Il nostro tour dei colori del Guatemala

Un viaggio organizzato... dai siti archeologici maya alla terra dei vulcani, arricchito da esperienze a stretto contatto con il popolo locale
Scritto da: maddi_unterwegs
il nostro tour dei colori del guatemala
Partenza il: 22/01/2018
Ritorno il: 03/02/2018
Viaggiatori: 14
Spesa: 3000 €

Un viaggio organizzato alla scoperta del Guatemala. Pronti per partire per una nuova avventura!

È il 22 gennaio quando all’aeroporto di Milano incontro i 13 viaggiatori pronti per partire ed emozionati per iniziare questa nuova avventura insieme nel Centro America: vengono da Pesaro, Urbania, Bologna, Milano e Napoli. Il nostro aereo decolla, lasciamo l’Italia perché una nuova destinazione ci aspetta: Guatemala, il cuore della cultura Maya.

Dopo 16 ore di volo arriviamo all’aeroporto di Guatemala City, ritiriamo i nostri bagagli, incontriamo la nostra guida Ricardo che ci dà il benvenuto. È tempo di andare in hotel perché il giorno dopo ci aspetta una bella giornata e dobbiamo essere in forma per andare in Honduras!

È la mattina del 23 Gennaio quando lasciamo Guatemala City in direzione dell’Honduras, ci aspettano 200 km circa di strada, la strada del Salvador, che faremo in circa 5 ore. Il motivo per cui cambiamo già Stato è che vogliamo iniziare la scoperta del “Mundo Maya” partendo proprio dal sito archeologico di Copan.

È proprio durante questo trasferimento che la guida coglie l’occasione per farci addentrare nella cultura del Guatemala. Inizia con qualche concetto di geografia politica ed economica: nel 1821 hanno ottenuto l’indipendenza dalla Spagna, oggi ci sono 22 dipartimenti ed 8 regioni, è un paese sismico dovuto dalla presenza di 37 vulcani di cui ancora molti attivi, l’economica del Paese si basa principalmente sulla coltivazione della canna da zucchero e del caffè, del cardamomo, caucciù, banane, cannella, sesamo, arachidi, cacao e tabacco, sull’allevamento del bestiame bovino e sull’artigianato con la lavorazione del cuoio, legno, tessuti e la realizzazione di pitture maya (soprattutto sul lago Atitlan). La nostra guida ci spiega che in Guatemala si parlano ben 25 lingue di cui 21 provengono dai ceppi maya: dal 1996 è stato stabilito che gli insegnanti nelle scuole devono conoscere e quindi anche parlare sia in spagnolo sia in lingua maya per preservare e tutelare l’identità culturale.

Prima di lasciare i confini guatemaltechi, ci fermiamo per il pranzo: è un ristorantino di passaggio dove siamo gli unici turisti, è un luogo di ristoro dove incontriamo diversi locali…allora si mangia sicuramente bene! Soprattutto conosciamo il proprietario, Antonio, che scopriamo presto essere un cantante: non tarda infatti a dedicarci una bella canzone! L’atmosfera è subito coinvolgente: non conosciamo le parole, ma la melodia ci attrae. Assaggiamo la nostra prima birra guatemalteca e brindiamo proprio ad Antonio!

Ripartiamo fino a raggiungere il confine dove termina il Guatemala. Il tempo di sbrigare le formalità per il visto sul passaporto ed il pagamento della tassa e siamo ufficialmente in Honduras. Arriviamo a Copan, il cui antico nome maya era Ox Witik, e qui incontriamo la nostra guida locale che ci porta prima di tutto alla scoperta del museo: vediamo la riproduzione a grandezza naturale del meraviglioso Tempio di Rosalila nei suoi colori del rosso, verde e giallo; la Stele del Re Ub’aah K’awiil 18 Coniglio (regnante numero 13 della dinastia fondata da Yax-Kuk-M, perché Copan è stata governata in 800 anni da ben 16 re), alcune sculture che rappresentato il pipistrello assassino (uomo emblema di Copan), il dio della pioggia e lo scriba di Copan. Passiamo poi all’esterno dove si sviluppa una parte del sito archeologico oggi visitabile che coincide con il cuore istituzionale e di residenza dove gli archeologi (che ancora stanno esplorando il sito attraverso delle gallerie sotterranee) hanno stimato che verso la fine del VIII secolo d.C. la valle di Copan fosse abitata da circa 28.000 persone. Questa parte si compone della Gran Plaza dove al centro si trovano le stele dedicate al Re 18 Coniglio, il Gioco della Pelota ed il complesso monumentale che comprende l’Akropolis e la scalinata dei geroglifici. È qui che vediamo quello che è considerato l’Albero Sacro, la ceiba, abitato dai suoi variopinti pappagalli. Una leggenda nel libro sacro del popolo Vuh racconta che furono gli dei creatori a seminare ogni ceiba più una “Grande Madre Ceiba” al centro dell’universo e questo albero era ricco di significati: i rami che arrivano fino al cielo erano il punto di contatto con la divinità, il tronco rappresentava la vita sulla terra e le radici erano un’allegoria dell’oltretomba.

