Iran… da mille e una notte

Paese meraviglioso, lontano dagli stereotipi occidentali
Scritto da: fiore456
iran... da mille e una notte
Partenza il: 02/04/2017
Ritorno il: 10/04/2017
Viaggiatori: 8
Spesa: 3000 €
Tanti anni fa avevo letto un racconto, “The Gift of the Magi” di O. Henry pseudonimo di William Sidney Porter che parla di una giovane coppia squattrinata che però desidera disperatamente potersi comprare i doni di Natale da farsi reciprocamente. All’insaputa di lui, lei vende il suo bene più prezioso, la sua splendida capigliatura, per poter comprare una catena d’oro per l’orologio da taschino del giovane marito; intanto, all’insaputa di lei il giovane marito vende proprio l’orologio – tramandato da generazioni – per comprare dei preziosi pettini per i capelli dell’amata, così quando si scambiano i doni di Natale la sorpresa è certa. Mi è venuto in mente questo episodio in quanto quando sono andata alla presentazione del viaggio in Iran, mio marito ha commentato “che bello!” ed ho pensato che volesse andare. Lui ha pensato la stessa cosa quando mi ha chiesto com’era e io ho risposto “bello”. Dopo di che abbiamo deciso di andare in Iran perché all’altro piaceva altrimenti lui/io saremmo andati in Oman. Vabbè, ci è andata bene, è stato un viaggio meraviglio e questa ne è la cronaca. Partiamo il 2 aprile 2017 alle sette meno un quarto con la macchina di Angelo che ci viene a prendere sotto casa e pertanto siamo con lui e Katia. Arriviamo al Travel dove lasciamo l’auto e dove ci portano a Malpensa, ci imbarcheremo su un aereo della Turkish Airline alle 12,45 e alle 15, ma l’ora locale dice 16,00, siamo a Istanbul. Da lì altro volo per Teheren, dove arriveremo alle 10,30 ma per i fusi che abbiamo passato sono le 24! In aeroporto a Milano ci siamo ricongiunti con i nostri compagni di viaggio: Angela di Arenzano che in camera avrà un’amica, Carla, di Luino, una persona veramente simpatica, e una coppia di Milano, Caterina e Gianluigi – che al nostro ritorno scopriremo essere un giornalista del Corriere della Sera – ma soprattutto con Dante, il nostro accompagnatore archeologo che sarà il nostro angelo custode e ci sarà utilissimo per mille evenienze. Infatti arrivati all’aeroporto di Teheren ci prende i passaporti e si reca velocissimo all’ufficio visti per cui appena sbarcati abbiamo già i visti senza fare la coda che, da come appare, sembra chilometrica. Sull’aereo noi donne abbiamo messo una sciarpa in testa, o un foulard, o una pashmina, o quel che è, l’usanza iraniana vuole che le donne abbiano il capo coperto, e questo non è che l’inizio. Per la verità al momento non ci dà un gran fastidio: a Teheran fa un freddo caino! Col pulmino ci portano in hotel e ci fiondiamo a letto, siamo stravolti! Anche se facciamo in tempo a vedere le decorazioni per la festa del Norouz: è l’ultimo giorno di questa festa di Capodanno, e tutte le strade, le case, gli alberghi hanno splendide decorazioni, anzi, per strada vi sono enormi uova colorate che significano l’inizio della vita. L’albergo dove alloggiamo è il Grand Hotel, che la nostra guida iraniana, Alì, ci dice essere quasi un monumento nazionale in quanto fatto costruire dal primo scià Pahlavi negli anni 30. In effetti sembra rispecchiare il gusto di quegli anni. La camera è comunque confortevole, e anche il bagno. La sera dopo mi farò cambiare il cuscino in quanto quello trovato è troppo alto.

