Rajasthan inconsueto: appunti disordinati

Nove anni fa eravamo già stati in India: non era scattato il feeling che molti sentono e non ne avevamo parlato più. Quest’anno invece il pensiero dell’India è tornato prepotente e ci siamo sentiti pronti a ritornare. Noi siamo turisti over 50, fai da te nel senso più completo del termine: scegliamo in anticipo dove vogliamo andare e...
Scritto da: Giuseppe Sani
rajasthan inconsueto: appunti disordinati
Partenza il: 23/10/2005
Ritorno il: 15/11/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Nove anni fa eravamo già stati in India: non era scattato il feeling che molti sentono e non ne avevamo parlato più. Quest’anno invece il pensiero dell’India è tornato prepotente e ci siamo sentiti pronti a ritornare. Noi siamo turisti over 50, fai da te nel senso più completo del termine: scegliamo in anticipo dove vogliamo andare e prenotiamo direttamente gli alberghi bypassando ogni agenzia. È, questo, un modo di viaggiare che ci soddisfa pienamente, perché dipendiamo solo da noi stessi e abbiamo possibilità di cambiare se qualcosa non ci piace. Non è un metodo facilissimo, soprattutto perché preferiamo partire avendo già un programma definito (anche se abbastanza libero) ed abbiamo il difetto di non saper rinunciare ad alberghi di un certo comfort.

Dobbiamo pertanto sapere già dall’Italia dove andremo e dove pernotteremo. Per altri paesi asiatici, dove ci rechiamo da diversi anni, ormai è quasi un’operazione banale, per l’India è stato necessario svolgere un po’ di ricerche e anche contattare alcune agenzie locali. Forse non avevamo scelto bene, ma ci venivano proposti quasi gli stessi prezzi che potevamo pagare direttamente agli hotel ed eravamo invitati a saldare il tutto al nostro arrivo a Delhi, così abbiamo rinunciato al loro “aiuto”.

Abbiamo comprato via internet i voli Alitalia Nizza-Milano-Delhi a/r.

Unica concessione, abbiamo acquistato, dal corrispondente italiano, il volo Delhi-Jodhpur con Jet Airways.

Siamo partiti con qualche timore, perché non avevamo prenotato tutto il soggiorno, ma soltanto i primi 15 giorni e partivamo in un periodo di grandi feste (Diwali e fiera di Puskar) e di grande affluenza turistica.

Sembrava che tutto il mondo si fosse dato appuntamento in Rajasthan nel nostro stesso momento. Arrivati ad Udaipur (ultima tappa prenotata dall’Italia) per evitare fastidi siamo andati dall’agenzia che avevamo usato anni fa e per suo tramite abbiamo completato le prenotazioni.

In questo caso, con una sola eccezione, il prezzo proposto ha comportato un 30% circa di risparmio su quello che avremmo pagato noi direttamente al check out. A dispetto delle paure iniziali tutto o quasi è filato liscio e stavolta l’India ci ha catturato.

Dove siamo stati Abbiamo fatto un giro piuttosto classico, con partenza da Delhi, volo per Jodhpur, auto (Toyota Quallis) per Jaisalmer via Manwar, ritorno a Jodhpur, poi Rohet, Mt. Abu e Udaipur. Da Udaipur cambio d’auto (Tata Indigo) per Bassi, Bundi e Jaipur. Infine ultima auto per spostarsi da Jaipur a Delhi con sosta ad Agra.

La spesa.

In tutto, abbiamo speso circa 4600 euro in due. Questa cifra comprende quello che effettivamente abbiamo pagato in questo viaggio (spesa da e per l’aeroporto di Nizza, voli intercontinentali, volo interno, 24 pernottamenti, colazioni, spuntini e cene, bevande, mance, noleggio di 3 auto con rispettivi autisti, ingressi, taxi, extra vari, otorisciò, acquisti, e quant’altro).

Autista e clacson.

L’autista è di fondamentale importanza: perciò bisogna verificare che parli un po’ d’inglese, ma soprattutto che conosca bene i luoghi dove si vuole andare; in questo caso tutte le porte saranno aperte e tutto filerà molto liscio. Altrimenti vi succederà come a noi, con l’ultimo, di perdere un po’ di tempo alla ricerca della strada giusta.

La richiesta di informazioni stradali è uno spasso perché bisogna contattare una media di 4/5 persone diverse per arrivare all’indicazione valida. E mi sto riferendo a conversazioni in indi, tra indiani, non in inglese. Capita inoltre che due persone fermate a distanza di pochi metri indichino 2 direzioni completamente opposte. L’avevamo letto, ma credevamo succedesse solo con gli stranieri! Molto spettacolare è il gesticolare con le mani e anche con il capo delle persone al volante, a volte dei passeggeri. Ci sono gesti per dire: passa prima tu; va bene; no, non va; grazie; prego; aspetta un po’; la strada è libera puoi superare ecc.; ci sono ovviamente anche gesti per mandarsi a quel paese, ma non ci sono stati “tradotti”. Lo abbiamo solo intuito.

