Di nuovo in India

Syusy torna nel subcontinente indiano (dove è nato Tpc!) per il World Culture Festival di Delhi
Syusy Blady, 15 Set 2016
di nuovo in india
La prima volta in India ha rappresentato il nostro primo viaggio in assoluto: partimmo io e Patrizio riuscendo a ricavare dal viaggio il primo reportage per Turisti per Caso. Le destinazioni furono: Delhi, il Taj Mahal e Bangalore, poi andammo a Putthaparthi da Sai Baba e da lì prima ad Auroville e poi a Madras. La seconda volta, anni dopo, mi fermai sul Gange, dove vidi una puja: la “Ganga arti”, cioè l’adorazione del fiume con l’offerta del fuoco, vicino a Rishikesh, il luogo santo dove tanti guru hanno operato, compreso il famoso Maharishi (il guru reso famoso dai Beatles). Incontrai lì anche un bramino che curava un tempio a Shakti su una collina sopra Rishikesh e ne trassi qualche insegnamento inaspettato. Da lì, poi, mi recai a Patal Bhuvaneshwar, un posto poco conosciuto persino dagli stessi indiani: mi trovai tra le montagne ai piedi dell’Himalaya e feci un’esperienza mistica (ma che aveva anche qualcosa di magico) nelle grotte sotterranee di Patal. Tornare in India per la terza volta, dunque, è stato un vero piacere. O forse dovrei dire la quarta volta, perché due anni fa, al ritorno da Katmandu dove ero stata con Battiato per il backstage di Attraversando il Bardo (il suo film sul fine-vita) passai qualche giorno a Pune, appunto in India, nell’ashram di Osho.

UNO SCOPO STRAORDINARIO

Stavolta (che sia la terza o la quarta poco importa) lo scopo per andarci era ancora più chiaro delle volte precedenti e sicuramente di turistico aveva ben poco. Ho accettato la proposta di Roberto e Beatrice, insegnanti yoga di Milano, di partecipare a un evento straordinario: il World Culture Festival di Delhi. Quattro milioni di persone – avete capito bene, 4 milioni – tra spettatori partecipanti, organizzatori, volontari e artisti da tutto il mondo. Questi ultimi si sarebbero esibiti su un palco dal vivo. Ma la cosa che mi aveva colpito maggiormente era che tutta questa massa di gente avrebbe meditato insieme. Ecco, tra tutte le stranezze dell’evento, questa era la cosa che mi incuriosiva di più: un evento da vedere, documentare e soprattutto vivere. Roberto e Beatrice sono stati i miei due angeli custodi per tutto il tempo che abbiamo passato in India e oltre a organizzare il viaggio hanno pensato persino alle riprese. Siamo partiti da Milano alla volta di Delhi, dove ci siamo catapultati nel traffico caotico della città: automobili, camion, ape car, corriere, biciclette con enormi pacchi di merce, moto, gente che vive sul ciglio della strada, mucche e persino elefanti. Il traffico di Delhi non è più quello di una volta, ora è l’inferno in terra. Un inferno reso ancora più insopportabile dalla povertà e da un inquinamento intollerabile.

ndr – guardate su Youtube il video di Syusy in India

AL DI LÀ DEL TEMPO

Una volta in India, comunque, sono riuscita a coronare anche un altro sogno, ovvero vedere la misteriosa colonna di ferro che non arrugginisce mai. Nel complesso archeologico patrimonio dell’umanità di Qutb Minar, che un tempo fu uno dei palazzi più importanti dell’Impero Gupta (risalente al 423 d.C.), è conservata una colonna di ferro con straordinarie proprietà: ha sul groppone migliaia di anni (è antecedente al sito archeologico), ma non arrugginisce, e questo malgrado il clima monsonico al quale è esposta. Da un’analisi chimica si è scoperto che la colonna è fatta di ferro misto a una piccola percentuale di fosforo, una lega difficile da lavorare anche per attuali fabbri esperti. Ma chi era in possesso del segreto del ferro che non arrugginisce mai, migliaia di anni fa? La colonna, infatti, è ritenuta una OOPArt, cioè un og­getto che per la sua caratteristica è fuori dal tempo. Come è possibile che in India ci fosse questa conoscenza, che però non è stata tramandata ed è rimasta un segreto, tanto che questa colonna è l’unica del suo genere così antica e con queste caratteristiche in tutto il mondo? La spiegazione – chi mi conosce lo sa – per me non può essere che una: qualcuno, nel passato, aveva conoscenze tecniche avanzate e la civiltà indiana, una delle più antiche del mondo, ne conserva delle testimonianze.