3 aprile

Siamo abbastanza shakerati, ma stamattina iniziano le visite. Il tempo è grigio, piove e fa freddo. Dalla finestra si vede un gran traffico, i monti in lontananza e un cielo grigio di nubi. Teheran è su un altopiano a 1184 metri di altitudine ma tutti i posti che visiteremo sono situati piuttosto in alto. Il traffico, come in tutte le città iraniane, molto intenso. Dopo colazione – ottimi pan cake – ci incontriamo con la nostra guida iraniana competente e simpatica, e iniziamo a scoprire la città. Per prima cosa ci rechiamo al Golestan un complesso di edifici disposti attorno ad un magnifico giardino. Su questo sito sorgeva una cittadella safavide ma lo scià Nasser al-Din colpito da quanto aveva visto durante i suo viaggi in Europa, decise di farvi costruire il Palazzo dei Fiori che si ammira oggi. Peccato però la distruzione di quanto di più antico c’era, in quanto la costruzione odierna è del 1850 circa. C’è una bellissima piscina ornata da piante dalla quale si arriva all’Ivan-eTakht-e-Marmar, con salone delle udienze, tutto rivestito a specchi con un trono sorretto da figure umane costruito con alabastro. C’è poi la nicchia di Karim Khan, il Negar Khane, la Sala degli Specchi, folgorante nella sua luminosità, e altri edifici ancora che ci lasciano senza fiato. Tutto molto bello, molto lavorato, per nulla semplice. Peccato che piova. Siamo ben equipaggiati, con pile pesanti e kway, ma se il tempo migliorasse non ci dispiacerebbe affatto.

Visitiamo poi il Museo Nazionale dell’Iran dove vi sono un sacco di reperti interessanti e poi andiamo a pranzo in un bel locale dove assaggiamo le prime pietanze iraniane che sono buone, costituite da ottime zuppe, riso con o senza zafferano, carne, pesce, verdure, yogurt. Peccato si beva solo acqua o comunque bibite analcoliche.

Dopo pranzo ci aspetta il caveau della Banca Centrale dove sono custoditi i gioielli della Corona e il Famoso trono del Pavone che dire belli è riduttivo, così come il diamante rosa incredibilmente BIG.

Visitiamo infine il Museo del tappeto fatto costruire dall’imperatrice Farah Diba appena poco tempo prima della rivoluzione del 1979 che li ha visti lasciare il Paese per rifugiarsi in America e poi in Francia.

La cena è in hotel, ed è piuttosto buona. A nanna presto, poi, domattina comincia il tour.

4 APRILE

Dopo colazione partenza per Isfahan passando da Kashan. Quest’ultima città era un importante centro commerciale dell’epoca qagiara, con moschee, giardini e case tradizionali, che sorge ai margini del deserto del Dasht-e-Kavir. Visitiamo una splendida casa tradizionale del mercante Borujerdi e poi il Giardino di Fin, realizzato per lo scià Abbas I,uno dei più bei giardini di tutto l’Iran, il primo giardino persiano. Pranzo in ristorante dal nome intraducibile ma che la nostra guida fa capire si possa tradurre con Notti di Sialk, in quanto si trova vicino alla collina di Sialk. Assaggiamo cose molto buone, il mio primo korescht di spinaci e fagioli e crocchette di riso e pollo deliziose.

Proseguimento per Abyaneh, un paesino arrampicato sui monti, ai piedi del monte Karkas (3.900 mt.). Lasciamo quindi l’autostrada e ci inerpichiamo su per la montagna fino a raggiungere i 2.200 metri di altitudine. È un pittoresco villaggio che risale ad almeno 1500 anni fa costruito col fango, che grazie al suo isolamento ha conservato usi e tradizioni ormai scomparsi nel resto del paese. Anche il dialetto è particolare. I monti in alto sono innevati. Scopriamo un sacco di vicoli con case deliziose. In un piccolo forno antico dove, come in Uzbekistan, sbattono il pane contro le parti roventi del forno, ci regalano del pane squisito. Si prosegue quindi per Isfahan dove arriviamo in serata all’hotel Aseman, moderno, buono, pulito, in posizione strategica su uno dei ponti principali vicino al centro storico. Abbiamo attraversato tortuose strade di montagna con resti di magnifico castello, alberi fioriti, cielo terso, strade tutte curve… Ceniamo molto bene in hotel, con magnifico ristorante tutto a vetri con pavimento girevole che si affaccia su ogni angolo della città illuminata. Bellissimo panorama. Questa sera decido di cenare con la birra locale, analcolica, e mentre la apro la birra fuoriesce in grandi zampilli spruzzandomi tutti i vestiti e pure il velo, pazienza…

