Amazing iceland

Finalmente il resoconto del bellissimo viaggio che abbiamo fatto questa estate in Islanda. Questa meta era nella lista dei desideri da un po’ di tempo, ma sinceramente non avevo mai creduto che saremmo davvero riusciti ad andarci davvero (anche per una questione economica. L’Islanda è in effetti molto cara, ma con qualche accorgimento non ci...
Scritto da: *swan77*
amazing iceland
Partenza il: 05/08/2006
Ritorno il: 14/08/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Finalmente il resoconto del bellissimo viaggio che abbiamo fatto questa estate in Islanda. Questa meta era nella lista dei desideri da un po’ di tempo, ma sinceramente non avevo mai creduto che saremmo davvero riusciti ad andarci davvero (anche per una questione economica. L’Islanda è in effetti molto cara, ma con qualche accorgimento non ci siamo dissanguati!). Abbiamo prenotato l’aereo a Gennaio e il totale è stato di circa € 400.= a testa a/r. Abbiamo volato fino a Londra-Stansted con Ryanair e da lì (con un bel po’ di ore di attesa!) abbiamo preso il volo serale della Icelandexpress (la compagnia low cost islandese). Dopo mesi di studio di mappe, cartine, guida e siti Internet, finalmente il gran giorno è arrivato e alle 8.00 di Sabato 5 Agosto eccoci all’aeroporto di Orio al Serio, con tutti allegramente in canottiera e infradito, mentre noi ci trascinavamo la giacca a vento…chissà dove hanno pensato che andassimo! Sinceramente pensavo che mi sarebbe pesato molto di più lasciare l’estate per avventurarci a nord, ma eravamo così stremati dal caldo che non vedevamo l’ora di stare a temperature meno estreme! Il volo era previsto per le 10.30 ed è partito puntuale (anzi, avevano annunciato un ritardo che poi non si è verificato). Peccato che fosse un po’ turbolento e che al momento di atterrare a balzelloni abbiamo quasi sfiorato la pista e siamo tornati in cielo…ora, tutto è bene quel che finisce bene, ma l’esperienza non è stata esattamente piacevole…ed è già la seconda volta che ci capita con Ryanair! Alla fine con il cuore in tumulto (il mio) ce l’abbiamo fatta e la prima tappa del nostro viaggio era raggiunta. Dopo il controllo passaporti (ancora non c’erano le restrizioni dovute all’attentato sventato a Londra) e il recupero dei bagagli abbiamo fatto un giro dentro l’aeroporto e ci siamo preparati spiritualmente a una lunga attesa, infatti il secondo volo era dopo ben 8 ore, anche se hanno aperto il check-in un’ora prima. La stanchezza cominciava a farsi sentire e non vedevamo l’ora di salire sull’aereo per dormire. Il secondo volo è stato molto calmo e senza sorprese, credo di non aver mai fatto un volo tanto piacevole (e poi eravamo anche un po’ più tranquilli, nessun ritardo, nessuna valigia persa…). Man mano che ci avanzavamo verso nord il cielo diventava sempre più chiaro, una cosa davvero stranissima! Purtroppo il tempo sopra Reykjavik era pessimo, infatti, nonostante la nostra curiosità, non siamo riusciti a intravedere le coste islandesi fino all’ultimo. Fuori faceva freddo (circa 10°C), piovigginava e tirava un vento molto forte. Al controllo passaporti ci hanno addirittura parlato in italiano! All’uscita c’era già il bus che aspettava per portarci in città, abbiamo tentato di fare il biglietto con la macchinetta, ma non funzionava, quindi ce lo siamo fatti dare dall’autista (Kr 3.800.= a/r per due). All’interno dell’aeroporto abbiamo cambiato i soldi, con un tasso di cambio tra i peggiori che abbiamo trovato. L’autista ha chiesto a tutti la destinazione, in modo da organizzarsi. Arrivati alla stazione dei bus noi due siamo scesi e siamo saliti su un minibus che ci ha portato davanti al Salvation Army Guesthouse (consigliato dalla nostra Lonely Placet, una guida davvero molto utile, anche se questo alloggio non era proprio il massimo). Ci siamo registrati, abbiamo pagato in anticipo (Kr 8.000.= colazione inclusa) e finalmente siamo saliti in camera, una scatoletta minuscola, ma con wc e lavandino. Dopo la doccia (con acqua che puzzava di zolfo!) ci siamo messi a dormire, a circa 24 ore dall’ultima volta che avevamo visto il letto…non ci sembrava vero! 06 Agosto 2006 Il mattino dopo, con un tempo ancora minaccioso, siamo andati a piedi all’agenzia della Hertz, dove avevamo prenotato via Internet una Yaris per 7 giorni (totale kr 52.521,03, con le assicurazioni aggiuntive). Siamo tornati a riprenderci i bagagli, abbiamo gentilmente chiesto di riempire le nostre bottigliette d’acqua, che è buonissima e una delle poche cose non costose (volendo si potrebbe bere anche dai torrenti, ma noi non abbiamo fatto questa esperienza!). Avevamo deciso di seguire un itinerario antiorario, questo in effetti ci ha fatto fare più chilometri, ma alla fine abbiamo scoperto che chi aveva fatto il giro al contrario aveva trovato tempo molto più brutto, mentre noi, da questo punto di vista siamo stati molto fortunati. Prendiamo la Ring Road (che fa il giro dell’isola) e ci dirigiamo verso “Il circolo d’oro”. E’ la giornata più fredda in assoluto, anche perché tira un vento gelido e ci sono nuvole minacciose (ma non pioverà…la cosa strana è che se da noi arrivano nuvole simili è certo che arriverà un temporale catastrofico, mentre qui…nulla!). Ci accorgiamo subito che è tutto un susseguirsi di paesaggi mozzafiato che cambiano continuamente, la natura è spettacolare e, soprattutto, è la padrona assoluta. Per prima cosa ci fermiamo a Pingvellir, per vedere la spaccatura della crosta terrestre, dove la zolla nordamericana e quella europea si stanno allontanando…pensavamo di trovare delle minifenditure invece…ci si può camminare dentro e la cosa fa un po’ impressione! Torniamo