Colli Euganei e Montegrotto Terme

- Introduzione . Per fuggire al caldo afoso di Modena decidiamo di trascorrere un week-end a Montegrotto Terme dove siamo già stati in marzo e decidiamo do tornare perché siamo stati particolarmente bene al Grand Hotel Terme. La cittadina di Montegrotto è un angolo di paradiso, racchiuso tra le più belle città d'arte del nord Italia come...
Scritto da: mau.roby.modena
colli euganei e montegrotto terme
– Introduzione .

Per fuggire al caldo afoso di Modena decidiamo di trascorrere un week-end a Montegrotto Terme dove siamo già stati in marzo e decidiamo do tornare perché siamo stati particolarmente bene al Grand Hotel Terme. La cittadina di Montegrotto è un angolo di paradiso, racchiuso tra le più belle città d’arte del nord Italia come Padova,Venezia,Vicenza,Verona . E’ un luogo ideale per ritrovare salute e benessere tuffandosi nel relax termale, vicinissimo alla più mondana Abano Terme ricca di negozi ed eventi.

Inoltre, nelle sue vicinanze si scoprono antichi borghi, castelli, monasteri e le raffinate architetture delle Ville Venete. Cenni storici sulla città di Montegrotto: Fino al 1934, Montegrotto era chiamata San Pietro Montagnòn dal nome della famiglia che nel Medioevo ne deteneva il feudo ; l’attuale nome risale, invece, al latino Mons Aegrotorum , “il monte dei malati” ed è una testimonianza ulteriore dell’uso terapeutico dei fenomeni termali fin nell’antichità.

Nel secondo millennio A.C. I boschi lussureggianti che ricoprivano la pianura, da cui spuntavano le cime dei colli ed emanavano i loro vapori fumanti laghi di acqua calda, erano il territorio della popolazione degli Euganei, cui succedette nel I° sec. A.C. Quella dei veneti, che giunsero dall’Illiria.

Questi conoscevano molto bene le proprietà terapeutiche delle acque calde di questi luoghi e ne attribuivano la loro origine agli dei.

Al centro del vecchio nucleo di Montegrotto sorge la chiesa dei Ss.Pietro ed Eliseo .

Poco distante troviamo l’estesa area archeologica di età repubblicana ed augustea. Gli scavi effettuati dalla prima metà del 900 hanno portato alla luce resti di un complesso termale .

Colonia romana nel 184 avanti Cristo, Montegrotto trovò la sua consacrazione ufficiale quando Plinio il Vecchio, dall’alto della sua autorità imperiale, celebrò le proprietà medicamentose delle sue acque riferendosi alle acque che vi proliferano . Testimonianze vive ed ancora oggi visibili del ruolo che Montegrotto Terme ha avuto in epoca romana come stazione termale, sono proprio gli scavi romani (sopra citati) presenti lungo la via principale della località . Montegrotto Terme conserva, quindi , la principale area archeologica degli Euganei . Nel corso dei secoli , Montegrotto ha saputo valorizzare tutti questi ricordi del passato, trasformando l’antico monte dei malati in un centro termale dotato di strutture sempre più moderne. Già agli inizi del Novecento Montegrotto era un ragguardevole centro alberghiero che si avviava a conquistare la supremazia tra i centri fangoterapeutici in Europa , onorando una tradizione plurimillenaria .

– Dove alloggiare . Grand Hotel Montegrotto Terme Siamo stati in questo Hotel già due volte , attirati dalle buonissime offerte di pacchetti molto convenienti . Ogni volta è stato un soggiorno molto piacevole e rilassante . Le camere sono confortevoli , spaziose e molto curate nell’arredamento, e in qualsiasi lato dell’hotel sono silenziose. Gli accappatoi offerti morbidi e profumati .

La cucina è ottima e i camerieri gentili , inoltre , nella stagione estiva la colazione ed il pranzo sono a buffet con vista sulla piscina . L’ Hotel , una costruzione squadrata in stile anni 60 , è circondata da ampio parcheggio ( anche in parte coperto ) e dal verde .