5 Aprile

La scoperta di Isfahan, è fantastica. La magnifica piazza Naqsh e Jahan ci toglie il fiato. Le sue proporzioni sono veramente gigantesche, misura 512 metri di lunghezza per 163 di larghezza, ed è abbellita da fontane, giardini e alberi. Ad un lato della piazza vi sono moltissime carrozzelle trainate da cavalli che scarrozzano turisti. Il verde è curatissimo e i fiori pure. Su questa piazza si affacciano la Moschea dell’Imam, il primo monumento commissionato dallo Scià Abbas I, l’elegante Moschea dello sceicco Loftolah, il Palazzo di Alì Qapa luogo di residenza dello scià con la famosa terrazza, per cui si può dire che su questa piazza sono rappresentati tutti i poteri, da quello religioso a quello dello stato, per finire con la moschea privata dello scià. Anche la moschea invernale, situata nella moschea dell’imam, posta nel sottosuolo (serviva sia d’inverno per avere più caldo che d’estate per il fresco), ha muri poco alti con volte contenute, viene apprezzata moltissimo. Abbiamo visto che in parecchie moschee sotterranee ci sono – a livello pavimento stradale – delle lastre di alabastro che servono per avere luce nel sottosuolo. Deve esser davvero mistico stare in un luogo così raccolto, in preghiera, con la luce sfocata dell’alabastro che ti invita ancor più al raccoglimento. Pranziamo piuttosto bene al Partikan Restaurant e nel pomeriggio proseguiamo la visita della città che è stupenda, con il grande bazar dove c’è di tutto e di più.

Anche Isfahan è posta a un’altitudine elevata, 1574 metri, ma per fortuna è uscito fuori il sole e anche se al mattino e verso sera bisogna coprirsi, durante il giorno c’è caldo.

La nostra guida locale, un ragazzo molto competente e simpatico, ci porta poi al bazar non turistico, nella parte più vecchia e vissuta dalla gente del posto, dove compriamo un bell’anello con turchese per me e uno splendido bracciale per Pamela.

Ci rechiamo anche in un negozio dove vendono tappeti e dove ci offrono il tè e poi in un negozio di miniature che sono stupende ma anche carissime. A cena andiamo nel miglior ristorante qagiaro della città, il Sherazade, dove gustiamo dei buonissimi korescht, un intingolo per condire il riso questa volta con melograno, noci e pollo, davvero squisito. Visitiamo infine il famosissimo ponte di di Si-o-Seh, magicamente illuminato nelle sue due arcate e nei cui giardini c’è molta gente seduta su tappeti posti sull’erba che mangiano, bevono, chiacchierano.

Parecchie persone ci fermano per parlare con loro, ci chiedono da dove veniamo, come stiamo, quanto ci fermiamo in Iran, se ci piace il paese, ecc.ecc., il tutto molto piacevole.

6 APRILE

Anche oggi visita di Isfahan e dintorni, con la sua bellissima Moschea del Venerdì in stile completamente diverso dalle precedenti, tutta lavorata in mattoni a crudo con giochi bellissimi di incastri, grande atmosfera mistica. Un’occhiata all’antica e unica sopravvissuta delle Torri dei Piccioni la diamo volentieri in quanto trattasi di un’antica torre dove veniva raccolto il guano dei piccioni per concimare i campi di meloni.

