India del Nord: sei pronto a tutto?

Se qualcuno mi chiedesse se vale la pena di visitare l’India, risponderei di si, ma aggiungerei “a patto di essere pronti a tutto....” L’India, in effetti, non è una destinazione semplice da affrontare... Mi chiamo Francesca, ho quasi 30 anni e da poco sono rientrata da un viaggio fatto in India del Nord insieme al mio compagno...
Scritto da: frankgiramondo
india del nord: sei pronto a tutto?
Partenza il: 08/04/2008
Ritorno il: 15/05/2008
Viaggiatori: in coppia
Se qualcuno mi chiedesse se vale la pena di visitare l’India, risponderei di si, ma aggiungerei “a patto di essere pronti a tutto…” L’India, in effetti, non è una destinazione semplice da affrontare…

Mi chiamo Francesca, ho quasi 30 anni e da poco sono rientrata da un viaggio fatto in India del Nord insieme al mio compagno d’avventura Enrico.

Per me non era il primo viaggio zaino in spalla; ho già avuto la fortuna di visitare tanti altri splendidi paesi in Europa, America del Sud, America del Nord e Africa…Ma devo dire che finora, l’India è stata la destinazione che più’ di tutte mi ha sconvolto e, a volte, anche messo a dura prova.

Il nostro viaggio è stato organizzato in poco tempo. Da qualche mese io ed Enrico siamo entrambi disoccupati per scelta e abbiamo deciso di dedicarci al “vagabonding”( -l’arte di girare il mondo – è un libro di Potts Rolf)…Almeno fino a che non troveremo un lavoro veramente adatto a noi e … Finché le ns. Finanze ce lo consentiranno… L’idea dell’India del Nord è nata per caso…Abbiamo comprato la Lonely Planet, richiesto il visto, fatto le vaccinazioni ed una buona assicurazione, preparato un itinerario, letto libri ambientati in India, guardato i film di Mira Nair, sentito i racconti di amici che c’erano già stati, prenotato il volo all’ultimo minuto su internet (630 euro A/R con SR da Venezia) e…Con un leggero zaino in spalla e la mente aperta e piena di curiosità, siamo partiti alla volta del subcontinente…Insomma, si può dire che tutto quello che ti consigliano di fare prima di affrontare un viaggio del genere, noi l’avevamo fatto…Peccato però che non sia servito a granché.

Innanzitutto non avevamo valutato bene il periodo: noi siamo partiti l’8 aprile e siamo rientrati il 15 maggio… Sapevamo che era la stagione calda…Ma mai avremmo pensato che avrebbe fatto COSI’ CALDO (quindi occhio ad informarvi bene sul clima delle varie zone prima di partire…). L’itinerario previsto era questo: Delhi, Jaisalmer, Jodhpur, Jaipur, Pushkar, Agra, Gwalior, Orchha, Khajuraho e Varanasi – mentre gli ultimi 10 gg. Li avremmo trascorsi in Nepal-.

Ovviamente, fino a che il caldo e il fisico ce l’hanno permesso, siamo andati avanti, ma, una volta giunti ad Agra, siamo stati costretti a cambiare il nostro programma per cercare rifugio al fresco delle montagne himalayane.

Ma andiamo per ordine.

1)Arriviamo in aeroporto all’1 di notte. Un amico indiano che vive in Italia ci ha fatti venire a prendere da suo nipote di Delhi. Il consiglio è di “farsi aiutare” almeno all’inizio, perché l’impatto con la capitale non è proprio semplice. Noi siamo stati ben felici di trovare un cartello con sopra i ns. Nomi all’uscita dell’aeroporto e di lasciare a lui il compito di prenotare per noi il taxi (330 Rp). Il viaggio fino al quartiere di Paharganj è di 25 min. E noi lo affrontiamo al buio perchè le luci del taxi… Sono fuori uso! Benvenuti in India! Il ns. Amico indiano ha prenotato per noi all’ Hotel R.S. International (1295 Rp), che si trova in una laterale del Main Bazar (hotel nuovo di zecca e super pulito). Appena scesi dal taxi ci colpisce l’odore (il famoso odore dell’India…), la quantità di vacche che gironzolano indisturbate in strada e la gente stesa per terra a dormire…Che sensazioni si provano all’inizio di ogni viaggio! La notte trascorre travagliata…Il continuo via vai della gente, i clacson, le urla dei venditori di te e soprattutto l’eccitazione di non sapere ancora cosa ci aspetta fuori da quella stanza…Ci fanno stare svegli.

