Come credere a gnomi e folletti nel West Ireland

Come scoprire un'Irlanda (occidentale) bella e creativa, nonostante un soggiorno studio: il cielo d'Irlanda non tradisce
Scritto da: mariaedino
come credere a gnomi e folletti nel west ireland
Partenza il: 14/07/2014
Ritorno il: 29/07/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Ho sempre scritto diari di viaggio dettagliati su TPC, in precedenza: questa volta voglio scrivere sensazioni miste, perchè il mio viaggio nel West dell’Irlanda è stato un connubio tra studio al mattino ed esplorazione al pomeriggio, nonché nei week end.

Sono partita da sola da Caselle con un volo perfetto Torino-Amsterdam-Dublino. La puntualità dell’arrivo bagagli mi permette di precipitarmi all’uscita e trovare subito un bus Citylink che mi avrebbe portato a Galway, sede di studio. L’autista si presenta, camiciotto bianco e cravatta nera, abbinato al cappello e con estrema cortesia mi spiega il viaggio e mi consegna un bottiglietta” d’acqua fresca omaggio perchè dice: “Today’s hot”. Seduta con molti altri locali e turisti, in mezz’ora si parte e capisco di essere in Irlanda dal verde intenso che vedo dai finestrini, e dal cielo (da cui la canzone) che gioca con le nuvole in contrasto con il paesaggio.

Arrivo dopo due ore e mezza a destinazione, e tramite taxi arrivo nella zona Shantalla, dove vive la signora Anne, la gentilissima lady che mi ospiterà per una settimana. Ci raccontiamo un po’ di vita, la cena, immediatamente servita, vede già dell’ottimo agnello con verdure e un budino al rabarbaro.

Con l’intero giorno di viaggio sulle spalle, mi reco nella mia stanza e mi tuffo su un morbido letto, non prima di stupirmi del chiaro del cielo in tarda serata: e’ vero, di questo non avevo tenuto conto. Chiaro cielo, sera tardi e presto mattino… Il giorno seguente è il mio primo giorno di scuola, e considerati i 54 anni, sorrido perchè l’emozione è paragonabile al mitico first school day dei 6 anni. L’istituto scelto è accogliente, decisamente positivo, mi sembra di entrare in una scena di PASO ADELANTE: mi mischio tra giovani, moltissimi colorati e provenienti da ogni parte del mondo (48 nazionalità, mi diranno), uomini d’affari giacca e cravatta, insegnanti con mugs bollenti in mano, uomini in infradito, signore eleganti (solitamente italiane) e l’immancabile verso dei gabbiani in cielo, facendomi ricordare che il mare è vicino.

La prima settimana scorre velocemente in una full immersion, lezioni tradizionali e one -to- one, per me insegnante e’ come essere in un luna park, ogni cosa è da sapere, ricordare, assaporare, condividere. Nella sera del venerdì arriva mio marito, fornito di auto a noleggio, e qui alla parte didattica si unisce la parte turistica: ogni giorno, al pomeriggio, e nel week end, ci godremo una fetta dei dintorni di Galway, tornando alla sera. I punti seguenti sono cio’ che è rimasto in noi.