Ci rechiamo poi a visitare il quartiere armeno, detto della Jolfa, con la bella cattedrale di Vank, i ponti di Khaju e Si-o-Seh, l’Asht Behesth ovvero l’harem estivo dello scià Abbas I.

Visitiamo inoltre il piccolo museo che commemora le vittime dell’eccidio ottomano degli armeni nei primi anni del ‘900. Pranziamo in un delizioso ristorante armeno, il Romanos, molto piacevole e ben arredato, dove gustiamo un ottimo pollo fritto con mandorle veramente piacevole, oltre all’immancabile riso con lo zafferano e il pesce fritto. Buone le salsine e le verdure.

Per cena stasera ci portano in un raffinato ristorante tradizionale dove si mangia sdraiati! Angelo dopo un po’ desiste e gli portano una sedia. Luogo molto carino, caratteristico, dove si mangia bene, dove si gode di un bellissimo panorama sulla piazzetta sottostante e sulla cupola della moschea essendo posto al primo piano di un antico palazzo. Anche stasera dopo cena ci rechiamo ancora nella splendida piazza tutta illuminata, bella da togliere il fiato, e al ponte più antico della città, lo Pol-e-khaju del 1650. la struttura attuale che è lunga 110 metri ha due ordini di terrazze porticate e quella inferiore è intervallata da chiuse che regolano la corrente.

Da lontano, un ponte nuovissimo tutto illuminato e cangiante colore, illumina la notte.

7 Aprile

Oggi si parte per Yadz passando prima da Na’in, città dei tappeti. Questa città situata a 1557 metri d’altitudine è una sonnolenta e accaldata città situata all’inizio del deserto ed è stata sin dall’epoca sasanide, un’importante crocevia lungo le rotte commerciali dell’Iran. Visitiamo la moschea che ha un bellissimo minareto e stucchi pregevoli al suo interno così come la sala di preghiera sotterranea veramente notevole. Si intravvede anche il Castello di Na’in, l’edificio più antico della città. Intanto è scoppiato il caldo, anche se al mattino presto e alla sera l’aria è ancora fresca, e col caldo ho avuto i primi cali di pressione… L’autista del mini van ci fa la sorpresa, al termine della visita, di portarci dolcetti deliziosi e the e caffè, che splendida idea! Proseguiamo quindi per Yadz, che e’ uno dei più prestigiosi siti zoroastriani sin dall’epoca sasanide. Dopo la conquista da parte degli Arabi nel 642 Yadz divenne un’importante tappa delle vie carovaniere. A pranzo andiamo in un fantastico vecchio caravanserraglio un po’ prima di Yadz, nella cittadina di Meybod, il ristorante ha nome Abbas, dove mangiamo veramente bene. E’ venerdì, per loro è domenica, e ci sono tante famiglie che si recano a pranzo in questo bellissimo ristorante. Arriva anche la famiglia di un importante mullah con un altro mullah e diverse donne più parecchi bambini che vengono fatti sedere al posto d’onore, e noi abbiamo la faccia tosta di chieder loro di poterli fotografare. Il mullah importante acconsente gentilmente e noi tutti in fila a fotografare…che figura…

Mangiamo benissimo per di più il piatto di portata è veramente scenografico: un enorme piatto colmo di carne, pesce, verdure, patate e uno zucchino illuminato dal fuoco, a mo’ di candela…

In mattinata avevo avuto un calo di pressione notevole, che mi aveva fatto sdraiare due volte sugli ultimi sedili del pullmino, mi auguro solo che il gran caldo non mi faccia strani scherzi.

E sì, lasciando Teheran e Abyaneh ci è venuto incontro il caldo, e ora siamo in pieno deserto.