in macchina (al caldo!) e andiamo a vedere il geyser. Appena ci avviciniamo sentiamo un forte odore di zolfo, delle piccole conche d’acqua che bolle e del fumo che esce dalla terra. Ma appena giriamo la testa, ecco l’esplosione del geyser! E’ una cosa fantastica, anche perché avviene ogni pochi minuti! Siamo rimasti parecchio tempo, scattando decine di fotografie per fermare ogni momento di questo fenomeno, dai gorgoglii iniziali, alla formazione di una bolla che si carica e poi esplode (a volte ne fa un piccolo e subito dopo uno grande, a volte due grandi…non ce ne saremmo mai andati!). La cosa importante è considerare la direzione del vento, altrimenti ci si trova completamente lavati! Abbiamo concluso il giro e siamo andati a mangiare al bar/ristorante appena fuori (il panino non era per niente buono, ma era domenica e la tappa al supermercato era prevista nel pomeriggio). Abbiamo anche acquistato una memory card per la macchina fotografica, perché Mauro l’aveva persa (per fortuna vuota!). Da lì ci siamo diretti verso la cascata di Gullfoss. C’è una scalinata che porta vicino alla cascata, ma poi noi siamo entrati nel prato per avvicinarci di più…il salto era alto (32m) e il getto potentissimo e impressionante, anche perché non c’erano protezioni. Il sole ha fatto capolino e il paesaggio è diventato ancora più suggestivo (è comparso l’arcobaleno). Guardando all’orizzonte siamo riusciti a scorgere le vette del ghiacciaio in lontananza…le avremmo riviste meglio ormai alla fine del nostro viaggio. Ormai era metà pomeriggio e ci aspettava un lungo tratto di strada prima di arrivare a destinazione. Abbiamo deciso di fare una strada alternativa (errore!). La nostra cartina segnava la praticabilità delle strade con colori diversi (dal rosso della ring road al giallo delle strade dissestate). Questa era arancione e deviava all’interno (ma non era una pista, quindi in teoria poteva farcela anche la Yaris). Ma a parte il fatto che non c’era nessuno, era proprio malmessa, anche se il paesaggio era spettacolare e stiamo ancora rimpiangendo di non aver proseguito…ma eravamo all’inizio e non ancora esperti! Quindi abbiamo fatto km in più e perso tempo e alla fine siamo tornati verso Reykjavik e da lì abbiamo preso il tunnel sotterraneo (dal costo di kr 1000). Il tempo era tornato brutto, ma quando siamo sbucati sull’altra riva ci ha accolto un bellissimo arcobaleno e dopo poco uno splendido sole. A Borgarnes ci siamo fermati a un supermercato per fare rifornimento (siamo stati fortunati a trovarlo aperto, visto che era un week end di vacanza per gli islandesi). Ci siamo diretti verso la penisola di Snaefellness, il sole era alto nel cielo e la luce era chiarissima e accecante (l’azzurro del cielo islandese quando il tempo è bello è incredibile!). Inutile dire che i paesaggi erano sempre mozzafiato, quindi un occhio alla strada e uno alla macchina fotografica per immortalare quanto più possibile (considerando che abbiamo fatto 416 fotografie…), ma facendo anche attenzione alla pecore che brucavano ai margini della strada, ma che, a volte, attraversavano imprudentemente! Moltissime volte ci siamo dovuti fermare e aspettare pazientemente che il gruppo si ricongiungesse (a volte si spaventano, ma spesso non sembravano nemmeno accorgersi di noi!). Finalmente arriviamo a Grundarfjordur, dove avevamo prenotato l’ostello (e portandoci il nostro sacco a pelo siamo riusciti a pagare il meno possibile). Il paesino era minuscolo e deserto (per via della festività), ci è piaciuto moltissimo! Il gestore dell’ostello non era lì, quindi seguendo le indicazione abbiamo telefonato (un po’ vergognandoci…). Ci ha consegnato le chiavi della stanza (Kr 5.100) che io ho prontamente lasciato in camera chiudendomi la porta alle spalle, quindi sono dovuta tornare a recuperarlo per farmi aprire…sembrava un po’ scocciato, ma del resto poteva anche dirmelo! Ci ha anche confessato che non serviva chiudere a chiave la porta dell’ostello la sera perché tanto… Ci siamo cucinati un piatto di pasta (niente ci è sembrato tanto buono nella vita!) e poi siamo usciti a piedi a fare un giretto…erano le dieci e il sole era ancora alto, sembrava giorno…alla fine abbiamo dormito veramente poco per tutta la durata del nostro viaggio, visto che anche nel cuore della notte non era mai veramente buio (quando siamo tornati a casa ci siamo spaventati davanti al buio pesto che ci ha accolto la prima notte!). Siamo andati a letto (in due in un lettino del letto a castello) e abbiamo acceso il riscaldamento, che non ci ha nemmeno dato fastidio, a dire la verità. 07 Agosto 2006 Il mattino dopo, purtroppo, era di nuovo nuvoloso, abbiamo fatto colazione preparandocela noi stessi, poi abbiamo lasciato la chiave nella cassetta della posta e ci siamo diretti a Olafsvik, dove avevamo prenotato da casa l’escursione di whale whatching…il posto era deserto, io anzi pensavo che fossimo gli unici e che la gita non si facesse! Abbiamo proseguito oltre e a parte paesaggi da fine del mondo (nel senso che ci aspettavamo la scritta “Fine del mondo”), era tutto un andirivieni di uccelli che volavano da una parte all’altra e che beatamente si fermavano in mezzo alla strada e noi ogni volta dovevamo fermarci per far passare (purtroppo c’erano molti cuccioletti che erano stati investiti). Siamo tornati al molo, ci siamo vestiti con tutto quello che avevamo e ci siamo uniti al gruppo (qualcuno in effetti era arrivato). Hanno fatto l’appello e abbiamo pagato Kr 9.800 in due (avevano la macchinetta per la carta di credito dentro il furgoncino; in pratica non pagano mai in contanti, adorano le carte di credito!). Siamo saliti e ci siamo