CONNEMARA

Da Galway si puo’ raggiungere facilmente questa bellissima zona selvaggia, resa parco, e rispettata come tale. Si segue letteralmente la costa verso Carma, e ci si reca a Letterfrack, luogo di inizio del parco: noi abbiamo optato per la strada interna senza panorami per raggiungere direttamente Clifden e quindi l’ingresso al parco. “Connemara”… Il nome già riporta a leggende e poesie e il paesaggio non è da meno. E’ bello passeggiare lungo il Diamond Ring, suddiviso in 3 livelli di difficoltà e godere del panorama, particolare e nordico: questo è stato il primo reale contatto con la parte selvaggia e piu’ vera dell’Irlanda. Tra i tre anelli che vengono proposti- uno leggero, uno medio e uno piu’ impegnativo- la scelta cade sul medio, il “Bog”. Bog è la torba, sempre presente. Osservando e camminando , si scoprono vedute notevoli, di fronte ed intorno: distese infinite e un sentiero ben pensato, con assi di legno, anche architettonico nel percorso, e con pietre. Per un buon tre quarti della via, la camminata è stata facilmente fattibile e godibile. Arrivati alla meta, ci lasciamo attrarre dal percorso 3, poichè il panorama dall’alto è sempre piu’ invitante. La salita si fa dura, anche se resa piu’ comoda dagli scalini di pietra, e nonostante i miei intenti, io mi fermo a 3/4 del percorso. Scatto foto su foto, e capisco che quello è un sentiero one way, nel senso che la gente puo’ solo salire, per poi scendere seguendo l’anello. Inizio quindi a ravvicinarmi al centro accoglienza del parco, che fornisce tavoli e panche per picnic e una piccola cafeteria per una sosta improvvisata. Finiamo la nostra visita e per velocizzare il ritorno, prendiamo la N59, una sorta di superstrada per Galway.

Il BURREN

Non è proprio l’ideale addentrarsi sul pavimento roccioso che lo forma, per cercare tra le fessure i famosi fiori microscopici, che dovrebbero tessere un tappeto nascosto. Questa zona adiacente al Connemara, puo’ piacere o non piacere, ma è sicuramente suggestiva. Decidiamo di visitarla, fermandoci nel percorso a Kindara per un caffe’ e una pausa. Il pub da’ sul mare, si vede da lontano il castello di Dinguaire, con barchette di sfondo. Godiamo di questa calma, con raggi di sole e venticello, ma nuvole nere minacciose ci fanno andare via e proseguiamo per la R67 alla ricerca di Corren o Corran, (qui i nomi magicamente mutano sovente: saranno gli gnomi a spostare le lettere?). Seguendo l’indicazione trovata, iniziamo un percorso nel verde che prosegue nel Burren, per diversi chilometri, molto bello. Ogni tanto spunta, come nelle fiabe, il cartello seminascosto da piante rampicanti “Perfumery, di qua”. Ci inoltriamo sempre di piu’ nel verde, sotto archi di rami di alberi e felci e cespugli e fiori selvatici, e al fondo al fondo, guida e guida, in una strada sempre piu’ piccola, troviamo una casetta bianca e azzurra, siamo in un posto da favola.. E’ un negozio da vedere, con centinaia di contenitori di vetro per essenze, gestito da un gruppo di donne che produce ogni genere di profumo utilizzando le erbe del giardino , molto piccolo ma visitabile, con cartelli esplicativi. C’è anche una tea room, azzurra, e un video di pochi minuti che spiega e illustra l’ambiente del Burren. Compro 4 saponette e crema per mani al limone . Andando via, ci accorgiamo di lasciare un posto davvero magico: come si dice, un folletto ad ogni angolo. Torniamo sulla R67 sempre seguendo questa stradina in mezzo al niente, e di qui a Galway.