Eccoci quindi alle Torri del Silenzio, uno dei più prestigiosi centri zoroastriani sin dall’epoca sasanide. Si trovano in mezzo al deserto assoluto, anche perchè Yadz a quei tempi era molto lontana dalle torri, mentre ora la città si è espansa e dalla collina si vedono le case e l’antico cimitero. Le torri del Silenzio erano i luoghi in cui venivano esposti i cadaveri perché gli avvoltoi li spolpassero. La religione zoroastriana diceva che i quattro elementi – aria, acqua, fuoco, terra – non dovevano essere contaminati, per cui era stata costruita questa specie di cittadella ai piedi della collina sulla quale in una torre in pietra venivano calati i cadaveri per essere spolpati.

La cittadella era costituita da varie costruzioni, tutte a forma di croce, che ospitavano il morto con i loro parenti per tre giorni, poi i becchini avevano l’incarico di prelevare il cadavere e portarlo sulla collina dentro la torre. A lavoro terminato si raccoglievano le ossa che, non avendo più contorno, potevano essere sepolte nei loro cimiteri. Il vecchio scià Pahlavi fece cessare questa usanza attorno agli anni 1950. Ci inerpichiamo allora su per la collina con un caldo incredibile, bottiglia d’acqua al seguito, e arriviamo sino in cima senza più fiato, ma per fortuna non mi si riabbassa la pressione. Sulla sommità vogliamo fotografare la fossa dove venivano calati i cadaveri ma c’è sempre gente, per cui alla fine ci sbracciamo per far capire alle persone di andare via un momento dalla nostra vista per poter fotografare così senza nessuno la fossa contornata dai mattoni della torre. Riprendiamo quindi il viaggio e arriviamo a Yadz, che visitiamo. E’ una città che sorge a 1213 metri sul livello del mare con vicoli tortuosi e alti badgir, o torri del vento che servivano e servono per incanalare aria fresca da immettere nelle case. Quando si dice l’aria condizionata! Quasi tutti i suoi edifici sono stati costruiti con mattoni di fango e paglia ed è veramente incredibile il colore di questa città veramente affascinante.

Marco Polo la visitò nel XII secolo e per fortuna la città non fu distrutta né da Genghis Khan né da Tamerlano. Come molte importanti città iraniane Yadz cadde in declino dopo la fine dell’impero Safivide fino a quando non fu raggiunta dalla ferrovia proveniente da Teheren negli anni 50.

Alla fine della visita della città con i suoi vicoli e la sua bella piazza con la porta di ingresso al bazar veramente affascinante e la moschea del Jameh con due splendidi minareti alti 48 metri e nuovamente omaggiati dal pane buonissimo di un fornaio nei vicoli, prendiamo alloggio all’affascinante albergo Moshir-al-Mamalak, un vecchio caravanserraglio con camere finemente ristrutturate che si affacciano su uno splendido giardino ricco di verde e acqua. Atmosfera rilassante, silenzio, verde, con due buffi pappagalli colorati e papere che scorrazzano: incantevole.

Ceniamo ottimamente, abbiamo anche assaggiato buoni spaghetti al ragù! C’è l’immancabile riso, con o senza zafferano o con varie erbette, carne, pesce, crocchette di riso o di pollo, pollo cucinato in varie maniere, tanta verdura e tanto yogurt, melanzane strepitose. Dopo cena siamo belli cotti e ce ne andiamo a nanna presto. La stanza è freschissima, anche se dotata di aria condizionata che non usiamo.

8 APRILE

Oggi ci attende una bella “galoppata” dopo giorni stanziali, sono infatti circa 500 kilometri.

Durante il percorso ci fermiamo a Pasargade, la capitale del regno di Ciro il Grande e visitiamo la sua tomba, molto interessante, soprattutto perché costruita quasi come una struttura megalitica, con tetto spiovente, che si eleva su un basamento a gradoni, sette, in quanto, secondo le credenze zoroastriane, all’ottavo vi è il paradiso. Per il resto della città non è rimasto gran che ma la tomba di Ciro vale la visita. E’ una vastissima pianura con resti abbandonati di rovine ma non ci dice gran che. Anche questo sito è patrimonio dell’UNESCO ed è situata a 1.847 metri sul livello del mare.