seduti, anche se dopo due minuti il capitano ha fatto il primo avvistamento di una balena, quindi ci siamo precipitati tutti a prua…io sinceramente pensavo che saremmo stati fortunati a vederne una, invece era un susseguirsi di avvistamenti, al che prontamente la nave cambiava rotta e si lanciava all’inseguimento. Tutto molto divertente, se non fosse che la sottoscritta soffre il mal di mare ed è stata costretta e stare più di tre ore su una nave boccheggiante (quando sono scesa volevo baciare la terra…ferma!). In ogni caso non è stato tanto male, almeno all’inizio, abbiamo visto orche, delfini che si lanciavano come dei folli fuori dall’acqua, dei pulcinella di mare, balene e (dicono) anche uno squalo. A un certo punto si è deciso di spingersi un po’ al largo per cercare il capodoglio, il mare si è ingrossato e la nave ha aumentato la velocità, saltando su e giù sulle onde (si volava davvero). Io ho cominciato a stare male (strano!) e volevo tornarmene a sedere, ma non riuscivo a spostarmi! Se staccavo le mani mi sentivo sollevare da terra! Ho tentato di mettermi i pantavento, ma le gambe non rispondevano ai comandi! Ci ha provato Mauro, inginocchiato davanti a me e non riuscivo nemmeno ad alzarle!! In più continuavamo a ridere, il che peggiorava la situazione! Mi sono seduta, finalmente, ma la nausea aumentava, allora, coraggiosamente, ho cercato una panchetta libera e mi sono sdraiata, dopo aver preso una pastiglia di Travelgum. Dopo poco sono stata meglio, è anche passato un “marinaio” con bambino islandese al seguito con le mezze maniche!! Io ero infagottata con qualsiasi cosa e verde (nella minuscola parte di pelle visibile), mi ha anche chiesto come stavo! Come pensi che stia?? Però, tutto sommato, è stato gentile! Ho una foto che testimonia questo momento difficile! Alla fine il capodoglio non l’abbiamo visto e dopo più di tre ore ci hanno depositato sani e salvi a sul molo. Niente come la nostra macchina (ferma) mi ha fatto tanto piacere! Ci siamo preparati i panini e abbiamo pranzato (iniziando le scorpacciate di biscotti “Ballerina”, buonissimi e ipercalorici!). Abbiamo fatto il giro della penisola (che spesso non viene inclusa negli itinerari, ma secondo noi merita!), abbiamo visto campi lavici, un vulcano, spiagge nere. Io ho dormicchiato un po’, svegliata ogni tanto dalle frenate brusche per evitare caprette o uccelli. Siamo tornati sulla Ring Road per avvicinarci ad Akureyri. Il traffico nell’altra direzione era molto intenso, probabilmente gli abitanti della capitale che tornavano a casa (i locali si riconoscevano dai fuoristrada, perché la maggior parte dei turisti aveva la Yaris!). Dopo parecchi chilometri siamo arrivati ad Akureyri (che dopo i paesini caratteristici non ci è piaciuta molto). Siamo riusciti a trovare la nostra guesthouse Akurinn, dove ci ha accolto la padrona di casa. La nostra camera era accanto al soggiorno, dove stava mangiando la famiglia. Abbiamo scelto di includere la colazione (che essendo molto abbondante compensava i pranzi) e quindi pagato in anticipo(Kr 17.600 per due notti. Dopo la doccia (tutto condiviso, non abbiamo mai avuto il bagno personale), subito a nanna, perché eravamo molto stanchi! 08 Agosto 2006 Il mattino dopo ci ha svegliato la pioggia (l’unico giorno, in realtà, perché gli altri giorni ha retto), abbiamo fatto benzina (unico problema: spesso si doveva scegliere prima l’importo e poi pagare, peccato che all’inizio non sapessimo quanto mettere per fare il pieno e una volta c’è pure avanzata la benzina) e lavato la macchina (è gratuito e la canna dell’acqua termina con una scopa per togliere il fango). Mauro aveva deciso di fare sempre benzina tutte le mattine cascasse il mondo, in modo da stare tranquilli (le ultime parole famose…). Siamo andati a fare la spesa in un supermercato più grosso del precedente, dove abbiamo comprato della frutta molto costosa…la cosa strana è che invece di avere dei banchi frigo hanno delle stanze frigo, dove tengono salumi, frutta e verdura…ma la temperatura è bassissima! Si congela, non ci si resiste due minuti! Allora sceglievamo fuori e a turno si entrava di corsa a prendere quello che ci serviva! C’era anche un negozio che vendeva qualsiasi cosa a Kr 200 o Kr 400 e lì ho preso i primi souvenir natalizi (come facciamo in ogni viaggio), anche se la prima destinazione del giorno era un fantastico negozio natalizio di lamiera rossa, dove vendono tutto l’anno oggetti natalizi provenienti da diversi paesi. E’ appena fuori Akureyri ed è bellissimo, perché appena entrati si è accolti dal fuoco del caminetto e dal profumo del Natale! I prezzi sono un po’ alti, ma siamo riusciti lo stesso a trovare qualcosa da portar via! Da qui siamo andati a Glaumbǽr, dove c’è una fattoria con il tetto di erba, sede del museo del folclore (Kr 1.000 in due), sono casine comunicanti con il tetto di torba e con gli utensili, i mobili originali, oggetti di arredo della casa, tessuti e costumi. E’ molto interessante, peccato per la comitiva di italiani che è entrata gridando a squarciagola, chiamandosi l’un l’altro e commentando, stonava completamente con l’ambiente. Dopo aver pranzato in macchina, abbiamo svoltato per percorrere il fiordo fino alla cittadina di Siglufjordur. La strada era praticabile, nonostante avessimo lasciato la Ring Road, ma la nebbia era bassissima, dando al paesaggio un aspetto irreale, sembrava di essere fuori dal mondo. Man mano che ci avvicinavamo alla cittadina, ammirando il mare che entrava nel fiordo, e salendo di quota siamo proprio entrati nella nebbia. Ora, molto suggestivo, non c’è che dire, ma considerando che non si vedeva niente e che non ci sono