United colors of India

Dagli sfarzosi palazzi del Rajasthan fino alla mistica Varanasi. Un viaggio tra passato e presente, tra misticismo e splendori, alla scoperta dell’India più vera
Scritto da: mariapaola79
united colors of india
Partenza il: 14/02/2015
Ritorno il: 01/03/2015
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
L’India è un altro mondo, lontano dalla nostra dimensione e dalla nostra comprensione. È una nazione immensa e la prima cosa che colpisce è la grandiosità delle sue masse. Sono dovunque. L’India è’ gremita in ogni senso. Si parlano qualcosa come 500 lingue, 14 sono quelle ufficiale ma può capitare che due indiani per capirsi debbano ricorre all’inglese. Il paese abbonda pure di religioni, di etnie e abitanti, quasi 1 miliardo e 200 milioni abitanti. Ogni anno la popolazione cresce di un numero pari circa alla popolazione italiana. È’ un fiume umano che scorre senza argini e senza interruzione, di giorno e di notte. Un fiume denso e colorato, che rendono ogni luogo dell’India unico e irripetibile, proprio per questo fluire e rifluire, questo brulicare senza sosta.

Un viaggio in India va pensato a priori ma si metabolizza a posteriori. Il tempo aiuta a mettere a fuoco immagini che nell’immediato non si vendono completamente nitide. Una cultura e abitudini troppo diverse per abituarsi all’India in un solo viaggio. L’India non deve spaventare e le scene di miseria che molti descrivono sono spesso esagerate. Certo è che un viaggiatore occidentale scopre in India qualcosa che va al di là della nostra razionalità, che va accettato così com’è, senza ripugnanza e pregiudizi. La miseria è miseria e non può essere abbellita, lo sporco è sporco ed è ovunque, l’insistenza dei venditori è spesso fastidiosa, ma se si riesce a vedere oltre, con il suo mosaico di razze, religioni, colori e profumi vi ammalierà. L’India è uno di quei viaggi che non si dimenticano facilmente.

I sentimenti che l’India suscita nel viaggiatore Occidentale in genere non conoscono mezze misure. Un paese che si odia e da cui non si vede l’ora di venire via, oppure un paese di cui ci si innamora e una volta casa si viene pervasi da quella nostalgia che alcuni hanno battezzato ” Mal d’India”. Di certo si sa che ha un solo rimedio davvero efficace: il ritorno.

Per la nostra “prima volta” indiana abbiamo preferito affidarci ad un’agenzia locale, la Swagatam, che ci ha organizzato un tour privato del Rajstan di 15 gg con estensione a Varanasi. Impossibile guidare in India se non si è indiani e i mezzi locali oltre ad essere molto lenti sono un esperienza troppo forte per la prima volta! Il servizio offerto è stato impeccabile, e i costi, in proporzione veramente contenuti. Ci hanno assistito dal primo giorno all’ultimo con autisti affidabili, guide preparate e molto professionali e rappresentanti locali disponibili e molto cordiali. Abbiamo pernottato in Hotel da una mille e una notte, esperienza che temo, ahimè, non mi capiterà più di rivivere.

Partiamo da Milano Malpensa la sera del 14 febbraio con la Oman Air, dopo un breve scalo a Muscat, arriviamo a Delhi nel primo pomeriggio. Il periodo non è’ stato scelto a caso, confidando di trovare un clima meno caldo e afoso di quello estivo; da quanto mi hanno raccontato è’ un caldo che stordisce.

Al nostro arrivo troviamo ad attenderci il rappresentante locale dalla Swagatam che ci accompagna al nostro Hotel, il lussuoso e super moderno ” Le Meridien”, sviluppato in verticale fino al 25esimo piano, con le camere disposte attorno ad un cortile centrale. Qui pernottiamo 2 notti. Mi aspettavo di essere subito inghiottita dal famigerato traffico di cui tutti parlano ma complice la domenica e un importante partita di kricket in corso, la strada che porta al nostro hotel è’ molto tranquilla e grazie al viale alberato la temperatura davvero piacevole. Il giorno dopo avrò subito modo di ricredermi su entrambi gli aspetti, non oso pensare il caldo estivo come possa essere!