ISOLE ARAN

Se si è in Galway, è d’obbligo affrontare il mare e visitare un’isola Aran. Abbiamo comprato i biglietti in un’agenzia, aperta anche alla domenica alle 8, vicina alla bus station e dedichiamo una giornata intera a Inish more. Partiamo per Ros a’ Mhíl percorrendo la strada del mare. Ci mettiamo un’oretta, senza traffico. Il parking pubblico costa 5 euro per tutto il giorno, ma occorre moneta. Il tempo è decente, diamo un’occhiata ai pescherecci in porto e alle barchette per pescatori, per aragoste. Prendiamo una cartina all’agenzia presente in porto, ci imbarchiamo e partiamo alle 10.30. Arriviamo alle 11.15 a Inishmore, la maggiore delle isole. (a titolo informativo, la toilette e’ accanto al ristorante vicino al tourist office). Visitiamo il negozio di Aram sweaters, bellissimi ma con prezzi e spessore davvero considerevoli, e partiamo, scegliendo la via principale. Decidiamo di percorrerla a piedi, scartando il minibus, la carrozza e la bicicletta, opzioni per la visita all’isola. Cammineremo in tutto per 20 km, dalle 11.30 alle 17.30. Iniziamo a vedere le prime casette linde, i primi tetti di paglia, scorgiamo panorami che saranno poi notevoli e cavalli selvaggi. Deviamo per vedere un faro/torretta che è il punto piu’ alto dell’isola, per una pausa con due sandwiches e un sigarillo. Niente da dire: casette bianche con sfondo blu e verde, casette colorate, mare blu, nuvole che si spostano in continuazione, pecore, mucche, capre, cavalli, fagiani che scappano. Dal faro/torretta, chiuso per manutenzione, iniziamo un lunghissimo sentiero che ci porterà alle scogliere: è un percorso non asfaltato, segnato malamente, che serpeggia tra muretti di pietra, e che fa incontrare il silenzio, non si vede una persona se non in prossimità delle strade piu’ grandi. La maggioranza netta dei turisti affitta bici o prende i minibus, davvero pochi camminano. Noi siamo andati avanti fino alle 16 per questo percorso, con l’intento di arrivare al forte: occorre seguire la cartina, recarsi a un gruppo di case in basso, a destra guardando il forte, senza farsi domande sul perchè della deviazione. I due cateti del triangolo che si potevano evitare seguendo l’ipotenusa portano ad un minuscolo centro turistico (museo e cassa) riguardante il forte. Si pagano 3 euro anche solo per fare la camminata in salita che non è massacrante, ma arrivando da 4 ore di cammino con un inaspettato sole molto caldo, tanto da bruciare il viso, la stanchezza arriva. Inizialmente, giunta alle scogliere, non riesco ad apprezzarne la maestosità, che in realtà colpisce. Molta gente è seduta, osserva, quasi in silenzio. Dopo aver inaugurato la prima visione dei bellissimi precipizi irlandesi, torniamo al bar del centro informazioni , per comprare acqua e un dolce tipico – i fudges: è consigliabile acquistarlo in questo chiosco, perchè in seguito non ne abbiamo piu’ trovato uno di simile qualità. Telefoniamo all’agenzia, dicendo che prenderemo il ferry successivo, quello delle 18.30 per completare il giro a piedi, per altre due ore sotto il sole. Arriviamo decisamente stanchi, ci rechiamo alla fermata del ferryboat, e saliti, ci addormentiamo fino al porto di arrivo. Inish more e’ forse il ricordo piu’ vivo della vacanza: sarà l’impresa, sarà la calma, mi trovo spesso a pensare all’essenzialità dell’isola, alla forza dei suoi abitanti che li’ vivono, alla loro sicurezza nel mantenere le scuole in loco e alla loro certezza che qualcuno o qualcosa di nuovo arriverà sempre.

