Ponza e Ventotene: due piccoli tesori, leggendari

Perché, quando si parla di piccole isole del Tirreno, vengono a molti in mente l’Arcipelago Toscano, quello di fronte a Napoli, le Eolie, le Egadi, e qualcuno ci infila pure l’arcipelago di Porquerolle (bellissime isole, ma non c’entrano niente), mentre ci si dimentica l’Arcipelago Ponziano (Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene,...
Scritto da: MT&Viki
ponza e ventotene: due piccoli tesori, leggendari
Partenza il: 30/06/2006
Ritorno il: 07/07/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Perché, quando si parla di piccole isole del Tirreno, vengono a molti in mente l’Arcipelago Toscano, quello di fronte a Napoli, le Eolie, le Egadi, e qualcuno ci infila pure l’arcipelago di Porquerolle (bellissime isole, ma non c’entrano niente), mentre ci si dimentica l’Arcipelago Ponziano (Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene, S.Stefano)? (Si chiamano Ponziane, e non Pontine, anche se fanno parte della provincia di Latina: l’etimologia è diversa).

La voglia di conoscerle ci è aumentata dopo una breve visita al litorale più vicino, con Gaeta (sorprendente in molti scorci), Sperlonga (bellissima la Grotta di Tiberio ma soprattutto l’annesso Museo Archeologico, ricco ed illuminante), il Promontorio del Circeo. Questi luoghi condividono con le “dirimpettaie” isole di Ponza e Ventotene la fama leggendaria di possibile sede di episodi della saga omerica di Ulisse (la Maga Circe; le Sirene; la terra dei Lestrigoni). Ed allora: imbarchiamoci! PONZA Abbiamo fatto fatica a trovare (in giugno..) una camera d’albergo a Ponza per il nostro week-end lungo: ma non era un week-end qualsiasi… Quest’anno il 29 giugno (SS. Pietro e Paolo) capitava di giovedì, e così molti romani facevano un super-ponte di inizio estate! Già alla discesa dall’aliscafo (da Formia) a metà pomeriggio del venerdì siamo rimasti attoniti: da una parte il bellissimo “presepio” delle casette colorate che si affacciano sul porto, dall’altra una grande rada piena zeppa di natanti di tutte le specie e dimensioni; una specie di Salone Nautico galleggiante che si estendeva lungo tutta la costa orientale dell’isola. In un sole ancora caldo camminiamo lungo tutta la passeggiata a mare, incominciando ad adocchiare i vari banchetti e cartelloni che offrono gite in barca e noleggio di imbarcazioni, fino ad arrivare al nostro albergo, “Gennarino a mare”. Siamo discreti viaggiatori, abbiamo dormito in catapecchie e in alberghi a 5 stelle, in hotel anonimi ed in bellissimi resort, ma nessuno assomigliava a questo. Un piccolo scrigno azzurro, in parte su una palafitta sul mare (c’è anche il pontile), in parte appoggiato sulla roccia, perforata da un tunnel scavato dai romani (quelli antichi): una gioia per gli occhi da ovunque lo guardi. Sarà pure caro (ma meno di certi orribili palazzi di vetro e cemento sparsi per l’Italia intera), ma ne vale la pena! Il tempo di portare i bagagli in camera, metterci il costume e scendere dalla gentilissima receptionist a chiedere dove fare un bagno di fine pomeriggio. Purtroppo la spiaggia di Chiaia di Luna (rivolta ad ovest e raggiungibile attraverso un tunnel) non è al momento accessibile per “pericolo frane”, e quelle vicine all’albergo (S.Antonio, Giancos, Santa Maria) sono oggi sconsigliabili per la massiccia presenza di barche. “Obbligatorio” quindi prendere un battello (ce ne sono di varie compagnie, tutte a 1,50 euro a tratta) per la spiaggia del Frontone, la spiaggia dell’isola. L’impatto non è dei più favorevoli: è ormai in gran parte in ombra; c’è parecchia gente (piuttosto “rumorosa”) assiepata nella parte ancora al sole; la sabbia è piena zeppa di cartacce, bottigliette, bicchieri di plastica abbandonati e soprattutto c’e un rumore assordante: un bar si è trasformato in una discoteca all’aperto, ed il volume è adeguato alle necessità di techno e house (non dei bagnanti). Inoltre avevamo letto che “a Ponza non si costruisce più”: ed allora cosa è quell’edificio che stanno innalzando proprio sulla spiaggia ?!? Per sfuggire al baccano, ci sistemiamo nell’angolo più a nord, dove ci sono delle belle vasche naturali e c’è un sentiero che sale sulla scogliera, con cartelli che segnalano un “museo etnografico” e “assaggi ponzesi”: ci ritorneremo… Il primo giorno (sabato) abbiamo fatto due piccoli tour che raccomandiamo. Al mattino ci siamo fatti accompagnare da una barca (piccola, è meglio) a visitare le Grotte di Pilato, un complesso di vasche facenti parte di una villa romana, con varie “camere” per l’allevamento di pesci (specie murene), comunicanti tra loro grazie a cunicoli e gallerie scavati nel tufo, che si possono vedere bene solo entrando con una piccola barca. Nel giro è compreso il passaggio vicino ai Faraglioni della Madonna e l’ingresso nella cosiddetta “grotta di Ulisse”, ma soprattutto è possibile farsi lasciare (e farsi venire a riprendere, ovviamente…) ai piedi della scogliera, dove c’è una “vasca” che faceva parte della murenaria (le rocce sopra di noi sono bellissime e di vario colore e l’acqua è splendida; attenti ai ricci). Al pomeriggio abbiamo preso uno degli autobus che percorrono tutta l’isola e, al modico prezzo di un euro a testa, siamo arrivati a La Forna, da cui si può scendere alle varie calette di Cala Feola, tra cui (splendide!) le Piscine Naturali, con dei terrazzoni di pietra e la possibilità di nuotare fuori e, passando sotto un arco naturale, dentro una specie di piccolo cratere circondato da roccia e verde. Ci ricorda un “cenote” dello Yucatan..! Il secondo giorno (domenica) il paese è pienissimo di gente, e lo stesso dicasi del mare! Abbiamo deciso di fare uno dei giri in barca delle isole; la scelta è caduta su quello doppio (periplo di Ponza + Palmarola) offerto dalla Cooperativa dei Barcaioli Ponzesi (25 euro a testa; partenza alle 11 e ritorno alle 17.40; “pranzo” a bordo), e non ce ne siamo pentiti. Il Capitano (Luca Mazzella) è stato molto professionale, prodigo di spiegazioni sulle varie località (le rocce, le origini dei nomi, le leggende, ecc.) e ci ha condotto a fare il bagno (2 a Ponza e 3 a Palmarola) in piena sicurezza (nonostante l’affollamento di barche di tutte le dimensioni) in posti davvero splendidi. I nomi (talvolta curiosi, spesso evocativi) sono davvero tanti. A Ponza: i Faraglioni del Calzone Muto, il Bagno Vecchio, Chiaia di Luna, i Faraglioni di Lucia Rosa, Cala Fonte, Cala Felci, l’Arco Naturale detto Spaccapolpi, Cala Inferno, Cala Core. A Palmarola: la Forcina, Cala Brigantina, il Faraglione di Mezzogiorno e quello di San Silverio, Cala del Porto, le Cattedrali. (Ha ragione Folco Quilici a classificare Palmarola tra le più belle isole del mondo…). E poi c’è l’isolotto di Gavi, dove vivono solo i gabbiani, e non troverete né i ravioli né il Cortese dell’altra Gavi, quella piemontese a noi familiare: ma non per questo è meno bella. E come si mangia a Ponza, chiederà qualcuno? Bene, grazie! Da appassionati enogastronomi, ci siamo affidati a riviste (Dove, Qui Touring, Traveller, ecc) e guide (in primis la nostra affezionata Guida delle Osterie di Slow Food) e siamo capitati sempre bene. In particolare la sera abbiamo cenato da “Eea” (una terrazza molto romantica, con