Nord India: parte finale

11 marzo - Agra Oggi dal gruppo traspare una forte emozione. Ci attende, infatti, la visita del “mitico” Taj Mahal, un monumento noto in tutto il mondo per la sua strabiliante bellezza. Durante la fase di preparazione del viaggio ho avuto modo di ammirare centinaia di fotografie del superbo mausoleo e ho letto altrettanti appassionati...
Scritto da: gcolnaghi
nord india: parte finale
Partenza il: 06/03/2006
Ritorno il: 17/03/2006
Viaggiatori: in gruppo
11 marzo – Agra Oggi dal gruppo traspare una forte emozione. Ci attende, infatti, la visita del “mitico” Taj Mahal, un monumento noto in tutto il mondo per la sua strabiliante bellezza. Durante la fase di preparazione del viaggio ho avuto modo di ammirare centinaia di fotografie del superbo mausoleo e ho letto altrettanti appassionati commenti, tant’è che il mio timore è di restarne deluso a causa delle troppe aspettative.

Superati gli scrupolosi e giustificati controlli di sicurezza, eccomi al cospetto di… Non ho parole per descriverlo. Nessuna immagine o filmato può rendere l’idea della grandiosità di quest’opera d’arte. I miei timori espressi in precedenza mai potevano dimostrarsi più infondati. Oltre ad essere splendido è …Immenso… (non ho più aggettivi).

Agli appassionati di fotografia, oltre al classico scatto del Taj Mahal che si riflette nello specchio d’acqua antistante, consiglio di ricercare inquadrature dai giardini laterali al monumento giacché è possibile ottenere immagini con una prospettiva diversa dal solito e, forse, più suggestive.

Successiva tappa obbligata del tour è il forte Agra. Il forte dove il figlio del costruttore del Taj Mahal ha incarcerato il padre, si dice, per bramosia di potere. Personalmente sono più propenso a credere che tale iniziativa sia stata assunta quando il figlio è venuto a sapere dell’intenzione del padre di costruire un altro mausoleo identico al primo (di colore nero), per la costruzione del quale sono state dilapidate ingenti risorse. Probabilmente, ai tempi nostri, in simili circostanze, il figlio avrebbe semplicemente chiesto ed ottenuto l’interdizione del padre.

Elucubrazioni a parte anche il forte merita di essere visitato. Specialmente le stanze ove era detenuto il maraja e quella finestrella da dove è possibile vedere in lontananza il Taj Mahal, oggi avvolto da una leggera e misteriosa foschia.

Anche ad Agra non manca l’opportunità di fare shopping. Nel pomeriggio veniamo accompagnati in negozi, se possibile, ancor più forniti di quelli di Jaipur. Io sono particolarmente tranquillo in quanto le nostre valige sono già strapiene ed anzi, colgo l’occasione per rinfacciare a mia moglie la sua imprevidenza nel portarsi da Roma troppi inutili indumenti. La mia consorte, per nulla turbata dai miei rimproveri, risolve l’inconveniente con l’acquisto di un’altra valigia di dimensioni considerevoli e subito si dà da fare per riempirla.

12 marzo – Agra – Gwalior – Orchha Dopo la prima colazione ci avviamo verso la stazione ferroviaria di Agra per prendere il treno che ci porterà a Gwalior. Qui salutiamo il nostro autista ed il suo simpaticissimo aiutante, che tornano a Delhi per accompagnare un altro gruppo. Mia moglie ed io riserviamo un affettuoso saluto all’aiutante, un ragazzino di quasi 18 anni, con il quale in questi giorni, grazie al mio stentato inglese, siamo riusciti a stabilire un qualcosa di simile ad una conversazione. Abbiamo appreso che è il terzo di sette figli e che è molto orgoglioso del proprio lavoro e dell’aiuto che è in grado di fornire alla famiglia. Abbiamo constatato che non si sveglia mai “con la luna di traverso” e che per lui la vita è bella e merita di essere vissuta gioiosamente. Proprio come i ragazzi europei…! Le stazioni ferroviarie italiane sono caotiche e vi si incontrano i personaggi più strani. Immaginate come può essere una stazione indiana. Caos elevato alla decima potenza. In ogni caso è un’esperienza che vale la pena di essere vissuta.