La SPA è molto bella e nuova , con personale gentile e altamente qualificato, specialmente nel reparto fanghi . Questi sono rinomati in tutto il mondo per la proprietà simile al cortisone. Le acque di Montegrotto provengono dai bacini incontaminati dei Monti Lessini e prima di trasformarsi nei famosissimi fanghi devono passare 100 anni, sono una risorsa naturale unica al mondo e in superficie sgorgano ad un temperatura di 85°-87° C. Il suo straordinario valore terapeutico è dovuto anche alla severità delle norme che ne disciplinano l’estrazione, evitando l’utilizzo indiscriminato delle risorse. Infatti, siamo rimasti particolarmente colpiti dalla serietà di come viene raccolto e trattato il fango in modo da essere il più efficace possibile per il clienti che ne richiedono l’utilizzo. Inoltre l’Hotel fa parte dei 108 Hotel convenzionati con lo Stato per la cura termale con i fanghi e le inalazioni. La piscina di acqua termale è molto grande , è composta di una parte coperta e una scoperta . Quello che colpisce favorevolmente del Grand Hotel Terme è l’accoglienza e disponibilità di tutto il personale che cerca di rendere il tuo soggiorno il più familiare possibile .

Noi ve lo consigliamo , a buon intenditore poche parole .

– Itinerario .

Non siamo stiamo tutti i giorni in piscina , sauna e bagno turco , durante il soggiorno abbiamo visitato i Colli Euganei e il paese dove visse il Petrarca .

– Arquà Petrarca E’ probabile che Francesco Petrarca abbia conosciuto Arquà , per la prima volta, nel 1364 mentre si trovava ad Abano per curarsi alle terme dalla scabbia. Nel 1369, poi, Francesco il Vecchio donò un appezzamento di terreno ad Arquà al Poeta che dal 1365 era divenuto canonico presso la collegiata della vicina Monselice. Già nella primavera del 1369 il Poeta in persona si recò ad Arquà a sovrintendere i lavori di restauro della casetta che inizierà ad abitare dal marzo del 1370; avrà allora inizio il “buen ritiro”. Così viene descritta Arquà al tempo del Petrarca, in un documento che si trova nel Museo Civico di Padova: “vasti boschi di castagni, noci faggi, frassini, roveri coprivano i pendii di Arquà, ma erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense”. Una vegetazione e una pace che forse hanno richiamato alla mente del poeta un’altra terra a lui cara, la Toscana, e così si decise a stabilirsi in una casa decorosa che si distingueva certamente dalle altre assai povere dei contadini e degli artigiani. Proseguiamo il nostro giro con la visita di un bel castello non lontano da Arquà : – Castello del Catajo .

La famiglia Obizzi, originaria della Borgogna (in Francia), si può considerare, nella storia italiana, una famiglia di “Capitani di ventura”, giunti in Italia al seguito dell’imperatore Arrigo II nel 1007.

Dopo una prima residenza in Toscana, la famiglia si stabilì nel territorio della Repubblica di Venezia, allora molto potente e raramente in guerra con gli stati Italiani perché più interessata alle conquiste esterne all’Italia, legate alle sue attività marinare.

In un periodo di pace Pio Enea degli Obizzi (il quale impose il nome all’obice, il cannone da assedio), attratto dalla bellezza dei luoghi, decise di costruire un palazzo adeguato alla gloria della famiglia.

Esso fu ideato dallo stesso Pio Enea senza l’aiuto di architetti e quindi sta a metà tra il castello militare e la villa principesca. Fu costruito in soli tre anni fra il 1570 e il 1573 (tranne che per l’ala in alto, risalente al secolo XIX). All’inizio erano previste pitture solo nei muri esterni (ora scomparse) ma nel 1571 Pio Enea chiamò Gian Battista Zelotti (allievo di Paolo Veronese) ad affrescare i muri interni con le gesta della sua famiglia.

La famiglia Obizzi si estinse nel 1805 con il marchese Tommaso, che lasciò il castello agli eredi della casa d’Este (Arciduchi di Modena); sotto Francesco IV fu costruita l’ala visibile più in alto e detta “Castel Nuovo”. Alla morte di Francesco V, senza figli, il Catajo passò all’Arciduca ereditario d’Austria Francesco Ferdinando.