Due parole per quanto riguarda l’uso del clacson: praticamente sempre. Anche, o soprattutto, quando l’ingorgo è tale che la strada è completamente bloccata e tutti i mezzi sono fermi e addossati l’uno all’altro (come si dice, non ci starebbe neppure uno spillo). Abbiamo chiesto ad un autista come avrebbe fatto se un giorno gli si fosse rotto il clacson; risposta: << non può succedere, il clacson è indistruttibile>>. Forse per l’India li fanno speciali. Il brutto e il bello.

Il brutto di un viaggio autogestito è che ogni imprevisto è sulle tue spalle, ma il bello è che hai maggiori possibilità di avvicinarti alla gente e che gli indiani ti aiutano in ogni modo. Noi, per fortuna, ci siamo trovati solo 2 volte nei “pasticci” (non risultava prenotata la stanza) ma in entrambi i casi si sono prodigati a trovarci in brevissimo tempo una sistemazione simile o migliore di quella scelta e ci hanno offerto un piccolo “omaggio” per farsi scusare del disagio.

Un altro momento particolare lo abbiamo avuto ad Agra: il nostro autista (l’ultimo e quello meno valido per tanti motivi) è entrato in una zona dove era vietato. È stato fermato, sgridato, strattonato e poi fatto scendere dall’auto in un modo platealmente brutale da un poliziotto che aveva una faccia talmente severa e truce da non sembrare credibile. Memori di strane avventure (fregature) sentite, noi siamo scesi a nostra volta e, invece di avvicinarci e chiedere al poliziotto cosa succedeva, ci siamo allontanati prendendo un risciò poco lontano. Chissà perché, ma in men che non si dica, il nostro autista era “ libero” e all’inseguimento del nostro nuovo mezzo, strombazzando a più non posso per farlo fermare e riprendere i suoi clienti (e soprattutto per non perdere il pagamento concordato). Non sappiamo se l’autista è stato una vittima o era un complice, siamo però quasi certi che si stava architettando un imbroglio ai nostri danni.

Non è un luogo comune, ma una realtà: gli indiani sono molto più furbi e scafati di noi e bisogna sempre prestare attenzione a come ci si muove e contrattare duro in ogni occasione. Lo ammetto, noi non abbiamo contrattato granché specie per i trasporti con i risciò: si parlava già di cifre basse e ci sembrava un controsenso usare grandi alberghi e lesinare poi su poche rupie. Abbiamo sbagliato, perché abbiamo contribuito (nel nostro piccolo) a rendere più difficili le contrattazioni a coloro che viaggiano in stretta economia, ma spero che non ce ne vogliano. Fotografie. Per fortuna, non tutti coloro che si avvicinano hanno lo scopo di vendere o fregare: molti lo fanno per la curiosità di incontrare gente diversa con cui condividere a volte solo un saluto o un sorriso o una fotografia.

Qualcuno sa perché gli indiani amano così tanto farsi fotografare insieme agli stranieri? Non ci è successo da nessun’altra parte di essere così richiesti come fotomodelli. Nel nostro giro abbiamo incontrato tanta gente così: era il periodo del Diwali (il Capodanno nel calendario indiano) e il paese era in festa. Tutte le zone visitabili erano invase da gruppi di persone vocianti e allegre ed erano un bellissimo spettacolo da guardare.

Monte Abu.

A Mt. Abu ci siamo trovati tra i pochissimi stranieri in mezzo a centinaia di migliaia di indiani: abbiamo ricevuto sguardi curiosi, sorrisi, saluti e “Happy Diwali” incerti e timorosi seguiti da splendidi sorrisi alle nostre risposte, nonché qualche invito a partecipare alle loro feste improvvisate. È stato molto simpatico e piacevole.

Il bello di Mt. Abu è stato proprio guardare e godersi la moltitudine: il paesaggio da solo e soprattutto i templi giainisti così decantati (e nei quali è vietato introdurre macchine fotografiche) non valgono il lungo viaggio in auto necessario ad arrivarvi. È molto più suggestivo il complesso di Ranakpur raggiungibile con una gita di un giorno da Udaipur o durante lo spostamento Jodhpur o Mt. Abu/Udaipur.

Nel caso vogliate recarvi a Mt. Abu (se potete andateci in occasione di qualche festa) noi ci siamo trovati benissimo al “The Jaipur House” un heritage hotel di proprietà del maragià di Jaipur (come si intuisce dal nome) dove, pur in un momento di grande afflusso turistico (e quindi grande aumento delle tariffe) ci hanno fatto pagare una cifra non troppo esosa, applicandoci le quote package riservate agli indiani e dove c’è un buon ristorante pulito (anche con servizio buffet). L’hotel è situato in una posizione splendida su una collina dominante il lago ma a non più di 5 minuti di distanza a piedi dal paese sottostante.

