Iliade, come lo scudo di Achille o quelli dei Sardes e dei Popoli del Mare.

LEAGRO IL BELLO E IL VASO DI EUFRONIOS

Parliamo appunto di battaglie condotte anche per mare e infatti c’è un’altra tomba che chiamata Tomba della Nave. Il sole vi entra in determinate ore del giorno, come nelle tombe di Popu­lonia e di Newgrange. La nave si è scolorita, l’hanno vista solo quelli che hanno aperto la tomba, che peccato! Non solo non c’è più la nave, ma i tombaroli agirono indisturbati per molto tempo trafugando molti arredi funebri di pregio, oggetti come quello che vado a vedere al museo di Cerveteri dove gli arredi sono esposti in una permanente. Nella sala superiore si può ammirare il capolavoro tornato a casa dopo lungo tempo: il famoso vaso di Eufronios, uno dei capolavori dell’antichità, icona della vendita illecita dei nostri beni archeologici, finalmente restituito a Cerveteri dal Metropolitan Museum di New York! Risale circa al 500 a.C.. La datazione è stata possibile perché c’è una scritta “Leagro è bello”. E Leagro era per l’appunto un uomo bellissimo, vissuto in quel periodo. Anche il vaso è magnifico, enorme (alto quasi mezzo metro, con un diametro largo altrettanto) a forma di cratere. Era stato trafugato da una tomba qui di Cerveteri, venduto per un milione di dollari negli USA, poi è tornato in Italia a Villa Giulia e finalmente è tornato a casa, qui alla Banditaccia e a Cerveteri.

LA BELLEZZA DI VELIA

Ma torniamo allo scopo del mio viaggio: i conflitti nel Tirreno pre-romano. A questo punto proseguo il mio viaggio archeologico (e non solo) verso sud. Accidenti, sembrano i tropici… E quelle montagne laggiù sembrano la Polinesia e invece siamo a Paestum. Sono in zona per andare a vedere il sito archeologico di Velia, il cui nome greco originario era Elea, poi Velia in epoca romana. A Velia si può arrivare col treno, forse è la cosa migliore. Ecco la torre, eretta in epoca medievale sopra all’antica Velia, che ha una storia veramente incredibile, che ci racconta appunto quanto è successo nelle battaglie sul mare. Andiamo con ordine: arrivando alla torre medievale posso ammirare dall’alto il luogo dove i Focesi – che erano appunto una popolazione greca, che abitava sulle sponde della Turchia, a Focea – arrivarono dopo lun­ga peregrinazione. Secondo Erodoto i Focesi (o focei) furono i primi a navigare su lunghe distanze, arrivando addirittura fino a Tartesso (cioè in Andalusia). Infatti le loro barche erano adatte alla navigazione, allungate, le classiche barche dei Popoli del Mare, con una vela e 50 rematori. Pur stabilendo basi in molti luoghi del Mediterraneo i Focesi tornarono sempre a Focea, appunto sulle coste dell’attuale Turchia, ma lì ad un certo punto li attendeva una guerra. I Medi stavano conquistando molte terre arrivando anche verso la costa. Che fare? I Focesi costruirono una muraglia che doveva tenere lontano i medi, cioè i persiani, che stavano avanzando. La cinta muraria che costruirono era imponente, ma non tenne lontano Arpago, comandante dei medi, che arrivarono sotto le mura della città e la presero. A quel punto ai Focei non rimase altro che decidere cosa fare: arrendersi o non arrendersi? Chiesero un giorno e una notte per pensarci, ma alla mattina quando i Medi entrarono nella città non c’era più nessuno: i Focesi se ne erano andati sulle loro barche, all’avventura. Incominciarono a navigare, presero il mare di nuovo. Veleggiarono verso la Grecia e arrivarono a Delfi, chiesero alla famosa Pizia dove mai dovessero andare. La Pizia rispose: “Cercate Cirno!” Cosa poteva essere Cirno? Forse la Corsica. Proprio la Corsica, dove in precedenza avevano fondato Aleria.

LA PORTA ROSA

Sulla strada che ci porta verso la famosa Porta Rosa di Velia c’è un teatro, alla sua origine fatto dai Focesi. In parte scavato nella roccia. Percorro la grande strada che scende dalla collina e va verso il mare, fino ad arrivare alla Porta scoperta negli anni Sessanta dall’archeologo Mario Napoli che la battezzò Rosa in onore della moglie. La cosa straordinaria è che non è una porta, ma un viadotto, un’opera ingegneristica con due archi a tutto sesto, l’uno sovrapposto all’altro.

Siamo alla fine del IV secolo a.C., dovevano congiungere, ma al tempo stesso tenere separate, queste due porzioni di collina dove c’era una stretta gola. Ci sono delle lettere che ancora contraddistinguono queste pietre, si vedono degli Eta degli Epsilon. Tutto questo si è conservato perfettamente perché poco dopo la sua realizzazione nel III secolo tutto è stato interrato, finché gli archeologi, 50 anni fa, non li hanno riportati alla luce. Quindi anche queste lettere si sono conservate perfettamente. La cosa emozionante è che queste scoperte in fondo sono molto recenti: come dire, uno arriva qui e come Schliemann scopre la Porta dei Leoni! Questo è ancora possibile nella nostra Magna Grecia, una terra di scoperta straordinaria, che abbiamo sotto casa.