Un mancato viaggio responsabile

Prima volta in Rajasthan, prima volta in India. Notizie utili: • Temperature: Dicembre e Gennaio sono gli unici mesi invernali in India dove le temperature oscillano da un minimo di 7-8 °C ad un massimo di 25. Ovviamente di notte e di mattina presto le temperature sono basse, le giornate si incominciano a riscaldare dalle 10,00 in poi, per...
Scritto da: 1vilma
un mancato viaggio responsabile
Partenza il: 28/12/2007
Ritorno il: 12/01/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Prima volta in Rajasthan, prima volta in India. Notizie utili: • Temperature: Dicembre e Gennaio sono gli unici mesi invernali in India dove le temperature oscillano da un minimo di 7-8 °C ad un massimo di 25. Ovviamente di notte e di mattina presto le temperature sono basse, le giornate si incominciano a riscaldare dalle 10,00 in poi, per questo è meglio vestirsi secondo il classico modus a “cipolla”! Poche t-shirt a mezze maniche per i più calienti e qualche maglione in più sono necessari per stare bene, oltre al giubbotto con cui si parte dall’Italia. E’ bene portare una buona scorta di calzini perché in tutti i templi bisogna togliersi le scarpe e, in molti, soprattutto in quelli Jainisti, purtroppo anche i calzini.

• Malattie: in questo periodo il pericolo di contrarre la malaria è veramente basso, per cui noi abbiamo deciso di non effettuare alcuna profilassi farmaceutica, ma sempre stando attenti a rispettare una buona profilassi comportamentale. In effetti di zanzare ne abbiamo viste veramente poche, solo fuori città e al calar del sole, quando ormai eravamo pressocché tutti coperti (alcuni del gruppo hanno infatti sospeso la profilassi con il Lariam). Non abbiamo fatto alcuna vaccinazione riservandoci sempre di essere accorti nel mangiare e nella pulizia. A tal proposito è stata veramente utile l’Amuchina gel igienizzante per le mani, da portare sempre con sé.

• Cucina: la cucina mi è piaciuta molto benché piccante e speziata, prevalentemente vegetariana, si possono trovare anche piatti di pollo, montone, capra, agnello; ma ovviamente non di vitello (vietato per gli hindu) o maiale (vietato per i musulmani). Alcuni piatti che ho assaggiato personalmente e che sono stati veramente buoni sono: la “samosa” che è un cono croccante fatto di farina di ceci e ripieno di patate e piselli; il “mix vegetables” che è un misto di ortaggi stufati (cavolfiori, piselli, pomodori, carote, ecc.) dal sapore appetitoso; il “subz biryani” che è il riso basmati bollito con verdure di stagione ed erbe aromatiche (questo piatto non sempre è squisito, dipende dal cuoco); lo “special pullau” che è il riso speziato con anacardi, banane, pomodori, ecc.; il “dhal” di lenticchie che è molto simile alla zuppa che cuciniamo noi, solo che è speziata.

Ci sono, poi, molte varietà di pane, tutte molto buone, benché differenti dalle nostre. Il “papardam” è una sfoglia croccante di pane fatta con farina di lenticchie e cumino (un po’ piccante, sembra una patatina gigante); il “chapati” è tipo una base di pizza napoletana però più sottile; il “paratha” è tipo una pasta sfoglia oleosa; il “nan” è il classico pane indiano tipo pizza che si può trovare anche aromatizzato, come ad esempio il “garlic nan” aromatizzato all’aglio: una vera squisitezza! Per tutti i piatti ho sempre sottolineato che non dovevano essere piccanti: in questo modo ho evitato di andare a “fuoco” ogni volta.

Ho rigorosamente evitato tutto ciò che era crudo e per la frutta un po’ tutti ci sentivamo dei “banana men”, mangiando banane la mattina, a pranzo, per uno snack o la sera, dato che erano quelle che si prestavano meglio ad essere sbucciate in ogni momento.

• Costi extra: all’ingresso di ogni monumento si paga sempre per l’utilizzo della macchina fotografica o della videocamera (per la videocamera i prezzi sono molto più elevati, ma variano da un minimo di 0,50 ad un massimo 6/7 Euro).

