Il lato B di Ibiza: viverla fuori stagione

Syusy ci accompagna alla scoperta di un’isola ricca di solidi valori, che nascono dal mare e dalle tradizioni contadine più genuine
Syusy Blady, 06 Ott 2015
il lato b di ibiza: viverla fuori stagione
Ibiza non è solo estate, spiagge, discoteche, sballo o trasgressione. Io, nel mio primo viaggio sull’isola della movida per eccellenza, mi sono permessa di esprimere a un giornalista la mia opinione sul fatto che noi italiani non veniamo qui solo per cuccare. E in questo modo mi sono fatta interprete di un turismo anche curioso di vedere il lato B di Ibiza. Il giornale ha poi titolato: Syusy Blady, una giornalista italiana del sito e della rivista Turisti per Caso dichiara: “Non todos los italianos buscan Bunga Bunga!” E allora, per tenere fede a questo titolo, mi sono per prima cosa informata su quella che è la parte storica di Ibiza.

L’IBIZA STORICA, FRUTTO DI TANTE CIVILTÀ DIVERSE

Con Natalia, una mia amica bolognese trasferitasi qua da diversi anni e che ha fatto di tutto perché venissi a vedere di persona quella che lei chiama l’Ibiza vera, c’incamminiamo verso la parte più alta della città antica, che fu dapprima fenicia e romana, poi occupata dai vandali e quindi bizantina. Qui arrivarono anche gli Arabi, nel X secolo, che la conquistarono dopo che i pirati l’avevano assediata per anni, ma nel 1235 l’Arcivescovo Grillo Elmo de Mongri di Tarragona, nel giorno di Santa Maria delle Nevi, la liberò – si fa per dire – riconquistandola alla cristianità. Questo almeno per come la raccontano i libri di storia. Quello che è vero è che qui i pirati turchi, e non solo, l’assediarono per tutto il XVI secolo con una frequenza quasi settimanale. Per questo, forse, agli ibizenchi non fa né caldo né freddo l’assalto stagionale dei turisti! Comunque apprendo che tra i pirati era noto il classico rinnegato italiano soprannominato il Papa, che nel 1800 compì varie scorrerie, fino ad essere preso e imprigionato dai corsari di Ibiza e quindi giustiziato. Per questo, al porto, c’è ancora un monumento ai corsari che lo catturarono. La città per questi continui attacchi si dotò, in periodo rinascimentale sotto Carlo I, esattamente nel 1554, di possenti mura. Fortilizi ancora molto belli e integri, con sette torri di difesa, che furono progettate da Calvi, famoso fortificatore bergamasco di tutte le città che in quel periodo erano sotto l’influenza di Venezia. Il centro è molto bello, ma per comprenderne in toto il risvolto storico arcaico bisogna andare al Museo Fenicio.

L’ISOLA DEL DIO FENICIO BES E DI TANIT

Lo so che entrare in un museo è l’ultimo pensiero dei vacanzieri, ma aiuta a capire come mai, in passato come adesso, l’isola attrae tanta gente. M’interessa capire lo spirito dei luoghi e, nel caso di Ibiza, è importante cogliere la sua storia sacra, che si riflette forse su tutta la vocazione dell’Ibiza di oggi. Se ora l’isola è un luogo molto tollerante, con aspetti a volte inquietanti e sicuramente trasgressivi, lo è forse anche perché in passato era il luogo dedicato al Dio Bes, un Dio non proprio bello: un nanerottolo con le gambe arcuate, la faccia leonina, con la barba e col capo coperto di foglie, che tiene in mano vipere e scorpioni, di cui l’isola per fortuna è priva. Bes è un iniziatore ai misteri come Dioniso, ed è il dio del corpo, della danza e del sonno. Era anche associato ai divertimenti ed era patrono delle danzatrici e della musica. L’altra dea sempre presente e molto diffusa nel Mediterraneo era la dea dei fenici, Tanit, rappresentata da una piramide tronca alla cui sommità due braccia aperte sorreggono il sole e la luna crescente. Insomma: una donnina con la gonna, o piuttosto la stilizzazione di uno strumento per navigare. Del resto i fenici erano per antonomasia un popolo del mare e il Mediterraneo era la loro casa.