2)La mattina dopo usciamo per la prima volta con la luce del giorno e subito rimaniamo ancorati sull’uscio dell’hotel (unico ns. Attuale punto di riferimento) per guardarci intorno e capire su quale pianeta siamo atterrati. Per strada c’è sporco, i fili dell’elettricità avvolgono tutto… Il traffico di ciclo e motoricsiò, di macchine e moto, l’ininterrotto suono dei clacson e il brulicare di gente che muovendosi si fa spazio nel caos e slalom tra le mucche è incredibile. I viaggiatori che scorgiamo sono ben mimetizzati nei loro abiti indiani… Ma noi no…Noi siamo ancora due poveri TURISTI SPAESATI. Fortunatamente arriva il ns. Amico indiano e con un auto presa a noleggio (800 Rp) iniziamo la visita della capitale. Visitiamo il Qutb Minar, il silenzioso Bahai House of Worship, la Tomba di Humayun, l’India Gate, Rajpath e Connaught Place. Siamo ancora storditi dal viaggio,il caldo e l’afa sono soffocanti, il primo impatto con il piccante e speziato cibo indiano non ci ha entusiasmato, ma l’emozione di vedere per la prima volta i capolavori dell’architettura indiana, di immergersi nella quotidianità della città tra i colorati sari delle donne, i bazaar e i negozietti e respirare la profonda spiritualità di certi luoghi, ci fa dimenticare la fatica. 3)Il giorno dopo, sempre in macchina, continuiamo la visita di Delhi (1500 Rp) con Jantar Mantar, Gandhi Smriti e il suo sorprendente museo interattivo, il Raj Ghat, Old Delhi, Jama Masjid (consigliamo di salire sul minareto per ammirare Delhi dall’alto ma di stare attenti alle false e insistenti guide) e il Red Fort (che raggiungiamo con un cicloricsciò). La sera prenotiamo tramite una delle tante “agenzie di viaggi” le cuccette sul treno Jaisalmer Express che dalla stazione di Old Delhi ci porterà fino a Jaisalmer per 1150 Rp a testa ( in agenzia abbiamo pagato un po’ di più’, ma ne è valsa la pena perchè non saremmo mai sopravvissuti tra le migliaia di indiani in fila per il biglietto con il sole a 50gradi!). La sera, dopo aver penato un po’ per trovarlo, ceniamo sulla terrazza del Metropolis (un po’ troppo caro), circondati da viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo che, come noi, si raccontano le emozioni della giornata. 4)La mattina gironzoliamo per i negozietti (il bello di Paharganj è che ci trovi tutti i souvenir del Rajasthan a prezzi convenientissimi – ottimo per le spese dell’ultimo minuto -) senza preoccuparci di portarci dietro lo zaino (in India, in ogni hotel, puoi lasciare tranquillamente lo zaino senza pagare nulla), pranziamo da Madan Cafè con un riso byrani e poi con un ricsiò (rischiando un incidente ogni 3×2), arriviamo in stazione. E’ piena di migliaia di persone stravaccate per terra e noi sembriamo essere gli unici due turisti al mondo! Tutti ci guardano. Siamo come 2 marziani, sudati, bagnati, storditi e…In anticipo di 3 ore…Che trascorriamo guardando la gente salire sulla 2a classe degli altri treni a suon di calci e i pugni (in estate i treni indiani sono superaffollati!). Noi fortunatamente viaggiamo in 3AC che significa avere il posto prenotato in una delle 3 cuccette con l’aria condizionata. Nell’attesa chiamo anche un hotel a caso tra quelli economici indicati nella Lonely e prenoto sia la stanza che il pick up dalla stazione all’hotel (consigliamo di acquistare una tessera telefonica indiana- sia per le telefonate in India che per quelle in Italia – è davvero conveniente!). Il viaggio in treno dura 22 ore. Ma si sta comodi: gli indiani mangiano e noi (che in tasca abbiamo solo qualche cracker europeo e un po’ di miele) li guardiamo, con invidia, ingurgitare di tutto (sappiate che a fine pasto per loro è normale ruttare allegramente), poi si chiacchiera, si legge, si scrive e infine si dorme avvolti in lenzuola e coperte offerte dalle efficienti ferrovie indiane. 5)Giungiamo a Jaisalmer alle 14. Alla stazione ci attende la jeep del Samrat Hotel che ci porta (gratis) in hotel, dopo aver pagato la tassa di 20 Rp per entrare in città. La stanza (400 Rp) è colorata ma ciò non basta a far passare inosservato lo stato pietoso del bagno. Sappiate comunque che di bagni puliti, negli alberghetti economici in India, proprio non se ne trovano. Bisogna farci l’abitudine. E viaggiare anche con una buona scorta di carta igienica (che non c’è mai) e con delle asciugamano (che non sempre sono comprese nel servizio). Fa troppo caldo per uscire. Solo alle 18 tentiamo di farlo ma, fino al tramonto (che ci gustiamo sul tetto dell’Hotel), l’aria sarà bollente. Il forte di Jaisalmer vale davvero la pena di essere visto e bisogna farlo in fretta perchè purtroppo si tratta di un monumento a rischio, dal momento che la rete idrica sta lentamente ma inesorabilmente distruggendo le sue fondamenta. Ci perdiamo tra le sue stradine, tra i templi e le haveli …Usciti dal forte, andiamo a prenotare l’avventura nel deserto presso la Sahara Travels del famoso Mr. Desert e poi cediamo alla tentazione di andare a cenare nell’ottimo ristorante italiano Little Italy (lo sappiamo che non si dovrebbe fare…).

6)La mattina scappiamo presto dall’hotel, portiamo gli zaini da Mr. Desert e iniziamo a visitare il forte in lungo e in largo e lo splendido palazzo del Maharajah con l’aiuto dell’audio guida (che in italiano non c’è mai). Viaggiamo entrambi con macchina fotografica, cuffietta con audioguida sulle orecchie, cappello in testa, borraccia al collo e zainetto in spalla sotto il sole cocente e bevendo come 2 cammelli. Un pranzo leggero, 2/3 succhi di frutta fresca a testa (ottimi), 4 chiacchiere con due venditrici e un suonatore di strada ed è già ora di andare…Mr. Desert ci aspetta con il suo turbante e, insieme ad altri 2 turisti cileni, con la jeep iniziamo il viaggio verso il deserto del Thar…(costo 1000 Rp a testa). Dopo alcuni km. Cambiamo decisamente mezzo e saliamo sui ns. Amici cammelli. Facciamo 2,5 ore di cammellata – alle ragazze consiglio un doppio reggiseno perchè i cammelli vengono fatti trottare velocemente (altro che tranquilla passeggiata tra le dune!)- e ci fermiamo giusto in tempo per ammirare il tramonto, dopo aver affrontato un’improvvisa tempesta di sabbia. Poi risaliamo sui cammelli e raggiungiamo il punto dove ceniamo e trascorriamo la notte comodamente sdraiati su delle brandine, sotto un cielo di (poche) stelle, riflettendo sulla fortuna di poter essere li a vivere quel momento di assoluta libertà.

7)Il giorno dopo risaliamo sui cammelli per ritornare al punto di partenza…Riprendere la jeep, rientrare in città, salutare Mr. Desert con la foto di rito e…Prendere un bus che, in 5 ore, ci porterà a Jodhpur, la Blue City. – Gli autobus in India sono veramente comodi, perchè li trovi praticamente dappertutto, ce ne sono ad ogni ora, non serve quasi mai la prenotazione anticipata e costano poco. Noi abbiamo sempre scelto di viaggiare in quelli locali, che, a volte, sono straripanti di gente, ma ci sono anche quelli riservati ai soli turisti e con l’aria condizionata… – L’arrivo a Jodhpur è scioccante. Il traffico a Delhi è caotico ma almeno le strade sono larghe, qui invece il traffico è lo stesso ma le vie sono minuscole e sinceramente ancora non mi capacito di come siamo riusciti ad arrivare illesi alla Yogi’s Guest House a bordo del ricsiò. Questo piccolo hotel è un angolo di paradiso (900 Rp). Appena entrati ci dimentichiamo subito del caos della città e ci immergiamo nell’atmosfera rilassante del posto, salendo sul tetto per sorseggiare un te caldo e ammirare lo spettacolo del blu delle case illuminate dagli ultimi raggi del sole e del forte Meherangarh. 8)Il giorno dopo, facendoci strada tra le tantissime mucche (e i loro altrettanto numerosi “ricordini”) arriviamo al Sardar Market e iniziamo a curiosare tra i bazar pieni (tra le altre cose) di meravigliose stoffe ricamate e sciarpe in seta e, dopo le opportune contrattazioni (in India ti siedi e ti offrono anche una tazza di chai-te), iniziamo ad appesantire il ns. Zaino con i primi souvenir. Rientriamo in hotel e controlliamo la mail (altra cosa che c’è dappertutto in India ed è molto economica è Internet).