16 febbraio – Delhi

La visita di Delhi inizia con il Qutub Minar, il più antico minareto di mattoni al mondo, alto circa 80 metri, la sua erezione fu intrapresa attorno alla fine del XII secolo, dal sovrano Qutb Udine Din Aibak. Si tratta di un opera di eccezionale interesse architettonico, realizzata in marco bianco e arenaria rossa, utilizzata nella maggior parte della costruzioni indiane. Ai piedi del minareto troviamo la mosche della potenza dell’Islam, la Quwwat ul Islam Masjid, fu la prima moschea che gli arabi costruirono sul suolo indiano, dopo aver abbattuto, come spesso avvenuta un tempio indù. Tutta l’area archeologica, situata nel parco del Complesso di Qutub, è’ caratterizzata da una mescolanza e sovrapposizione di stili, gianista, induista e islamico, in una fusione armonica e molto ricercata, dichiarata patrimonio dell’Umanità,

Proseguiamo verso la gigantesca Jama Masjid, la Moschea del venerdì. Il Jama Masjid è’ la più grande moschea indiana ed una delle maggiori della terra. Può accogliere, infatti, più di 25.000 fedeli nello sconfinato cortile. Al centro di questo cortile è’ ricavata una vasca di marmo bianco che con il suo colore ingentilisce lo spazio e contribuisce a spezzare la monotonia del colore rosso cupo dominante. La moschea sorge al centro di un vecchio mercato musulmano, nella Old Delhi, gremitissimo e caotico, meglio conosciuto con il nome poetico di Chandni Chowk, ossia il Quartiere del chiaro di luna. Sosta fotografica davanti gli uffici governativi e all’Indian Gate, un arco trionfale dedicato ai caduti indiani della prima guerra mondiale. Nella sua magnificenza ricorda l’arco di trionfo di Parigi. Sorge alla fine di un lungo viale, il Raj Path, al centro di un esteso spazio verde.

La visita della città non poteva non includere una visita al mausoleo di Mahatma Gandhi, il sito dove Gandhi fu cremato. Le sue ceneri vennero sparse nel Gange e qui costruita una tomba a ricordo del Padre della Nazione. Vi si accede lungo un viale ben curato con giardini fioriti e ci si ritrova in questo luogo così semplice ma toccante. La tomba è una semplice piattaforma in granito nero e sopra sono deposte delle ghirlande di fiori arancioni, una grossa lanterna e dell’incenso. Nonostante non ci sia molto da vedere, consiglio la visita al memoriale perchè si nota che è un luogo veramente sentito ed importante per gli indiani.

Finisce la nostra visita di Delhi. Che dire? La metropoli è indescrivibile. Il traffico è’ perenne, il rumore dei clacson costante ed assordante, e ben presto scopriremo che diventerà la “musica” di sottofondo di tutta la nostra vacanza. Uomini, donne, bambini, animali e tutti i mezzi di locomozione e trasporto immaginabili si muovono costantemente e in tutte le direzioni. In India non esiste un vero e proprio codice della strada, i veicoli( auto, camion, rickshaw, biciclette, carretti trainati da uomini o dromedari) viaggiano clacsonando a qualsiasi cosa si avvicini a dopo averlo fatto si sentono autorizzati a superare gli altri mezzi sia a destra che a sinistra noncuranti di ciò che procede intenso opposto. Sembra impossibile ma durante il nostro viaggio non ho mai assistito ad un incidente!

17 febbraio

Partiamo alla volta del deserto del Thar, un lungo tragitto frammezzato da tappe intermedie, che ci permetterà di entrare sempre più nel vivo di questo paese, che non mi stancherò mai di ripetere, è veramente un mondo a parte e per quanto uno si documenti e si prepari, la realtà non può che lasciarti senza parole. La vita scorre in strada e passando nei villaggi si può osservare la vita quotidiana della popolazione, che ti scorre davanti gli occhi come in un film.

Il nostro autista è un Sikh imponente con il suo enorme turbante sul capo. Ma ancora più imponenti sono i suoi baffi, lunghissimi e appuntiti e la barba accuratamente pettinata. I Sikh si distinguono per i bei turbanti colorati, un tessuto lungo quasi 9 metri che viene avvolto attorno al capo. Sotto il turbante i Sikh raccolgono i capelli tirati su in una crocchia, infatti non li tagliano praticamente mai. Questa è una caratteristica della loro appartenenza al gruppo, così come avere un cognome unico uguale per tutti, Singh, che significa leone. Mr. Signh nonostante gli occhi a tratti impenetrabili, ispira fiducia e sicurezza oltre ad una spontanea simpatia.