CLIFFS OF MOHEN

Dopo l’isola Aran, verrebe cinicamente voglia di chiamarle scogliere di plastica, ma in in realtà il paesaggio è bellissimo. Le si raggiunge tramite la N6, passando da Ballyvaughan: qui per caso ci fermiamo al “The Monk”, senza ricordarci che la guida lo segnalava come uno dei migliori posti per la fish chowder. Prendiamo due caffe’ gustando l’ambiente, realizziamo che siamo nel posto citato e prenotiamo cena per le 19.30 . Ripartiamo seguendo le indicazioni principali per le Cliffs che raggiungiamo, tra panorami.da cartolina. Per poter accedere, si paga 6 euro ciascuno, gli studenti 4, all’ingresso del parking. Rimane questo dubbio: se si parcheggia lungo la strada, non si paga nulla? Comunque … è un posto organizzato, con un museo espositivo, un filmato che mostra l’ambiente con effetti speciali, breve e ripetitivo, foto e pannelli, bar, toilets. Iniziamo la passeggiata verso sinistra. Le scogliere sono coinvolgenti e il verde dei prati è piu’ brillante che altrove, sotto un cielo grigio e plumbeo, che pero’ regge. C’è molta gente al lunedi’ , non riusciamo ad immaginare nel WE. Saliamo fino alla cima, scoprendo che si puo’ continuare, seguendo il sentiero del Burren. Ritorniamo e raggiungiamo la torre nella nebbia, con tanto di suonatrice di arpa celtica, e ci accorgiamo che le cliffs adesso sono totalmente nascoste dalla foschia. Ci incamminiamo verso l’auto, pensando che, in confronto a Inish more, il posto appare troppo turistico, e intraprendiamo la strada costiera R477. Bel panorama: il Burren appare in tutta la sua schiettezza granitica, leggiamo che in maggio e agosto fiorisce tra le fessure con 30 tipi di orchidee, basse. Andiamo verso Ballyvaugham e giungiamo in tempo per una breve passeggiata sul piccolo molo, stile commissario Montalbano. Entriamo nel pub: prenderemo due ottime chowers fumanti in piccole zuppiere di ceramica bianca, pane integrale e burro, e un fish and chips in due, acqua e buon sidro. Terminata la cena, il cielo è malinconico, in un dolcissimo tramonto con un solo raggio di sole; realizziamo che domani pioverà a dirotto, e lemme lemme arriviamo a casa, dove contiamo sul solito caffè lunghissimo e caldo.

GALWAY

Voglio vivamente consigliare questa cittadina, viva, accogliente, comoda, gestibile senza auto, con un buon servizio di bus, giovane poiché universitaria. Andiamo per punti:

– Un primo impatto con la realtà del posto potrebbe essere il recarsi a Salthill alla sera, nel proprio giubbotto imbottito e notare come giovani e anziani si tuffino allegramente dai trampolini di questa struttura poco prima del tramonto, pochi con la muta, molti in costume, con lo sfondo delle isole Aran.

– Nel periodo di fine luglio, la cittadina è in festa: dopo aver mangiato un’ottima cena in un ristorante sotto lo Spanish Arch, di fronte al punto di ristoro del museo, usciamo, e un magnifico tramonto inizia il suo spettacolo che renderà buio il cielo non prima delle 23. Ci sediamo lungo il fiume, con sigaro e ‘ relax … Lentamente ci rechiamo verso la via centrale, dove la festa è in pieno corso, molta gente parla, ride e soprattutto beve, con i pubs strapieni e la strada ostruita da gruppi di gente. Ad un certo punto, s’intravede al fondo una luce rossa, all’altezza di Eyre Park che avanza rapidamente: la gente si sposta su invito di assistenti giovanissimi (in Italia avrebbero transennato tutto, annullando cosi’ una bella partecipazione viva della gente, ovviamente con i pro e i contro della situazione). Si tratta di un maxi drago illuminato di rosso e fumante, altissimo, il cui collo si muove in modo tentacolare, la gente è quasi spaventata, ed è in effetti temibile. Sopra cantanti rock si esibiscono con buona musica, mentre il drago avanza probabilmente fino al fiume, seguito da una processione di gente, incurante di qualsiasi misura di sicurezza. Nulla è accaduto.