• Medicine: praticamente ho portato di tutto, dalla semplice aspirina all’antispastico, termometro, antibiotico, antidiarroico, cerotti, disinfettante, antistaminico, pomata antistaminica, insettifugo. Le farmacie ci sono, ma sono più degli spacci e si avvalgono spesso della medicina ayuverdica meno di quella chimica.

• Cambio: fluttuante da zona a zona e di giorno in giorno, in media si aggirava sulle 55/56 Rupie per 1 Euro. E’ meglio cambiare qualcosa in aeroporto e poi di volta in volta.

• Bagni: non essendo abituata alla nuova cucina ho avuto qualche problemino che ho risolto con l’ausilio del tanto affidabile “Imodium”. In pullman sarebbe stato veramente difficile fronteggiare una “situazione” improvvisa. I bagni scarseggiano lungo le strade e molte volte siamo stati costretti a delle soste nei campi limitrofi: donne a destra e uomini a sinistra! I bagni pubblici, poi, nelle città sono difficili da immaginare: non hanno porte o separè! E’ un’esperienza unica: c’è solo la distinzione per gli uomini e per le donne e sono costituiti dal solo pavimento o, nella migliore delle ipotesi, sono alla turca. D’altronde gli uomini, con molta libertà, approfittano di ogni angolo di strada a disposizione. Per fortuna che i bagni nei templi, nelle fortezze o, comunque, nei luoghi turistici sono molto più simili ai nostri.

• Elettricità: ci sono interruzioni occasionali nell’erogazione di elettricità. In compenso se si vuole uscire di sera soprattutto nei centri extra-urbani è bene portarsi una torcia elettrica. L’adattatore non è servito. • Distanze: si procede a 50 Km/h circa, per cui per fare 30 km ci si impiega circa un’ora. Il traffico è veramente indisciplinato, le mucche sbucano all’improvviso e i sorpassi sono una vera acrobazia.

Armando ed io sapevamo che non sarebbe stato un viaggio semplice, si sa che per andare in India bisogna essere preparati ad affrontare una dura realtà, d’altra parte siamo stati parecchie volte in Africa e ci sembrava di essere pronti per affrontare una simile scoperta. La scelta è ricaduta sul Rajasthan perché, essendo una zona molto turistica e ricca, l’impatto con la realtà locale poteva essere più soft rispetto ad altre zone del Sud dell’India o alle grandi città come Bombay o Calcutta. Siamo partiti da Roma, via Zurigo con la Swiss Air, il 28 dicembre scegliendo come tour operator il CTS (Centro Turistico Studentesco e Giovanile), perché si propone come un’organizzazione seria all’insegna di un “turismo responsabile e sostenibile, tesa a diffondere la conoscenza, protezione, salvaguardia e tutela degli ambienti naturali e del patrimonio storico, artistico e culturale… offrendo soluzioni di viaggio vantaggiose”. Per questo tour non è andata proprio così… Il viaggio è durato 16 giorni con partenza da Delhi. Siamo arrivati in aeroporto, certo, mi aspettavo un aeroporto degno della capitale dell’India, ma in effetti sin dall’inizio ci siamo resi conto delle diversità a cui andavamo incontro necessariamente: all’una di notte file interminabili ci aspettavano per il controllo passaporto e finalmente incontriamo la nostra guida Anupam e il gruppo con cui dovevamo condividere la nostra esperienza. In tutto eravamo 24 persone.

Il nostro itinerario incomincia con la visita della città di Delhi, ma di essa abbiamo visto ben poco: il “Mutiny Memorial” (che si potrebbe evitare) un monumento ai caduti eretto dagli inglesi in memoria di coloro i quali persero la vita durante la rivolta; “Jama masjid” che è una bella moschea, nonché la più grande dell’India (merita una visita); “Raj Ghat” è un parco dove si trova la piattaforma che indica il posto dove è stato cremato Mahatma Gandhi nel 1948 (basta una breve visita). Nei dintorni di Delhi abbiamo visto il “Qutb Minar”, un complesso di edifici che risale all’inizio della dominazione islamica in India dove spicca una torre del XII sec., alta quasi 73 metri (vale la visita).