personale gentile e cordiale, e piatti molto buoni: da segnalare la tartare di tonno, gli gnocchi di zucca ai frutti di mare, lo scorfano) e al (famoso) ”Acqua Pazza” nella piazzetta (decisamente più caro, ma è tutto da ricordare: splendidi antipasti di mare, cotti e crudi; i paccheri e le altre paste, in particolare con il ragù di ricciola; i dolci, tra cui un fantastico babà alla fragola). Due belle serate, in cui solo il vino di Ponza è risultato un po’ deludente… Un’altra sera, per interrompere la “monotonia” del pesce, abbiamo deciso di andare in pizzeria, ed avevamo una segnalazione per “Luciano” (a Santa Maria): e ci siamo ricascati! Cioè abbiamo scelta una pizza “Cucù” (con polipo) e una “Granseola” (indovinate cosa ci stava sopra…), entrambe buone (la pizza è tipo Napoli: non sottile, e morbida). Ma il colpo finale è stato (grazie “Osterie d’Italia” !) “Da Anna – a Punta Incenso” (proprio al capolinea del bus, nel punto più lontano dell’isola). Era l’ultimo giorno, a pranzo; abbiamo assaggiato gli antipasti caserecci, con sottoli e sottaceti di produzione propria (tonno, melanzane, zucchini, friarielli, ecc) con cui stonavano un po’ solo dei funghetti “stranieri” (quelli lasciateli alle pizzerie padane!), le due zuppe di lenticchie e di cicerchie (i legumi di Ponza e Ventotene sono tra i migliori in assoluto) e soprattutto un fantastico “misto all’acquapazza”: gamberone, pezzogna, pescespada, calamaro. Abbiamo così scoperto che l’acquapazza non è “una” (con olio, sale, alloro, pomodorini): lì la fanno senza pomodorini, ma con vino e origano. Se andate a mangiare da Anna a Punta Incenso, uscite sulla destra e salite quattro gradini imbiancati, ma state attenti: potrebbe capitarvi (come è successo a noi) di avere un giramento di testa e di rischiare di cadere giù (indipendentemente dalla quantità di Fiano di Avellino o di Falanghina che avete bevuto); perché da lì, guardando in basso, vedrete quello che (a nostro parere) è uno dei più bei scorci del Mediterraneo: Cala Gaetano ! Non può esistere una foto o una cartolina che potrà mai rammentare solo da vicino l’emozione che abbiamo provato. Un mare azzurro cupo che diventa verde sotto le scogliere ai nostri piedi; una barchetta; due nuotatori; tre gabbiani bianchi che si stagliano ora nel blu del mare, ora nel celeste del cielo terso e ventoso. Un momento da tirare fuori da un apposito angolino della memoria, quando saremo stanchi, stressati, presi dalla frenesia del lavoro quotidiano e ci sentiremo vicini al punto di rottura… Ma facciamo un salto indietro. Il lunedì mattina, ci è sembrato di avere fatto nella notte un salto spazio-temporale. Ponza non era più quella un po’ “gridata” del week-end più affollato dell’anno (pari a Ferragosto, ci ha detto qualche ponzese), ma l’isola mediterranea dal ritmo sonnacchioso e un po’ indolente che tutti si immaginano. Molta meno gente, anche se siamo a luglio (quasi solo famiglie con bambini e “regazzini”) e moltissimo meno barche. Andiamo alla spiaggia del Frontone, che sembra un’altra…! Si riempie piano piano, ma comunque c’è posto per tutti. Perdoniamo perfino quelli che ci prendono 30 euro per ombrellone e due lettini (più che a St. Tropez…) e ignoriamo il cantiere sulla spiaggia. Il mare è bellissimo e possiamo darci al relax, al nuoto, alla lettura. E poi, verso le due (ci siamo già adeguati all’ora di pranzo di qui) siamo saliti dove indicano le frecce, abbiamo firmato l’adesione al Circolo ACLI “Cala Frontone” ed abbiamo avuto libero accesso ad un piccolo angolo di Paradiso Terrestre. Eh sì, è un piccolo angolo di paradiso terrestre-marinaro