Prima tappa del nostro tour: Mandawa, una piccola città sulla via della seta. I commercianti che si insediarono in questa regione durante il XVII secolo si arricchirono enormemente attraverso i traffici di stoffe, spezie e oppio e commissionarono la costruzione di magnifiche residenze, note come Havelis. La particolarità di queste dimore è costituita dagli affreschi, che ricoprono i muri esterni e interni con scene mitologiche, ritratti di famiglia, aneddoti popolari, leggende ed imprese degli appartenenti alla famiglia. Grazie alla presenza delle sue numerose ed incantevoli Havelis, Mandawa è stata definita “la galleria d’arte all’aperto” del Rajastan. Lo sviluppo delle ferrovie fu un colpo terribile per i commerci carovanieri ed i mercanti si sono da tempo trasferiti, lasciando le Havelis chiuse e abbandonate, o affidate a custodi.

Molte Havelis sono state strasformate in splendidi Heritage Hotels dove anche noi avremo la fortuna di pernottare. Soggiornare nel meraviglioso “Vivana Culture” è’ un po’ come vivere la storia, addormentandosi tra le mura di una palazzo meraviglioso appartenuto a qualche nobile dell’epoca.

18 febbraio – Bikaner

Il viaggio prosegue verso Bikaner, ai margini nord-orientali del deserto del Thar. La città è sempre stata un importante stazione commerciale, circondata da possenti cinta murarie e dallo splendido forte di Junagarh. Costruito nel 1588 dal Raja Rai Singhji 6, è uno dei pochi forti del Rajastan che non occupa la cima di una collina. Le mura della fortezza hanno un perimetro di 1 km e sono rinforzate da 37 bastioni. Al suo interno si trova la reggia e numerosi templi. Anche qui, quello che maggiormente colpisce è la folla rumorosa a perdita d’occhio. Strade, vicoli, piazze, scalinate, impalcature, ponti, tutti gli spazi sono invasi e attraversati in tutte le direzioni, in un miscuglio inesauribile di colori. Più di tutto spiccano i sari delle donne: sgargianti gialli, i forti rosso o fucsia, gli eleganti verdi e arancioni, un incanto! Illuminano le strade, i mercati e le campagne. Le donne lo portano con estrema eleganza anche quando stanno svolgendo i lavori più umili. Poi ci sono i turbanti degli uomini, multicolore o a tinta unita, ma sempre vistosi e vivaci. I colori sono molto cari a questa terra tanto da dedicargli una delle feste più tipiche, l’Holy. Una sorta di carnevale che si celebra durante la prima luna piena di marzo. Per tre giorni la gente si abbandona ai festeggiamenti e tutti vecchi, giovane, donne bambini, indistintamente, dimenticano la quotidianità ed esprimono la loro gioia versandosi addosso polveri e secchiate d’acqua colorate.

A Bikaner pernottiamo nel sontuoso Laxmi Niwas Palace, ex residenza del Maraja! Un palazzo da una mille e una notte.

19 febbraio

Dopo interminabili ore di macchina, 6 per la precisione, giungiamo finalmente a destinazione. Veniamo portate in Hotel, il Rang Mahal, ci viene proposta un uscita per ammirare il tramonto nel deserto ma siamo talmente stordite dal viaggio che preferiamo concerci un massaggio e rilassarci a bordo piscina.

20 Febbraio

Riposate e rinvigorite iniziamo la visita della città. Jaisalmer, detta anche la città d’oro, costruita proprio ai margini del deserto del Thar e vicinissima al confine con il Pakistan. Costruita internamente con pietra di arenaria gialla, è una delle città più suggestive visitate, nonché l’unica città fortificata tutt’ora abitata. L’affascinante e antica fortezza di arenaria di Jaisalmer, costruita nel 1156 è arroccata su di un piedistallo che domina l’intera città. Il centro storico è molto interessante, ricco di templi gianisti e indù con straordinari intarsi marmorei. I vicoli, sono abbastanza stretti e piuttosto intricati e su ogni porta fa bella mostra l’immagine di Ganesh, la divinità con la testa di elefante che simboleggia la buona sorte.