Detto questo, ecco la domanda che la mia amica e accompagnatrice Natalia si pone su Ibiza: “Come mai questa isola, che anticamente non poteva accogliere una popolazione numerosa, ha una necropoli di epoca fenicio-punica di più di 3mila tombe?” La spiegazione è che qui ci si veniva per trascorrere una vacanza-pensione e ci si stava felici fino alla morte, e questa la dice lunga sulla caratteristica di buen retiro di Ibiza fin dai tempi antichi. Questo lo si intuisce andando al museo Puig des Molins, che significa La collina dei mulini nel dialetto di qui, mezzo castigliano e mezzo di qui e basta.

PAELLA CHE BONTÀ

Mangiamo in centro da Can Alfredo, nella piazza dedicata a un generale che era dalla parte degli spagnoli nella guerra di indipendenza di Cuba e che quindi non ha la mia simpatia, ma l’esperienza culinaria che mi aspetta, invece, è di mio gradimento. Mai mangiato l’aioli? Semplicemente aglio e olio frullato tanto da diventare vaporoso come una maionese da spalmare sul pane… e poi calamari alla ibizenca con cipolla e peperoni e paella fatta alla tradizionale, un po’ croccante, nella padella di ghisa. Un vero spettacolo. Qui in centro, la seconda domenica di maggio, quando fa già molto caldo ed è iniziata l’estate, si svolge. una festa medievale con tantissime influenze arabe, e ci sono gallerie d’arte contemporanea e mostre. Sempre se non si viene qui a Ibiza solo per le discoteche, che comunque, mi dicono, sono bellissime e frequentate da moltissimi vip. Ma io non sono qui per questa Ibiza, ma per il lato B dell’isola e desidero vedere la sua parte più agreste e primordiale.

SALINE A SAN FRANCESCO

Prendendo la macchina, in poco tempo si va da una parte all’altra dell’isola grazie a una superstrada comoda, ma che è stata al centro di molte polemiche perché ha mutato profondamente il paesaggio nonché la percezione stessa dell’isola, che adesso sembra molto meno estesa di un tempo. Fatto sta che lo stradone c’è ed è comodo. Nei pochi giorni del mio soggiorno l’ho attraversato un sacco di volte, compresa quella volta che ci mettiamo in macchina per raggiungere Salinas. La risorsa dell’isola nell’antichità era il sale e per questo veniva chiamata l’Isla Blanca. E il sale è stato anche per migliaia di anni l’unica risorsa dell’isola. Una volta estratto viene trasferito al porto di La Canal e da qui raggiunge i Paesi del nord Europa. Questo del sale è un commercio antico: lo testimonia un sito fenicio nelle vicinanze, dove veniva utilizzata una conchiglia chiamata murex da cui si estraeva il color porpora e con cui venivano colorate le tuniche dei senatori romani. Non troppo distante si trova Es Cavallet, celebre spiaggia naturista e gay friendly, mentre per chi ama la musica e un ambiente vip, Salinas è perfetta.

TURISTI E NATURISTI

Il naturismo, quello semplicemente legato a una vita sana, è possibile trovarlo invece nelle piccole botteghe e ristorantini come quello dove Natalia mi porta a mangiare. Andiamo nel paesino di San Raffaele, dove ancora adesso si continua a produrre la ceramica e dove Isotta e Francesco, italiani di Biella, hanno aperto un locale molto carino ed accogliente. Si chiama The Rabbit Hole e il rabbit c’è davvero e scorazza sugli alberi, ma è carino e viene lasciato in pace. Qui si mangia vegano e bio, cose buonissime in un cortile accogliente dove possono arrivare avventori interessanti, artisti e organizzatori di spettacolo molto alternativi. Da non perdere il cioccolato crudo fatto con l’estrattore, ricetta di un tedesco di qua. Del resto qui l’offerta per pranzare e cenare è variegata; ho pranzato anche da Can Curreu, un agriturismo scicchissimo: capesante su nodo di alghe, mentre Marina, un’amica di Natalia che ci ha raggiunte e che fa carnet di viaggio, disegnava un gruppetto di cactus che aveva mo davanti. Da Can Caus si può mangiare carne a volontà e assolutamente nulla di vegano, ma tutto è prodotto da loro e venduto nella loro bottega. Ma si può anche cenare alla Pizzeria Es Tancò, migliore pizza no stop dell’isola, nata dall’ idea del fiorentino Mirco di Poggibonsi.