– In un pomeriggio piovoso, visitiamo ancora la città: passiamo nel centro commerciale, ci rechiamo sul lungomare, percorrendo la High Steet, dove un gruppo di musicisti molto bravo suona “Manford and sons”. Andiamo al mare, costeggiamo, raggiungiamo una spiaggetta, foto alle case colorate, andiamo a curiosare ancora una volta i pescatori di salmone, sempre fermi e convinti nella loro missione (raramente pescano qualcosa, e litigano tra di loro, sotto il ponte della cattedrale). Torniamo lungo il fiume e le nuvole sono nere, ci rifugiamo in un pub scelto a caso e, invece, è famoso per la musica: spesso accoglie musicisti e i padroni sono musicisti loro stessi. Prendiamo un caffè e una Guinness: bella atmosfera, ci si sente a casa. Usciamo e cerchiamo ancora i fudges e ci soffermiamo ancora ad Eyre Park, notevole centro d’incontro di giovani, e non, cuore di Galway, anche qui suonatori improvvisi accompagnano i nostri pensieri che già si allontanano .

Ultimo pomeriggio a Galway

Decidiamo di andare a Clifden, diretti, ma ci fermiamo per strada, lungo un fiume, al fresco, mangiamo sandwiches, con succo di arancia e fudges, un cane gioca nell’acqua, la luce brilla sul fiume e c’è una magnifica libellula blu. L’Irlanda è anche questo. Ripartiamo per Clifden, percorriamo un anello che ci porta a una spiaggia, dicono di coralli rotti, lindi e brillanti. Camminiamo in cerca di conchiglie, ce ne sono tantissime, la sabbia risplende, nonostante l’acqua paludosa sembra bella, nello sfondo cavalli in libertà e il verde dei prati. Continuiamo il percorso che ci fa osservare in lontananza parecchie spiagge simili, alcune con molti locali che nuotano e giocano. Decidiamo di vederne una lontana un chilometro, e raggiungibile in auto: è una spiaggia sottile, bianca, ma cio’ che ci attira di piu’ è la presenza della smokehouse di Connemara, al fondo della stretta strada percorsa. Entriamo per curiosare, in realtà non c’è una visita o qualcosa da vedere, ma il salmone sembra attraente, e compriamo con offerta 3 pacchi da 100 gr di salmone affumicato normale, con miele e con whisky. Speriamo che abbiano ragione nel dire che, messo in una scatola apposita, resisterà fino al ritorno, e cosi’ sarà: l’abbiamo posto in freezer e gustato nel mese di febbraio, eccezionale. Ripartiamo lentamente, osservando il castello degli O’ Flaherty e raggiungendo la strada costiera che passa da Cashel e Roundstone: qui ci fermiamo per un caffe’ e un cider. Ci godiamo il ritmo rallentato del giorno e osserviamo barche partire, una canoa allontanarsi, un cane preoccupato per il suo padrone. Il paese non è che sia chissa’ cosa, nonostante le guide lo celebrino. Ripartiamo per Galway, riprendendo la N59, ma ci fermiamo di nuovo al ristorante già conosciuto, the Boat Inn. Troviamo a stento due posti sugli sgabelli e ordiniamo una Glasgow hooker (one pint) e un cider per me, una chowder (molto buona davvero) , Irish beef stew e agnello : le porzioni sono esagerate, ne basterebbe la metà, degno addio alla locanda. Ritornando al parcheggio, alcuni schiamazzi attirano la nostra attenzione e ci facciamo guidare: calcio gaelico, un altro spicchio di realtà irlandese, interessante.

– The High Cafe’: si trova nella via principale, al primo piano, segnalato da una bandiera: un server con cozze, patate e verdura, in sugo di pomodoro e formaggio, molto buono, con leaves e pane integrale. Poi due lamb tegines, che sarebbero delle tupine con tanto di coperchio fatto a trullo posto sopra, con lamb, che non sembra per niente agnello, e verdure stufate (fagiolini, pomodoro, sedano, patate). Molto buono e finalmente, ci sembra, qualcosa di leggero. Non vendono alcolici perchè sono di tradizione magrebina, per cui chi non vuole rinunciare alla birra/vino, deve scendere e andare a comprarsi la bevanda di fronte. Questo misto tra cucina tradizionale e orientale è molto frequente in Galway, la cena è stata buona, non cara, e digerita! Torniamo a casa in una High street stracolma di gente che parla e beve, e di buskers che suonano e cantano, immancabile l’arpa celtica

Un altro ristorante notevole è quello di fronte al museo di Galway quasi sotto lo Spanish Arch., consigliato vivamente per birra e cibo.