Il nostro treno, il Shatabdi Express, arriva con mezz’ora di ritardo che, in indiano, significa essere puntualissimo. La carrozza a noi riservata è paragonabile alle nostre obsolete terze classi, ma per i canoni locali è considerata una super lusso. Il viaggio è confortevole ed io non devo angosciarmi preoccupandomi dei sorpassi.

Giunti a Gwalior veniamo immediatamente accompagnati a visitare il forte che, come tutti i forti (non quello di Delhi), sorge in posizione sopraelevata. E’ un bel palazzo tutto decorato con lapislazzuli. All’esterno del forte incontriamo dei ragazzini che, senza insistenza, cercano di venderci i soliti oggetti ricordo. Mia moglie entra subito in confidenza con una ragazzina, poco più che bambina, dai lineamenti delicati e di un’infinita dolcezza. Ho immortalato l’incontro e, quindi, ho lasciato la mia Signora ai suoi immancabili acquisti.

Accanto al forte si erge un candido Tempio Sikh, abbagliante in questa splendida giornata di sole. I giardini prospicienti sono ricchi di fiori dei più svariati colori, che conferiscono all’ambiente un clima di gioiosa allegria. Qui incontriamo e fotografiamo dei barbuti seguaci della religione sikh, nelle loro vesti bianche, i turbanti colorati e l’immancabile spada. Prima di lasciare Gwalior non ci resta che ammirare le impressionanti statue di Tirthankar della religione jain, scavate nella viva roccia. Queste statue fanno tornare alla memoria quelle fatte esplodere scelleratamente dai Taliban in Afghanistan.

Dopo il pranzo presso il palazzo Usha Kiran saliamo sul pullman che ci conduce ad Orchha. Raggiungiamo la cittadina in serata dove ceniamo e pernottiamo presso l’heritage Amar Mahal.

13 marzo – Orchha – Khajuraho Il cambio di fuso orario sembra non infastidirci più e questa mattina ci siamo svegliati un po’ prima per dare uno sguardo all’hotel, che è un antico palazzo riadattato. Le stanze da letto sono immense e le porte si chiudono sia dall’esterno che dall’interno per mezzo di grossi lucchetti. Anche questo albergo, come quello di Agra, è costruito su un unico piano attorno ad un giardino interno ricco di vegetazione, fontane e ruscelli. Interessante l’attenzione che viene prestata alla cura dei giardini. Analoga attenzione l’ho riscontrata in Marocco. Finalmente il gruppo ci raggiunge e possiamo così iniziare la nostra visita con la grandiosa fortezza di Orchha. Ormai di palazzi, forti e fortezze ne abbiamo fino sopra ai capelli, ma dalla sommità dell’antica magione è possibile ammirare uno splendido paesaggio ed il volteggiare degli avvoltoi che hanno nidificato sui suoi torrioni. Prima della partenza ci rimane del tempo per una passeggiata al mercato del villaggio. Un mercato ove è possibile sostare davanti alle bancarelle e valutare tranquillamente la merce esposta, senza essere assaliti da petulanti venditori. Quasi tutti esponevano grandi recipienti colmi di polvere dalle diverse colorazioni che, ingenuamente, credevo trattarsi di spezie. Solo il prossimo 15 marzo scoprirò la realtà.

Dopo il pranzo in hotel, partiamo per Khajuraho che raggiungiamo verso il pomeriggio inoltrato. Questa sera, ahime!, ci attende uno spettacolo di danze indiane presso il centro culturale Kandhariya. Spero solo di non addormentarmi al suono di improbabili strumenti monocorda che interpretano monotone melodie. Sono veramente tentato di rinunciare all’evento, ma non voglio fare la figura del solito ignorante materialista.