FISICA & METAFISICA

I Veda, le antiche conoscenze tramandate per generazioni dalla casta dei Bramini, raccontano in forma figurata le conoscenze antiche dei Rishikesh, i saggi, i sapienti. Queste conoscenze, approfondite e confrontate con le nuove visioni della fisica quantistica moderna, svelano il mistero: la metafisica aveva rivelato, molto prima della scienza, come è fatto il mondo dei fenomeni fisici, tramandando la loro sapienza attraverso preghiere, miti, cronache, dissertazioni sulla scienza risalenti almeno a 5.000 anni fa. La natura della materia, dell’antimateria e le concezioni sulla struttura atomica vengono descritte nei testi Vedici: con grande modernità, essi raccontano come è nato il Big Bang e l’energia diventa materia. E scusate la semplificazione. Allora recandomi in tuc-tuc (la prima di una serie di esperienze allucinanti accadutemi durante il viaggio) nel luogo dove si svolge il WCF, ho la fortuna di incontrare due scienziati, i signori D.H. Hari (marito e moglie). Loro affermano che esistono prove atte a dimostrare che il tempo di Ramayana e del Mahabharata, le guerre degli dei, siano realmente esistiti e che avevano mezzi tecnologici che noi solo ora possiamo comprendere.

WORLD CULTURE FESTIVAL

L’area interessata all’evento è molto estesa. Il luogo prescelto è l’ansa dello Yamuna, il fiume più importante di Delhi, affluente del Gange, di fondamentale importanza per lo sviluppo della città, un tempo come oggi.

Peccato per l’inquinamento di questo imponente corso d’acqua, ma la scelta di ospitare qui la manifestazione è stata anche un segnale per restituire alla città questo luogo, sottolineandone così l’urgenza della bonifica. Infatti è stato ripulito dai volontari, che mi hanno raccontato che lo Yamuna è stato oggetto di una speri­mentazione: si è scoperto che gli enzimi e i microrganismi che si possono produrre in casa con gli scarti del cibo purificano le acque. Qui lo hanno fatto con l’aiuto delle donne che lavorano e l’acqua del fiume sembra sia migliorata e anche il cattivo odore sia diminuito.

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SPOSTARE IL MONDO

Già, perché i volontari sono la forza dell’organizzazione: li vedo dietro le quinte, scambiarsi oggetti di mano in mano. Il principio è “tanta gente che dà un piccolo contributo può spostare il mondo”. Mi arrampico su per la scalinata che sostiene il palco e le gradinate; arrivo in cima, e da qui osservo la portata di questo evento. Molto più di una finale dei mondiali di calcio, molto più di una Woodstock, molto più di qualsiasi altra cosa che io abbia mai visto o immaginato. Un parterre di pubblico infinito e un palco che è una piazza d’armi piena di artisti che danzano provenienti da tanti paesi del mondo. Nel retro palco, una gradinata alta 10 piani piena di musicisti di sitar, di tablas, di organetti indiani. Sopra ancora gli ospiti di riguardo: politici, tra cui il primo ministro indiano, artisti e giornalisti. Compreso, naturalmente, il perno e promotore dell’evento: Ravi Shankar, omonimo del celebre musicista, e uno dei guru più conosciuti e seguiti al mondo, il famoso Guruji. Sotto, in giro, ovunque, gente felice e sorridente, eccitata per l’esibizione che si apprestano a fare, colorata con costumi bellissimi e ricchissimi. Il tutto organizzato molto bene, pensando poi che siamo in India! Mi chiedo come si possa organizzare una cosa come questa senza però la rigidità che sembra necessaria. Qui tutti sono rilassati: merito dello spirito indiano, ma anche dello spirito che caratterizza tutto l’art of living, l’arte di vivere, che è la filosofia e la pratica dell’organizzazione.