In questo sito mi si rompono i sandali che mi hanno accompagnato in tanti miei viaggi, si stacca letteralmente la suola ma per fortuna Carla ha dei copri scarpa in plastica – che abbiamo usato per entrare in certi siti – e me li presta così non rischio più di perdere le scarpe… Arrivati al mini van cerco nel trolley un altro paio di scarpe e sono a posto. Pranziamo in un locale aperto da poco, che è una vera sorpresa, è il Hoobareh Resturant. Una signora con le due figlie si è inventata questo ristorante con cucina veramente casalinga che è una vera chicca. Ci servono, oltre all’immancabile riso, un pollo in salsa di melograno meravigliosa, l’aspetto non era dei migliori, così scuro, ma il gusto veramente squisito. E’ proprio una casa, con pareti di fango e paglia, decorazioni da casa iraniana, belle stoviglie, buon pane. Fantastico. Proseguiamo quindi il viaggio per l’incantevole città di Shiraz dove arriviamo verso sera, passando dalla Porta del Corano, con grandi parchi e cascate, e gente che passeggia o si siede sulle panchine o sull’erba, gente che chiacchiera, sorridente, tanti bambini, tante ragazze tutte col velo o col manto nero lungo sino a terra.

In certi ristoranti o alberghi vi è un cartello in cui si pregano le signore di coprirsi la testa con un foulard per rispetto alla cultura del luogo. Confesso che mi dà un grande fastidio. Prendiamo alloggio in un bell’albergo il Chamram Grand Hotel che è un cinque stelle, un grattacielo altissimo con spettacolare ristorante al 24° piano e ascensori computerizzati. La nostra camera è al quindicesimo piano, confortevole, con vista sulla collina ai cui piedi sta sorgendo un altro complesso e un parcheggio. Ceniamo splendidamente in hotel. Shiraz è la splendida città delle rose, situata a 1531 metri d’altitudine, culla della cultura persiana per oltre 2000 anni, nota principalmente per il suo sapere, gli usignoli, la poesia e il vino. Fu una delle città più importanti del mondo islamico medievale nonché capitale del Paese durante la dinastia Zand (1747-79 d.C.)

9 APRILE

Dopo colazione prima di recarci a Persepolis, ci portano a visitare la Mosche Rosa, o Masjed-e Nasir-al Molk tutta decorata di piastrelle blu con raffigurazioni di rose rosa e all’interno splendide vetrate istoriate dalle quali filtra una luce colorata meravigliosa e colonne mirabilmente scolpite. Meravigliosa! Peccato sia piena di cinesi starnazzanti. Arriviamo quindi a Persepolis, la capitale di Dario il Grande. Che dire? Semplicemente magnifica. Fondata nel 512 a.C. , patrimonio dell’umanità UNESCO è uno dei più imponenti complessi di rovine esistenti al mondo. Una amplissima scalinata dà l’accesso alla porta della città e i visitatori che venivano a rendere omaggio al re, oltrepassavano i tori alati androcefali in pietra che proteggevano la porta e si trovavano di fronte a una immensa spianata sulla quale si innalzavano, orientate verso sud, due grandiose sale una delle udienze e l’altra delle 100 colonne. La città ha rappresentato, per la sua grandiosità e il suo fasto, soprattutto per i greci di Alessandro, l’emblema del lusso più grandioso del mondo.