i guard rail, nemmeno sulle strade a strapiombo, c’è poco da stare allegri. Per fortuna Mauro diventa particolarmente euforico in queste circostanze “rischiose” ed emana particolare sicurezza nelle sue capacità, perché io più che alzare la cartina davanti agli occhi per non vedere e ululare “no, no, no” per tutto il tempo non ho fatto. C’è da dire che i paesaggi che si aprivano nella nebbia erano fantastici, soprattutto le scogliere a picco sul mare, le spiagge nere, le caprette occasionali e le mandrie di cavalli (questi per fortuna non sulla strada). La strada, inoltre, presentava molti dossi piuttosto alti (non si vedeva dall’altra parte), con un cartello in cima che indicava di stare a destra. Arrivati a S., finalmente, siamo rimasti un po’ delusi, perché in pratica non si vedeva nulla, ci è sembrato particolarmente sperduto, considerando anche la strada che ci vuole per arrivare (come fanno questi in inverno?!). Abbiamo fatto un minigiretto per negozi (un paio), siamo stati in spiaggia (era pur sempre Mar Glaciale Artico, volevo toccare con mano! Era gelido!) e poi ci siamo rimessi in macchina. C’era in effetti il museo delle aringhe (Kr 800 a persona), ma non ci siamo fatti abbastanza coraggio per entrare (per l’odore). Peccato, perché la guida dava delle magnifiche montagne (invisibili), definendolo un paesino da cartolina. Invece di tornare da dove eravamo venuti, abbiamo tagliato per Olafjordur, sempre “piacevolmente” in mezzo alla nebbia, anche se per fortuna la strada era pianeggiante (questo non costituiva motivo di tranquillità, visto che con la nebbia non riuscivamo a capire cosa ci fosse di lato) e c’erano pochissime case, ma molti laghetti e torrenti. Arrivati al secondo paese non siamo nemmeno scesi dalla macchina, non ci è piaciuto molto. Siamo tornati verso Akureyri, passando da Dalvik, la nebbia si era un po’ diradata e abbiamo intravisto le montagne innevate. Ad Akureyri abbiamo passeggiato per negozi, senza comprare nulla per i prezzi esorbitanti. 09 Agosto 2006 Dopo aver lasciato la Guesthouse, la nostra prima meta era la cascata di Godafoss, il tempo per fortuna si stava mettendo al meglio. Dopo aver parcheggiato ci siamo diretti verso la cascata a piedi. Non è la più bella che abbiamo visto, ma ha una portata d’acqua imponente. Peccato che per arrivare ben vicino ci fossero delle pozze d’acqua parecchio scivolose, circondate da rocce umide molto appuntite, su cui la sottoscritta è riuscita a scivolare al rallentatore, senza riuscire a fermare la caduta. Mauro era davanti e si è accorto grazie alle mie grida soffocate. Mi sono fatta malissimo!! Alcuni turisti spagnoli mi guardavano un po’ straniti, soprattutto per la discussione concitata tra me e Mauro (si agita da morire in queste circostanze), lui che voleva che togliessi i pantaloni lì, io che volevo cercare riparo in macchina per dar libero sfogo alla mia disperazione. Che maleeeee, si sono tagliati anche i jeans. Ho pianto tanto, non ricordavo che battere un ginocchio provocasse tanto dolore! Siccome non avevamo ovviamente il ghiaccio, Mauro ha preso una salvietta e l’ha immersa in un torrente, dandomi un po’ di sollievo. Dopo un po’ il dolore è diminuito, i giorni a seguire mi è comparso un livido enorme e ho zoppicato a lungo. Ciononostante, l’idea di camminare tutto il giorno non era molto rincuorante. Ci siamo fermati a Rekialid per comprare la retina contro gli insetti (Kr 1.000), assolutamente inutile perché non c’era il benché minimo essere volante. Abbiamo preso questa precauzione perché pare che quando questi moschini sono attivi siano assolutamente fastidiosi, una specie entra nei capelli (orrore!), un’altra viene attirata dall’anidride carbonica espulsa con il respiro. Prima tappa alla Laguna blu locale, dove però non si può fare il bagno perché l’acqua ha ormai superato la temperatura accettabile per il corpo umano. Siamo poi arrivati al campo geotermico, in una cornice molto suggestiva, grazie al colore chiaro del terreno, al vapore che usciva dalla terra e al cielo nerissimo e alle montagne. Il campo si può visitare secondo sentieri prestabiliti (meno male, un po’ di protezione), ci sono sbuffi di vapore non odorosi di zolfo e materiale incandescente che ribolle entro pozze. La nostra passeggiata è stata un po’ lunga essendo io zoppicante (se tenevo ferma la gamba la partenza era dolorosa, poi il muscolo si scaldava e ridiventavo quasi normale). Da lì ci siamo diretti verso la zona lavica “Krafla” (erroneamente chiamato vulcano, in realtà la lava non erutta, ma fuoriesce dal terreno), iniziando dal lago di origine vulcanica, anche se non abbiamo compiuto l’intero perimetro, per finire con il campo lavico, un’enorme distesa nera di lava ancora attiva (ogni tanto uno sbuffo di calore qua e là). La passeggiata all’interno del campo è durata un’ora e mezza, in alcuni tratti non è molto semplice all’inizio a causa del fango è anche un po’ scivolosa, anche se stanno costruendo le passerelle. Faceva anche piuttosto caldo, visto che la lava non si è ancora raffreddata del tutto. Al momento non ci si pensa che è una zona geologicamente attiva da cui può eruttare lava da un momento all’altro, però in effetti a ripensarci fa una certa impressione, soprattutto quando salendo di livello ci siamo girati verso il basso e abbiamo visto questa area immensa che era TUTTA lava! Dopo la passeggiata piuttosto stancante (ehi, io ero zoppa!), siamo tornati in macchina e siamo andati al lago Myvatn (nessun moscerino all’orizzonte), siamo scesi due minuti, ma eravamo troppo stanchi per camminare. Il sole ormai splendeva alto nel cielo e ci sarebbe rimasto per molte ore ancora. Siamo