– Kylemore Abbey si percorre la strada per Connemara, ma si costeggia il lago: prima di Letterfrack si devia per l’Abbey of Kylemore. E’ ormai una proprietà privata, ottimamente organizzata, con una ottima cafeteria dove abbiamo gustato un brownie e due coffees, curiosato nel negozio e comprat i biglietti (13 euro, 9 per gli studenti). E’ un bel posto, calmo, pensiamo che nei WE sia un massacro per la gente, i pullman e il resto. Visitiamo l’abbazia, proseguiamo verso la Gothic church, seguendo una strada con bellissime piante e panchine sul lago, e ritorniamo al centro per visitare i Victorian wallen gardens, a cui ci si puo’ arrivare anche con uno shuttle. La breve passeggiata pero’ merita perchè presenta piante secolari e i giardini, ben curati, valgono la pena. Terminata la visita e scattato molte foto, in due minuti torniamo al centro, chiuso, e in un vento deciso andiamo all’auto. Decidiamo di non vedere Clifden e di ripercorrere lentamente la strada curvosa nel Connemara, con pecore ovunque e panorami unici. Giungiamo al paese del Lough Corrib (il cosiddetto lago di Galway), Oughterard, dove mangiamo al “The Fish Inn”, già indicato: salmone su patata e salsa di peperoni, cod sempre su patata con una salsa molto vicina alla piemontese bagna cauda. Ottima qualità.

Finiamo con un insieme di mele cotte e marmellata tiepida con sopra crispy biscuits e una palla di gelato alla vaniglia e a fianco due ciuffi di panna, gustato insieme a musica folk suonata dal vivo. Questa sarà una ricetta copiata molte volte a Torino.

DINGLE

Terminato il corso didattico, salutiamo Galway e iniziamo il viaggio verso sud, ci avviciniamo a Limerick, per poi deviare per Dingle, cercando la Sleah. Non riusciamo immediatamente a prenderla ma al segnale Inch beach, svoltiamo: siamo stanchi di guidare, e ci imbattiamo in una spiaggia, immensa. Non ci ricordiamo di aver visitato una spiaggia di tali dimensioni, bianca, dal mare trasparente in piena bassa marea. Un po’ di America arriva al cuore, c’è un gabbiotto che affitta attrezzature da surf, alcuni ragazzi ci provano su queste onde lunghe e bianche. Mangiamo panini fatti sul momento con le mani, nel vento, godiamo dell’aria, e ci viene in mente di chiedere per un B&B sulla strada, di fronte al mare. Troviamo lo Shadrock, prezzo buono e posizione ottima. Un signore anziano, smilzo e simpatico, un po’ incomprensibile ci mostra la stanza, vista mare: è nostra. Ci sistemiamo e partiamo subito per il Ring of Dingle,seguendo la Sleah. E’ un susseguirsi di dolci curve, solo talvolta improvvise, in mezzo ad un verde davvero smeraldo, puntellato di pecorelle, e quadrettato da siepi e non muretti di pietra. Il paesaggio è molto piu’ dolce di quello lasciato in Connenara &Burren (altrettanto attraenti). E’ uno spettacolo da lasciare senza fiato, soprattutto all’apice del percorso, quando si vedono le isole al largo, e un susseguirsi di promontori e spiaggette bianche. Il traffico è sopportabile, ma si nota la presenza di auto e bus ridotti, adatti alle dimensioni strette della strada. Ci fermiamo al bar proprio in cima all’anello, e’ un locale carino, azzurro vivace, con tavolino sul balcone al sole e vista su questo spettacolo notevole. Non ci sposteremmo piu’ per non rinunciare al piacere del fresco e della pace del momento, pero’ dobbiamo completare il giro, per cui partiamo decisi a ritornare rapidi, e invece ci fermiamo diverse volte a fotografare, sappiamo che le foto saranno mille e sempre uguali, ma non resistiamo. Scendiamo dall’auto per camminare ancora un po’ e scorgere un’altra spiaggetta, ci perdiamo nei meandri di queste colline, e ancora deviamo per vedere la Brandom Creek, un approdo a mare per le barche al termine di una discesa. Veniamo raggiunti da un gruppo di ragazzi tedeschi con la bici, i quali, scesi , si spoglieranno per rimanere in costume e si butteranno sudati nell’acqua fredda… alcune considerazioni sulle differenze comportamentali invadono in nostri pensieri. Ritorniamo a Dingle terminando l’anello (troviamo infatti il cartello END OF SLEAH..), ci fermiamo alla Inch a fotografare le onde lunghe, e su consiglio della signora del BB, mangiamo al Foley’s (non consigliato prima dal marito). L’attesa è lunga:e il risultato ci fa rimpiangere Galway. . Usciamo e ci dirigiamo lentamente alla spiaggia, che ci aspetta con un tramonto mozzafiato, nonostante il sole si nasconda dietro le colline e non sul mare. La passeggiata è meravigliosa, il cielo gioca con i colori fino a diventare minaccioso, il mare si sta di nuovo allungando, auto ferme sulla spiaggia, auto che sfrecciano, … parlando e fotografando, trascorriamo un’ora e mezza, in attesa dell’arrivo del buio.