La visitiamo entusiasti e rapiti. Le nostre guide sono bravissime nelle descrizioni, tutto quello che vediamo ci emoziona. Ci spiegano come erano i colori: nero, rosso, verde, blu e tutto doveva essere di una bellezza inenarrabile. Un signore tedesco si offre di fare una foto al nostro gruppetto con tutte le nostre macchine fotografiche e nonostante noi si pensi che ci riprenda solo i piedi la foto riesce perfettamente. Fa molto caldo, siamo tutti rossi e accaldati, noi donne pure con le maniche lunghe e il velo in testa, mannaggia, per cui verso la una usciamo e ci rechiamo a pranzo in un luogo incantevole, il Laleh Tavoos Resturant, situato in un giardino fresco, ombreggiato, silenzioso, tranquillissimo nonostante un sacco di ospiti. Mangiamo molto bene, ci serviamo a buffet, e siamo veramente contenti. Melanzane eccezionali. Dopo pranzo ci rechiamo a Naqsh-eRostan spettacolare necropoli degli Achemenidi dove sono sepolti anche Dario il grande e suo figlio Serse II. Sono quattro grandi tombe cruciforme scolpite nella roccia e alcuni altorilievi uno dei quali mostra l’imperatore romano Valeriano che rende omaggio allo shah che l’ha sconfitto. Bellissime emozioni. Caldo, cammelli addobbati, turisti, sete, stanchezza…

La giornata prosegue poi con il rientro a Shiraz che è veramente magnifica, visitiamo il Giardino degli Aranci, splendida dimora con splendidi giardini che in un tempo non molto lontano – cioè prima della rivoluzione del 1979 – era la base americana per gli studi archeologici, la Cittadella di Karin Khan, il bazar dove facciamo gli ultimi acquisti e il Mausoleo di Hafez, il massimo poeta iraniano che tutti amano moltissimo. Secondo un detto iraniano una casa deve avere due cose: il Corano e una raccolta di opere del poeta Hafez, ma non necessariamente in quest’ordine. La tomba è situata in un giardino con due specchi d’acqua e nonostante il traffico tutt’attorno si respira un’aria di calma e tranquillità. Vi è una gran folla di iraniani, oltre al solito manipolo di turisti, che è venuta a rendere omaggio al grande poeta (1325-89).

A questo punto la nostra guida (ci ha confessato di non aver mai fatto ramadan e che in Iran la popolazione ha un 70% di persone che la pensano più o meno come lui) che ogni giorno ci declamava una poesia o di Hafez o di Khayyan, si mette a declamare una poesia di Hafez in farsi e anche se non conosciamo la lingua apprezziamo l’armonia e la dolcezza dei versi. Segue poi la traduzione italiana, ma l’incanto della lingua farsi è bellissimo. Tra l’altro il farsi non è assolutamente una lingua orientale ma europea, in quanto ha tante attinenze col tedesco. E particolare che quasi dimenticavo: gli iraniani non amano affatto i cani che considerano animali sporchi e infatti in tutto il viaggio abbiamo visto solo uno di questi esemplari. Amano invece molto i gatti.

Non stiamo più in piedi per la stanchezza quando finalmente rientriamo in hotel dove ci facciamo la doccia e ci cambiamo per cena. Le nostre guide hanno fatto le cose in grande e ci portano in un ristorante lussuoso, dove si mangia tradizionalmente iraniano nomade, infatti vi sono molte piattaforme circolari con tappeto dove gli ospiti siedono. Noi per fortuna abbiamo un tavolo… La cena inizia con formaggio ed erbe con pane caldo veramente buonissimo, poi dei piatti che sembrano torte salate di riso fatte con agnello e verdure, con zafferano, pollo ecc. Suonano anche musica dal vivo ma siamo troppo stanchi per apprezzare il tutto, fa caldo, c’è confusione e a me il velo in testa da’ un fastidio enorme. In serata sarà il compleanno di Gianluigi, per cui le guide gli fanno la sorpresa di una torta che si rivelerà molto buona e per brindare avremo il succo di melograno. Rientriamo poi in hotel dove riposeremo fino alle 24,30 poi andremo in aeroporto in quanto il volo è alle 2,55. La guida-archeologo partirà con noi, invece l’altra ci saluterà in aeroporto. E così è: si parte! Prima tappa Istanbul e poi Milano, dove arriveremo alle 9,35 del 10 aprile successivo. Viaggio meraviglioso, devo dire, per luoghi, strutture, architetture, cibo, persone, molto lontano dallo stereotipo occidentale. La gente è veramente cordiale, (sembra) serena, dà molto valore alla famiglia, al verde, si vedono parecchi gruppi di persone sedute sui prati, persino sulle aiuole spartitraffico, amano la compagnia. Non ho visto un regime che rende cupa la gente, anzi.

