Andiamo in Honduras! – secondo tempo

La strada per Omoa è discreta sino a Puerto Cortez (a metà strada tra SAP e Omoa) poi l’apoteosi... Eheheh... Ci troviamo d’un tratto sulla Luna, strada non asfaltata, terra chiarissima, e buche...ma che dico buche, veri e propri crateri,...ma come fa la macchina di Mirian a sopportare tali sollecitazioni? Ora capisco il perchè di una...
Scritto da: brumbellina
andiamo in honduras! - secondo tempo
Partenza il: 31/01/2003
Ritorno il: 14/02/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
La strada per Omoa è discreta sino a Puerto Cortez (a metà strada tra SAP e Omoa) poi l’apoteosi… Eheheh… Ci troviamo d’un tratto sulla Luna, strada non asfaltata, terra chiarissima, e buche…Ma che dico buche, veri e propri crateri,…Ma come fa la macchina di Mirian a sopportare tali sollecitazioni? Ora capisco il perchè di una presenza così massiccia di pick-up, ma questo mi sembra veramente troppo anche per loro.

Io e Ivan ci guardiamo “sconvolti” e ci viene da ridere, Mirian dà certe grattate con la marmitta… Io già mi vedo a dover uscir fuori da uno di questi crateri senza la macchina.

E invece no, incredibilmente, riusciamo ad “allunare” su Omoa.

Dico a Mirian di dirigersi verso il Roly’s Place, una piccola pensioncina di cui avevo letto in parecchi racconti di viaggio, ma arrivati davanti, l’impressione non è stata delle migliori, so che è un posto stra-consigliato per chi viaggia con lo zaino, sia per il prezzo che per la possibilità di collegarsi ad internet, ma non ce la posso fare… Non posso catapultarmi subito in una realtà così “vera” e avventurosa.

Non ce la faccio, ho un blocco, non mi dà sicurezza, mi sembra un accampamento di rom… Anche Mirian e Edda non approvano, deciso! Cerchiamo qualcos’altro.

Ci fermiamo al Pia’s Place, un posto più discreto, modesto, ma pulito.

Pia, la proprietaria, è un’anziana signora tedesca molto gentile, la camera costa 250L a notte e non è compresa la colazione.

Dopo aver lasciato gli zaini andiamo con Edda e Mirian a prendere un caffè, in un posticino, il Champa Johnson, di fronte al mare, dove Pia ci ha consigliato di cenare la sera.

Comincia di nuovo a sgocciolare e il mare è mosso.

Mentre beviamo il caffè, io mi guardo intorno, mmmh…Mi sembra un posticino molto triste, forse sarà colpa del tempo…O sarà colpa del mio stato d’animo.

Guardo Mirian ed Edda e vorrei che non se andassero, con loro mi sento tranquilla e protetta.

Ma cosa sto dicendo? Sei in vacanza o no? Tranquilla! Sono quasi le sei, dobbiamo salutare Mirian ed Edda, fare quella strada con il buio non è per niente sicuro, poi piove ancora.

Resteremo comunque in contatto telefonico durante la vacanza e loro non fanno altro che dirci di chiamarle per qualsiasi problema.

Restiamo d’accordo di vederci l’ultima sera prima del rientro in Italia, per cenare insieme.

Ci riaccompagnano al Pia’s Place e ci salutiamo.

Entriamo in camera, il tempo è piuttosto bruttino, ed è ancora presto per cenare.

Io mi siedo sul letto e guardo Ivan.

Improvvisamente cominciano a scendermi le lacrime…Ivan ridacchia, sa perchè piango, e il suo sguardo mi fa ridere, piango e rido insieme.

Che sciocca! Mi viene in mente un mese prima, quando parlavamo di questo viaggio e di quando Ivan mi metteva in guardia sulle situazioni e sui posti che avremmo potuto incontrare, e io facevo la forte e dicevo “ce la posso fare!, ce la devo fare, voglio mettere alla prova me stessa, vedere quanto e cosa riesco a sopportare!”, e ora mi ritrovo qui, per scelta mia.

