I survived Iceland

Premetto una cosa di fondamentale importanza: mia sorella si trova per quattro mesi a Reykijavik, quindi avevamo il punto d'appoggio della casa in cui lei alloggia. Non posso dire niente, dunque, sulle possibilità di pernottamento. Viaggio e primo impatto: Dalla Sicilia è un'avventura, specie in inverno quando non c'è il diretto per Londra....
Scritto da: profpalmy
i survived iceland
Partenza il: 19/03/2008
Ritorno il: 26/03/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Premetto una cosa di fondamentale importanza: mia sorella si trova per quattro mesi a Reykijavik, quindi avevamo il punto d’appoggio della casa in cui lei alloggia. Non posso dire niente, dunque, sulle possibilità di pernottamento. Viaggio e primo impatto: Dalla Sicilia è un’avventura, specie in inverno quando non c’è il diretto per Londra. Così facciamo scalo a Milano per dieci minuti, giusto il tempo di ripartire per Heathrow. Le compagnie aeee che viaggiano per l’Islanda sono essenzialmente la Icelandair, che consiglio vivamente per il trattamento a bordo (giochi per bambini, pasti ottimi, cuscino e coperta…) e la Iceland express, che è low cost. Si arriva dopo tre ore a Keflavik, a 40 minuti da Reykijavik. Mia sorella aveva già affittato un’auto ed è venuta a prenderci, ma si può tranquillamente prendere il bus o prendere l’auto in aeroporto. Vi sono possibilità di escursioni a pagamento ma io vi consiglio l’auto, possibilmente un fuoristrada perché avrete più libertà e farete l’esperienza di guidare in Islanda, che è davvero sorprendente. Ormai è sera quindi l’unico impatto con la “terra di ghiaccio” sono il vento tagliente e la temperatura sotto zero. Arriviamo a casa e ci accorgiamo subito dell’efficienza del riscaldamento. Qui è tutto elettrico e il contatore non va mai in tilt perché hanno elettricità in sovrabbondanza. L’acqua calda è fornita dai serbatori geotermici, sa di zolfo ed è calda davvero. Lasciano luci accese anche di notte e si può vedere l’interno delle case, tutte caratterizzate da grandi vetrate. Primo giorno: Colazione con latte, yougurth e burro islandese: buonissimi. C’è anche lo skir, una specie di latticino simile allo yougurth ma senza fermenti. Partiamo alle 10. Colpisce subito la posizione del sole, sempre a 45 gradi circa sull’orizzonte, davanti agli occhi per capirci, non dimenticate gli occhiali da sole. Prendiamo la statale N1 che è anche la principale strada dell’isola, in direzione di Selfoss. Non ci sono barriere ma solo paletti, la strada è un nastro d’asfalto che scorre dritto in immense distese di neve, ghiaccio, steppa, lave vulcaniche in un susseguirsi continuo di variazioni di paesaggio. Come dice la guida Routard (a proposito l’unica a dirvi esattamente dove trovare i rifornimenti di benzina; la Lonely Planet non è precisa su questo), il paesaggio strappa tutti i superlativi del nostro vocabolario: vediamo fronti lavici risoperti di neve, fumarole che sbuffano vapore sulfureo, distese di tundra in cui apscolano cavalli di razza vichinga, numerosi come greggi , pecore con il mantello folto di lana, corvi, cigni selavtici, laghi ghiacciati, fiumi gorgheggianti, cascatelle. Ci sono piazzuole di sosta dove ci si può fermare a fotografare. Entriamo per qualche minuto anche in una nube di ovatta formata da raffiche di vento polare rasoterra. Superiamo Selfoss con la sua cascata alta e sottile, avvistiamo l’Oceano Atlantico. Dopo un’ora arriviamo a Skogar. Di fianco al villaggio Skogarfoss, una cascata perennemente attraversata da una arcobaleno. Non si paga! Le cascate sono molto comuni in Islanda a causa dei salti che hanno formato le eruzioni laviche e dell’abbondanza di acqua. Al ritorno passiamo dal fiordo di Thorlkshofn. Una volta a Reykijavik visitiamo il centro commerciale di Smaralind, molto luminoso e privo di caos. Secondo giorno: Partiamo sempre in direzione di Selfoss. Per la strada fotografiamo le enormi serre dove gli islandesi, sfruttando l’energia geotermica coltivano ortaggi. A un certo punto, svoltato per Geysir, vediamo un pulman carico di giapponesi fermo su un sito segnalato. Ci fermiamo anche noi e così visitiamo il cratere di Kerid, un laghetto vulcanico ghiacciato (visto che è inverno): siamo sulla strada 35 per Reykholt. Do po un po’ si arriva a Geysir. Il sito geotermico è praticamente sulla strada. Non si paga! Si visita attraverso un sentiero pavimentato. Ci sono fumarole e piccole pozze di acqua in ebollizione. Poco più lontano lo Strokkur, il gayser più famoso. L’esperienza è indescrivibile a parole. Ti metti in attesa: vedi un bacino d’acqua con al centro come una vasca più piccola in cui ribolle un azzurrissimo vortice. Poi l’acqua gorgoglia sempre più sbuffando rumorosamente. Infine…. Vuuuuum, uno sbuffo altissimo che ricade in miriadi di goccioline e vapore. Si aspettano 5 minuti e lo rifà. Più avanti ci sono dei crateri di acqua azzurra e caldissima. Lasciamo Geysir dopo aver visto lo Strokkur almeno 6 volte. Alla fine ti fa simpatia come se lo conoscessi da sempre. Vicino c’è un rifugio dove è possibile rifocillarsi. Ci dirigiamo a Gulfoss, a 10 km. Sono forse la cosa più bella che ho visto finora nella mia vita: una cascata a gradoni