Il 70% della popolazione è giovane, vi sono tanti bimbi, non ho visto grande povertà, solamente nelle montagne più sperdute qualcuno vestito non benissimo, ma tutta gente dignitosa, fiera e sorridente. Si stanno dando un gran da fare per accogliere il turismo. Le città sono in fermento, ovunque nuovi cantieri per nuove strade o costruzioni, insomma, il futuro è loro, a Dio piacendo e anche agli americani.

Un grande Paese, devo dire, che ha dominato il mondo prima con Ciro poi con Dario, entrambi Grandi. Civiltà antichissima, i primi resti di una città che si riconoscono sono del 3200 a.C.. Nabuccodonor, re di Babilonia lo invade, nel 836 a.C. e in Persia vi sono i medi, gli assiri, i lidi, la Scizia, insomma, un crogiolo di popolazioni antichissime. Nel 559 a.C. Ciro diventa il re degli Achemenidi e darà vita a un impero che comprende Pasargade, Babilonia, Susa e Ecbatana. Di vittoria in vittoria Ciro costruirà un grande impero e Dario il Grande lo allargherà ancora fino a quando verrà sconfitto da Alessandro Magno. Dopo di che vi saranno altre dinastie, dai Selucidi ai Parti, il cui impero durerà 471 anni. Valeriano fu infatti sconfitto nel 53 a.C.. Inizia la dinastia sasanide e poi il califfato omayyade prende il controllo di gran parte delle terre e diffonde l’islam. Da zoroastriani i persiani diventano sunniti e poi definitivamente sciiti.

Sono stati conquistati da Gengis Khan e da Tamerlano, Marco Polo ha attraversato il Paese, l’impero safavide con Abbas il Grande trasferisce la capitale a Isfahan fino a quando Karim Khan la porta invece a Shiraz. Insomma grandi guerre e grandi splendori fino a quando, come sempre, nel 1848 comincia l’infiltrazione occidentale con Russia e Gran Bretagna che assumono il controllo della politica interna e del commercio. Si sono susseguiti vari colpi di stato, complici gli americani, fino a che il 16 gennaio 1979 dopo mesi di manifestazioni dovuti ai soprusi della dinastia Pahlavi, salita al trono con un colpo di stato, scoppia la rivoluzione islamica e Khomeini, tornato in patria nel febbraio di quell’anno prende il potere. In aprile un referendum conferma l’Iran come Repubblica Islamica. Molto sommariamente questa è la storia dell’Iran.

Hanno avuto grandi poeti, come Omar Khayyam anche insigne matematico, che calcola la lunghezza dell’anno anticipando il calendario gregoriano di 150 anni, e Omar Hafez, che ha elogiato il vino, l’amore e la donna e che ancora oggi è venerato da tutti gli iraniani.

Abbiamo attraversato un Paese per 1600 km. trovando buone strade, tanta educazione, gente cordiale, allegra, che ha un grande amore per la famiglia. Non vi sono cartacce per strada, le persone amano il verde e i fiori, le città sono curatissime, piene di luci.

A Teheran e nei luoghi importanti tante foto di Khomeini ma per il resto non un granché.

Una curiosità: le iraniane ostentano il cerotto che copre la sella del naso in quanto quasi tutte se lo rifanno per avere il nasino alla francese e tanti cerotti sulle teste degli uomini che si fanno impiantare i capelli.

Unico neo, devo dire, per me è stato il dovermi coprire la testa, è di una scomodità incredibile, quando fa caldo, così come le maniche lunghe, ma si stanno modernizzando. Abbiamo visto ragazze col velo alla fine della testa, qualche polpaccio e qualche avambraccio in mostra e trench che strizzano la vita.

E allora forza, donne iraniane!



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