LA CATTEDRALE LAICA DI ES VEDRÀ

Natalia ci porta a conoscere Es Vedrà: è un monumento per chi ama Ibiza, lo adorano tutti come fosse il simbolo stesso del mistero dell’isola, come se fosse la sua cattedrale. E infatti lo è, o meglio lo sembra, anche se è un isolotto che si alza dal mare come una montagna frastagliata, in modo da sembrare un’enorme chiesa piena di guglie. Di fronte, naturalmente, c’è un insediamento fenicio e romano, era una fattoria con una grande cisterna per acqua. Veramente questo doveva essere il paradiso! Arriviamo a Santa Eulalia, che sembra solo un quartiere nuovo, ma dove ci sono anche una cattedrale bianca e un museo della tradizione. Tra gli oggetti che ti dimostrano come si poteva vivere bene a Ibiza delle sole risorse dell’isola, c’è anche un telaio che si può usare per produrre ancora la tela della gonna tradizionale, che era tutta plissettata: un lavoro incredibile! Se, nel caos della Ibiza da vip, si vuole stare tranquilli, si va alla spiaggia di Cala Martina, praticamente seguendo l’acquedotto romano di S’Argamassa. Lì vicino hanno costruito case e hotel, purtroppo, ma il fatto che ci sia un acquedotto fa pensare che questo fosse il porto importante dell’isola, anche per la sua collocazione strategica. Certamente ci saranno rovine sott’acqua che andrebbero esplorate. Per fortuna posso chiedere di indagare a Giampiero, un italiano che è qui da anni, dopo aver lasciato un lavoro come rappresentante di moda e avere girato in barca a vela: è approdato qui e ha aperto un centro diving. E lui gentilmente mi promette che lo farà…

GUERRIERI DELL’ARCOBALENO E MERCATI HIPPY

Come sulle nostre coste siciliane e romagnole, anche qui a Ibiza vogliono trivellare il mare in cerca di petrolio. La sollevazione popolare – si fa per dire, visto che in prima fila c’erano ambientalisti di Greenpeace e vip internazionali – per ora ha ottenuto una sospensione.

Va da sè che trivellare il mare è non solo pericoloso dal punto di vista ambientale, ma anche deleterio per il turismo tout court: infatti, come puoi far convivere l’immagine turistica di paradiso balneare con le piattaforme petrolifere a pochi metri dalla costa? Non stiamo neppure a perderci tempo: come possiamo ancora cercare petrolio quando nazioni ben più furbe, come la Germania, stanno progettando l’autosufficienza energetica entro breve tempo con le rinnovabili?!

Cercandoli, in giro per l’isola, ci sono anche i mercatini hippy. Li trovi un po’ dappertutto, ho il sospetto che siano sempre gli stessi venditori che girano, ma vale la pena passarci: non tutto è a buon mercato, ma si trovano oggetti di abbigliamento molto originali. Gli hippy sono stati i primi a scoprire Ibiza. All’inizio i mercati li facevano sulla rocca dell’isola e ancora te lo raccontano come un evento degno di essere ricordato.

Effettivamente qualche esemplare che non si è riciclato (da hippy a yuppie) è rimasto, duro e puro (forse puro non so, ma coerente sì). Si radunano al tramonto su una spiaggia più defilata per suonare i tamburi. Da vedere a Benirrass, a proposito, la festa dei tamburi, che si tiene tutte le domeniche all’ora del tramonto.

AGRICOLTURA, OSTEOPATIA E CREMA DELLA GIOVINEZZA

Andiamo da un osteopata che conosce Natalia, Alan Garcia, un francese che ha un cognome spagnolo, ha girato anni in barca a vela per il Mediterraneo e che alla fine si è stabilito qui.