Io, maniaca dell’igiene a 360 gradi, dopo aver sognato tanto e da tanto tempo di andare in vacanza, sono qui, dall’altra parte del mondo, in un paesino minuscolo e tristissimo, piove, sono in una cupa cameretta, con un letto dal materasso inesistente, delle lenzuola vecchissime e strausate e un bagno scarcassato.

Mi scendono le lacrime per questo…E rido perché mi sento stupida allo stesso tempo.

Diciamo che, quello che mi circonda in questo momento, mi ha un po’ depresso e penso che forse non sono adatta a questo tipo di vacanza.

…Siamo solo al secondo giorno e già cedo? Non è possibile, no no no no, per fortuna l’orgoglio mi dà coraggio, sì ce la posso fare.

Vediamo di andare per gradi, superiamo lo scoglio “BAGNO”, tanto non è poi così diverso dai bagni dei locali pubblici…Ciabatte e qualche altro piccolo accorgimento ed ecco fatto! Devo disintossicarmi da tutta una serie di fisse, che non aiutano per niente, credi di vivere bene, ma vivi condizionato, sei una scimmietta, diventi schiavo delle cose.

Usciamo per la cena, mi sento già meglio, diamo la colpa allo stress e alla stanchezza…Al fuso?… Va! Ad Omoa quando tramonta il sole, centinaia di uccelli cominciano a cantare e fanno un baccano assordante, non mi dà particolare fastidio però è davvero impressionante il rumore che riescono a fare.

Ceniamo da Champa Johnson, un’ottima e abbondante cena, pesce al cartoccio eccezionale, gamberi fritti, riso, fagioli e le immancabili patate fritte che ci accompagneranno per tutta la vacanza per 6 dollari a testa.

In Honduras bevono tantissima birra e bibite in bottiglia, Pepsi e Coca Cola dappertutto, e non avendo acqua potabile esiste solo acqua in bottigliette di plastica, che in pratica è acqua distillata, priva di sali minerali e quindi per niente dissetante.

La soluzione per chi non è amante come me di bevande gassate, sono i mitici “liquados” dei frullati di frutta ghiacciati (da bere solo in posti dove utilizzano acqua depurata) buonissimi, con un sapore irripetibile… Almeno qui in Italia, ho provato tante volte a farli, ma il gusto della frutta italiana è ZERO in confronto a quello che ho assaggiato in Honduras.

Verso le nove siamo già a nanna, abbiamo ancora gli orari sballati, e poi ad Omoa la sera non c’è molto da fare…

La mattina dopo siamo, ovviamente, in piedi prestissimo, c’è il sole, è una giornata splendida, mi sento molto meglio, questa luce mi dà energia, mi sento carica! La tristezza e l’insicurezza della sera prima sono sparite! Scendiamo di sotto, Pia ci presta due mountain-bike e cominciamo a pedalare per il paese.

La strada, è ancora bagnata per la pioggia della sera prima, le buche sono diventate piccoli laghetti, che ti nascondono la loro vera profondità, fa un po’ freschino, ma si sta bene, alcune signore cominciano ad allestire delle piccole bancarelle di frutta e qualche altro genere alimentare, noi ci fermiamo a comprare un paio di banane per fare colazione.

Passiamo davanti a case molto povere, a qualche villa molto ricca, circondata da filo spinato, poi davanti ad una chiesina, ad una piccola ferramenta e alla fortezza di San Fernando, che è una costruzione completamente nera esternamente con uno splendido giardino interno e una vista meravigliosa sulla parte alta delle mura.

La fortezza apre alle nove, così proseguiamo verso la strada principale.

Qui c’è un po’ più di vita, c’è anche un piccola bottega, dove possiamo comprare un paio di bottiglie d’acqua.

Lungo la strada principale c’è la stazione di polizia e addirittura una discoteca, già già… Io una discoteca così piccola non l’avevo ancora vista, una minuscola casetta, forse 5x5mt, tutta colorata.

Decidiamo di tornare indietro e di sederci in riva al mare, aspettando che si facciano le 9 per entrare nella fortezza. Il panorama della baia è molto bello, non sembra di essere ai tropici, mi ricorda un po’ l’isola d’Elba.