quello allestito da Gerardo Mazzella e dai suoi familiari! Curatissimi terrazzini e giardini, dove ogni pianta, la panchina, i sentierini, le due piccole stanze-museo ricordano che “la storia siamo noi”, che va preservata la memoria non solo dei “grandi” eventi e degli uomini “importanti” ma anche (soprattutto) di chi ci ha preceduto affrontando fatiche, sudori, pericoli, fame, sete, miserie che noi (viziati dalla sorte) non riusciamo neanche ad immaginare: sia in mare che sulla aspra terra, nel caso di Ponza. Si mangia bene (e genuino “ponzese”) da Gerardo &C.: noi abbiamo assaggiato “solo” (faceva caldo..) una buona murena alla scapece ed una insalatona, ma se tanto mi dà tanto… Il vino della casa è molto “contadino”, ma ci si passa sopra con una fetta di meravigliosa crostata con marmellata di melograno / albicocca / arance. Per completare il viaggio nella memoria ce ne siamo rimasti lì, sotto il fresco pergolato, per più di un’ora a sfogliare volumetti e libri sull’Arcipelago Ponziano. E ci hanno colpito il libro-ricordo del convegno annuale dei ponzesi emigrati in America (per la festività di San Silverio, presumiamo) e le due pagine introduttive ad un bellissimo libro fotografico di Salvatore Garano. E lì abbiamo capito che Ponza non appartiene ai “coatti” romani ed ai “cafuncielli” napoletani che vengono a caccia di “avvistamento VIP”, e neanche agli avvocati ed ai notai romani che portano qui i loro yacht da 18 metri, per non parlare del tipo che abbiamo visto sbarcare dal traghetto alla guida di una Ferrari (a Ponza c’è una sola strada e si va a passo d’uomo…); ma neppure ai turisti più o meno “consapevoli” e “corretti” (come speriamo di essere). Ponza appartiene solo a chi ci vive tutto l’anno (o quasi), a quelli che ora sembrano guadagnare “facile” ed in poco tempo con il turismo di massa e non sudano più nel mare o nei campi (la macchia mediterranea sta invadendo la stragrande maggioranza di terreni e colline una volta terrazzate a campi, orto, vigne): a loro va comunque il rispetto che si deve per chi resta a vivere buona parte dell’anno “in solitudine”, nell’isolamento dovuto al mare agitato, con la speranza che nessuno stia male quando neanche l’elicottero può venire a prenderlo. La loro Ponza non è solo mare: è anche un bellissimo paesino, che vi consigliamo di esplorare di giorno e di sera. Al di là della via dello shopping (a noi sono piaciute le cartine acquerellate del “Brigantino”), si aprono violetti e scorci talvolta sorprendenti, anche dietro la piazzetta, salendo alla Chiesa con la statua di San Silverio (il papa patrono dell’isola), alla Torre dei Borboni (dove ora c’è un bell’albergo con deliziose terrazze), all’edificio che ospita il museo. E qui una piccola lapide sovviene ai poveri di memoria storica: anche Ponza (come Ventotene) fu sede di prigionia o di confino per tanti antifascisti (illustri e non) italiani, ma anche albanesi, jugoslavi, etiopi, che qui condivisero con i ponzesi restrizione della libertà personale e stenti della vita in un angolo di terra allora così remoto: tutti accomunati recentemente dall’oltraggio del signor Berlusconi che ne ha parlato in termini di “villeggiatura” pagata da Mussolini. Ed eccoci già pronti per salpare per Ventotene. Non abbiamo fatto in tempo a visitare l’isolotto di Zannone, che fa parte del Parco del Circeo, ma non mancherà occasione… VENTOTENE Se Ponza è bellissima, Ventotene (la sorellina minore) è ancora più sorprendente. Un’unica “vela”, lunga 2900 metri, stretta 900, alta al massimo 138 metri, fatta tutta di scogliere e di falesie di tufo e roccia vulcanica, con una