9)La mattina ripartiamo con l’autobus verso Ajmer. Sono 5 ore di paura. La strada è stretta e supertrafficata di camion, container, carretti trainati da cammelli, macchine, ricsiò, biciclette; gli autisti sfrecciano a velocità folle e si lanciano in sorpassi azzardati evitando all’ultimo secondo l’impatto. Io prego. Si rischia davvero tanto a star seduti qui sopra. Adesso capiamo perchè la maggior parte dei turisti sceglie di noleggiare un auto tutta per loro…Arrivati ad Ajmer cambiamo bus e ne prendiamo un altro per Pushkar, attraversiamo il Monte del Serpente e, appena arrivati a destinazione, veniamo accolti dalla brezza del lago (sacro) e dalla tranquillità di questa città…Il cui accesso è vietato a macchine e ricsiò. Il posto giusto per rilassarsi. Con lo zaino in spalla giriamo per le vie in cerca dell’Hotel White House, che si trova giusto dalla parte opposta rispetto alla stazione del bus. Arriviamo tutti trafelati, scegliamo la stanza (550 Rp -qui il bagno è pulito!) e saliamo sul tetto a goderci la vista dei templi arroccati sulle colline. Nel pomeriggio iniziamo a girare intorno al lago e cerchiamo di avvicinarci ai ghat ma veniamo subito braccati da un finto sacerdote che inizia a chiederci di pregare con lui in cambio di una lauta mancia. Preferiamo evitare e ci dirigiamo verso il Sadar Bazaar pieno di negozietti di argento, musica tipica e abiti indiani davvero belli… Veniamo attirati da un giovane sarto che sta cucendo sull’uscio del suo negozio e decidiamo di commissionargli degli abiti su misura… 3 camice per Enrico, 1 maglia per me e, per entrambi, i mitici pantaloni Pushkar…Saranno pronti in meno di 24 ore. Rientriamo in hotel e ci facciamo cucinare dal ns. Mitico cuoco “Sugar” (che avrà si e no 14 anni) dell’ottima pasta al pomodoro – è inutile, è più’ forte di noi: il cibo indiano proprio non riusciamo a digerirlo!-.

10)Il giorno dopo andiamo a colazionare al Baba Restaurant e dal tetto ci gustiamo i suoni e i colori di un corteo di donne che seguono una novella sposa…Qui a Pushkar è un continuo di tamburi, campanelli, organetti suonati ad ogni ora del giorno e della notte (una notte, alle 4, siamo stati persino svegliati dai fuochi d’artificio! pensavamo fosse scoppiata una guerra e invece…Erano gli indiani che festeggiavano…Che simpatici burloni!). Visitiamo il tempio di Brahma e poi riusciamo ad entrare in una fabbrica di vestiti indiani dove vediamo all’opera uomini intenti a tagliare stoffa e donne a cucire e stirare. Nel pomeriggio usciamo e ci facciamo strada tra i cortei e il forte odore d’incenso che qui brucia di continuo, fino ad arrivare dal ns. Sarto. I vestiti sono pronti, perfetti proprio come li volevamo e siamo talmente emozionati e contenti che li indossiamo subito. Ora si che ci sentiamo un po’ meno turisti e un po’ più’ viaggiatori! Li paghiamo praticamente nulla ma lasciamo una mancia per il lavoro ben fatto.

11) Il giorno dopo gironzoliamo in pieno relax per le vie della città e, considerato l’alto quantitativo di regali acquistati, decidiamo di cercare un corriere espresso per spedirli a casa. Il servizio, vedremo poi, non sarà dei migliori: aspetteremo più’ di un mese e il collo, partito cartone, arriverà trasformato in sacchetto e con metà roba…No comment.

12)La mattina presto partiamo alla volta di Jaipur- la città rosa-. Il viaggio in bus è di sole 3 ore, ma il rientro in città sarà duro. Come si stava bene a Pushkar, senza lo smog e il traffico asfissiante. Nel pomeriggio arriviamo da Atithi guest house, per 700 Rp scegliamo una stanza semplice e pulita. Dopo un po’ di meritato riposo scegliamo di uscire per fare a piedi il giro consigliato nella Lonely. Prendiamo un ricsiò e ci facciamo portare a Panch Batti. Durante il tragitto l’autista ci propone di portarci in giro mezza giornata il giorno dopo per vedere la città e il forte Amber che si trova a 11 km da Jaipur. Ci accordiamo per 250 Rp e scendiamo per iniziare il ns tour a piedi. Sembra facile, invece, qui, proprio non riusciamo ad orientarci; girovaghiamo per le strade piene di traffico e gente senza riuscire ad apprezzare “lo splendore della città rosa” (che poi rosa di certo non è…Al massimo color mattone…). Ci troviamo immersi nell’ennesimo fiume di persone che, intente a festeggiare non sappiamo quale divinità, ci disorientano ulteriormente. Risultato: passiamo di sfuggita di fianco al Palazzo dei Venti senza quasi guardarlo e poi ci perdiamo completamente. Rientreremo in hotel in tarda serata, stanchi e scioccati alla vista di tanto caos, sporcizia, povertà e degrado per le strade. Domani ce ne andremo da qui.

13)La mattina il ns. Ricsiò si presenta puntuale all’appuntamento. Partiamo spediti verso i Royal Gaitor e poi il forte di Amber. Saliamo a piedi (si può farlo anche sul dorso di un elefante ma ci sembrava troppo…) e all’interno iniziamo il giro con l’audio guida -finalmente in italiano!-. E’ il solito caldo infernale ma l’interno del forte merita davvero la visita. Apprezziamo soprattutto gli appartamenti del maharajah decorati con mosaico e pitture e la Sala della Vittoria piena di specchietti e pietre preziose. Anche il panorama sulle colline è spettacolare. A mezzogiorno siamo già cotti a puntino e decidiamo di terminare la visita per andare a prendere l’ennesimo bus che ci porterà ad Agra. Prima però troviamo il tempo di fermarci a litigare sotto il sole cocente con il ns. Autista che pretende di essere pagato più’ di quanto stabilito (il consiglio è quello di scrivere sempre su un pezzo di carta i prezzi concordati…Spesso non si riesce a capire la differenza tra 15 e 50… E gli indiani ci provano sempre a dire che “hai capito male”…). Lasciamo Jaipur stanchi e delusi. Saliamo sul primo autobus per Agra e iniziamo il peggior viaggio di tutto il ns soggiorno in India. Attendiamo la partenza un’ora sotto il sole e alla fine partiamo strapieni di gente e schiacciati tra i ns. zaini e il bagaglio delle altre persone… Viaggiamo fino a sera tardi pressati come sardine, tra le urla dei bambini sfiniti dal caldo e quelle del controllore contro i viaggiatori che vogliono scendere senza pagare il biglietto…Praticamente un incubo senza fine! Perchè una volta scesi dal bus ci dirigiamo verso lo Shanti Lodge e appena entrati realizziamo di essere finiti in una topaia! Ci fanno vedere 4 stanze una peggio dell’altra, anguste e piene di muffa e sporco. Alla fine scegliamo la meno peggio (500 Rp) giusto perchè è tardi, siamo sfiniti e non sappiamo dove altro andare. Saliamo sul tetto e ammiriamo il Taj Mahal che, in mezzo a tanta sporcizia, svetta e risplende candido sotto la luce della luna piena… Scesi in camera non ci mettiamo nemmeno in pigiama… Andiamo a letto vestiti e dentro il nostro saccoletto! 14) La mattina partiamo prestissimo verso un altro hotel: il Taj Plaza, decisamente migliore del precedente (che vogliamo cancellare presto dai nostri ricordi) e posizionato a 10 min. A piedi dall’entrata del Taj Mahal. Prendiamo una stanza pulita per 1000 Rp. Il viaggio e le emozioni ci hanno però irrimediabilmente debilitati. Il caldo, qui, se possibile, è ancora più’ asfissiante. La sera, dopo aver fatto 4 passi verso il Taj Mahal mi sento male e la notte, dopo l’ennesimo attacco di dissenteria, chiedo ad Enrico di portarmi all’ospedale. Mi ricoverano nella clinica del Dottor Jaggi. 15) Il giorno dopo crolla anche Enrico. Siamo entrambi disidratati. Ci vorranno una dose massiccia di flebo e una cura antibiotica per rimetterci in sesto. Usciamo dall’ospedale dopo 5 lunghi giorni.