Nel pomeriggio ci attende la “cammellata nel deserto” per ammirare le dune al tramonto. Ne avevo sentito parlare come un attività estremamente turistica e non posso che confermare. Decisamente migliore deve essere stato partecipare al Festival del deserto che si era appena concluso.

21 febbraio

Il nostro viaggio prosegue verso Jodhpur, meglio conosciuta come la città blu, è la seconda città più grande del Rajasthan. Chiamata anche la città del sole, in quanto gode di un clima soleggiato tutto l’anno. Visitiamo il Mehrangarh Fort, l’orgoglio di Jodpur, una maestosa fortezza costruita su di una collina e circondata da mura da cui si possono osservare le tipiche costruzioni blu che caratterizzano questa città. Si dice che questo colore tenga lontano gli insetti e riduca la sensazione di calore d’estate, fatto è’ che sono davvero uniche e fotogeniche! Visitiamo poi il caotico bazar nei pressi della torre dell’orologio. I vicoli sono strettissimi e assediati come al solito da moto strombazzanti e mucche che non si fermano davanti a nulla. Tutti in India producono rumore e con il rumore convivono. Auto Sgangherate, biciclette, rickshaw a tre ruote, persone, animali: tutto si muove schizzando. Tutto è’ un fluire disordinato ma inaspettatamente c’è’ anche qualche temerario fermo al centro della strada, immobile, pensoso, viene miracolosamente schivato dai camion, tricicli, auto, carretti. Appare una cosa normale, ovvia addirittura, si può sostare al centro della strada come sui marciapiedi senza suscitare l’ira degli automobilisti e di nessuno. In India si guida a sinistra, in teoria. In pratica tutto ciò che si muove viene da tutte le direzioni e si sposta in tutte le direzioni. Eppure, tutto questo fluire senza senso si incastra perfettamente. All’inizio non ci si crede, poi ci si abitua e si apprende sempre meglio che l’India è il paese degli equilibri impossibili altrove.

23 febbraio

Udaipur, conosciuta anche come la città bianca, la Venezia d’Oriente o la città dei laghi. È una città dall’aspetto romantico per via del suo fiabesco palazzo che si specchia sulle acque del lago Pichola. È indubbiamente una città più pulita e tranquilla rispetto a quanto abbiamo visto fino ad ora, e regala da subito una sensazione di pace e serenità’ a cui non siamo quasi più abituate! Il programma prevede, nella mattina, la visita ad un antico tempio dedicato a Shiva a circa 30 km fuori della città, e nel pomeriggio, la visita del City Palace, il sontuoso palazzo che si estende sulla sponda orientale del romantico lago Pichola. Visto da fuori il complesso dà l’impressione di un antico palazzo adornato da torri ottagonali. In realtà è costituito da 4 edifici maggiori più innumerevoli altri, più piccoli e collegati tra di loro da cortile e giardini interni, scale e corridoi, così da costituire un intricato labirinto. Da non perdere una rilassante gita in barca sul lago, famoso per altro, per essere stato il set del film di James Bond” Octopussy”. Pernottiamo al Radisson Blu hotel, un altro hotel molto lussuoso dove si stava celebrando un matrimonio in perfetto stile Bolliwoodiano! Non è’ il primo matrimonio a cui assistiamo, questo periodo dell’anno infatti è’ considerato molto propizio per le unioni e in quasi tutti gli hotel in cui abbiamo pernottato se ne stava celebrando almeno uno!

Un capitolo a parte andrebbe dedicato ai matrimoni. Sposarsi in India è una cosa estremamente macchinosa. La scelta bella sposa è una ricerca laboriosissima. Deve avvenire all’interno della stessa casta e deve tenere conto del quadro astrale che verifica la compatibilità della futura coppia, e della situazione economica delle due famiglie, più innumerevoli altri aspetti minori. Va da se che la sposa deve piacere ai genitori dello sposo prima ancora dello sposo stesso. Il futuro sposo può rifiutare la moglie che gli viene proposta, ma la futura sposa no!

24 febbraio

Un’altra giornata lunga dedicata ai trasferimenti, oggi ci attendono 7 ore di macchina e manco a dirlo un altrettanto lungo massaggio non appena arrivate in Hotel! L’hotel prenotato è il ITC Rajputana.