sola spiaggia nera (Calanave), due piccoli porti contigui (quello romano scavato nel tufo 2000 anni fa e quello “nuovo”) ed un piccolo centro abitato a strapiombo sul mare. E anche se bisogna fare sempre su e giù nel triangolo porto-piazza-spiaggia, non ve ne lamenterete mai (come fareste in tanti altri posti di vacanza): perché qui li farete sempre “pede lento” e con la gioia negli occhi. Ventotene è così: è naif, è popolare (anche nei prezzi, almeno rispetto a Ponza…), ma è soprattutto lenta. Qui “no stress” non è un motto, è un comandamento assoluto; e a violarlo si commette peccato gravissimo. L’avevamo vista nel divertentissimo film “Ferie d’Agosto” di Paolo Virzì (1996) e dopo dieci anni (come passa il tempo..) quasi nulla sembra cambiato; forse perché poco è cambiato rispetto ai decenni precedenti. Il ritmo no. Macchine ne girano poche (e nel centro del paese c’è isola pedonale); i telefonini “prendono” così così (ma tutti ne fanno un uso più discreto che in città); le barche sono spesso piccole e piccolissime, e se il mare è calmo si può andare tranquilli in canoa senza pericolo di beccarsi delle “onde anomale”. Se a qualcuno piace la “caciara” o la musica a tutto volume, prego si accomodi: da un’altra parte, però, perché a Ventotene non è il benvenuto.

Riuscirà Ventotene a mantenere queste caratteristiche? Anche qui, certo, sta crescendo l’”industria” del turismo. Gran parte del personale di alberghi e ristoranti viene (stagionalmente) dalla terraferma, ma soprattutto da Romania, Ucraina, Polonia, Brasile, ecc., mentre molti “ventotinesi” fanno gli “affitta-qualcosa” (camere, barche, ombrelloni); ma non si sente quell’afflato commercial-speculativo che talvolta si percepisce a Ponza. (A proposito, cari amici ponzesi: se è vero che molti di voi hanno boicottato o ostacolano la creazione di un Parco Naturale su tutto l’Arcipelago, sappiate che la miopia è un difetto facilmente correggibile, se non la si lascia progredire troppo…).

Vi è possibilità di accoglienza di tutti i tipi (camere, appartamenti, case in affitto; alberghi e pensioncine di varia categoria). Anche se vi ritroverete ad alloggiare non vicino al paese, ma un po’ più in là, i ritmi sono “ad personam”. Noi abbiamo scelto (su Internet) “Agave e ginestra”, un piccolo albergo di charme immerso nella campagna a strapiombo sulla costa orientale (Cala Battaglia), con begli arredi marinari negli spazi comuni: è distante circa 15-20 minuti a piedi dal paese, ma se fa caldo o non vi va di scarpinare c’è un servizio navetta molto efficiente, ad orari fissi ed “a chiamata”, con vari automezzi (tra cui una Fiat Campagnola d’epoca che farebbe la felicità di molti amatori). Se per il pranzo vi arrangerete (come noi) “al sacco” in spiaggia o in barca, troverete vari minimarket ben attrezzati, ma anche un forno-rosticceria (Aiello) con “tielle” (pizze ripiene come quelle di Gaeta), sfizioserie salate (arancini, supplì, ecc) e pasticceria napoletana; giù al porto c’è pure un baracchino-Ape che vende prodotti dell’isola (lenticchie, cicerchie, conserve sottolio) e buonissimi pomodori d’orto. Per la cena non c’è problema: o meglio c’è il problema della scelta. Noi abbiamo provato, oltre al ristorante dell’albergo (menù fisso, diverso ogni sera, con ottimo rapporto qualità-prezzo, ma bisogna prenotare entro le 16), “L’Aragosta” (sul Porto Nuovo; pesce freschissimo ed ottimi consigli) e “Benito” (autentico mago del pesce alla brace, nel “Pozzillo”), ma ci hanno parlato bene anche di altri (“Calanave”, “Mast’Aniello” e, più cara, “Zi’ Aurelia”). Per le gite in barca, ce n’è per tutti i gusti e tutte