La raccolta delle olive

Da qualche anno, nel mese di Novembre, partecipiamo alla raccolta delle olive a casa di amici. Possiedono, questi amici, un bellissimo casale in un paese ben mimetizzato all'interno della carta geografica dell'Umbria, che si chiama Casamaggiore. Trattasi di un piccolo borgo, chiamarlo paese è un eufemismo, che è una frazione della più nota...
Scritto da: Annalaura 1
la raccolta delle olive
Partenza il: 08/11/2003
Ritorno il: 09/11/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
Da qualche anno, nel mese di Novembre, partecipiamo alla raccolta delle olive a casa di amici.

Possiedono, questi amici, un bellissimo casale in un paese ben mimetizzato all’interno della carta geografica dell’Umbria, che si chiama Casamaggiore.

Trattasi di un piccolo borgo, chiamarlo paese è un eufemismo, che è una frazione della più nota Castiglion del Lago, una località che si affaccia sul lago Trasimeno.

Il lago Trasimeno è ormai poco più di una pozza insalubre, e non si direbbe proprio a vederlo dalla bellissima rocca di Castiglione. E’ un lago senza immissari ed emissari, così mi è stato detto, che negli ultimi anni ha visto il suo livello abbassarsi sempre più. La causa è l’innalzamento del fondale, il che sembra un gioco di parole, ma ha un suo senso. L’industria agricola esige due raccolti all’anno, e l’utilizzo intensivo di fertilizzanti artificiali induce un doppio raccolto che sottopone il lago ad una irreversibile alterazione del suo equilibrio idrologico, che ne compromette l’originaria bellezza.

La regione pullula di turisti, offrendo essa delle bellezze fuori dal comune: le dolci vallate che in estate si vestono del giallo del grano, o dei girasoli. Per me nata e vissuta in città l’agricoltura è un mondo misterioso e affascinante. Un anno ti trovi i meravigliosi girasoli e un anno il grano. Non ho mai desiderato conoscere la cronologia esatta di questa alternanza, perchè mi piace l’idea che la terra sia una madre feconda i cui misteri devono restare tali. Non voglio rinunciare alla sorpresa che ogni volta si offre ai miei occhi, quando abbandono l’autostrada, e con essa l’ultimo collegamento alla mia vita metropolitana, e comincio a percorrere la provinciale per Chiusi e mi addentro nella campagna, e improvvisamente il mio sguardo è completamente riempito dalla moltitudine dei girasoli che si adagiano come una calda coperta sui pendii e le radure.

Il lago pian piano si spegne, e continuano tuttavia a migrare i turisti di tutta Europa, per i loro soggiorni estivi nella bella Umbria; incuranti del lago trascorrono le loro giornate tra la Rocca di Castiglione e le pigre piscine dei circoli che spuntano numerosi anch’esse come prodotti della fertile campagna, oziando con i loro libri all’ombra degli ulivi e innaffiando con il cappuccino le ben note pietanze della cucina italiana, alla luce delle citronelle nelle case che da sempre affittano e che ormai sono anche un pò le loro.

Il bar di Castiglione espone con orgoglio delle cornici al cui interno campeggiano le banconote con cui viaggiatori di tutto il mondo hanno scambiato un caffè espresso. E’ frustrante contare quelle che si è avuto modo di vedere durante i propri viaggi, quei viaggi di cui si va tanto fieri e il cui ricordo riscalda il cuore e ci fà sentire un pò cittadini del mondo, e ci danno l’impressione di essere dei gran cosmopoliti, ma la banconota della Mongolia, quella proprio non l’avevamo mai vista, e neanche quella dei pesos cubani, e dire che a Cuba ci siamo anche stati.

Di fronte al bar c’è una bottega che vende quadri e cornici. Il proprietario è un ragazzo dinoccolato e gentile, che trascorre le sue giornate tra quattro mura, sì, ma in compagnia di Van Gogh, Gaugain, Monet e Dalì.

Vende le riproduzioni su tela di quadri famosi. E’ bello il risveglio al mattino se la prima cosa che si vede è una tela di Monet. Il torpore del risveglio perfeziona l’illusione, e se c’è anche un raggio di sole che accarezza il porticciolo di Argenteul allora sarà di certo una buona giornata.

Ci sarebbe da raccontare ancora tanto, dell’Isola Maggiore, dove come fuori dal tempo le vecchine perpetuano l’arte del ricamo al tombolo e dove l’unico ristorante cucina egregiamente il pesce di lago. E dei bar sul lungolago. E di Cortona, al di là del colle, con il suo odore di città medievale, le ceramiche e l’artigianato del legno. E della ribollita e delle minestre di farro, del coregone e della torta al testo.

Ma si doveva parlare di olive, e allora torniamo sull’argomento. Piano piano, però, senza uscire dall’atmosfera dolce e un pò intellettuale in cui l’Umbria bivacca e si trastulla, accogliendo tra le sue braccia l’occhialuto e sandalo-dotato turista tedesco e sorreggendo con fermezza il suo popolo di infaticabili contadini.

