India del sud fai da te

Dirigiamo la bussola del nostro viaggio indipendente verso il sud ovest del Paese
Scritto da: Chiara Z.
india del sud fai da te
Partenza il: 31/12/2012
Ritorno il: 13/01/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Itinerario: Bangalore, Mysore, Ooty, Kochi, Varkala.

BANGALORE

Partiamo da Venezia per Bangalore con un pratico volo Qatar (600 € a persona, con ritorno da Trivandrum). E’ notte fonda quando atterriamo. Troviamo subito il taxi di Laika Boutique Stay, un’elegante casa privata scelta come alternativa agli anonimi alberghi di media categoria. Al mattino ci svegliamo con calma e, dopo aver fatto onore alla colazione servita al primo piano, ci incamminiamo lungo la trafficata Mg Road. Vediamo una fila ininterrotta di edifici grigi che accolgono uffici, agenzie, società. Prendiamo allora un rickshaw per raggiungere il Palazzo di Tipu Sultan: sulla mappa sembra vicino, ma in realtà ci si mette un po’ ad arrivare, affrontando il classico caos urbano. Chiediamo all’autista se può attenderci all’uscita, per poi condurci di nuovo in centro. Il palazzo è grazioso, frequentato da numerose famiglie. Qui ritroviamo i colori dell’amata India! Verso il tramonto torniamo a piedi al Laika per una doccia. Per cena scegliamo il vicino ristorante Tandoor: eccellente (40 Euro per due persone – mentre per il resto del viaggio spendiamo dai 10 ai 15 Euro per due persone). Andiamo a letto presto poiché l’indomani ci rechiamo in stazione dei treni prima delle 6. Laika Boutique Stay 76 Euro la doppia. Elegante casa in posizione centrale.

MYSORE

Parte presto, infatti, il nostro treno per Mysore. Il biglietto è stato acquistato su Cleartrip. Trovato il vagone (classe 2AC), saliamo e ci accomodiamo. Ci sono ancora le coperte disfatte di chi ha trascorso la notte in questo scompartimento. Il treno è una certezza: ideale per dormire, leggere, mangiare, fare conoscenze. In tre ore e mezza siamo a destinazione. Non abbiamo difficoltà a trovare la casa di Stephen, Mysore Bed & Breakfast, dove ci accoglie la dolce Manjula. La stanza è piccola e pulita; di fianco ci sono i servizi igienici. La doccia è in un’altra stanza, sempre al pianterreno, con un secchio per l’acqua calda. Abbiamo a disposizione tutta la giornata per visitare il centro città. Innanzitutto, l’opulento Maharaja’s Palace. Prima di entrare, depositiamo le macchine fotografiche e le scarpe. A nostro parere, questo palazzo è una tappa imperdibile (anche di notte, solo per osservarne l’illuminazione bollywoodiana). Si va poi al brulicante Devaraja Market: una festa di colori, un tripudio di sfumature. E’ il luogo migliore per lasciarsi condurre dalla curiosità e dall’ispirazione, per fotografare le persone e i banchi della frutta e dei fiori. La sera ceniamo con il gruppo di ospiti tedeschi di Stephen. Manjula ha cucinato una gustosa cena vegetariana per tutti e si prosegue la serata in salotto. Il giorno successivo Vasanth, il fidato guidatore di rickshaw, ci porta a visitare il Ranganatha Temple, nell’interessante località di Srirangapatna. Poco distante, apre un cancello e ci lascia presso una casetta lungo il fiume. Qui c’è Steve con le biciclette e i caschetti. E’ il suo lavoro: ospitare in casa propria turisti e, se lo desiderano, condurli in biciletta per il centro di Mysore o nelle campagne circostanti (questa è la nostra scelta). Inizia un indimenticabile giro in bicicletta, arricchito da soste culturali e di piacere. Steve è una fonte inesauribile di informazioni e aneddoti. Il tour parte dalla lavorazione della canna da zucchero, costeggia un silenzioso e sacro ghat sul fiume Cauvery e corre poi nella polvere dello sterrato lungo la ferrovia. Si affrontano le vertigini di una stretta pista sopra al fiume arrivando in un emozionante ghat pieno di famiglie. Si visita la splendida residenza estiva di Tipu Sultan e si osserva la rudimentale lavorazione del legno. Quante esperienze! Si alternano le pedalate alle chiacchere nel villaggio. Splende un sole spettacolare e si suda, ovviamente. Ma è sufficiente fermarsi all’ombra di un albero, bere un chai o un cocco dissetante per godere di un po’ di sollievo. La lunga gita termina in un ristorante sul fiume. La luce è rossastra, si sta avvicinando l’ora del tramonto. Ci gustiamo una birra e i croccanti pakora in compagnia. Per cena andiamo in centro, sulla sommità di un palazzo, ben consigliati da Vasanth. Egli ci procura anche il contatto per il giorno successivo per raggiungere in auto Ooty (circa 40 Euro in due). La nostra previsione era di prendere un bus ma, considerate le economie realizzate, ci concediamo questo lusso. Mysore bed & breakfast 20 Euro la doppia. Semplice, casa in un tranquillo quartiere a qualche chilometro dal centro città. Facilmente raggiungibile in rickshaw. Ospitalità indimenticabile! Nota: Dda non perdere l’esperienza MYCYCLE con Steve