3° giorno: visita di Agra dove abbiamo visto il Forte rosso (sicuramente più bello di quello di Delhi) e il “Taj Mahal”, simbolo dell’India e patrimonio dell’Umanità (merita una visita al tramonto o all’alba, quando il suo marmo bianco assume una colorazione molto delicata; l’interno è deludente e buio).

4° giorno: Nei dintorni di Agra la sosta è a Fatehpur Sikri, una città deserta del XVI sec., abbandonata dopo la morte dell’imperatore per scarsità di acqua.

5° giorno: Visita di Jaipur, capitale del Rajasthan e del Forte Amber a dorso di elefante. (vedi PUNTI DI CRITICITA’).

6° giorno: Arrivo a Pushkar. Finalmente si respira un’atmosfera diversa, si avverte di essere arrivati in una città che è un centro di pellegrinaggio hindu. Visita ad uno dei pochi templi al mondo dedicati al dio Brama. (Assolutamente da non perdere la visita di questa città).

7° giorno: Jojawar: una visita di cui vergognarsi (vedi PUNTI DI CRITICITA’).

8°/9° giorno: visita di Udaipur, una bella città che sorge sulle sponde del Piccola Lake, al cui centro spicca il Lake Palace. Un posto sicuramente romantico da raggiungere in barca. Visita del City Palace e dei musei (Il City Palace è molto bello).

10°/11° giorno: proseguimento per Jodhpur e visita del “Forte Meherangarh” (bellissimo!) che vale veramente la pena di visitare, questa volta, per fortuna, con audioguida.

12° giorno: visita di Jaisailmer con il suo forte e le haveli (palazzi signorili di notevoli dimensioni riccamente decorate fatte costruire dai ricchi commercianti tra il XIX e l’inizio del XX secolo). Nel pomeriggio escursione a dorso di cammello sulle dune di Sam (indovinate un po’? E’ piovuto nel deserto! Mah…Ci vuole proprio fortuna!).

13° giorno: Arrivo a Bikaner, una città deserto dove sono previste le visite al Forte e all’annesso tempio (sinceramente si possono benissimo evitare e vedere altre meraviglie) (vedi CONSIGLI).

14° giorno: partenza per Mandawa, città fondata nel XVIII sec., molto polverosa dove il tempo sembra essersi fermato. Le fogne sono a cielo aperto e le haveli, purtroppo, sono in stato di abbandono (sicuramente da visitare e, possibilmente, pernottare prenotando in tempo perché c’è sempre molta affluenza).

15°/16° giorno: Partenza per Delhi, arrivo verso le 20,00 e trasferimento in aeroporto per Roma alle ore 1,55. (Un’attesa mal gestita e organizzata).

CONSIGLI: • A Deshnok, una cittadina distante da Bikaner una trentina di kilometri è possibile visitare lo straordinario tempio di Karni Mata. Qui il tempio è affollato dai topi, considerati sacri ed è un’importante meta di pellegrinaggio. Si pensa siano le reincarnazioni dei cantastorie e si dice che mangiare una pallina di zucchero coperta dalla saliva di un sacro roditore porterebbe fortuna. Mah! Per me è stata già una grande sfida riuscire ad entrare nel tempio, dove, come al solito, bisogna togliersi le scarpe, ma non i calzini. E’ una esperienza che ci fa capire, ancora meglio, la cultura e la religiosità del popolo indiano. All’entrata, nel cortile, la situazione è abbastanza gestibile, l’atrio è grande e i topi stanno per conto proprio, intenti a bere latte o a mangiare dolcetti. In seguito per entrare nel tempio l’ingresso è di circa 60 cm e lì bisogna avere molto self control e ricordarsi di stare in un luogo sacro per gli induisti. Beh, dopo che un topolino mi ha tagliato la strada passando sul mio piede, non ho resistito e sono uscita! • A Bikaner un tempio che è da non perdere, non contemplato nel tour, è il “Bhandasar Temple”, differente da tutti gli altri, ha affreschi bellissimi e miniature raffiguranti le sentinelle degli dei.