arrivati a Husavik, vivace cittadina che ci ha fatto una bella impressione, soprattutto forse perché l’abbiamo vista con il sole. Siamo entrati nel supermercato per prendere uno spuntino e ci siamo seduti fuori per vedere le barche in cerca delle balene uscire dal porto (questo è il posto in cui partono il maggior numero di escursioni, infatti sono uscite tre barche, al contrario della nostra gita “solitaria” di qualche giorno prima; insomma, sono molto organizzati). Dopo la sosta rigenerante e parecchie foto, ci siamo diretti verso il nostro ostello, nello sperduto villaggio di Kopasker. Lungo la strada incredibili scogliere verdi e qualche fiorellino che dava una nota di colore, completato da un cielo di un azzurro intenso e perfetto. Sono questi i paesaggi che ti riconciliano con il mondo e ti fanno dimenticare la stanchezza! Arrivati a Kopasker, minuscolo paesino con pochissime case, abbiamo trovato l’ostello, che ci è sembrato nuovo e ben arredato, peccato che la nostra camera fosse in un altro locale sopra la pompa della benzina con negozio annesso, in pratica il luogo socialmente più attivo della zona. Però avevamo una vista impagabile sul mare. Il gestore dell’ostello (l’unico che ci ha chiesto pagamenti in contanti: kr 4.600) è stato molto gentile, ci ha chiesto dell’Italia e ci ha detto di essere stato a Venezia, dandoci qualche informazione sul luogo (cioè il negozio dentro il benzinaio e il fatto che ogni tanto compaiono le foche). Abbiamo cenato, con noi un gruppo di operai che stavano costruendo una strada e una comitiva di italiani (ovviamente!). Dopo cena siamo tornati in macchina, per raggiungere il punto più vicino al Circolo Polare Artico (che fa sempre una certa impressione), la strada era piuttosto dissestata e completamente deserta a parte le capre. Arrivati nelle vicinanze della spiaggia, di proprietà di una fattoria, abbiamo dovuto aprire il cancello e passare sulla loro proprietà, stando attenti agli uccelli, come raccomandavano. Siamo scesi a piedi fino al mare, con un vento incredibile e gli uccelli che gridavano contro di noi, probabilmente sterne artiche. Un’emozione incredibile e indicibile trovarsi così a Nord, con una natura selvaggia e piuttosto violenta (mare agitato e vento). Volendo si può arrivare fino a una scogliera con il faro, infatti abbiamo visto due ragazzi arrivare da lì, ma noi ci siamo accontentati. Siamo rimasti parecchio in silenzio a goderci il momento e prima di andare via ci siamo accorti che c’era una cassetta con dentro il guest book (sono un po’ fissati qui, eh), dove abbiamo lasciato il nostro commento, scoprendo che i due ragazzi che avevamo visto erano italiani! Al rientro abbiamo fatto un micro giretto del paesino, con foto alla scogliera al tramonto (era ormai tarda serata). Questa è in assoluto la sera più limpida che abbiamo trovato, abbiamo una foto scattata verso l’una in cui è ancora chiaro ed è il massimo dell’oscurità di quella notte. Chiaro che senza buio non è semplice dormire e infatti alle sei eravamo svegli perché il sole era già alto nel cielo! 10 Agosto 2006 Questa mattina Mauro mi dice che non è il caso di fare benzina, tanto ne abbiamo e poi abbiamo notato che ci sono più benzinai di quelli che sono segnati sulla guida. Ok, mi fido. Per prima cosa andiamo al canyon di Asbyrgi, a forma di ferro di cavallo, lasciamo la macchina e prendiamo un sentiero in mezzo agli alberi…non sono molto alti, ma sono i primi che vediamo! Il sentiero ci conduce a una sorgente termale nei pressi di una parete del canyon piuttosto alta e ripida, dove vivono dei germani. Da lì si sale leggermente e si ha un bel panorama del fondovalle. Fa anche piuttosto caldo e c’è un bellissimo sole, il cielo è limpido come la sera prima (ho una foto del termometro dell’auto che segna 22 gradi, il record!). Rientriamo in macchina e ci dirigiamo alla cascata di Dettifoss, anche se prima di arrivare decidiamo di fermarci alla meno conosciuta cascata di Hafragilfoss, veramente impressionante, perché dal lato del parcheggio si ha una veduta dall’alto sulla cascata e sul fiume che da essa si diparte, scavato nel canyon. C’è un vento molto forte, ma la vista è magnifica. Da lì proseguiamo per Dettifoss, situata in una zona attrezzata per i turisti, con un sentiero tra i massi. In ogni caso anche qui non c’è nessuna protezione, si può arrivare fino alla cascata ed eventualmente caderci dentro!! Non è molto bella, ma ha la portata d’acqua maggiore d’Europa e si sente! Grazie alle goccioline d’acqua e al sole troviamo un bellissimo arcobaleno. Da lì proseguiamo per Egilsstadir, per poi raggiungere la costa sud (un bel po’ di chilometri!!). Cominciamo per prima cosa la ricerca di un benzinaio, niente! Cominciamo a preoccuparci un po’, ma nel frattempo ci godiamo il paesaggio completamente deserto per chilometri (in qualche punto ci ha ricordato il deserto roccioso del Sinai), riusciamo anche a vedere e fotografare delle renne. Dopo un po’, nonostante il paesaggio magnifico, siamo un po’ inquieti: nessun centro abitato all’orizzonte e ci mancano due tacche di benzina (su otto). Non ce lo diciamo, ma siamo preoccupati… Alla fine troviamo una pompa di benzina, salutandola come se fosse la terra promessa…ma c’è un piccolo problemino, non prende la carta di credito!! Mauro dice: io da qui non mi muovo finché non faccio benzina! Si avvicina a una casa vicina alla pompa e bussa senza esitare. Io lo rincorro (non parla inglese), ci apre una signora di una certa età con un grosso cane abbaiante e le spieghiamo che abbiamo problemi con la carta di credito. Lei, gentilmente, viene con noi e prova a inserire le carte di credito (ma