OOTY

Alle nove salutiamo a malincuore Mysore e partiamo con il prudente autista Aziz e il figlioletto Suleman. Siamo diretti verso il parco nazionale Bandipur, che attraversiamo lentamente incrociando cinghiali, scimmie dal musetto nero, chital e … elefanti! Ci sentiamo in un romanzo di Salgari. La salita si fa convulsa, ricca di tornanti e in tre ore e mezza siamo ad Ooty. Il lodge, chiamiamo così la struttura che ci accoglie, è assolutamente vuoto: noi gli unici ospiti viziati. L’alloggio potenzialmente ha molto da offrire ma è gestito alla buona, con le mosche che pattugliano l’assolata veranda. Depositati gli zaini, andiamo alla scoperta di Ooty prendendo uno dei tanti bus verdi che portano verso il centro (8 cents a persona). Il bus è un’opera kitsch in movimento: fuori è verde pisello, dentro il soffitto è rosa, carico di decorazioni floreali. Le donne sedute sono avvolte in vivaci sari, uno diverso dall’altro, la musica è amplificata, battente, simpatica. Ooty esteticamente è riassumibile in un’esagerazione di cartelli e scritte su cubi e cubicoli di cemento. Il traffico non manca ma passeggiamo tranquillamente lungo il marciapiede per andare al Botanical Garden, dove siamo presi d’assalto per decine e decine di foto da studenti e gruppi di donne. Ci manca il cestino da pic-nic ma ci distendiamo beati sull’erba curata. Anche la strada che porta verso il lago è facilmente percorribile, schivando rickshaw e tanti pedoni. Visitiamo con interesse il mercato municipale e poi sostiamo in un posticino dove servono cibo vegetariano e chai. Cominciamo a renderci conto che non vedremo più alcolici per un bel po’. Ceniamo presso il lodge, per non dover tornare in centro città. Cena sostanziosa e piccante, come piace a noi. La struttura di sera è immersa in un silenzio quasi sospetto conoscendo la cacofonia che caratterizza l’India. Se di giorno si sta in maniche corte, dopo il tramonto l’aria è fresca e prima di coricarci chiediamo una stufetta elettrica, “indian style”, of course: mezza scassata ma tenuta insieme dal nastro adesivo. La colazione all’indiana è ogni mattina un’intrigante scoperta, stavolta accompagnata da chapati giganti, di sfoglia leggera e croccante. Oggi visita alla Doddabetta Tea Factory, mischiati tra scolaresche vocianti. Apprendiamo sommariamente il processo di lavorazione delle foglie da té. Al momento stanno lavorando quelle di infima categoria, infatti non vediamo le piccole foglioline preziose che danno la prima qualità. Camminiamo su passerelle rialzate osservando macchinari dell’epoca coloniale, insomma, non proprio nuovissimi ma l’esperienza ci soddisfa. Come la degustazione finale di masala chai: ne acquistiamo 2 kg, per essere sicuri di non rimanere senza scorte. Ci rechiamo poi al picco più alto dell’India del Sud (2600 mt circa) con doverosa foto ricordo alla targa, circondati da coppiette e famiglie indiane in gita. Mostriamo al nostro silenzioso autista una foto della copertina della Lonely Planet (che immortala le piantagioni di tè di Munnar) per intenderci su cosa esattamente vogliamo fotografare. Affrontiamo stradine dimenticate dal Dio della creazione, prive di guard rail, finché non giungiamo nel mezzo di una piantagione di tè. Spettacolo. Per chiudere l’escursione, chiediamo di andare al lago: affollatissimo. Il molo è una specie di parco di divertimento (si paga un piccolo fee d’ingresso) e i giovani si imbarcano su pedalò disneyani, si accalcano sulle giostre vintage o sgranocchiano snack in compagnia. Ci piace questa immersione nello svago indiano. Anche qui, neppure l’ombra di un turista. Torniamo al lodge e sorseggiamo un chai in veranda. Il gestore Sabi ci propone di raggiungere la cima della collina sovrastante, accompagnati dal suo ragazzo tuttofare. Partiamo! Attraversiamo un “tea garden”, il romantico appellativo del campo di té, e cominciamo a salire fino al tempio ricavato da una roccia sporgente. Entriamo con la benedizione del santone. Il sentiero prosegue in un bosco di eucalipti e in meno di un’ora di ascesa si arriva in cima. Sembra impossibile essere già sulla sommità: spira una brezza sana, senza smog e siamo lontani dagli strepiti dei clacson. Terminata la scalata all’imponente collina andiamo a giocare con i bambini del quartiere. In lontananza il sole cala e le donne sono ancora a lavoro nei piccoli appezzamenti: stanno piantando le patate. Altre donne, circondate da recipienti multicolori, attendono il camion con le scorte d’acqua. Ceniamo ancora presso il lodge. Concludiamo la serata leggendo un libro in veranda mentre l’ozio si impadronisce di noi.