IL GURU E L’ANSIA

Alla conferenza della mattina dopo chiedo a Guruji come stia e come faccia a non farsi venire l’ansia. La risposta è scontata ma la domanda mi sorge spontanea: come fa a gestire l’ansia per aver voluto una cosa come questa quando a me viene l’agitazione se organizzo un pranzo con più di tre persone? La sua risposta è che lui non è un politico e nemmeno un imprenditore, lui è un guru e i guru, dico io, debbono dimostrare al mondo il potere della condivisione e della positività! L’evento dura tre giorni, il primo giorno viene a piovere, ma non un semplice acquazzone, una pioggia battente che bagna tutti i partecipanti e inzuppa il terreno fangoso. Anche il secondo giorno piove, verso la fine della serata. Ma nessuno si muove, non ci sono scene di panico, tutti rimangono dove sono e non perdono il sorriso. Il terzo giorno c’è il sole che asciuga tutto e la serata è piacevolissima. Alla fine c’è una meditazione generale, un Omm respirato assieme a tutte queste persone e un silenzio profondo. Anche qui mi vie­ne in mente un concetto della fisica che trasportato sul piano metafisico viene chiamato l’effetto Maharishi. Potrebbe suonare così: se una massa critica, cioè un numero cospicuo di persone, pensasse positivo e riuscisse contemporaneamente ad ave­re la pace nel cuore, cosa cambierebbe nel mondo? Non lo so. Ma sembra che faccia un gran bene!

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RITORNO A BANGALORE

Qui c’ero già stata e fu la prima volta dei miei viaggi in India: già allora – 30 anni fa – cominciava ad essere la Silicon Valley indiana. Ora ti dicono che a Bangalore o ci si occupa del Web o di meditazione, e spesso di tutte e due le cose. Già vedendola dall’auto appare molto cambiata. Mi sembra molto sviluppata, con zone con uffici e palazzi residenziali, ma anche con quartieri con case dipinte all’indiana, dai colori pastello. Il traffico è bestiale come a Delhi e i poveri per strada sono sempre uno spettacolo deprimente, perché oltre che poveri sono anche inquinati. Io mi rifugio nell’Ashram di Art of living nella speranza d’imparare qualche cosa della meditazione con la respirazione e lo yoga e, soprattutto, di stare per qualche giorno in un posto sereno, silenzioso e verde. Ed in effetti è così: oltre a tutto questo, qui c’è anche una clinica ayurvedica.

L’ESPERIENZA

Mi riprometto di tornare con un po’ più di tempo, ma intanto mi faccio visitare da un medico-donna che ha un metodo particolare di diagnosi: una misurazione del polso che è più uno sfioramento che una visita. Anche questa è una medicina antichissima e molto prossima alla meditazione. Poi vado in visita a una scuola braminica. Un centinaio di giovani, figli di bramini di tutta l’India (la casta sacerdotale “superiore”) studiano inglese, informatica e le innumerevoli pratiche della tradizione dei Veda. Vale a dire lun­ghe preghiere in sanscrito da imparare a memoria, canti e cerimonie. Vedo anche una parte di campagna coltivata in modo organico e ancora con mezzi agricoli primitivi. Per esempio, un contadino che ara con i buoi; contemporaneamente, però, vengono adottati metodi avanzati per l’irrigazione, unitamente a criteri arcaici della tradizione vedica per la fertilizzazione del suolo. Sistemi prossimi più alla biodinamica a giudicare dal fatto che una terra un tempo giudicata infruttuosa perché era stata sfruttata e resa un deserto desolato, ora è un giardino rigoglioso. Insomma, è stato un bel viaggio. Non posso dire di avere visto l’India turisticamente, ma questo giro corrisponde esattamente a quello che io intendo per viaggio alla ricerca di qualche informazione e verità, che possono far bene all’anima e ti danno elementi di giudizio su cose di fondamentale importanza. In fondo si viaggia per conoscere ma conoscere serve a poco se non si sperimenta la conoscenza, se non ci si immerge nell’esperienza.

Syusy

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