che scorre tra una falda di ghiacciaio e una di neve con un salto finale di 32 m a 130 metri cubi di acqua al secondo. Non si paga! Ci rifletto solo ora, qui non si paga nulla e non c’è fila in nessun posto. Ci spostiamo poi a Thingvellir, antico sito del primo parlamento europeo, l’Althing dei Vichinghi. Il sito però è famoso per l’mpareggiabile vista del rift, la spaccatura tra la zolla nordamericana e quella eaurasiatica che divide in due l’Islanda. Le pareti si allontanano di 2 cm l’anno: qui le zolle divergono mentre in Sicilia si ammassano l’una sull’altra fino a scatenare il terremoto. Dentro la spaccatura scorre il fiume con una cascata, l’Oxararfoss. Accanto un immenso lago di 83 km quadrati, in parte ghiacciato, il Thingvallvatn. Una volta a casa, abbiamo mangiato salmone islandese, buonissimo. Terzo giorno: Vita di città. Andiamo prima al supermercato, scegliamo il Bonus, una specie di Eurospin. A pranzo andiamo al Perlan. Si tratta di un edificio moderno composto da 4 grandi serbatori di 4 mln di litri d’acqua a 85 gradi ciascuno (che froniscono di acqua calda la città). Uno di loro è stato svuotato e adibito a spazio espositivo: vi si svolgono fiere, c’è il Museo delle Cere Vichingo (consigliato) e un ristorante self service con vista sulla città vecchia e sulla spiaggia geotermale. Paghi quello che hai nel piatto e poi puoi ritornare a fare quanti bis vuoi. Di pomeriggio giro della città vecchia e acquisto souvenir. A proposito di souvenir: cosa comprare? I prodotti tipici sono la lana e i manufatti in lana, oggetti di pietra lavica, merluzzo essiccato (buono, lo tagliano come fossero patatine). Altrimenti tutto ciò che riguarda l’abbigliamento tecnico da montagna e da sport: c’è un marca, la 66 North che richiama il sessantaseiesimo parallelo, quello del Circolo Polare Artico che lambisce l’Islanda a nord. Nella città vecchia da notare la Cattedrale con la sua forma svettante, il mercato coperto, il chiosco segnalato da Clinton per l’hot dog più buono del mondo (l’unico posto in tutta l’Islanda dove ho visto una fila), il lago con una miriade di cigni e anatre reali, gli edifici storici. Quarto giorno: Pasqua… Cucinato cosciotto di lamb, agnello islandese. Messa in islandese nella chiesa delle Suore di Madre Teresa di Calcutta in compagnia di filippine e polacche (che sposano gli islandesi cattolici). Dopo pranzo visita allo zoo con animali caratteristici (foche, volpi…) e visita di Hafnarfjordhur, sobborgo di Reykijavik con villaggio vichingo e piccolo fiordo. Quinto giorno: Partiamo per l’esplorazione della penisola di Reykianes. Procediamo in direzione di Krisuvik su uno sterrato molto simile all’asfalto per la compattezza che attraversa una distesa a perdita d’occhio di lava punteggiata di verdissimo muschio e di neve candida. Passiamo per il lago Klifarvatn e arriviamo alla zona geotermica di Seltun (non si paga), con acqua solforosa ribollente che rende di mille colori la terra e le rocce circostanti. Poi ripartiamo e visitiamo la sperdutissima Krisuvikurkirkja, ossia Chiesa di Krisuvik. Arriviamo all’Oceano su Grindavik, dove sostiamo al Museo della Salatura del Merluzzo e là mangiamo con vista sul porto. Costeggiamo poi la costa ovest e passiamo dal rift. Si sale sun un ponte tra le due pareti delle placche e un cartello segnale che ci si trova tra i due continenti, Europa e America. Emozionante. Poi continuiamo fino al faro di Gardhur e torniamo in città. Sesto giorno. The Blue Lagoon. Mia sorella c’è già stata e ci aveva raccontato cosa aveva provato a fare un bagno in una laguna di acqua calda naturale, ma le parole non bastano. Intanto il colore dell’acqua è incredibile: il silice e le alghe caratteristiche danno un colore lattiginoso di un celeste innaturale, quasi fosforescente. Lo stabilimento termale è attrezzatissimo: è l’unica cosa che si paga (12 euro). Hai l’armadietto dove riporre gli abiti, metti l’accappatoio, ma si può anche affittare, fai la doccia ed entri in una piscina coperta separata dall’esterno da una porta. Apri la porta e ti ritrovi sottozero, ma al caldo. Il terreno è cremoso, visto che è presente un fango curativo. Quando abbiamo fatto il bagno noi c’era la tormenta di neve, ma il contrasto con il caldo dell’acqua è sorprendente. Dopo il bagno puoi rilassarti in un solarium chiuso, fare un trattamento o una sauna, mangiare al ristorante o al self service. A proposito, bagnoschiuma, balsamo e phon si trovano sul posto. Sembra una spa a tutti gli effetti. Di pomeriggio abbiamo visitato la zona universitaria di Reykijavik, con il Museo Nazionale d’islanda. Qui si capisce la storia del paese in pochi colpi d’occhio: i Vichinghi, il monachesimo cattolico, il luteranesimo, la vita contadina, i pescatori di merluzzo. Note: il popolo islandese è pacifico e simpatico, con famiglie numerose, puoi lasciare borse e cellulari ma li ritroverai allo stesso posto. In ogni dove anche al mercato si può usare la carta di credito, anche per due euro. Io non ho avuto bisogno di corone islandesi per sei giorni. Se fai acquisti che superano i 50 euro circa ti restituiscono l’IVA locale, anche in euro. Tutti parlano inglese.


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