Ci sediamo sul telo e mentre contempliamo la vista, un “perro” si avvicina, si siede vicino a noi e decide di farci compagnia. Il pensiero vola immediatamente all’Italia, alla nostra piccola Lulù, chissà se sta facendo la brava…

Alle 9 spaccate siamo di fronte all’entrata della fortezza, l’ingresso comprende anche la visita al museo, ma entrambe non sono un gran ché, anche se il giardino interno della fortezza è molto bello, tenuto bene e pieno di colori vivavicissimi.

Le stanze sono tutte vuote, piene di muschio verde fosforescente, la parte alta della fortezza merita di più perchè si gode un’ottima vista della baia.

Passiamo il resto della giornata in spiaggia a rilassarci, la domenica, Omoa da piccolissimo paesino sperduto e desolato, si riempie di turisti delle città vicine che vengono a prendere il sole.

Che differenza da stamattina! Adesso c’è una gran confusione, e la cosa più incredibile sono gli antifurto delle auto… Suonano in continuazione, non tanto perché qualcuno cerchi di rubarle, ma per puro “divertimento” dei proprietari… Già già… L’allarme è una sinfonia assordante che dura 3 minuti, e passa dalla sirena di un’ambulanza ai suoni di un’astronave aliena, la gente non si scompone minimamente, oramai sono abituati…

Dopo una mezza giornata in spiaggia, io e Ivan siamo già rossi come due gamberetti… Decidiamo di ripararci sotto il portico di Pia, e io ne approfitto per chiacchierare un po’ con lei, che molto gentilmente mi dà tutte le indicazioni necessarie per prendere l’autobus la mattina dopo, il primo passa alle 05.40…Tanto…Svegliarci presto non è un problema! Alle 04.00 abbiamo già gli occhi aperti… Incredibile! A casa mi ci vogliono le cannonate per svegliarmi… Accendiamo la luce in camera, fuori è ancora buio, ci prepariamo in fretta, indossiamo gli zaini e mentre ci accingiamo ad uscire dalla porta, salta la corrente in tutta Omoa… Siamo completamente al buio, buio pesto, di quelli che non vedi ad un centimetro dal tuo naso.

Noi siamo al secondo piano e la scala per scendere di sotto è ripidissima e stretta, e io con questo zaino sulle spalle non sono per niente stabile.

Per fortuna in mezzo alle nostre cose, abbiamo una minuscola torcia, cosa che non deve mai mancare, fidatevi! Riusciamo a scendere e visto che è ancora presto per l’autobus, ci fermiamo sotto il portico.

Appena Ivan spegne la torcia, davanti a noi si “accende” uno spettacolo meraviglioso, milioni di stelle nel cielo e altrettante per terra… È pieno di lucciole!!! Sono tantissime e piuttosto grandi, che meraviglia! Sono incantata come una bambina, che spettacolo mozzafiato! Non si sentono rumori, solo le onde del mare e il cri-cri dei grilli, e noi siamo avvolti da centinaia di minuscole lucine, che emozione.

Era da tanto tempo che non vedevo le lucciole, è l’immagine più bella di Omoa, che porto ancora con me.

Sentiamo arrivare l’autobus, così ci affrettiamo all’angolo della via.

Gli zaini pesano un casino, la prossima volta porta la metà della roba!!! Promesso! Per fortuna che l’autobus passa anche di qui, altrimenti arrivare sino alla strada principale sarebbe stata dura…

Vediamo comparire in lontananza una miriade di lucine colorate, l’autobus (un classico, vecchissimo e scarcassato scuolabus americano) sembra un albero di natale da tanto che è addobbato, saliamo al volo, siamo i primi e ci posizioniamo vicino all’autista.

Lungo il tragitto per arrivare a Puerto Cortez, l’autobus si riempie di gente, ma che dico si riempie, trabocca… Ivan è un po’ demoralizzato, il viaggio non è comodissimo, ma è mooolto “tipico”, forse sta pensando che se tutti gli spostamenti saranno così, non siamo messi poi molto bene, sia dal punto di vista della comodità che della sicurezza! Dopo circa un’ora (tra strada e fermate per caricare altra gente) scendiamo vicino ad un distributore della Texaco, dove ci dicono passi la “coincidenza” per SAP.