PUNTI DI CRITICITA’: • GUIDA: una persona molto disponibile e gentile, ma una guida incompetente sia da un punto di vista culturale che organizzativo e questo, ha influito notevolmente sulla riuscita del tour. Meno male che quasi tutti avevamo l’immancabile guida Lonely Planet.

• JOJAWAR: un villaggio neanche contemplato dalla Lonely Planet dove, come da programma, dopo il trasferimento in Hotel: Rawala Jojawar, era previsto nel pomeriggio un safari in jeep. Siamo partiti in jeep pensando di vedere antilopi, bufali o altri animali, ma di essi nessuna traccia. Ci hanno portato, invece, in un villaggio, dove ci hanno spiegato che il proprietario dell’Hotel presso il quale alloggiavamo, concedeva agli abitanti di stare sul suo suolo senza assicurare loro un minimo di assistenza sanitaria o istruzione scolastica. Inutile dire che il tour che ci hanno proposto è stato un “SAFARI UMANO” dal quale sono rimasta veramente disgustata. La nostra guida ci ha pregato di non regalare nulla agli abitanti di questo villaggio, perché il proprietario terriero voleva preservare il “turismo” e garantirlo allo stato puro. Quando, poi, una del gruppo, avendo un collirio a disposizione e vedendo gli occhi dei bambini con evidenti infiammazioni ha somministrato loro un po’ di quella medicina, il cuore mi si è stretto alla vista di quelle faccine all’insù che facevano a gara per avere un po’ di sollievo. Non per una caramella, non per un giocattolo, ma per un po’ di collirio! Quei volti non li dimenticherò mai e questo NON E’ TURISMO, E’ UNA IGNOMINIA! Mi chiedo dov’è il turismo responsabile e sostenibile che il CTS si fregia di seguire. E’ bene che si sappia in modo da evitare questo posto in qualsiasi tour sia contemplato, così da non arricchire in maniera meschina le tasche di quel proprietario terriero.

Perché non pensare ad un progetto a sostegno di quella gente o comunque ad un tour che preveda negozi o comunità dove si possano acquistare prodotti locali, souvenir, il cui ricavato possa permettere una vita più dignitosa alla gente del posto. Ce ne sono e molte di organizzazioni onlus o di negozi come quello che ho visitato dietro suggerimento della Lonely Planet. A Udaipur c’è un piccolo negozio, al di fuori del circuito turistico a noi proposto, che abbiamo raggiunto in taxi (tuc, tuc) che si chiama SADHNA. E’ lo spaccio della Seva Mandir, un’organizzazione non governativa istituita nel 1969 per aiutare le donne delle zone rurali. E’ qui che ho speso volentieri qualche rupia in più sapendo che tutti i proventi vanno direttamente agli artigiani e per progetti di lavoro a favore della comunità. Il sito web è: www.Sadhna.Org E perché non evitare lo sfruttamento di animali se sottoposti a lavori o a condizioni che mettono a dura prova la loro sorte. A Jaipur e, in particolare, al Forte Amber abbiamo fatto un’escursione a dorso di elefante. Durante il periodo estivo, con 45 °C, questi poveri animali sono costretti a percorrere dal loro recinto 11 km all’andata e altrettanti al ritorno sull’asfalto rovente per raggiungere il Forte, dove poi trasportano i turisti, riportando scottature e ferite alle zampe. Inoltre, non hanno la possibilità di bagnarsi e quindi, di bere i 250 litri di acqua al giorno di cui necessitano. Perché non sensibilizzare anche i turisti inserendo nel tour una visita ad una delle associazioni animaliste come la “Help in Suffering” che è un ricovero per animali, nonché un’organizzazione che si preoccupa attivamente di cambiare le condizioni a cui spesso sono sottoposti gli animali. Questa associazione sta facendo, tra l’altro, pressioni al governo perché costruisca una vasca vicino al Forte dove gli elefanti possano bagnarsi.

PUNTI DI FORZA: • i visi delle donne e dei bambini, i colori dei sari, gli odori, le mucche accucciate ai bordi delle strade, i pavoni nelle campagne, le scuole, i contrasti, l’arenaria rossa, le haveli, … La prossima volta sarò molto più attenta nella scelta del tipo di viaggio, la prossima volta sarà un viaggio RESPONSABILE! Marilena



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