18)Appena fuori decidiamo di andare all’hotel Sheela (1000 Rp) perchè è quello più’ vicino all’entrata del Taj Mahal. Abbiamo deciso che non potevamo andare via da Agra senza averlo visitato…Anche se siamo ancora un po’ debilitati ci facciamo forza e programmiamo la visita all’alba del giorno dopo.

19) Alle 6 di mattina siamo in fila fuori dall’East Gate e fa già caldo. Dopo aver passato i controlli della sicurezza, finalmente varchiamo la soglia del monumento simbolo dell’India e compare davanti ai nostri occhi il meraviglioso Taj Mahal. Mi viene la pelle d’oca di fronte a tanta bellezza e, rischio quasi di piangere, ripensando alla fatica fatta per arrivare ad essere qui. Questo mausoleo è davvero un capolavoro ed è impossibile descrive a parole tanta meraviglia. Ci gustiamo a fondo il momento ma alle 930 il caldo è già talmente forte che dobbiamo uscire. Inganniamo un po’ il tempo fino all’ora prevista per la partenza del treno che ci riporterà a New Delhi. Una volta là decideremo se continuare il viaggio (mancano ancora 20 giorni!) oppure anticipare il nostro rientro in Italia. Il percorso in ricsiò da Taj Ganj alla stazione di Agra Cantt, alle 14, con l’aria talmente bollente da bruciarmi la pelle del viso…E l’attesa in stazione, distesi per terra insieme e come gli indiani, sono momenti che non dimenticherò facilmente. Una volta saliti in treno finalmente ci godiamo l’aria condizionata (che, è anche troppa!) e lasciamo Agra, i ricordi dell’ospedale e del Taj Mahal, rimpiangendo di non essere riusciti a proseguire verso Khajuraho con i suoi templi erotici e la sacra Varanasi… Arriviamo a Paharganj dopo 6 ore e ci dirigiamo vs. L’Hotel R.S. International. Riusciamo ad ottenere anche uno sconto (1100 Rp) e ci ritiriamo in camera a riflettere… Scopriamo poi che sul tetto dell’hotel, hanno aperto il nuovo ristorante e così’ non dobbiamo nemmeno fare la fatica di uscire per cenare! 20) A Delhi fa caldo ma ci sono alcuni gradi in meno rispetto all’ Uttar Pradesh. Enrico è deciso a riportarmi a casa in anticipo mentre io, sto raccogliendo info. E valutando l’idea di andare verso il West Bengal (in Nepal non è consigliabile andare visto il recente risultato delle elezioni politiche che ha destabilizzato la situazione…).

21) La mattina usciamo presto e decidiamo di andare in un’agenzia di viaggi (Metropolis) a vedere il prezzo del biglietto aereo per “scappare” al fresco e nel pomeriggio, dopo attente riflessioni, decidiamo di andare a prenotare il volo A/R che il giorno dopo ci porterà all’aeroporto di Bagdogra, nel West Bengal (costo 12000 Rp -a testa- con l’Indian Airlines). La sera festeggiamo la decisione coraggiosa e comunichiamo la notizia, via Skype, ai nostri familiari…Che in video ci vedono pallidi e dimagriti e, anche se noi lo nascondiamo volutamente, sicuramente intuiscono che ad Agra qualcosa è successo… 22) Alle 6 siamo già pronti e saliamo sul taxi prenotato che per 250 Rp ci porterà al domestic airport. La mattina presto il traffico è meno caotico…Sui marciapiedi e sugli spartitraffico la gente è ancora sdraiata a dormire. In 20 min. Siamo arrivati. Facciamo il controllo X-ray e attendiamo pazientemente che vengano le 9:45. Alla fine decolleremo con quasi un’ora di ritardo ma il volo è piacevole e dal finestrino si vedono benissimo le cime innevate della catena più’ alta del mondo… L’Himalaya! Dopo 2 ore di volo arriviamo a destinazione. Appena scesi cerchiamo un taxi per Siliguri; alla cassa troviamo una turista americana che ci chiede di dividere il viaggio con lei…Tanto meglio…Il costo così’ sarà di 260 Rp diviso 3. Una volta usciti dall’aeroporto ci rendiamo subito conto della differenza…Qui sembra di essere in un altro continente…Le fitte foreste tropicali che ci accolgono ci fanno tirare un sospiro di sollievo…Dopo tanta afa non desideravamo altro! Qui il traffico è “ragionevole” e la gente lavora il legno lungo la strada in un clima di assoluta rilassatezza. In 20 min. Siamo a Siliguri. Li scendiamo per prendere un’altra jeep che ci porterà a Mirik, nostra prima tappa nel West Bengal. Le jeep collettive sono il mezzo migliore per spostarsi qui. Volendo si può anche prendere un bus, ma viste le strade strette e la velocità folle alla quale viaggiano i conducenti, non abbiamo avuto il coraggio di rischiare di rotolare giù’ per le colline… Unico neo della jeep è che si è costretti a viaggiare “vicini vicini” …E finché non è carica di persone oltremisura…Non si parte… In compenso però se ne trovano sempre e il prezzo è davvero buono. Infatti attendiamo lungo la strada solo 15 min. E poi, al volo, saliamo sulla jeep insieme ad altre 8 persone (+ una persona “appesa” fuori che non sappiamo come faccia a non volare via ad ogni curva…). A metà strada iniziano a comparire le distese di tè…Infiniti cespugli verdissimi, con le raccoglitrici intente nel loro lavoro, si alternano alla vista sulla valle che si allontana sempre più a mano a mano che saliamo in altitudine. Qui inizia davvero un capitolo della nostra avventura, completamente diverso dal quello intitolato “Rajasthan…Very hot!” e… Siamo contenti. Dopo un’ora e mezza siamo a destinazione. Mirik è a quota 1760 mt. E si trova al confine con il Nepal. Lungo la via principale ci sono 4 case e altrettanti alberghi e più’ in là, il Sumendu Lake con intorno altre case e varie scorciatoie per raggiungere le piantagioni di tè, i campi di arance e di cardamomo. Noi abbiamo prenotato all’Hotel Ratnagiri e quindi ci facciamo scaricare proprio davanti all’entrata; riusciamo a spuntare uno sconto per la suite (700 Rp al posto di 1000 Rp) che è davvero accogliente e con una splendida vista sul laghetto. Dopo un po’ di relax, siamo pronti per andare in perlustrazione e ci dirigiamo vs. Il lago; li iniziamo a fotografare gli alti alberi di cedro giapponese, le donne che per strada vendono il pane e, proseguendo il giro, lungo le sponde, incontriamo i bimbi che vanno per acqua alle fontane e le raccoglitrici di tè al rientro dal lavoro con le ceste sulle spalle e gli stivali di gomma blu ai piedi. Qualcuno lava i panni e li stende sull’erba, altri pescano le carpe…Noi passeggiamo tranquilli, felici di incontrare finalmente gente disponibile a farsi fotografare sorridendo e senza pretendere nulla in cambio. Alla sera ceneremo al ristorante Jagjeet con una semplice zuppa per “riscaldarci” un po’.