Il giorno successivo salutiamo i gentili padroni del B&B e ci fermiamo con l’auto ancora una volta a vedere la “nostra” spiaggia di Inch, onde lunghe, quattro camper dormienti e basta. Davvero molta America in questa parte di Irlanda… cominciamo lo spostamento da Dingle verso la penisola di Beara, decidendo di saltare il ring of Kerry, perche’ quasi tutte le guide e TPC ci sconsigliano di visitarla, causa traffico. Quindi, dritti verso Bantry, Beara, con una piccola sosta al parco naturale di Killarney, vastissimo e attraente, con foto finale dalla Lady’s view.

Guida e guida e guida, ci fermiamo a Kilmare, colorata cittadina, ma niente di piu’, e via verso Beara, lasciando la N71 e prendendo subito la costale, R571 fino a Tuosist, la R573 per stare proprio sulla costa e riprendere la R571 fino a Allihies. Secondo la nostra opinione, solo in quest’ultimo agglomerato di case colorate, si gusta il fascino del tutto. Il lungo percorso R571/3 è risultato sicuramente bello, ma sempre uguale e già vissuto prima, non dolce come Dingle e neanche selvaggio come il Connemara. Invece nell’ultimo tratto si trovano l’essenzialità e la solitudine dell’estremo nord, e vengono a galla sempre le stesse domande: come fanno a vivere in questo isolamento? Prendiamo due caffè nell’unico pub aperto su tre, veniamo serviti con scarna gentilezza, ci godiamo l’aria decisamente fresca e il panorama e chissà perchè decidiamo di averne a basta e torniamo indietro, non finendo il percorso. Una ragazza svizzera, in seguito, ci dirà che ci siamo persi una grande occasione, non prendendo la funivia e recandoci alla Dursey Island. Pazienza, ormai è fatta.