È letteralmente innamorato dell’isola e dei suoi abitanti più veri, i contadini. Ho la fortuna di farmi raccontare le sue osservazioni sul perché la gente di Ibiza sia così ospitale. I contadini di qua hanno sviluppato nel tempo la capacità di essere comunità, hanno resistito all’isolamento con l’autosufficienza alimentare, hanno risparmiato l’acqua che non c’è in abbondanza ma si raccoglie dalle piogge e dall’umidità notturna, hanno fatto dell’autarchia una necessità.

Per questo sono così aperti al diverso e, quando negli anni 70 arrivarono i giovani americani che non volevano andare in Vietnam, li accolsero con curiosità, forse proprio perché, questa dell’isola, è una comunità solidale che non si deve difendere dal diverso – mi dice Alan mentre tratta il mio ginocchio dolorante. Alan è amico di Christoph Lawnehr, un tedesco che prima, in Germania, faceva tutt’altro e ora si è messo a coltivare e ad estrarre il principio attivo dell’Aloe ferox e del rosmarino selvatico di Ibiza. Ci aggiunge elicrisum e moringa, e ne fa una crema che è un vero elisir di giovinezza. Decido che con questi due nuovi amici non invecchierò e non avrò più problemi articolari… il problema è che dovrei trasferirmi qui!

I PICCOLI RE DELLA CAMPAGNA DI IBIZA

Il giorno dopo, Alan mi fa fare un giro nella parte verde e agricola di Ibiza. Ed è vero: la campagna è la vera sorpresa dell’isola. Campi curatissimi, terra rossa, piccoli muretti bassi che dividono le proprietà. Alan mi mostra addolorato solo una recinzione, tutto il resto non ha confini ben delineati. Qui tutti sanno a chi appartiene la terra e, per fortuna, non si tratta di latifondo ma è suddivisa in appezzamenti a conduzione familiare.

Qui gli ibizenchi sono completamente autonomi nel loro appezzamento di terra e nelle loro finche (le case tradizionali, fattorie) bianche, meravigliose. Raccolgono l’acqua dai tetti, hanno pozzi, olivi, mandorli, ogni ben di Dio, fanno il vino, fanno l’olio, si aiutano quando c’è molto da fare. Insomma, sono dei piccoli re! Per questo amano la loro isola e amano chi se ne innamora. San Augusti è un paese perfettamente conservato e ristrutturato. Davanti alla chiesa, con la facciata che è un quadrato perfetto, si trova il ristorante: qualche tavolo sulla piazza, il resto all’interno del vecchio cortile, con i balconi coperti dal soffitto sostenuto dalle tradizionali travi di ginepro (che ci si chiede come facessero ad essere così grosse). Alan e Cristopher ci hanno invitate a cena nel loro posto preferito, un regalo di addio. Ed effettivamente c’è da rimpiangere già il fatto che me ne debba andare. Questo è un luogo incantevole, un’antica Finca che conserva ancora gli angoli intimi di un tempo.

Ma il cibo è la vera sorpresa: cucina creativa con ingredienti del posto. Emozionante, un viaggio nei sapori. Io non me ne intendo di cucina, e nemmeno di vini, ma posso dirvi che tutto era squisito! Anche Il cuoco è un tipo di poche parole, si chiama Bruno ed è di Valladolid, non ama apparire, non è un “master chef” e credo proprio che non ne voglia sapere di recitare quella parte. Qui il cibo è vero e stimola ogni papilla gustativa. Allora mi viene da pensare che il lato B di Ibiza sia questo: non apparire, ma essere.

Se poi mi si chiede chi mi sia rimasto nel cuore ad Ibiza, devo dedicare un pensiero al mio zapatero (ciabattino), che ha impiegato tre giorni di ragionamenti e prove per aggiustarmi la cerniera dello zaino che si era rotta e che disperavo di poter mai recuperare. Alla fine me l’ha consegnata più resistente di prima, per soli 10 euro. Ecco, nel lato B di Ibiza c’è anche lo zapatero, figura estinta altrove, che sopravvive qui, accanto ai vip e alle discoteche.

Syusy