Al termine della visita salutiamo la nostra guida locale e in tuk tuk raggiungiamo il centro della cittadina di Copan (a circa 1 km dal sito): è un divertente giro in ape-taxi fino al centro città con edifici in stile tipico coloniale. È quando ci troviamo nella Piazza di Copan che la nostra guida inizia a darci qualche cenno sulla cosmogonia: al centro della piazza vediamo un cerchio e ci spiega che ogni punto cardinale è rappresentato da un colore ed assume un suo significato (ad esempio il nord rappresenta il cielo ed è stato utilizzato il colore bianco). Il sole sta iniziando a tramontare ed è tempo di raggiungere l’albergo per un po’ di riposo. Una cenetta in un bar al centro della città a Copan e poi tutti a dormire.

La mattina del 24 gennaio ci svegliamo presto, ci aspetta una giornata altrettanto impegnativa: iniziamo con la visita al sito di Quiriguà. Lungo la strada per raggiungere il sito, il nostro pullman si deve fermare: “casco di banane in transito”. Ci facciamo una bella risata con questi caschi di banane che ci tagliano la strada. Questa infatti è una zona dove ci sono distese di piantagioni di banane. Arriviamo al Parco archeologico di Quiriguà, nominato Patrimonio Unesco: una cittadella cauac che risale al VIII secolo d.C. e nota per le sue splendide Acropoli, i geroglifici e la stele più alta del mondo maya con i suoi bassorilievi, un intero complesso all’interno di una natura così verde e ben curata. È qui che saliamo la prima di tante salite con numerosi e alti gradini (è un piccolo allenamento per le piramidi che incontreremo i giorni successivi) ed è proprio qui che troviamo l’ispirazione per un bel selfie di gruppo dall’alto! Scendiamo di nuovo e saliamo in pullman perché dobbiamo raggiungere le sponde del Rio Dulce. Dopo aver percorso circa 200 km, arriviamo quindi al molo che è l’ora del tramonto e qui ci attende la lancia con la quale risaliamo un tratto del Rio Dulce fino ad arrivare al nostro hotel che si affaccia proprio sul fiume da un lato e dall’altro su una delle stradine della di Livingston. In questo luogo si respira aria e si sente musica dei Caraibi!

È in occasione proprio della cena che abbiamo un primo contatto con l’etnia Garifuna che abita questo luogo ed è nella pelle, negli occhi, nei tratti, nei colori dei vestiti, nelle canzoni che cantano e nella musica che suonano che richiamano nella nostra mentre la lingua creola e il periodo di schiavitù subito da questo popolo. Non sembra neanche di stare in Guatemala…ci sentiamo in pieno clima Caraibico!

È il 25 gennaio e questa mattina splende il sole, dopo una nottata di tipica pioggia tropicale. La nostra giornata inizia con una bella passeggiata nelle viuzze di Livingston dove possiamo ammirare spaccati di vita quotidiana: due donne che stanno contrattando nella vendita del pesce fresco, una scrofa che gironzola indisturbata nelle strade del villaggio, due ragazze che al lato della strada stanno parlando e ci sorridono al nostro passaggio e due donne che stanno preparando le famose “piadine” di mais! Il 26/11/1802 è la data quando i primi immigrati garifuni sbarcarono su queste coste e infatti ogni anno in questo giorno rappresentato questo evento con l’arrivo a bordo delle zattere e ballando sulle note di balli come la punta o la chumba. Al termine partiamo per una bellissima e suggestiva escursione in lancia risalendo il fiume Rio Dulce, anziché verso il Mar dei Caraibi, verso l’interno e quindi in direzione del lago Izabal: attraversiamo i villaggi che sorgono lungo le sponde, vediamo numerosi pellicani appollaiati sulle barche, incontriamo donne a bordo delle loro piccole canoe come principale mezzo di trasporto, uomini invece che stanno pescando e numerose specie di animali e uccelli che sembrano quasi stare in posa mentre le fotografiamo. Un tuffo nella natura e nella vita del Rio Dulce!

È tempo di lasciare la costa dei Caraibi e risalire verso Flores (230 km circa). Lungo il percorso ci fermiamo in quella che è conosciuta come la regione del “Tapado”, una zuppa di frutti di mare, granchio, gamberetti e platano a base di latte di cocco fatta dalla comunità garifuna. Non possiamo non assaggiarla, anche questa è un’esperienza! Proseguiamo a bordo del nostro pullman ed è tardo pomeriggio quando arriviamo a Flores.