25 febbraio

Jaipur, la città rosa, per il colore predominante delle sue abitazioni e trafficatissima capitale del Rajasthan. Visitiamo i principali monumenti della città che per fortuna sono concentrati in pochi km quadrati. Partiamo dall’Amber Fort, ma rifiutiamo la possibilità di raggiungerlo a dorso di elefante, esperienza già provata e che non ci tenevo a replicare (poveri elefanti) Optiamo per la jeepz! Il forte, arroccato su di un altura, ha una facciata solenne ed austera, mentre gli interni sono fastosi, eleganti e raffinati. Dopo pranzo la visita prosegue con il bellissimo Hawa Mahal (il palazzo del vento), un palazzo di 8 piani la cui facciata di arenaria rossa comprende quasi mille tra nicchie e finestre, tutte finestre lavorate a merletto. Serviva da osservatorio per le donne di corte che senza essere viste potevano assistere, non viste, alla vita della città. La visita prosegue con il bizzarro Jantar Mantar, il giardino astronomico costruito per volere del Maraja nel 1700 che presenta una serie di astrolabi e meridiani in formato gigante. L’aspetto del giardino è decisamente curioso e affascinate, oltre ad essere stranamente silenzioso e rilassante.

26 febbraio

Oggi ci trasferiamo ad Agra ma lungo il percorso facciamo una breve sosta a Fathepur sikri, la città della vittoria. Costruita circa 450 anni fa da Akbar, il maggiore tra gli imperatori Moghul, come capitale del suo impero. Fu abbandonata dopo meno di 15 anni fino a cadere in seguito nell’oblio completo. Le ragioni di questo esodo sono tuttora ignote. Si ipotizza la carenza d’acqua ma c’è chi sostiene che si trattò di una scelta strategica. La città per la sua unicità è’ stata dichiarata patrimonio dell’UNESCO, e in effetti colpisce per gli scorci suggestivi è incantevole tranquillità che vi regna, venditori ambulanti permettendo. Di fianco alla città Mogul si erge una enorme e bellissima moschea. Qui vengo letteralmente rapida da una famiglia locale che vendendo la mia “ingombrante” macchina fotografica mi chiede di essere ritratta ma poi scopre essere più divertente inserirmi nelle loro foto di gruppo e così vivo 15 intensi minuti da vera star!

Arriviamo ad Agra nel primo pomeriggio. Visitiamo per primo il Red Fort, denominato così per il colore della pietra d’arenaria utilizzata per la sua costruzione. Come molti altri forti visitati fino ad ora, stupisce la sua grandezza e quanto siano articolate stanze e cortili interni. La storia del forte è strettamente collegata a quella del Taj Majal perché l’imperatore poco dopo aver ultimato i lavori del mausoleo venne detronizzato dal figlio e i carcerato per 8 anni nel Forte, dove trascorse il resto dei suoi giorni ad ammirare la sua creazione dalla finestra. Anche noi abbiamo la possibilità di vedere da lontano e per la prima volta il Taj Mahal! Peccato che il cielo è’ offuscato da una cappa di foschia e umidità e la visibilità non è’ della migliori. Siamo tutte emozionate all’idea di poter vedere con i nostri occhi l’imponente Taj Mahal, il monumento più importante di tutta l’India e incluso tra le 7 meraviglie del mondo. Appena varcato il portone d’ingresso la commozione è davvero tanta! Il mausoleo di marmo bianco è stato fatto costruire nel 1631 dall’imperatore Shan Jahan, in memoria della moglie morta di parto dando alla luce il loro 14 figlio. La costruzione del mausoleo durò oltre 20 anni. Vennero chiamati i migliori architetti ed artigiani da tutto il mondo e le persone impegnate nei lavori furono più di 20.000! Per la sua costruzione fu utilizzato il marmo di Makrana, una località a poco meno di 400 km da Agra. Si tratta di un tipo di marmo di facile lavorazione e di particolare pregio perché non ingiallisce. La sua bianchezza è praticamente perpetua. La bellezza del Taj Mahal è indescrivibile. Un capolavoro di marmo e intarsi che toglie il fiato da ogni punti lo si osservi. La cupola a cipolla è di una perfezione magistrale, un vero capolavoro. La sua forma crea giochi d’ombra di grande suggestione al variare della luminosità e del punto di osservazione. I minareti propri delle moschee e non dei mausolei hanno solo una funzione estetica, conferiscono infatti perpendicolarità all’edificio e armonia a tutto l’insieme. Purtroppo lo visitiamo nel tardo pomeriggio e la folla è’ veramente troppa per potersi godere con calma tale bellezza. Consiglio vivamente di visitarlo al mattina alle 6:00 appena aprono i cancelli.