è un problema tecnico), allora inserisce la sua Visa Electron e funziona! Ci presta la sua carta di credito e noi le diamo i soldi in contanti, lasciandole il resto. Grande respiro di sollievo!! E meno male che qui sono piuttosto propositivi! Arrivati a E. Abbiamo fatto una sosta al supermercato, abbiamo pranzato e poi, su mia indicazione, siamo andati alla volta di Seydifjordur, il primo dei fiordi orientali, descritto come qualcosa di suggestivo e selvaggio. Benissimo, partiamo con sole accecante e cominciamo a salire, mentre il termometro scende. Entriamo in un banco di nebbia, Mauro dice: non preoccuparti, è solo una striscia di nuvole basse, passa presto. Lo intuite come è andata a finire, no? Siamo saliti e poi scesi per tornanti senza vedere NULLA, con strada parecchio ripida e senza sapere cosa ci fosse di fianco (uno strapiombo? Un laghetto?)!! Io ho chiaramente chiuso gli occhi affidandomi a una potenza superiore. Il fatto è che le strade sono spesso costruite su un terrapieno più alto rispetto ai bordi e quindi l’idea dello strapiombo non era così assurda. A pochi tornati dal paese la nebbia scompare, finalmente. Il villaggio ha delle case molto particolari e carine, negozietti di souvenir e magari con il sole è carino, ma io ero già terrorizzata per il ritorno lungo la medesima via (non potrei mai vivere in un posto come questo…). Insomma, mi faccio coraggio e si riparte. Questa volta va meglio, ma tra un diradamento e l’altro vediamo in un’altra auto il viso di una ragazza terrorizzato esattamente come il mio!! Dopo questa salutare esperienza decidiamo di partire per Holmur, dove avremmo alloggiato quella notte. Ero un po’ più tranquilla, di solito la Ring Road è ben asfaltata e poco tortuosa, ma sbagliavo! Inizia addirittura a piovere, la strada è spesso fangosa e le nuvole bassissime (che ve lo dico a fare…). In più non si vede anima viva e ci viene il dubbio, mai verificato, che ci fosse anche un’altra strada. Pensavo di averne avuto abbastanza oggi di emozioni forti! “Sbucati” a sud, ci accorgiamo che il paesaggio non è bellissimo, anzi, piuttosto monotono, anche se ci sono zone piuttosto surreali. Il tempo è proprio brutto e il fango rende difficoltosa la guida. Riusciamo ad arrivare a destinazione sotto la pioggia, questa notte dormiamo in una fattoria. Eravamo piuttosto desiderosi di arrivare, perché le immagini del sito mostravano questa casa immersa nel nulla con alle spalle il ghiacciaio maestoso. Niente di tutto questo, perché la nebbia si taglia con il coltello, ci viene il dubbio che si sia trattato di un fotomontaggio!! Magnus (Maggi) e Gudrun ci accolgono molto calorosamente, sono carinissimi e ci danno la stanza della figlia, piccola ma molto accogliente. In pratica c’è un altro edificio con cucina e servizi appena fuori, ma noi siamo alloggiati proprio in casa loro! Dimenticavo, alla porta ci fa le feste un enorme Golden Retriver molto socievole!! Cuciniamo e dopo mangiato ci uniamo a loro e a una coppia spagnola per chiacchierare (in inglese). Sono molto ospitali e curiosi di sapere da dove veniamo. Anzi, invece di dire che veniamo da Lecco vicino a Milano, rispondo invece che abitiamo sul lago di Como e che si scopre? Gudrun prende un librone piena di entusiasmo e ci indica Bellagio! Incredibile, in uno sperduto paesino islandese qualcuno ha visto Bellagio in foto e vuole venire in Italia per vederla!! E noi abitiamo a due passi! E’ davvero una serata rilassante e andiamo a letto tardi, piuttosto speranzosi per l’indomani, perché le previsioni danno sole e i padroni di casa ci dicono che siamo parecchio fortunati, perché il maltempo sta facendo il giro al contrario rispetto a noi. 11 Agosto 2006 La notte passa in un attimo e alle quattro del mattino c’è un sole che spacca le pietre! Usciamo di corsa (verso le sette), giriamo dietro la casa e vediamo l’indescrivibile spettacolo del ghiacciaio! E questi ci abitano appena davanti! Dopo un bel po’ di foto torniamo in casa e facciamo colazione, con un’enorme quantità e varietà di cibo. Dopo i saluti e il pagamento del pernottamento (unico caso in cui non abbiamo pagato all’arrivo: Kr 8.800) ci siamo diretti verso la laguna di Jokulsarlon, dove eravamo impazienti di vedere…gli iceberg!! E pure con una giornata incredibilmente luminosa! Peccato che…non l’abbiamo trovata, ci siamo passati davanti e non l’abbiamo vista!! Ora, è pure un po’ strano non notare degli iceberg, mica si vedono tutti i giorni! Torniamo sui nostri passi e sveliamo l’arcano: a causa di una nebbia fittissima SOLO sulla laguna non si vede niente. Lasciamo la macchina e ci avviciniamo, riuscendo a scorgere qualcosa. Avevamo intenzione di fare un giro sulla laguna con il mezzo anfibio, ma non sappiamo se ne vale la pena. La voce che gira è che la nebbia potrebbe alzarsi dopo 10 minuti o mai (consolante!). Ma dopo pochissimo si alza completamente e lo scenario è incredibile! (quante volte l’ho già scritto?!). Sullo sfondo il fronte del ghiacciaio, da cui si staccano gli iceberg di ogni forma e dimensione. Decidiamo di fare subito il giro tra i ghiacci e riusciamo a prendere gli ultimi due posti, ci fanno salire e mettere il giubbotto salvagente. Una guida ci dà alcune indicazioni e informazioni sulla storia della laguna, mentre giriamo intorno agli iceberg, alcuni sono di un blu intenso (ci fa anche prendere in mano un pezzo di ghiaccio gelido.). Il prezzo dell’escursione è di Kr 2.200 a persona, si paga alla fine. Tornati a terra (qui ovviamente niente mal di mare) facciamo un giro e ci sediamo sulla spiaggia per ammirare le forme degli iceberg, vediamo anche la testolina di un paio di foche spuntare, sono