Infatti il primo ad arrivare a tutta velocità è un furgoncino, dove un ometto grida “Para San Pedro, directo directo!” noi siamo un po’ travolti dagli eventi e senza capire come, ci ritroviamo seduti in fondo a questo razzetto a 9 posti.

In realtà arriviamo a SAP in 20…Pigiatissimi e dopo una folle corsa in mezzo al traffico.

Alle 8 circa il furgoncino ci scarica in pratica davanti ad Hedmann, una delle compagnie più famose di SAP per il trasporto con pullman di lusso.

In effetti gli autobus sono molto comodi, nuovi e con aria condizionata, con 8 dollari e dopo 3 ore di viaggio diretto, si arriva a Copan.

In realtà il pullman doveva partire alle 09.50 da SAP, ma per una serie di problemi, siamo partiti alle 12.30…UFF! Non sapendo cosa fare, abbiamo trascorso il tempo in una pasticceria, vicinissima ad Hedmann, La Espiga, che vi consiglio di “visitare” in uno dei vostri numerosi passaggi da SAP.

Ottimi tamales, dolci di tutti i tipi e l’onnipresente caffé nero! Copan appare subito deliziosa, è un paesino molto colorato e tenuto bene. Ci fermeremo due giorni, domani mattina ci aspetta la visita alle rovine.

Troviamo da dormire al Classico Copan, un posticino carino e pulito.

Qui si sta proprio bene, lasciamo gli zaini in camera e facciamo un giro per il paese.

Il sole scotta, sono le 16 del pomeriggio. Facciamo un unico pasto, da Carnitas Nia Lola, altro posto che consiglio, si mangia benissimo, è molto bellino e si spende il giusto.

Aaaahhh…Oggi mi sento proprio bene! Sorseggio il mio liquado alla sandia (cocomero) mentre aspettiamo gli spiedini di carne e mi sento veramente in vacanza! Ehehehe…

La mattina dopo, un grosso “bagarone” ha pensato di sostituire la sveglia… In realtà dal rumore sembrava più un grosso topo… Ma siamo rimasti nel dubbio, anche perché non appena ci siamo alzati la “cosa” è sparita.

Sono le sei, la mattina è nuvolosa, tempo ideale per visitare le rovine. Ci incamminiamo a piedi, tanto distano solo 1 km e c’è un sentiero ciottolato che ti porta sino all’entrata.

Subito fuori dal paesino, c’è un uomo che fabbrica mattoni a mano, un meccanico e un vecchio autobus fermo, con un disegno di un dente… Sarà mica un dentista? Arrivati alle rovine, mentre aspettiamo l’apertura della biglietteria, facciamo colazione, la solita “leggera” colazione… Uova, fagioli, prosciutto, tortillas e caffè nero… Chissà come se la starà passando il mio fegato…

L’entrata alle rovine è abbastanza cara, così come quella al museo (10+5 dollari).

Non mi dilungherò sul racconto delle rovine, anche perché la sensazione che trasmettono vedendole non si può descrivere a parole.

Un’atmosfera magica, in mezzo ad un verde che toglie il fiato.

Se si è in un gruppetto numeroso si può prendere una guida, oppure visitarle con l’aiuto di una buona guida.

Che spettacolo… Compreso nel biglietto c’è anche l’entrata a Las Sepulturas, che distano un km dalle rovine principali.

Lungo la strada camminiamo vicino ad una vecchina e ad una bambina, la gente è sorridente e molto gentile, io colgo sempre l’occasione per scambiare “dos palabras” nel mio mezzo spagnolo.

Rientriamo a Copan nel pomeriggio, prelevo un po’ di contanti in una bancomat nella piazza principale e colgo l’occasione per scrivere un paio di mail in un internet point vicino all’albergo.

Domani mattina il pullman per SAP parte alle 05.30, prossima tappa, Tela! …Questa volta partenza e coincidenza per La Ceiba in orario perfetto…Peccato che l’autista, non si sia fermato a Tela… E che si sia ricordato di noi, solo giunti a La Ceiba… Ma nessun problema, ci fermeremo al ritorno.

Intanto un tassista, ci fa sapere che il traghetto per Roatan è rotto e che l’unico modo per arrivarci è in aeroplano.