La mattina, dopo colazione, scendiamo lungo una stradina e, seguendo i consigli di Sabi, raggiungiamo le rotaie della ferrovia. Si può scendere al villaggio e poi tornare in bus. Noi risaliamo a piedi e sulle soglie delle case, raccogliamo i saluti delle persone. Una signora che porta a spasso un mucca con una corda, ci invita a bere il té a casa sua. Ooty “the queen of hills”, come località di montagna, non regge il paragone con le nostre Dolomiti. Ma noi non siamo qui per fare confronti e, se inseriamo Ooty nel contesto “India”, ha qualcosa da dire: la tranquillità della gente, l’autenticità delle situazioni, i sentieri percorsi. Nota: segnaliamo la possibilità di andare fotografare le piantagioni di tè senza passare per Ooty, organizzando una gita verso Munnar, partendo da Kochi. I-India 34 Euro, la doppia struttura a qualche chilometro dal centro città, facilmente raggiungibile in bus. Può andare bene, considerando la media degli alloggi di Ooty.

Alle 14.00 prendiamo il treno detto “toy train” che viaggia su binari a scartamento ridotto, con una lentezza da trenino giocattolo appunto. La prima classe differisce dalla seconda per la panca di legno leggermente imbottita. Si comincia a scendere e sulla destra si aprono paesaggi suggestivi. Si susseguono “tea garden” che sembrano il capolavoro di un pittore impressionista ammaliato dal colore verde. Ci si ferma in stazioncine fuori dal tempo. Giunti a Mettupalayam, sfiancati dall’umidità, troviamo l’auto mandata da Saj di Kochi (70 Euro in due). Ci pareva stancante andare in stazione a Coimbatore per prendere il treno delle 11 di sera per la costa. Ripensando al traffico incessante, ai sorpassi selvaggi di macchine-camion-autobus, al di fuori di ogni umana comprensione, il treno rimane la soluzione migliore. Il traffico intorno a Coimbatore è paralizzato da una festa. Unica nota positiva: ceniamo con l’autista in un buon ristorante (4,20 Euro la spesa totale per tre persone). Dopo sei ore d’inferno arriviamo a Kochi. Saj ci accoglie nella nostra confortevole stanza con aria condizionata (che verrà pulita e riordinata giornalmente). L’aria è soffocante, rispetto al fresco della collina. La strada è silenziosa, per fortuna a mezzanotte tutti dormono.