23) Ci svegliamo presto. Qui non fa freddo ( ci sono 19 gradi) ma è davvero molto umido. Alle 7, fuori dalla finestra, c’è solo la nebbia. Usciti dall’albergo, ci dirigiamo verso il tempio hindu Devi Sthan che si trova sopra le sponde del lago su per una scalinata che è circondata da banani, cespugli di bambù’ e cedro… All’entrata del tempio ci sono corone di fiori e una campanella da far suonare prima di entrare e dopo essersi tolti le scarpe. Le offerte dei pellegrini (fiori, incenso, arachidi) sono poste tutt’intorno alle raffigurazioni dei loro dei e noi, cercando di non disturbare troppo, assistiamo alle preghiere mattutine. Una volta scesi, continueremo il giro di perlustrazione, sbagliando strada un po’ di volte… E, a mezzodì, pranzeremo al Blue Lagoon con patatine fritte e riso al pepe e verdure. Nel pomeriggio visitiamo la chiesa di Don Bosco e proseguiamo verso il Main Bazar dove troviamo la compagnia di due bimbi che ci tempestano di domande sul nostro paese e, appena presa un po’ di confidenza, ci chiedono i soldi per comprarsi una bicicletta… La sera ceniamo al Samden Restaurant per assaggiare gli ottimi momo tibetani, la zuppa di chowmein e thukpa con manzo e verdure…Accompagnati da un bicchiere di acqua e limone che serve per riscaldaci! 24) Oggi abbiamo deciso di andare a visitare la fabbrica del tè ( la Turbo Tea) che però troviamo chiusa…Sarà perchè oggi è il primo maggio, giorno della festa dei lavoratori? La giornata prosegue in assoluto relax perchè nel pomeriggio un violento acquazzone ci costringe a rimanere chiusi in albergo. E anche di notte veniamo svegliati dai tuoni e dal forte temporale che ci preoccupa un po’, dal momento che il nostro bagno è fatto completamente di latta! Poi tolgono anche la corrente e stiamo a letto stretti stretti abbracciati aspettando che passi.

25) Oggi lasciamo Mirik. Sotto il peso dei nostri zaini ci dirigiamo tranquilli vs. Il bus stand e li scopriamo che oggi è impossibile partire perchè c’è lo sciopero delle jeep. Fortuna che il giorno prima ci avevano assicurato che avremmo trovato tranquillamente un mezzo per lasciare Mirik! Evvabè. Cosa possiamo fare? Il ns. Programma prevede che oggi si vada a Darjeeling…Ma il servizio taxi è troppo costoso: ci chiedono 900 Rp- 10 volte tanto rispetto alla shared jeep- niente da fare. Allora ci spostiamo verso la strada che porta a Darjeeling con l’idea di fare auto stop…Fortunatamente dopo 10 min. Passa un’auto che fermiamo e riusciamo a convincere il conducente a portarci fino a metà strada pagando 150 Rp. A manetta, evitando gli operai al lavoro che asfaltano le strade, mettono giù’ tubi e fognature, e le altre jeep che senza avvertire compaiono da dietro la curva … Arriviamo alla prima tappa. Li scendiamo e ci dicono di aspettare per poi farci salire su un altra jeep che per 60 Rp prosegue fino a Darjeeling, a 2134 mt. Stretti stretti, con l’autista che guida stando praticamente in braccio al passeggero alla sua sinistra, iniziamo a salire, fino ad arrivare a destinazione …Nel caos di Darjeeling. Il paese sorge su “un ripido crinale” e noi veniamo scaricati a più’ di 1 km dal nostro hotel. Per arrivare al Bellevue dobbiamo raggiungere Chowrasta, il punto focale della Darjeeling vittoriana, passando attraverso il traffico delle corriere, delle jeep, delle auto con i loro gas di scarico che ci intossicano per bene. Saliamo per 40 min. Sotto il sole e finalmente scorgiamo il ns. Hotel. L’unica camera che hanno a disposizione è carina e dentro c’è persino una stufa che avrà almeno 100 anni. La prendiamo per 800 Rp a notte. Pranziamo da Frank Ross Cafè con dosa, patatine fritte, cheese toast e masala tea… Che saranno indigeste e poi ci fermiamo alla famosa pasticceria Glenary’s per assaggiare un dolcetto. Le nuvole coprono le montagne dell’Himalaya ma riusciamo comunque a gustarci il tramonto. La sera scendiamo a fare un giro in piazza e a procuraci qualche indumento caldo per non rischiare di prenderci anche l’influenza. Ceniamo al ristorante di Glenary’s, famoso a Darjeeling per offrire un servizio di alta qualità…Niente da dire sul servizio…Ma sui servizi (sul bagno) invece si… Perchè erano veramente sporchi. Io ho ancora qualche problemino di pancia (la dissenteria ha iniziato a perseguitarmi di nuovo, dopo la fine della cura antibiotica del Dott. Jaggi) e quindi non ho molto appetito, mentre invece, gli altri turisti del ristorante si godono le specialità tandoori accompagnate da fiumi di birra ghiacciata. Quando noi rientriamo in hotel invece ci facciamo preparare la borsa dell’acqua calda…