27 febbraio: Delhi- Varanasi

Partiamo di buon ora per rientrare a Delhi, dove con un volo interno di poco più di un ora raggiungeremo Varanasi. È’ anche il momento dei saluti, a malincuore e non senza commozione diciamo addio a Mr. Singh a cui ci siamo sinceramente affezionate.

L’antica Benares, è’ considerata la più antica città vivente del mondo essendo abitata da più di 4000 anni. Ma soprattutto è’ la città sacra per antonomasia per gli induisti. I pellegrini induisti vengono a bagnarsi nella acque del fiume per purificarsi da tutti i peccati. Ogni mattina all’alba gli Indù iniziano a compiere dai ghats le proprie abluzioni. I ghats sono delle rampe di scale di pietra che terminano all’interno dell’acqua del fiume. Ma la città oltre ad essere luogo di abluzioni è’ anche un luogo propizio per morire. Secondo l’induismo è’ l’unico posto della terra che permette di sfuggire al il ciclo eterno di morte e rinascita, perciò nel corso dei secoli milioni e milioni di induisti sono venuti a morire qui. È sempre a Varanasi che ogni induista desidera vengano sparse le proprie ceneri, perciò le pire per la cremazione ardono 24 su 24 e ogni sera al tramonto i bramini danzano e cantano tenendo in mano delle sculture di luce.

Varanasi è da vivere, è’ difficile da descrivere ma ogni volta che ci ripenso mi vengono ancora i brividi! Abbiamo pernottato al Radisson, leggermente decentrato, ma se tornassi indietro sceglierei senza indugio una delle tipiche Guest House lungo il fiume, per calarmi ancora di più nell’atmosfera quasi sospesa che solo una città come Varanasi è in grado di evocare.

28 febbraio

Siamo giunte alla fine della nostra avventura indiana, dobbiamo salutare questa città magica, una città non facile da capire ma che meglio di tutte le alte ti permette di comprendere il legame tra spirito e corpo che accomuna i fedeli induisti.

Durante la nostra ultima notte a Delhi abbiamo optato per un hotel a poca distanza dall’aeroporto. Il volo che ci riporterà in Italia parte infatti alle 7 del mattino e l’Holiday Inn si è rivelato una scelta ottimale.

1 marzo

Come giustamente riportato alla fine del nostro programma: tour ends but memories remain-always! E il ricordo di questo splendido paese e del suo popolo sarà indelebile.

Conclusioni

Il primo impatto con l’India non è stato dei più facili ne’ felici. Una nazione che bolle: fumosa, rumorosa in maniera insopportabile, con un traffico disordinato senza limiti. L’aria è densa di pulviscolo, infuocata da urla, e intorpida da odori umani e animali di ogni sorta. Dovunque ci sono mucche che si muovono a passo lento, e indifferenti a tutta questa agitazione. Un universo che stordisce. Questa è la prima impressione. L’India viene dopo. Attrazione e repulsione si congiungono in uno strambo mistero di fascinazione. L’India non può lasciare indifferenti e non si lascia mai con indifferenza e definitivamente. I colori vibranti dei sari delle donne, i loro gioielli, la loro eleganza anche se appartenenti alla caste più povere, scene di vita quotidiana che solo l’India può ancora regalare, l’anarchia che regna nelle strade e che dopo 15 giorni ancora mi stupiva, una cultura così ricca che non basta una vita per studiarla, ne servirebbe un altra forse per capirla, il calore con cui ti accoglie la gente, alla volte anche eccessivo, i sorrisi dei bambini e i loro occhi profondi sbavati di kajal, la magnificenza dei palazzi dei Maraja, e per finire la sacralità vibrante di Varanasi.

Come rimanere indifferenti a tutto questo? Ora comprendo cosa si intende per Incredibile India, e non posso che assentire.

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Taj Majal



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