Prendiamo possesso delle nostre camere presso l’Holiday Inn e, dopo cena, raggiungiamo il centro culturale. Devo ancora una volta ricredermi. Lo spettacolo è più che bello. Le musiche sono allegre, i musicisti ed i coristi sono abilissimi ed il balletto è coinvolgente. Al termine dell’esibizione ho la sensazione che sia durata troppo poco.

14 marzo – Khajuraho Questa mattina il programma prevede la visita al complesso dei templi occidentali, famosi per le loro rappresentazioni delle posizioni del Kamasutra. E’ veramente riduttivo che queste superbe costruzioni debbano la loro notorietà esclusivamente a dette sculture erotiche. Il parco che ospita i monumenti e i monumenti stessi, si prestano particolarmente a riprese videofotografiche, specialmente in una giornata come quella odierna, insolitamente limpida.

Dopo i templi, che avrebbero meritato maggior tempo, ci dirigiamo a bordo di rickshaw verso il piccolo villaggio rurale che è Khajuraho, distante quattro o cinque chilometri. Il rickshaw è una specie di bicicletta con sedile per trasporto di persone. In pratica un taxi a trazione umana. Il nostro driver è un tipo alto e dal fragile aspetto. Non riesco a stare serenamente seduto sul mio scranno vedendo quel giovanotto arrancare sotto il peso di mia moglie ed il mio quintale, per guadagnarsi un tozzo di pane. So benissimo che se non fosse offerto loro anche questo tipo di lavoro, non potrebbero contare su nient’altro, in ogni caso non è giusto. Parlando con la guida scopro che per questo servizio viene remunerato 100 rupie (circa € 1,90). Non resisto alla tentazione e, di nascosto dagli altri, quadruplico il suo compenso. Non sarà certo per questo mio (sconsigliatissimo) comportamento che andrò a stravolgere l’economia dell’intera India.

Il villaggio è proprio piccolo e, come al solito, zeppo di bambini che ci corrono incontro curiosi. Si vede che qui sono più abituati ai turisti. I ragazzi, specialmente quelli più grandicelli, sono più smaliziati e con argomentazioni varie, la preferita è che studiano e i libri di testo hanno un costo insostenibile per i genitori contadini, cercano di spillarti qualche rupia. Non cedo a questi ricatti morali, ma preferisco acquistare merendine e patatine presso il locale negozietto, da distribuire (in questi casi non sai mai quale sia il giusto comportamento da tenere).

Il pomeriggio è dedicato allo shopping. Le valige aumentano di peso ed io mi alleggerisco sempre più.

15 marzo – Khajuraho – Varanasi Questa mattina usciamo di buon’ora e troviamo ad attenderci Vittorio con un’aria scanzonata. Si avvicina a mia moglie tenendo in mano una polverina rossa chiedendo se le può applicare del colore. Mia moglie, convinta che voglia dipingerle il centro della fronte, segno distintivo delle indiane, acconsente con piacere. Il problema è che Vittorio le imbratta tutto il viso ed i capelli e successivamente è il mio turno. Oggi, ci spiega, è la festa di Holy ed è usanza sporcarsi reciprocamente con quelle polverine colorate che ad Orchha avevo scambiato per spezie. Ci guardiamo attorno e, in effetti, notiamo che tutti o quasi portano i segni di questa usanza. Quando scendono gli altri del gruppo, inizia una vera e propria battaglia che cessa solo quando in India sono terminate le scorte di polvere colorata.

Simili ad Arlecchino montiamo sul pullman che ci porta a Raneh Falls, un mini Canyon all’interno di un parco naturalistico. Non riusciamo a vedere animali selvatici, ma lo spettacolo delle cascate, ancorché quasi asciutte, ed i profondi solchi che la corrosione dell’acqua ha lasciato nella roccia, giustificano questa nostra escursione.