26) Oggi purtroppo non è bel tempo e il panorama sulle montagne non si vede. Il monte più’ alto dell’India, il Khangchendzonga, è la principale attrattiva per chi viene fin quassù’. Siamo nel periodo della stagione più’ indicato per ammirare le cime himalayane…Ma sembra proprio che una nuvoletta fantozziana ci accompagni per tutta la nostra permanenza qui. Decidiamo allora di fare un giro fino alla stazione per vedere in funzione il Toy Train che dal 1881 sfreccia per le colline lungo i suoi binari di appena 60 cm. Arriviamo proprio mentre sta per partire…Il vapore ci toglie il respiro…I macchinisti stanno aggiustando qualche meccanismo e per provare se funziona lo fanno andare avanti e indietro per 3/4 volte. Ognuno si dà da fare per sistemare qualcosa…Anche se non sembrano essere tutti membri dell’equipaggio, cercano di dare il loro contributo…Strana gente gli indiani! Per il pranzo ritorniamo da Glenary’s per assaggiare il rashimi kebab di pollo marinato in yogurt speziato che è davvero ottimo. Poi per il te andiamo da Goodricke, The House of Tea: prima sentiamo se il te è di nostro gradimento e poi ne compriamo 1 kg. Come regalo per i ns. Amici in Italia. Nel frattempo a Chowrasta è iniziato un festival: è pieno zeppo di gente e hanno montato un palco dal quale si sta esibendo una ragazzina che, cantando tutta ammiccante e con mossette alla Britney Spears, fa impazzire la folla. Che scene! Via da li vado a fare spese e compro qualche pashmina che però pagherò un po’ troppo…Durante la contrattazione mi chiedono che lavoro faccio io e che lavoro fa il mio ragazzo…Quando dico che siamo entrambi disoccupati, sembrano essere un po’ disorientati. In effetti, siamo due tipi strani e per ora abbiamo pensieri più’ urgenti del lavoro…Tipo decidere se andare o meno allo zoo o quanto te comprare… 🙂 La sera andiamo a cena al Kunga Restaurant per assaggiare la cucina tibetana e incontriamo una coppia di ragazzi torinesi che hanno appena finito di fare una settimana di trekking nel Sikkim. Chiacchieriamo e ci raccontiamo le nostre avventure e rimangono un po’ scioccati nel sentire che ci hanno pure ricoverato in ospedale! 27) Oggi è domenica e decidiamo di andare a piedi a vedere lo zoo Padmaja Naidu che ospita l’unica colonia di tigri siberiane dell’India, orsi himalayani, panda rossi, leopardi delle nevi e lupi tibetani, l’Himanayan Mountaineering Istitute con l’Everest Museum e il Museo dell’Alpinismo con la statua di Tenzing Norgay – famoso nel mondo per essere stato il primo uomo (insieme al neozelandese Edmund Hillary) a scalare l’Everest nel 1953-. Lo zoo è ben tenuto ma gli animali stano in piccole gabbie e fanno davvero pena; in ogni angolo ci sono cartelli che invitano gli ospiti fare silenzio per rispettare le bestie ma…Non c’è nulla da fare…Gli indiani qui dentro passano come un’orda di barbari fregandosene di ogni regola e anche la visita dei 2 musei è resa praticamente impossibile tanto è il frastuono e il caos che fanno. Nel pomeriggio, dopo il solito acquazzone, partiamo a piedi verso l’Observatory Hill – collina sacra sia a i buddisti che agli hindu, dove sorgono vari tempietti circondati da colorate bandiere da preghiera e…Purtroppo…Anche da scimmie saccheggiatrici… Che mi spaventano non poco. 28) Oggi andremo al Tibetan Refugee Self-Help Centre. Come al solito decidiamo di spostarci a piedi, anche se sulla guida c’è scritto che è facile perdersi. In effetti non è proprio semplice raggiungerlo, ma la gente del posto con noi è davvero gentile e grazie alle loro indicazioni, dopo 40 min. Di passeggiata in discesa, giungiamo a destinazione. Gli altri turisti arrivano qui con il taxi (noi decidiamo di prenderlo per rientrare in paese). All’ingresso incontriamo subito un vecchietto che ci indica il percorso da seguire, dal momento che il centro è piuttosto ampio. Iniziamo entrando nei laboratori; in quello dove si producono tappeti ci fermiamo a vedere le donne intente al lavoro sui filatoi e poi ci spostiamo in un altro ambiente dove vengono conservate le matasse di lana prodotte in loco con coloranti naturali estratti dalle foglie di te, da pietre e da altre erbe autoctone. Rimaniamo parecchio ad ammirare gli splendidi colori dei gomitoli e a sentir parlare il vecchietto che, seduto alla scrivania, ci dice con orgoglio che le prenotazioni dei tappeti da fare su commissione, sono già arrivate a metà dell’anno prossimo! Usciti andiamo verso la mostra fotografica che ritrae alcuni momenti della fondazione e costruzione del centro ma che documenta anche la recente repressione cinese del 18 marzo che, a Lhasa, ha fatto piu’ di 100 vittime. Usciamo un po’ scossi e per riprenderci ci sediamo ad ammirare il paesaggio che da sulle splendide piantagioni di te. Poi lasciamo il centro e andiamo in cerca di un passaggio in jeep che per 10 Rp ci riporterà a Chowk Bazar. Il caos e l’inquinamento che regnano qui sono seccanti perchè, almeno a piu’ di 2000 mt. Di altitudine, speravamo di poterci gustare un po’ d’aria pulita…E invece…Niente da fare. Siamo completamente intossicati dagli scarichi dai quali esce il gasolio indiano che ha un contenuto di zolfo 150 volte superiore a quello europeo. Non riesco proprio ad immaginare come sarà vivere qui tra 50 anni… Il pomeriggio lo trascorreremo da Glenary’s, difronte ad una tazza di te, ammirando lo spettacolare tramonto. 29) Questa mattina, a piedi, andremo in visita alla Happy Valley Tea Estate, la fabbrica del te del posto. In 30 min. Raggiungiamo il nuovo edificio e aspettiamo l’arrivo di altri turisti (che giungono rigorosamente in jeep) per iniziare il giro “turistico”all’interno della fabbrica. Qui a Darjeeling si produce il 25% del te dell’India. Ogni giorno 180 donne raccolgono, a mano, kg. Su kg. Di foglie di te (ieri, ad esempio i kg. Raccolti sono stati ben 880). Le foglie raccolte vengono poi fatte passare sui dei rulli che eliminano l’acqua, lasciate fermentare e inserite in appositi forni per essere completamente essiccate. Il passaggio successivo prevede la separazione delle foglie rimaste intatte (che diventeranno di prima scelta), da quelle spezzate (di seconda scelta). Questo procedimento di distinzione, viene fatto esclusivamente (ed incredibilmente) a mano da un gruppo di donne…Dalla pazienza infinita! Il te qui prodotto sarà poi spedito in Germania ai proprietari dell’azienda indiana, che lo commercializzeranno in Europa a prezzi altissimi. Io compro un paio di scatole per poche centinaia di Rp. E, dopo aver lasciato la mancia alla ns. Giovane guida, usciamo per incamminarci di nuovo verso il centro. Abbiamo intenzione di lasciare Darjeeling domani ma, appena arrivati al bus stand, scopriamo che il giorno dopo ci sarà una sorta di sciopero e che perciò nessuno potrà muoversi di li. Di nuovo uffa! Decidiamo allora di sfruttare la giornata in piu’ per andare a prenotare un giro sul trenino. Ci mettiamo in coda buoni buoni davanti alla cassa della stazione e attendiamo il nostro turno…Mentre 4/5 indiani, noncuranti della fila, ci passano davanti con nonchalance. Dopo oltre 30 min. Di attesa, con un diavolo per capello per non aver ancora concluso nulla, decidiamo di lasciar perdere il giro in treno e rincasare. Un muffin in pasticceria ci tirerà su di morale. 30) Enrico alle 4 di stamattina è già sul tetto per cercare (invano) di immortalare le cime dell’Himalaya. Alle 8, appena usciti dall’hotel, ci accorgiamo che il paese è deserto. I negozi sono tutti chiusi e persino le bancarelle fisse in Nehru Rd. Sono vuote. Non è dato sapere cosa possa essere accaduto. Darjeeling oggi è una città immobile. Solo i turisti girovagano sconsolati in cerca di rifugio, mentre gli indiani sono tutti spariti. Decidiamo allora di andare a visitare a piedi la bianchissima Japanese Peace Pagoda della comunità buddista giapponese Myohoji. Rientriamo per pranzo ma non sappiamo bene dove andare perchè i ns. Ristoranti di riferimento sono tutti chiusi. Alla fine troviamo l’unico albergo con ristorante aperto e sperimentiamo un pasto indiano con menu’ tipico bengalese. Anche la sera sarà un’impresa trovare un posto aperto e…Pulito…Per rifocillarsi un po’.