Ma i nostri progetti, sono altri per il momento, dopo più di 6 ore di pullman, decidiamo di prenderci una pausa, ci fermeremo un paio di giorni a Sambo Creek, un paesino garifuna fuori da La Ceiba.

Due giorni all’Hotel Canadien, un paradiso isolato sulla spiaggia.

Il mare non è un gran ché, ma l’atmosfera è molto rilassante.

L’albergo è bello, il personale molto gentile, la cucina però non è il massimo.

La cosa più divertente è stato arrivare all’albergo, ci siamo arrivati via spiaggia-mare, perchè l’autista dell’autobus ci aveva detto di passare per la spiaggia, anche se in realtà si poteva passare anche per la strada.

Unico neo: ad un certo punto la spiaggia finisce, e per continuare abbiamo “guadato” un tratto di mare, con i pantaloni arrotolati sopra al ginocchio, scarpe in mano e zaino in spalla.

Ho una foto splendida che mi immortala mentre mi accingo a guadare, ho voluto fermare quell’istante, e ricordare per sempre l’arrabbiatura di Ivan, che mi seguiva brontolando, uno perchè non credeva che quel percorso portasse veramente ad un albergo, due perchè era bagnato fradicio e pieno di sabbia.

Che ridere!!! Un’atmosfera surreale, due sfigatoni completamente vestiti, a mollo sino alla coscia, carichi come due muli…Che tentano di raggiungere un fantomatico albergo dall’altra parte della riva di cui avevo letto in un diario di un altro viaggiatore.. Ci mancava solo che fosse chiuso… E allora sì che il ritorno l’avrei fatto di corsa… Per sfuggire alle ire di Ivan! Lungo il percorso siamo passati vicino ad una pozza di acqua dove delle donne garifuna stavano lavando i panni e un bambino ci si è avvicinato perchè voleva portarci (via?) le “zapatos” per 5 lempiras.

Non gliele abbiamo date… Se si fosse messo a correre con le nostre scarpe chi l’avrebbe più ripreso? Ci ha accompagnato sino all’albergo, gli ho dato un po’ di caramelle e se n’è andato via ugualmente contento. I due giorni al Canadien, sono passati all’insegna del relax più assoluto, dondolii su amache fatte a poltroncina, sole vicino alla piscina e lunghe passeggiate sulla spiaggia.

Che pace! A metà mattina del nostro ultimo giorno a Sambo Creek, il proprietario dell’albergo ci ha gentilmente accompagnato a La Ceiba, al “Muelo de Cabotaje” per verificare la situazione del traghetto.

Peccato! Traghetto ancora fuori uso… E con la classica calma sudamericana… Non sarebbe stato in grado di salpare prima di una settimana.

D’accordo! Anche se mal volentieri non ci resta che andare all’aeroporto e prendere un volo per Roatan.

Appena arrivati di fronte al piccolissimo aeroporto, una marea di persone ci si sono lanciate letteralmente addosso per condurci alle rispettive compagnie di volo… Per fortuna sapendo già da chi andare, ci hanno lasciato in pace appena abbiamo pronunciato il nome della compagnia Sosa.

Il biglietto non costava molto, 22$ a testa, ma la cosa interessante è che la tipa al check in… Non ci ha nemmeno registrato… In pratica ha chiesto di scrivere i nostri nomi su un pezzo di carta che poi ci ha restituito insieme a due biglietti molto “casalinghi” e anonimi da consegnare all’uscita del gate.

Ogni ora circa ci sono dei minuscoli aerei che vanno avanti e indietro da Roatan.

Io non avevo mai preso un aereo così piccolo, e a dirla tutta prima di partire ho pregato in silenzio… mi sono guardata attorno, tutti (una ventina scarsa di persone) erano molto tranquilli, allora ho guardato Ivan, che fissava pallido il pilota davanti a noi e le scritte in russo che tappezzavano l’aereo.

Già…Già…L’aereo era stato verniciato esteriormente, ma dentro conservava ancora tutti i suoi anni, dal primo all’ultimo.

Sicuramente era un aereo russo dismesso come il resto degli aerei intorno.

Noi eravamo esattamente dietro al pilota e vedevamo ogni suo movimento.