le tasche: il periplo delle due isole si può fare in un tempo variabile da una a tre ore, fermandosi a fare il bagno in vari punti: e se non siete buoni nuotatori c’è anche l’Occhio Magico (una barca con la chiglia trasparente). I fondali sono molto belli (Ventotene e S.Stefano sono stati dichiarati Area Marina Protetta e da allora la fauna e la flora sommerse sono aumentate). Punta Eolo, le Sconciglie, Parata Grande, Moggio di Terra, Punta dell’Arco con le sue piscine, Parata della Postina, Cala Battaglia sono i posti più belli a Ventotene; e a S.Stefano la Secca della Molara, la Vasca Giulia, le piccole grotte sparse lungo l’isolotto… Ventotene è un’isola molto romantica: passeggiate con il vostro lui o la vostra lei alla luce del tramonto, lungo i vicoli, le rampe, il giardino dietro il Municipio, cogliendo con gli occhi della mente o con l’obiettivo fotografico i colori acquerellati delle case, il rosa di S.Stefano in un mare cangiante dal blu cupo al madreperlaceo, i gatti raccolti a convegno in un violetto; e non dimenticate, dopo una placida cena a lume di candela, di percorrere mano nella mano il suggestivo tunnel che va dal Pozzillo alla nera spiaggia di Calanave, di fronte agli scogli di Nave di Terra e Nave di Fuori.

Ventotene può darvi tanto anche dal punto di vista storico e culturale. Le vestigia di quella che fu luogo di ozio (ma anche reclusione “di lusso”) in epoca imperiale le potete osservare nel Museo e a Punta Eolo (dove sorgeva il corpo principale della “villa” romana). Libri storici e fotografici li trovate in piazza Castello nella simpatica libreria “Ultima spiaggia”: a noi sono piaciuti “I figli del vento” di Daniele Coraggio (con i personaggi della piccola comunità e tanti spunti storici) e “Nelle spire di Ultravento” di Giorgio Braccialarghe, ma ci sono anche disegni particolari con scorci dell’isola. Ma la conoscenza storica di Ventotene non può prescindere dal suo ruolo di sede di prigionia e di confino: già legata a doppio filo al carcere di S.Stefano (creato a fine Settecento), diventò luogo di reclusione per antifascisti famosi (Pertini, Amendola, Terracini, Ravera, Secchia, Rossi, Colorno, ecc.) oltre che per omosessuali e chiunque fosse “meritevole” di marcata restrizione della libertà a giudizio della polizia fascista. E, sorprendentemente, proprio in questa situazione così negativa, e durante la guerra (!), vide la luce il “Manifesto di Ventotene”, grazie all’intelligenza visionaria di Altiero Spinelli, che prefigurò una Europa unita di popoli pacifici e democraticamente federati. Se vi portate nella piccola piazzetta del paese dove c’è il bel bar-ristorante “Gente di Mare”, troverete un sobrio monumento che riporta queste parole : “Guardavo sparire l’isola nella quale avevo raggiunto il fondo della solitudine, mi ero imbattuto nelle amicizie decisive della mia vita, avevo fatto la fame, avevo contemplato come da un loggione la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, avevo tirato le somme finali di quel che ero andato meditando durante sedici anni, avevo scoperto l’abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l’ebbrezza della creazione politica, il fremito dell’apparire delle cose impossibili…Nessuna formazione politica esistente mi attendeva, né si preparava a farmi festa, ad accogliermi nelle sue file…Con me non avevo per ora, oltre a me stesso, che un manifesto, alcune tesi e tre o quattro amici… (Altiero Spinelli)”.

Addio, Ventotene. Rimani così come sei: ritorneremo. Maria Teresa e Vittorio lxefu@tin.It (giugno-luglio 2006)



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