Sconsigliamo invece il Connaught House (contattato in precedenza ma dove non risultava prenotazione) che ci è sembrato più sporco e con camere decisamente squallide per il prezzo richiesto. Deserto Siamo tra i pochi che da Jaisalmer non sono andati alle Sam dune. Il deserto, forse meno bello ma per noi stupendo e indimenticabile, lo abbiamo goduto a Manwar, a circa 2 ore e mezza di auto da Jodhpur. Ci siamo fermati al Desert Camp e Resort dove ci siamo trovati benissimo e che consigliamo a chi vuole fare l’esperienza del deserto indiano ma non ha tempo per raggiungere Jaisalmer o a chi preferisce dividere in due tempi il lungo viaggio tra Jodhpur e Jaisalmer.

Rohet e Bassi Se si vuole dormire in una antica residenza ora trasformata parzialmente in hotel ci sono molte possibilità. Noi abbiamo provato il Rohet Garh (poco distante da Jodhpur, sulla strada per Mt. Abu) e il Bassi Fort (vicino a Chittorgarh): in entrambi i casi siamo stati bene. A Rohet c’è capitata la stanza n. 15, quella citata sulla guida Routard per aver ospitato Chatwin: in realtà è un insieme di stanze di grande atmosfera per l’arredamento e la ripartizione degli spazi come usava nel passato.

Si rimane in dubbio se sentirsi un maraja o se mettersi a scrivere… Sia Rohet sia Bassi sono paesi molto piacevoli e gli abitanti gentili e simpaticamente curiosi. In entrambi (così come a Khuri, vicino a Jaisalmer) ci è stato chiesto (dal capo villaggio o persona autorevole) di NON dare né soldi né penne ai bambini per non indurli ad una vita futura di accattonaggio. Se si desidera dare un’aiuto o un’offerta è meglio contattare il maestro della scuola e lasciare a lui quanto si vuole in modo che possa distribuire tra tutti. A nostra volta ripetiamo a chi legge la stessa richiesta. Bundi La strada per raggiungere Bundi è in alcuni tratti molto sconnessa, però il paese merita la fatica. Non è ancora molto frequentato (ma ha già prezzi astronomici) e offre uno spaccato di vita indiana più autentico oltre ad interessanti costruzioni: un palazzo ben conservato in molte sue parti, che si specchia nel bacino sottostante, un forte imponente, numerosi pozzi ed altre costruzioni da scoprire a piacere girovagando senza meta. Un’altra cosa molto positiva è che a Bundi si è lasciati completamente in pace: si può passeggiare tranquillamente senza che nessuno ti voglia vendere qualcosa o ti chieda l’elemosina. A Bundi vi sono diverse possibilità per pernottare; un luogo caratteristico è l’haveli Braj Bhushnjee ma l’elevato costo ed il pessimo rapporto qualità/prezzo nonché la cucina mediocre ci impongono di sconsigliarvi di utilizzarla.

Vicino a Bundi si trova Kota, una città con un grande mercato, un lago, qualche palazzo ma senza altre attrattive se non l’essere raggiunta dalla ferrovia (pertanto è un buon punto di partenza o di arrivo se si usa il treno). Dunganpur Se amate i palazzi fortificati, e ne volete vedere uno particolare, andate a Dunganpur con un’escursione di 1 giornata da Udaipur (si segue per un lungo tratto l’ottima strada a pedaggio che collega Udaipur ad Amhedabad).

Vi si trovano 2 palazzi dello stesso proprietario, quello nuovo (ora albergo: L’Udai Bilas Palace) e quello vecchio; il nuovo non ci ha entusiasmato (anche se ha una grande e allettante piscina con statue di animali e zampilli) ma quello vecchio è affascinante. Completamente diverso e più “vissuto” di altri visitabili in Rajasthan, a prima vista sembra decadente e delude, ma a poco a poco mostra i suoi tesori.

Al suo interno si trovano ancora tappeti originali, le caratteristiche decorazioni alle pareti sono in buono stato e c’è anche una stanza interamente rivestita (pavimento e pareti) di piastrelle di specchi; ricorda un po’ quella, più famosa, ad Amber. Dato che non eravamo ospiti dell’hotel, ci è stato chiesto di pagare l’ingresso al vecchio palazzo ( 300 rupie in due).

Deeg.

Se avete tempo, non perdetevi il palazzo d’estate a Deeg. Anche qui negli interni si trovano mobili e suppellettili originali (come il tavolo ellittico in pietra senza gambe). C’è anche un vasto giardino ricco di fontane prive d’acqua. Il complesso era “un palazzo d’estate” quindi concepito in modo tale da essere rinfrescato in modo naturale dal vento che a Deeg soffia spesso.

Dicono che ad agosto (nel periodo delle piogge) sia possibile vedere il palazzo e le fontane nel pieno splendore della loro efficienza.

Noi vi siamo arrivati da Mathura, e la strada è stata pessima, in alcuni tratti non asfaltata e con ampie buche; forse è migliore quella che proviene da Bharatpur.

Eccoci alla fine, ma speriamo di tornarvi presto.

Chi volesse, può contattarci all’indirizzo giuseppe.Sani@virgilio.It



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