Ivan non ha parlato per tutto il viaggio (15 interminabili minuti) ma ad essere sinceri il volo è stato molto tranquillo, gli ho un po’ stritolato il ginocchio per tutto il volo…Ma tutto è filato liscio.

Atterrati sani e salvi a Roatan, di fronte all’aeroporto avevamo appuntamento con la sorella di Mirian, che lavora per un autonoleggio.

Gentilissima, ci ha dato delle utili indicazioni sull’isola e su cosa fare, e un suo collega ci ha accompagnato in pick-up al nostro hotel, il Pura Vida a West End, un piccolo hotel gestito da una coppia di italiani, molto carino, pulito e con una cucina ottima! Roatan è splendida, niente da invidiare alle Maldive, anzi forse meglio, perché alla pura spiaggia puoi alternare delle escursioni sull’isola.

West Bay meravigliosa, un paradiso per gli amanti delle immersioni, della sabbia bianca, del mare pulito e del sole cocente.

Meglio stare appartati e godere in pace questo sogno ad occhi aperti, quindi lontano dal villaggio italiano (se chiudi gli occhi e ascolti le voci e i discorsi sembra di essere a Rimini) e dagli altri resort.

Da vedere i delfini e le iguane, e sicuramente merita un giro in auto per l’isola.

Il tramonto, dai colori del fuoco, ti infonde pace e serenità interiore e la brezza, seduti la sera sui piccoli moli, allontana tutti i pensieri.

A Roatan, si può trascorrere tranquillamente una settimana, noi ci siamo fermati solo 4 giorni, ma ce li siamo gustati tutti, sino in fondo.

Siamo ritornati sulla terra ferma sempre via aeroplanino, ma per il viaggio di ritorno eravamo già svezzati e non ci siamo preoccupati più di tanto.

Qui abbiamo preso un autobus per Tela, proprio all’uscita dall’aeroporto.

Tela non mi è piaciuta molto, piccola, ma caotica, con delle facce non subito raccomandabili.

Dulcis in fundo…Siamo anche riusciti a dormire in un bettolone, consigliato da un tassista… Un incubo! Eravamo in riva al mare, ma l’altro lato era su una delle strade principali, e per due notti non abbiamo chiuso occhio, sia per la troppa “comodità” e il “fresco” della camera….Sia per il casino che si sentiva fuori.

Bleah…Unico punto a favore di Tela: le escursioni! Noi siamo riusciti a fare quella alla Laguna di Los Micos, con la Garifuna Tours, un’escursione che merita, ti portano in jeep in un villaggio garifuna che si chiama Miami, qui la gente vive in capanne su una lingua di sabbia divisa da una parte dal mare e dall’altra dalla laguna.

Sono persone molto povere, che vivono esclusivamente di pesca.

Ci hanno preparato il pranzo con pesce pescato la mattina apposta per noi, riso e fagioli.

La laguna è molto selvaggia, ricca di verde, tantissimi tipi di uccelli, scimmie e coccodrilli.

E in effetti mancavano all’appello solo quest’ultimi.

Bella proprio bella, ma per carità, non dimenticatevi come noi l’olio di cocco e qualche spray antizanzare… Siamo stati letteralmente divorati (nei punti scoperti, gambe e braccia) dalle sand flies, che a parer mio erano in trasferta da Roatan, perchè quelle che non abbiamo ritrovato sull’isola, le abbiamo trovate mooolto arrabbiate nella laguna.

A parte questo piccolo inconveniente, la visita alla laguna è stata interessante e anche quella al villaggio, compreso il pranzo sopra un tronco di albero con annessi ospiti non invitati (vedi insetti di ogni tipo e dimensione…) Per il resto Tela non ve la consiglio, state giusto il tempo di un paio di escursioni e via! L’ultimo pomeriggio della nostra vacanza l’abbiamo trascorso a SAP, facendo acquisti al mercatino Guamilito e cenando con Mirian.

Siamo partiti per l’Italia il giorno di San Valentino, ed ora a distanza di 5 mesi, sorrido e ricordo con piacere questa vacanza, con tutte le sue bellezze e i suoi piccoli inconvenienti.

…Insolita per due come noi e proprio per questo la più bella.



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