KOCHI

La mattina successiva ci attende una squisita colazione nel terrazzo laterale. E un’abbondanza di informazioni utili dispensate da Saj. Con la sua cartina dettagliata partiamo a piedi per visitare tutte le attrazioni di Fort Kochi, dalla St. Francis Church alle reti dei pescatori, da Bazaar Rd (dove i facchini scaricano sacchi di spezie) al Dutch Palace. Ci caliamo immediatamente in quest’atmosfera di diffusa spensieratezza, forse dovuta alla presenza di molti turisti. Le strade, semplici da memorizzare, ci fanno dimenticare la mappa nello zainetto. In Kerala più che mai si può osservare il crogiolo di religioni: templi indù, semplici chiese in calce bianca o, per contrapposizione, ricche di decori pacchiani, moschee vetuste e moschee moderne e qualche sinagoga. A Kochi ci siamo dedicati con impegno e dedizione all’assaggio della cucina locale. Molto meno piccante rispetto i giorni precedenti, con nuovi ingredienti, freschi e colorati. Ad esempio, Casalinda è un ristorantino al primo piano di un hotel, semplicissimo e gustoso, servizio familiare. Da Oceanos, molto frequentato, la preparazione è curata, i sapori decisi, tutto squisito. Lo snack per spezzare la giornata si può trovare in ogni angolo. Per una pausa “artistica” l’indirizzo è Kashi Art Cafè: frullati, sandwich e torte al cioccolato.

Il giorno successivo visitiamo le backwaters con una barca da 20 persone. Nel nostro budget di viaggio non abbiamo incluso la spesa per una “crociera” nelle tipiche imbarcazioni. Sicuramente l’avremmo inclusa in un viaggio tra amici. Il cielo è coperto e, di conseguenza, non si soffre l’afa. La navigazione nei canali stretti risulta più interessante del “lago salato”, attraversato alla velocità soporifera data dalla spinta di due pertiche… (nota: i barcaioli si trasformano in ottimi cuochi durante la sosta in un piccolo villaggio). Il nostro gruppo, ben affiatato, trova dei folli spunti di ilarità nelle peripezie accadute ai vari partecipanti al tour. Anche qui, tra i canali, il colore prevalente è il verde smeraldo degli alberi da cocco. Saj Home 34 Euro la doppia. Casa ben tenuta da Saj e famiglia, centrale, perfetta!

VARKALA

Per Varkala prendiamo il treno Kanyakumari Express che giunge dall’entroterra, lunghissimo e sovraffollato: dalla classe Sleeper le persone spuntano incredibilmente da ogni dove. I nostri posti in 2AC sono comodi e tranquilli: ideali per fare un po’ di chiacchere con vicini, in particolare una coppia di Kollam che ci invita a casa loro mentre guardiamo le reciproche foto di famiglia. A bordo passano i ragazzi con i contenitori per il caffè… e udiamo poco il richiamo “chai chai chai”. Segno dei tempi? A Varkala soggiorniamo nella bella Kaiya House. Ci accoglie Debra e ci propone subito una passeggiata per scoprire insieme le attrattive e le attività di Varkala. Il tempio, le scorciatoie, l’accesso alla spiaggia, il corso di cucina, i ristoranti, ecc… Nota: per chi desidera c’è la possibilità di camminare con lei all’alba, al risveglio della città. Consigliamo il massaggio mattutino in terrazza. La scogliera si divide in South, Middle e North: si susseguono negozietti e ristoranti. Troviamo di nuovo la birra! Secondo noi, conviene ordinare il cibo del posto (pesce fresco) piuttosto dei piatti di altre culture (come momo e lasagna!). Cena: dai 10 ai 20 Euro in due. Affittiamo un fatiscente ombrellone e due lettini per 6 Euro e per i giorni rimanenti ci godiamo la vita di mare. La spiaggia e il mare non sono per niente caraibici ma il mood rilassato e le belle onde sono quello di cui abbiamo bisogno per chiudere in bellezza questo viaggio. Domenica 13 gennaio raggiungiamo l’aeroporto di Trivandrum in 1 ora (15 Euro il taxi). Kaya House 28 Euro la doppia. Casa con stile, gestita con attenzione da Debra, a dieci minuti di cammino dalla scogliera.

Nota: i migliori alloggi, a nostro parere, sono le guesthouse: gestione familiare, semplicità e pulizia (ci si toglie sempre le scarpe per entrare in casa), ricca colazione indiana o continentale, wifi, tanti buoni suggerimenti e prezzo onesto. Spese totali: escluso volo, assicurazione e visto d’ingresso abbiamo speso complessivamente (neanche) 600 Euro a persona per due settimane. Http://iraccontinellozaino.blogspot.it/



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