Fu per opera di questi due ultimi proprietari che l’armeria ed il museo degli Obizzi, assieme ad una vasta collezione di strumenti musicali e quadri, furono trasferiti rispettivamente nel castello di Konopischt ed a Vienna. Dopo la prima guerra mondiale il Catajo fu assegnato al governo italiano come riparazione dei danni di guerra ed esso poi lo vendette alla famiglia Dalla Francesca nel 1929 .

Il week-end è ormai finito , ma prima di tornare a Modena decidiamo di visitare un giardino nei pressi : – Giardino di Valsanzibio .

VALSANZIBIO , uno dei maggiori giardini d’epoca esistenti, fu portato all’attuale splendore, nella seconda metà del Seicento, dal nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo, aiutato dal figlio Antonio. Il primogenito Gregorio, Cardinale e futuro Santo, ispirò l’alta simbologia del progetto dovuto all’architetto e fontaniere Pontificio Luigi Bernini.Settanta statue, in buona parte opera del Merengo ed altrettante sculture minori si integrano ad architetture, ruscelli, cascate, fontane, laghetti, scherzi d’acqua e peschiere, fra innumerevoli alberi ed arbusti, su ben quindici ettari di superficie. Tale insieme venne concepito ed attuato per simboleggiare il cammino dell’uomo verso la propria perfettibilità e Salvazione. L’itinerario inizia dal monumentale ingresso che serviva anche di approdo alle barche giunte attraverso la valle da pesca di Santo Eusebio, da cui il nome ” ValSanZibio ” . Un tempo estesa a tutta la pianura la “Valle” oggi si limita al laghetto preservato per rispecchiare l’elegante costruzione. Questa è significativamente arricchita da fontane, bassorilievi e statue su cui domina Diana-Luna, la dea preposta alla natura ed agli animali selvaggi come pure a mutamenti e prodigi.Da qui, entrando in Giardino attraverso l’arco di Sileno, si costeggia la peschiera detta Bagno di Diana , la Fontana dell’Iride e la Peschiera dei Venti nonché il Labirinto , episodio legato all’esempio di San Gregorio Barbarigo.Giunti poi alla Fontana della Pila , girando a destra si imbocca il Gran Viale fiancheggiato dall’Isola dei Conigli . Tale garenna, unica superstite nei pochi giardini d’epoca ancora esistenti, è qui simbolo della immanenza, cioè della condizione comune agli esseri viventi stretti fra i confini dello spazio e del tempo. Al di là del viale e giustapposta all’Isola una monumentale Statua raffigura il Tempo che ha interrotto il suo volo attraverso lo spazio che simboleggia la trascendente condizione in cui lo spirito umano spazia oltre gli abituali limiti dello spazio e del tempo.

Procedendo tra Immanenza e Trascendenza e tra le statue e fontane che inquadrano anche simbolicamente Isola e Tempo, si giunge alla scalea delle Lonze di Dantesca memoria, caratterizzata dal sonetto nel quale i significati del Giardino vengono spiegati a livelli diversi . Si raggiunge così piazzale della Villa dove le otto allegorie delle prerogative del Giardino stesso e del suo Signore fanno corona alla Fontana della Rivelazione , meta finale del simbolico percorso. L’eccezionale integrità architettonica, scultorea, idraulica e persino vegetale del complesso è dovuta alle solerti cure elargitegli da sei generazioni di Barbarico . Nel 1804 la Casata si estinse e ne fu designato erede il Nobil Homo Marco Antonio Michiel . Seguirono dal 1835 gli altrettanto appassionati Conti Martinengo da Barco e poi i Conti Donà delle Rose e dal 1929 i Nobili Pizzoni Ardemani . Proprietari da tre generazioni dell’intera tenuta, Essi hanno riparato i disastri causati dalla occupazione militare e dal forzato abbandono dell’ultima guerra ed hanno recentemente ripristinato tutte i trentatre punti d’acqua del Giardino compromessi dal progressivo impoverimento sorgivo . Grazie a ciò Valsanzibio è oggi l’esempio raro di giardino simbolico leggibile, di gran giardino d’acque in completa efficienza e di seicentesco giardino all’Italiana assolutamente integro.

Questo stupendo week-end , trascorso tra un bellissimo albergo e una bella gita tra i Colli Euganei , è il nostro ideale connubio tra riposo e cultura .



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