troppo buffe. Mauro, incredibilmente, riesce a trovare un ragazzo che conosce e che non sapeva sarebbe venuto in Islanda in vacanza, della serie: piccolo il mondo!! Raggiungiamo la spiaggia, dove alcuni iceberg intrappolati nella corrente raggiungono il mare (abbiamo scattato delle foto stupende). Proseguiamo oltre per avvicinarci a un’altra laguna, molto più piccola della precedente e soprattutto deserta. Rimaniamo in macchina a fare le foto, in attesa di vedere qualche foca, ma non se ne vedono. Mangiamo in macchina e dopo decidiamo di raggiungere un luogo poco turistico indicatoci da Magnus per l’avvistamento delle foche. La distanza non è proprio breve, la nostra yaris sembra una scheggia impazzita avanti e indietro sulla stessa strada. Per arrivarci la strada è piuttosto sterrata, non c’è nessuno, lasciamo la macchina e ci avviamo a piedi su un’altura che dà direttamente sul mare, che è piuttosto mosso. All’inizio non le vediamo, ma poi, eccole! In basso, su uno scoglio circondato dall’acqua, ci sono almeno cinque o sei foche sdraiate sulle rocce, sono grossissime! Le vediamo buttarsi in acqua e poi risalire, uno spettacolo! Dopo un bel po’ di tempo perso nella contemplazione di questi animali, torniamo in macchina alla volta di Vik, nostra ultima tappa prima di tornare nella capitale. La strada è lunga, dritta e piuttosto deserta e il paesaggio non è molto interessante, questo ci spinge a premere il piede sull’acceleratore e…veniamo subito fermati da una macchina della polizia, che ci lampeggia venendo – contromano –nella nostra corsia. Accostiamo parecchio intimiditi e un agente islandese ci fa scendere (dopo averci detto che andavamo un po’ veloci e che questo in Islanda non si può fare: ma va?!) e saliamo sulla sua jeep perché dobbiamo “fare un discorso”. Se non fosse che siamo piuttosto impauriti sarebbe una situazione un po’ comica: in primo luogo perché pensavamo che ci volesse portare in centrale e non volevamo lasciare la macchina e continuavamo a bisbigliare tra di noi scambiandoci i rispettivi punti di vista in modo piuttosto animato e poi perché saliamo dietro come due timidi scolaretti (io molto vicino alla portiera, quasi fuori in pratica). Sulla jeep il silenzio più assoluto, alla fine non ci ha fatto la ramanzina, ha solo compilato i dati (non andavamo poi così veloci, “solo” 14 km/h più del limite) e abbiamo pagato la bellezza di circa 100 eur con la carta di credito, grazie alla macchinetta portatile (questi sono proprio avanti!). Alla fine ci “rilascia” augurandoci pure buon proseguimento!! Saliamo in macchina molto felici di non aver conosciuto le prigioni islandesi e da lì in avanti rimaniamo religiosamente entro i limiti, l’esperienza ci è bastata! Nel tardo pomeriggio arriviamo a Vik, troviamo l’ostello, dove ci danno una piccolissima camera vicino al bagno (con colazione: Kr7.200). Usciamo subito per andare alla spiaggia nera, dove si dice che nidifichino i pulcinella di mare che tra qualche giorno partiranno per il mare aperto. Pare che la data della partenza sia piuttosto rigida: intorno a Ferragosto; quando abbiamo chiesto a Gudrun se pensava che li avremmo visti ha guardato il calendario e ha detto che per qualche giorno ancora ce la potevamo fare, poi se ne sarebbero andati. Infatti li vediamo, ce ne sono tantissimi, ma sono un po’ lontani, se ne stanno accovacciati su una rupe molto alta (noi siamo in basso). Sono davvero buffi, sembra quasi che non siano stati destinati al volo, sono goffi e volano in modo strano, quasi lanciandosi a capofitto! Sembrano dei pinguini volanti!! Gli altri uccelli dimostrano di avere padronanza di se stessi e dell’arte del volo, loro invece sembrano capitombolare da un momento all’altro! Rimaniamo a osservarli per parecchio tempo, Mauro cerca di salire su una roccia per fotografarli meglio, io invece ci provo ma il ginocchio zoppo non ce la fa. Facciamo un giretto per il paese ammirando il tramonto (da notare che Vik è il posto più piovoso d’Islanda!) e poi torniamo in ostello a mangiare l’ultima pasta con il tonno. C’è da dire che siamo un po’ stanchi, i chilometri e le ore passate in macchina sono tante e la costa sud non ci sta entusiasmando troppo, a parte gli iceberg, forse perché ci stiamo abituando alle meraviglie di questa terra. E il fatto di dover condividere sempre il bagno comincia un po’ a pesarci. 12 Agosto 2006 Il mattino dopo il tempo è cambiato, la nostra ultima tappa qui prevede la spiaggia nera dei faraglioni, un po’ difficile da trovare, ma ne vale la pena. Ci sono le rocce basaltiche che sembrano canne d’organo e i famosi faraglioni che si ergono piuttosto sinistramente davanti a noi. Mentre facciamo le foto vedo sbucare qualcosa in mare vicino a riva, non riesco a capire subito cosa sia, la guardo meglio, è la testina di una foca!! Proprio di fronte a noi! Davvero non c’è mai limite alle sorprese in questo posto! Torniamo in macchina perché abbiamo voglia di arrivare all’ultima tappa: la famosa Laguna Blu. Ci fermiamo in un campo geotermico piuttosto triste e anche il paesaggio non è da meno: centri abitati, piccole industrie, dopo giorni di nulla ci dà un po’ fastidio tornare in una città. Arriviamo alla Laguna e non vediamo l’ora di entrare nelle acque calde e fangose. L’entrata costa Kr 1500 a persona, ci danno un braccialetto magnetico che mi creerà non pochi problemi! Io e Mauro ci separiamo e io entro da sola nello spogliatoio delle donne. Non sarebbe nemmeno difficile in verità: si prende un armadietto, ci si cambia e lo si chiude “memorizzandolo” con il braccialetto, ma dopo numerosi tentativi infruttuosi devo chiedere a una gentile signora inglese. Dopo