Una premessa: l’ulivo è la pianta più bella del mondo. Trovo meravigliosa la sua forza, con cui resiste indomito sui declivi più impervi, affondando le radici nell’argilla più insidiosa, e la flessibilità con cui si difende dai venti e dalle piogge, la tinta tenue delle sue foglie argentate, l’inesauribile ricchezza dei suoi frutti.

Giacomo, il nostro amico e proprietario del campo, è un medico. Un dermatologo.

Al mattino allestisce l’equipaggaimento per ciascuno di noi: stivali di gomma e guanti.

E’ bellissimo il modo in cui, in una piccola comunità, un medico sia visto come una sorta di oracolo. Nessuno si cura di arrecare disturbo a Giacomo, e l’ho visto formulare consulti su orticarie ed herpes zoster mentre raccoglieva olive in bilico su un’inquietante scala sospesa nel vuoto.

Gabriella ed Ignazio sono due contadini ormai da sempre amici di Giacomo e di sua moglie Sara. Per me loro rappresentano l’unico contatto con la terra e con il mondo che attorno ad essa ruota. Loro vivono per la terra e della terra. Le loro stagioni prendono forma attorno alla raccolta del tabacco e alla semina del grano.

La loro giornata è scandita dalle ore di luce, e i capricci della natura hanno un’influenza diretta sulle loro esistenze.

La pioggia non comporta un ritardo sul lavoro a causa del traffico, ma un mancato giorno di lavoro e di paga. La grandine non ha nessuna relazione con un’ammaccatura della loro automobile, ma rappresenta la perdita di un raccolto o un grave danno alla grondaia. Una gelata in primavera dimezzerà o estinguerà del tutto la percentuale delle olive di Giacomo, che spetta loro in quanto mezzadri.

Ma Gabriella ed Ignazio mi restituiscono il sorriso, e tolgono la patina di fuliggine che giace sulla mia coscenza durante i mesi trascorsi in città, e ridanno smalto alla mia gioia di vivere.

Gabriella impreca benevolmente perchè siamo un pò pelandroni, e perchè io non riesco a rinunciare al mio servizio fotografico, immortalando papà e Fra, rispettivamente generale e ingegnere, che prendono la questione della raccolta come qualcosa di definitivo e da eseguire con la massima coscenziosità e il massimo zelo.

Riprendo Attia e Sara, che cinguettano allegramente trovando mille scuse per defilarsi, dal recupero dei cani che trotterellano ingenuamente nei campi limitrofi avvicinando pericolosamente le pallottole degli immancabili cacciatori, all’allestimento del frugale pranzo (solo mezz’ora di pausa! strilla Gabriella), al recupero in casa di misteriosi ed indispensabili oggetti di lavoro.

Ogni venti minuti circa Giacomo narra le sue mille peripezie quotidiane per raggiungere l’ospedale in cui lavora, sottolineando la sua sfortuna per la distanza di 21 Km che quotidianamente deve percorrere.

Io lo consolo, dimenticando che a mia volta devo percorrere altrettanti Km per raggiungere il mio posto di lavoro. Sara e Attia lo prendono in giro. E’ un rituale immutato da quando il reparto di dermatologia è stato spostato da Trastevere ad una meno amena zona periferica.

E’ bello avere dei rituali. E’ bello poter contare sulla loro costanza, magari fosse sempre possibile.

Il momento più bello è quello in cui tutti insieme si và al frantoio. Orgogliosi del nostro lavoro, fieri per l’abbondanza del raccolto, dimentichi che il contenuto dei sacchi che riempiono il nostro trattore altro non è che il dono di cui la natura ha per quest’anno voluto omaggiarci, e di cui un suo capriccio potrà privarci il prossimo anno.

Nel frantoio c’è sempre un clima di festa. Fra ed io ci facciamo ogni volta spiegare il funzionamento di tutte le macchine, come due bambini curiosi e rompiscatole. A cosa servono quelle lame. Come avviene il lavaggio. Dove va a finire la sansa. Qual è la velocità delle centrifughe. Sì, di tutte e tre le centrifughe.

Tutti hanno l’aspetto salubre e rubicondo di chi ha trascorso diverse ore nei campi, e tutti rimangono inebriati dall’odore forte della prima spremitura.

E finisce così. Si ritorna alla propria vita con la gioia mista a tristezza di avere per due giorni ripristinato l’atavico contatto che abbiamo con la terra, da quando da nomadi siamo diventati agricoltori.

Salutiamo Sara e Giacomo. Recuperiamo i cani. Terminiamo la nostra tazza di tè. E ripartiamo.

Ci sarà un giorno, fra qualche mese, una Domenica sera in cui non si avrà voglia di cucinare nè di ordinare la solita pizza a domicilio.

E mentre cerheremo di difendere una fetta di pane ed olio sul tavolino davanti alla TV dalle grinfie del gatto Biko, curioso e ingordo, i nostri sguardi si incontreranno per un istante, e si scambieranno un sorriso…



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