31) La mattina presto lasciamo l’hotel e ci dirigiamo verso il baracchino dove prenotiamo 2 biglietti per Kalimpong (70 Rp). Alle 9, stretti come sardine, siamo pronti per partire in 12 su una jeep da 6! Lasciamo Darjeeling e le sue cime (che non abbiamo mai visto) per arrivare dopo 2,5 ore a Kalimpong…Che, se possibile, è ancora piu’ incasinata di Darjeeling. Scendiamo nel caotico Motor Stand e raggiungiamo con una jeep il Deki Lodge. E’ un hotel pulito gestito da tibetani e per 550 Rp ci alloggiano in una piccola stanza. Dopo un breve riposino scendiamo in centro che è abbastanza anonimo. Curiosiamo un po’ in giro ma non c’è molto da vedere, così ritorniamo al Motor Stand per trovare un taxista disposto l’indomani a portarci fino ai villaggi sperduti di Lava e Kaffer. Lo troviamo e ci mettiamo d’accordo per partire alle 8 di mattina. 32) Nella guida della Lonely c’è scritto che si tratta di 2 villaggi poco frequentati dai turisti e che costituiscono delle “tranquille e pittoresche oasi di pace”. Lava è a 2353 mt. D’altitudine a 35 km. Da Kalimpong, mentre Kaffer è 30 km. Piu’ a est. Pieni di entusiasmo iniziamo la corsa verso Kaffer. Ci vogliono piu’ di 3 ore su strade sconnesse e malandate per raggiungerlo. Si passa attraverso la foresta con gli alberi ricoperti di muschio e tra le piante di banano e bambù’…Scorgendo ogni tanto qua e la meravigliose orchidee bianche scendere dagli alberi. Il tragitto è faticoso sia per l’autista che per il nostro fondoschiena! Alle 11 arriviamo a Kaffer o Lolaygaon. Visitiamo una foresta di piante native e saliamo sul ponte sospeso tra gli alberi per ammirare da vicino la selva. Il giretto dura poco…Perchè noi siamo piu’ interessati a vedere il villaggio. Ritorniamo dal taxista che ci porta verso un punto panoramico. Si, bello, ma il villaggio…Dov’è? Alla fine arriviamo al villaggio ma è formato solo da 4 case per nulla tradizionali con fuori solo pochi abitanti vestiti all’occidentale… Evidentemente la pittoresca oasi descritta dalla guida o non è piu’ qui, o noi non siamo riusciti a vederla…Fattostà che dopo aver pranzato con 4 momo in due e 4 piccole banane, decidiamo di ripartire. Appena saliti in macchina il tempo cambia e, verso le 13, quando giungiamo a Lava, inizia a diluviare. Così non riusciamo a vedere nulla e, sconsolati, proseguiamo verso “casa”. Che giornata da dimenticare! Rientrando chiedo all’autista di fermarsi a vedere “almeno” il Tharpa Choling Gompa. Ci accontenta (perchè ci vede veramente tristi) e la visita a questo monastero ci fa riprendere il buonumore. Si tratta di un edificio recente con all’interno le statue del Buddha del passato, del presente e del futuro e vari interessanti affreschi e fuori abbiamo la possibilità di vedere anche i monaci tibetani al lavoro intenti a fare il pane, spaccare la legna e ridipingere la facciata del monastero. Rientriamo in hotel dopo aver saldato il conto con l’autista (1100 Rp) e andiamo a riposarci. La sera ceniamo presso il ristorante con dell’ottima pasta alle verdure (il proprietario cucina davvero bene). Anche per il nostro ultimo giorno a Kalimpong abbiamo deciso di noleggiare un taxi. Ormai siamo giunti al termine del nostro viaggio e siamo troppo affaticati per girare anche questa città a piedi. Al Motor Stand, per 450 Rp troviamo un tassista disposto a portarci al Nursery’ man’s Haven, alla chiesa di Santa Teresa, al Pine View, al Durpin Gompa e al Jelepla Viewpoint. Il primo stop è al vivaio di orchidee dentro la guesthouse Holumba Haven. Ce ne sono tantissime e dai colori splendidi. La seconda tappa è nella chiesa gesuita; costruita nel 1929, è stata progettata per essere accettata dalla gente del posto e perciò assomiglia ad un gompa bhutanese. Il padre ci accoglie ed è ben felice di scambiare 4 chiacchiere con due italiani. Ci spiega che la chiesta è stata realizzata interamente in legno; non ci sono ne’ bulloni ne’ nessun altro materiale in metallo li dentro. Terza tappa il vivaio di cactus: non è molto tipico ma ci divertiamo a fotografarli perchè hanno delle forme davvero simpatiche. Finito con i cactus andiamo a visitare il monastero piu’ grande di tutta Kalimpong. Per arrivarci, attraversiamo un’area militare che è talmente pulita da farci dubitare per un attimo di essere ancora in India. Il monastero è stato consacrato dal Dalai Lama in persona ed è davvero bello. Un giovane monaco ci apre gentilmente le porte e possiamo curiosare indisturbati ammirando i dipinti sui muri e sui soffitti, i mandala tridimensionali, i drappi colorati i tamburi e le statue dai volti a volte inquietanti. Ci dirigiamo poi verso la nostra ultima tappa, il punto panoramico Jelepla; da qui dovremmo riuscire ad ammirare il belvedere sull’Himalaya, ma, come al solito, le nuvole lo nascondono. Ritorniamo al Motor Stand e prenotiamo la jeep che ci porterà verso la nostra ultima tappa nel West Bengal: Kurseong. Oggi è sabato ed è giornata di mercato. Così ci infiliamo nell’Haat Bazar e stiamo li a far foto per ben due ore! Riusciamo finalmente a vedere un tipico mercato locale, pieno di gente giovane e meno giovane intenta a vendere e a comprare qualsiasi tipo di mercanzia del posto. Fiori, pesce, frutta, verdura, scarpe, vestiti, pasta, spezie, casalinghi…E chi piu’ ne ha più’ ne metta. E’ emozionante perché dietro ogni angolo di questo mercato si scorgono le facce della gente autentica presa in momenti di ordinaria quotidianità. Alcuni sorridono e si lasciano fotografare tranquillamente, altri invece non ci tengono proprio ad essere immortalati dagli stranieri.