In tarda mattinata ci trasferiamo all’aeroporto per prendere il volo per Varanasi. E’ la prima volta che prendo un volo in India e devo dire di non aver mai visto controlli tanto severi e tanto accurati. Mi hanno sequestrato persino i fiammiferi e, forse, non avrebbero disdegnato di smontare lo zoom della mia fotocamera per verificare che non vi nascondessi qualcosa di pericoloso. Il volo è tranquillo e dopo circa quaranta minuti raggiungiamo Varanasi, dove ad attenderci troviamo il nostro terzo equipaggio di pullman che ci porta al Radisson, il nostro ennesimo Hotel. Verso l’ora del tramonto, ancora una volta in rickshaw, ci rechiamo sulle rive del Gange per assistere alle cerimonie serali che vi si celebrano. Le vie di Varanasi sono costantemente percorse da un traffico incredibile costituito da automobili, moto, motorini, rickshaw e tuc-tuc che corrono incessantemente, apparentemente senza meta. Ognuno sembra avere una fretta inconcepibile e tutti suonano per chiedere strada. Mai visto una città più sporca, mefitica ed insana. Mai visto tante persone vivere o vegetare in tale degrado. E’ impensabile vedere bambini di due o tre anni camminare da soli, nudi o semi nudi, per le vie della città. Nessuna parola può rendere l’idea di come sia la vita quaggiù. E’ con sollievo che raggiungiamo le rive del Gange e improvvisamente mi sento catapultato in un altro mondo. La spiritualità di questo luogo cancella l’angoscia che mi aveva attanagliato. Un silenzio rotto solo da canti di preghiera, che qui sembrano avere un percorso preferenziale verso il Destinatario.

Dalla barca, sospinta da un anziano barcaiolo, ammiriamo le celebrazioni che si tengono sulle rive, anche se qualcuno sembra più interessato a fotografare o filmare le cremazioni che incessantemente si susseguono. Forse dovremmo portare più rispetto.

Torniamo in hotel per la cena e quindi subito a letto. Domani ci attende una levataccia.

16 marzo – Varanasi – Delhi Sono le 03:30 e il telefono squilla. Dove sono? Ah! si, sono in India. Rispondo e ringrazio. Ho ringraziato la sveglia automatica. Questa mattina ci attende un altro giro in barca per vedere il sole che sorge sul Gange e i fedeli che si immergono nelle acque putride del fiume per purificarsi. Oggi Varanasi è completamente deserta. La guida ci spiega che ieri hanno tutti fatto bagordi per la festa di Holy e stamani dormono. Sul fiume c’è una nebbia che si taglia col coltello; sembra di essere sul Tamigi o sul Naviglio. Addio fotografie! Dopo pochi minuti di navigazione si scorge attraverso la nebbia la palla bianca del sole e, piano piano, la foschia inizia a diradarsi. Si cominciano ad intravedere i ghat, le scalinate che dalla sommità degli argini entrano nell’acqua, e poche rare persone che, nonostante la notte brava, non rinunciano al bagno purificatore. La strana luce attribuisce al panorama un aspetto, se possibile, ancor più sacrale. Estraggo la fotocamera! Torniamo in albergo per la prima colazione e poi di nuovo a Varanasi per un po’ di shopping. Più tardi visitiamo Sarnath, località dove il Budda tenne il suo primo sermone, dove vediamo solo un bel giardino e delle macerie. Cominciamo a sentire un po’ di nostalgia di casa e dei nostri affetti, mia moglie ed io pensiamo principalmente alla nostra cagnetta Luna che mai è rimasta tanto tempo senza la nostra compagnia e lei, a differenza dei figli, soffre davvero per la nostra lontananza.

Il primo pomeriggio, superati gli immancabili controlli, ci imbarchiamo sul nostro aereo per Delhi, dove veniamo accompagnati all’hotel Radisson per la cena e dove attendiamo l’ora della partenza.

17 marzo – Delhi – Roma Ore 00:30 faccio il chek-in e scopro che il mio bagaglio supera di 25 kg. Il massimo consentito. Pago con carta di credito la differenza di prezzo che mi è stata richiesta ed imbarco i miei 85 kg. Di valige. La nostra sistemazione in aereo è forse peggio che all’andata, ma siamo stravolti dalla stanchezza e cadiamo in un sonno profondo… Giovanni Colnaghi



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