Il ritorno è lungo davvero, ma continuiamo fino a Ballydehob e oltre, sulla R592 , fino Schull e Toormore, accorgendoci da subito che si tratta di un’altra faccenda, turismo, barche, gente, a cui non eravamo piu’ abituati… tutto molto sopportabile, ma diverso. Vogliamo trovare un B&B all’estremo, a Crookhaven e ci illudiamo alla grande, dimenticandoci del periodo di fine mese, e dei locali che godono ovviamente anche loro delle ferie. Tutto sold out, ci rivolgiamo ad un’ agenzia/tourist centre, e troviamo accoglienza in un B&B di una signora americana, il B&B si chiama appunto “White House”, bandiera irlandese e americana fuori. Andiamo a cercare dove mangiare, decidiamo per Crookhaven. Diverse barche disseminano la baia, carina, e i locali sono pieni di persone che escono e si bevono con calma una birra. Considerata la fame, ci mettiamo in coda davanti a un pub,dove mangeremo. Poi andiamo a Mazen head, pensando di trovare un faro che sia un faro. Sulle solite stradine serpeggianti, con notevoli viste sulle baiette, scorgiamo pero’il primo villaggio vacanze orribile, casette prefabbricate, vagamente nascoste. E” il primo che scopriamo in tutta la vacanza…e poi raggiungiamo il punto piu’ a sud dell’Irlanda, nel west. C’è un forte vento, diversi camper hanno deciso di fermarsi qui a dormire, la struttura è chiusa. Il faro è nascosto, occorre aspettare il mattino per visitarlo: torniamo al caldo.

Al mattino, Cork era il nostro obiettivo, ma decidiamo di evitare la città e di andare a Kilkerry, cittadina consigliata. Guida e guida, arrivati a destinazione, iniziamo a visitare questo rinomato centro mediovale da tre stelle: cacciamo ogni paragone con cittadine italiane minori, ma sicuramente piu’ significative: entriamo per 4 euro, studenti 3, nella cattedrale, un giro turistico per la città e ripartiamo, indecisi se affrontare le Wicklow Mountains o accomodarci nella campagna circostante; optiamo per questa seconda scelta: ci fermiamo a Thomastown, e troviamo un buon B&B: il padrone ci consiglia un ristorante nel paese a due passi da casa, il cui nome è SOL e lui si premura di prenotarlo. Facciamo una doccia con grande piacere, e ci sediamo al tavolo fuori, su un micropraticello pero’ molto gradevole, il fronte della casa presenta colonne alla greca alla porta e fiori in ciotole, l’aria fresca.e’ deliziosa, Andiamo da “Sol”, un vero ristorante senza ombra di pub, e pensiamo che abbiamo iniziato bene a Galway, vicino allo Spanish Arch, e finiamo altrettanto bene a Thomastown, mangiando di nuovo cose deliziose: un antipasto di formaggio roasted di capra con una salsa densa di ingredienti e , tanto per dar fastidio, delle fette di arancia. Poi gustiamo l’ultimo salmone con verdure a tocchetti in una salsa saporita e una puree di patate non uguale alle altre, una trota morbida con piselli e tocchetti di salumi. Per ultimo, frutta cotta tiepida (prugne), con sopra crumble biscuits, biscotti forse passati nel burro e spezzettati, che per noi potrebbero essere amaretti, e una palla di gelato alla vaniglia che lentamente si scioglie con il caldo. Eccezionale. Una portata per due è assolutamente sufficiente.

Ci rechiamo al fiume dove mucche pascolano beatamente, e pensiamo al ritorno a Dublino, e a casa, il giorno dopo.

Cosa rimane di tutto? Sicuramente l’atmosfera di Galway, i pescatori di salmone, i buskers in strada, i gabbiani sempre presenti, e poi il Burren e la profumery nascosta e, soprattutto, la stradina da favola per andarci, il Connemara maestoso e solitario, le scogliere di ogni tipo e Dingle, spettacolo della natura e voglia di sdraiarsi sull’erba, e la spiaggia, alla sera.

Natura verde e cielo blu, il cielo d’Irlanda e diversi folletti, anche se non ci credi.

E in fondo, resta la caparbia irlandese di credere nelle proprie tradizioni a tal punto da renderle credibili, fate e gnomi verdi, da trovare al termine di ogni arcobaleno.



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