34) Alle 6 siamo già svegli e riposati. Paghiamo la stanza e in cambio riceviamo anche un piccolo regalo dalla mamma del propritario. La mattina la trascorriamo recandoci in visita al Thongsa Gompa che si trova a 5 min. A piedi dal nostro lodge. E’ domenica perciò molta piu gente oggi è li per pregare…Tutti prima di entrare fanno il giro dell’edificio per far girare tutte le 219 ruote di preghiera che lo circondano. Entriamo e stiamo in silenzio a guardare i pellegrini intenti a pregare ed ammiriamo gli affreschi del 1700. Alle 11 chiediamo al proprietario del ns. Hotel di prepararci il pranzo in tempo per la partenza prevista per le 12:30…Alle 12:15 però non è ancora arrivato nulla…Ci agitiamo un po’ e, alla fine, il pranzo arriverà proprio all’ultimo secondo e saremo costretti a finirlo in 3 minuti! Con i ns. Zaini usciamo di corsa e ci dirigiamo con passo svelto verso il Motor stand…Arriviamo tutti trafelati con addirittura 5 min. D’anticipo. La strada fino a Kurseong è lunga ma lo spettacolo dal finestrino è magnifico. Davanti ai nostri occhi si vede tutta la splendida vallata ed è davvero emozionante. Alle 16:30 siamo a destinazione e veniamo scaricati per primi davanti al Kurseong Tourist Lodge. Si tratta di un hotel piuttosto vecchio e pieno di muffa, ma la vista sulla vallata ci convince a rimanere e a pagare 950 Rp. Anchè Kurseong, a prima vista, non offre granchè…È considerata la sorella minore della regina delle colline Darjeeling ma, per noi, è una mezza delusione. L’unica ragione per fermarsi qui è il panorama e la vista delle piantagioni di te. Infatti, la prima cosa che facciamo appena usciti dall’hotel, è andare ad ammirare il tramonto in mezzo ai cespugli di te…È davvero un bel momento e sullo sfondo ci sono le splendide vedute sul Fiume Teesta e sulle pianure a sud. 35) Gironzoliamo un po’ in città fin dalle prime ore del mattino e dopo tanto camminare arriviamo fino all’entrata di un tempio hindu; una volta dentro ci sediamo ad ascoltare la recita delle preghiere del brahmino di turno. Il tempio sorge dentro ad una grotta dove c’è un altare con sopra una statua circondata dai doni dei pellegrini. Dopo le preghiere camminiamo ancora un po’ e ci addentriamo in un villaggio dove credo nessun’altro turista abbia mai osato metter piede. Tutti gli abitanti ci accolgono con sorrisi e Namaste…Ma poi gentilmente ci scortano verso l’uscita.

36) Alle 5:30 mi alzo per controllare il panorama e…Finalmente…Il nostro ultimo giorno nel West Bengal…Riusciamo a vedere le vette himalayane! Che soddisfazione e che regalo! Adesso possiamo tornare a casa sereni. Alle 8 partiamo con la jeep prenotata il giorno prima che per 800 Rp ci porterà direttamente all’aeroporto di Bagdogra. Con tre ore d’anticipo sulla partenza del volo, arriviamo a destinazione e dopo aver litigato con il tassista che vuole di piu di quanto pattuito, entriamo in aeroporto. Il volo fa scalo a Guwahati e così atterreremo a Delhi dopo 4 ore. Con 215 Rp un taxi prepagato ci porta fino a Paharganj. Fa caldo, di nuovo, troppo caldo e noi non siamo piu abituati a quest’afa. Io sono stanca morta e mi sdraio sul letto. La sera abbiamo appuntamento per cenare con il ns amico Saif (l’indiano che ci ha accolto in aeroporto ben 36 giorni fa!). Raccolgo le forze e scendo in strada. Saif arriva elegantissimo, noi invece ci siamo vestiti con gli abiti confezionati dal ns. Sarto di Pushkar e, forse, gli sembriamo un po’ ridicoli. Ci trova cambiati…In effetti qualche kilo l’abbiamo perso e l’India ha certamente lasciato il segno… Passiamo la serata facendogli vedere qualche foto e raccontandogli un po’ di aneddoti…Ovviamente tralasciando l’avventura in ospedale. Ci lasciamo scambiandoci gli indirizzi e.Mail e con la promessa di rivederci presto in Italia. La sera stessa c’è un attentato terroristico a Jaipur. Fanno scoppiare 8 bombe in pieno centro e i morti sono piu di 60. 37) Ci siamo…Stasera abbiamo il volo per rientrare in Italia. Paharganj è diversa oggi: ogni angolo è pieno di poliziotti che controllano i negozi per verificare la presenza di eventuali ordigni esplosivi. Enrico ha paura, io un po’ meno perchè forse non mi rendo pienamente conto della gravità della situazione. Dopo aver concluso le ultime compere ci rifugiamo in hotel e nel pomeriggio ci sarà pure uno spaventoso temporale… Lasciamo Delhi la sera tardi, felici di partire. L’India ci mancherà, ma, ora come ora, abbiamo solo voglia di rientrare in Italia per riposarci, riabbracciare i nostri cari, raccontare le nostre avventure e…Mangiare di nuovo un po’ di sano cibo veneto!



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