parecchio raggiungo Mauro e ci tuffiamo in acqua. Una meraviglia! Il vapore a tratti è così intenso che non si vedono le persone! L’acqua in alcuni punti è quasi bollente, anche se non è molto alta per cui dobbiamo rimanere accovacciati, anche perché fuori piove ed è ghiacciata! Rimaniamo per tre ore, ci mettiamo il fango improvvisando una maschera, entriamo nella sauna (anche in quella in cui si chiude la porta e si rimane completamente al buio, ma io tenevo un filino aperta la porta e gli altri non hanno apprezzato). Ci siamo rilassati tantissimo! Verso sera siamo tornati alla Salvation Army Guesthouse, ci hanno dato una camera un po’ più grande ma senza bagno né altro. Io continuo a sconsigliare questa sistemazione, le lenzuola sono pure bucherellate (io ho dormito nel saccoapelo). Usciamo a mangiare e a visitare Reykjavik, ma non ci entusiasma molto. Cerchiamo di dormire, ma nella stanza accanto alla nostra c’è un camerone di ragazzi di non so che nazionalità che parlano incessantemente (iniziando alle cinque del mattino!), anzi è solo uno che parla, gli altri probabilmente sono collassati dalla noia! Le pareti sono sottilissime e non sono in muratura, tanto che se da una parte danno un colpo la parete si sforma! 13 Agosto 2006 La giornata ci sembra insopportabilmente lunga, dopo colazione riconsegniamo la macchina e torniamo a piedi. Andiamo al mercatino delle pulci che però non ha ancora aperto (è al chiuso), allora giriamo lì intorno ed entriamo in un negozio di souvenir, dove abbiamo la possibilità di usare Internet gratuitamente. Navighiamo più per noia che per altro, quando ci rendiamo conto che negli aeroporti c’è l’allarme per il tentato attacco terroristico a Londra. Le regole per il bagaglio a mano sono cambiate, questo causa ritardi e molti voli Ryan air sono stati sospesi. Siamo decisamente preoccupati, speriamo che il nostro volo non sia cancellato. Noi siamo stati fuori dal mondo, non avevamo capito che la situazione fosse così tragica. Torniamo al mercatino delle pulci dove troviamo moltissime cose interessanti, io prendo dei libri in inglese e due barattoli di latta per il tè. In un negozio di souvenir ho comprato la maschera della Laguna Blu, ottima davvero (un po’ costosa), ma particolarmente apprezzata dalla mia pelle che di solito odia la maggior parte di creme e maschere. Passiamo anche all’ufficio informazioni per recuperare i soldi delle tasse pagate con l’acquisto della memory card. La giornata si trascina passeggiando per la città, ma ci sembra che il tempo trascorra lentamente, non ci passa più. Decisamente non dovevamo lasciare Reykjavik per ultima. La sveglia è alle tre del mattino, facciamo colazione (anche se per un errore non ce l’avevano preparata) e a piedi andiamo alla stazione dei bus, dove prendiamo la prima navetta per l’aeroporto (è gratuita, ma noi avevamo già i biglietti). Il primo imbarco non dà problemi di bagaglio a mano, il volo è perfetto. Arriviamo a Londra e c’è in effetti caos, ma si sono organizzati e molti dipendenti dell’aeroporto girano per aiutare i passeggeri a capire cosa possono portare in aereo. Circa un’ora dopo il nostro arrivo, cambiano le regole, quindi tira di nuovo fuori le cose dalla valigia: macchina fotografica, telefono, che prima non erano consentiti. Per fortuna il nostro volo non è stato cancellato (un miracolo viste le circostanze), facciamo il check-in e mi lasciano tenere lo zaino, ma poi mi fermano al metal detector e devo imbarcarlo. C’è da dire che nemmeno loro sanno quello che devono fare! Ritorniamo al metal detector e guardano i nostri pacchettini, ma il mio burrocacao non passa e lo devo lasciare. Ci mettiamo in fila, i controlli sono rigidissimi, dobbiamo togliere anche le scarpe. Finalmente riusciamo a passare e a parte un cambiamento di gate (di cui molti non si erano accorti! Guardare i monitor no?!) tutto va liscio e torniamo in Italia. E’ vero che nemmeno qui faceva molto caldo, ma noi sembra che torniamo da una spedizione dall’artico! Per concludere, è stato un viaggio straordinario. Anche se la stanchezza si è fatta sentire rimarrà per noi sempre IL viaggio, per gli incredibili paesaggi, le sensazioni che hanno suscitato e la vicinanza con una natura primordiale. Ci si rende conto di come noi esseri umani siamo solo degli “ospiti” che devono ringraziare la clemenza della natura per la propria sopravvivenza, perché qui si ha l’idea della sua immensa potenza, del fatto che basta un niente perché si riprenda quello che le abbiamo rubato e che crediamo di controllare (ma di fronte alla furia degli elementi non c’è nulla che l’uomo possa fare). Qui la natura in tutti suoi aspetti, anche quelli più cruenti, la fa da padrone. E gli islandesi coabitano, non la dominano. Ci siamo sentiti trasportare agli inizi della vita, perché la Terra probabilmente era così. Ci siamo completamente “decompressi” dalla vita che conduciamo di solito, dalla “civilizzazione” del cemento, è stato utile per tornare alle origini della vita dell’uomo su questo pianeta. E anche per cambiare prospettiva su noi e sul mondo (cioè della nostra posizione nell’Universo). Riguardo alle persone, dobbiamo dire che non le abbiamo trovate poi così disponibili, non del tipo che abbiamo incontrato a Berlino e si fermavano a chiederci se avessimo bisogno di qualcosa. Era più un discorso: a domanda rispondo, altrimenti tiro dritto. Massima efficienza ma poca espansività e socievolezza, ma ovviamente non si può generalizzare, questi sono i contatti che abbiamo avuto noi, a parte Magnus e Gudrun, simpaticissimi! Per concludere: un viaggio in tutti i sensi!


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