Oggi 26 gennaio rimarremo nel dipartimento del Peten perché abbiamo in programma prima la visita della città di Flores e poi proseguiremo con la visita del sito archeologico di Yaxha. Il centro cittadino di Flores è vivo e variopinto grazie alle sue casette ed edifici nei colori del verde, azzurro, arancione, giallo. Ad un certo punto sentiamo una melodia piacevole ed è quando arriviamo in piazza che ci accorgiamo che a suonare sono due ragazzi giovanissimi. La nostra guida ci spiega che quello strumento che vediamo suonare come uno xilofono si chiama Marimba (lo xilofono dei maya). Ci incantiamo per diversi minuti ad ascoltare in silenzio questa musica. Continuiamo la nostra visita fino a quando arriviamo ad una terrazza perché la nostra guida vuole raccontarci una storia su un quartiere di Flores e ci racconta di Doña Petrona, una donna che preparava da mangiare agli uomini che lavoravano nella foresta e che una notte, mentre stava preparando da mangiare come sempre, viene morsa improvvisamente da un serpente e muore. Viene così seppellita nel luogo dove è morta ed oggi quella zona viene chiamata in ricordo di questa storia: “la muerta”. Facciamo una breve sosta caffè, non possiamo lasciare Flores senza aver provato il tipico caffè guatemalteco che in Guatemala si dice essere: nero come il diavolo, puro come l’angelo e dolce come l’amore.

Prossima tappa della giornata è il sito archeologico di Yaxha: si tratta di uno dei siti Maya più enigmatici immerso nella vegetazione con 40 stele, 13 altari, 9 piramidi-tempio, due giardini per il gioco della palla, e una rete di sacbeob (tipica strada della civiltà maya) che uniscono le acropoli a nord e a oriente. Nella Piazza si trova l’unico complesso con piramidi gemelle esistente oltre a quello che si può osservare a Tikal, che commemora un Katun (periodo di 20 anni circa secondo la visione del mondo maya): la principessa che si era sposata con il Signore di Tikal decise infatti di importare anche qua questo sistema di piramidi gemelle. È un complesso di piramidi (il complesso astronomico maggiore, le piramidi dei sacrifici) e non perdiamo l’occasione per provare l’ebrezza della salita…ma anche il timore nella discesa che dobbiamo fare lentamente e cautamente, ma il panorama che si vede da in cima alla piramide è davvero emozionante! Non oso immaginare cosa sarà la vista una volta che saremo a Tikal. Intanto godiamoci questo panorama mozzafiato!

È tempo di trasferirci prima che diventi troppo buio verso Tikal, a circa 30 km dove questa notte pernotteremo nel lodge proprio nel cuore della foresta così domani mattina saremo già a due passi dal celebre sito di Tikal.

È la mattina del 27 gennaio quando ci svegliamo nel bel mezzo della natura lussureggiante che ci circonda: siamo nel cuore di Tikal! Solo a guardare il dipinto del sito che troviamo nel nostro lodge rimaniamo impressionati dalla sua grandezza! Pronti, inizia la scoperta del sito di Tikal, nominato Patrimonio UNESCO!

Si tratta di un parco di circa 550 chilometri quadrati dove all’interno sorgono qualcosa come 4.000 strutture: si tratta di un labirinto di sentieri immersi nella natura che collegano le varie parti di questa città conosciuta anche come la “Città Maya Perduta”. La tradizione maya è un ripetersi di concezioni cosmologiche: le strutture delle piramidi che vediamo formano i quattro punti cardinali e dove si incrociano formano il quinto punto cardinale, i gradini son 360 proprio come i giorni di un anno. Impressionante è il Tempio V, alto ben 57 metri, su cui decidiamo di salire per una vista mozzafiato sulla piazza e sulla giungla circostante: questa è una struttura su 7 livelli perché rappresentano le 7 energie e guarda verso nord cioè verso il punto cardinale da dove viene la pioggia e per questo motivo era stato costruito in onore della pioggia. Immensa è quella che è chiamata La Piazza Grande dove abitavano i Re di Tikal e dove venne costruito il Tempio del Giaguaro in onore del Re Ah Cacao con raffigurato il giaguaro in sua protezione: è una piramide alta 45 metri con 9 gradoni così come i 9 strati degli inferi, all’interno è stata trovata la tomba del re morto all’età di 90 anni (e pensare che l’età media dei Maya era di 30 anni), uno scheletro che misura 1,75 metri, insieme a 7 kg di giada. Di fronte si trova il Tempio II conosciuto anche come Tempio delle Maschere, una piramide con 3 gradoni che rappresentavano il cielo, la terra e l’inframondo, e fu costruito come mausoleo per la moglie del re. Sulla piazza dei Sette Templi vediamo una struttura che regge 7 piramidi che rappresentano gli strumenti per le misurazioni astronomiche. Poi c’è il Tempio III conosciuto come il Gran Sacerdote, una piramide di 55 metri ancora immersa nella vegetazione. Ad ovest della Grande Piazza si erge la piramide maya più alta con i suoi 65 metri e si chiama il Tempio del Serpente dalle due teste (o tempio IV) ed è proprio da in cima a questa piramide che si ha una panoramica a grandangolo del Tempio del Giaguaro, del Tempio delle Maschere e del Tempio del Gran Sacerdote, un complesso che sembra venga mangiato letteralmente dalla natura. WOW!

Il tempo vola così velocemente che è giunto il momento di recarci in aeroporto a Flores perché abbiamo il volo che ci riporterà a Guatemala City. Con la visita al sito di Tikal si conclude brillantemente il nostro viaggio nel Mundo Maya per proseguire ed addentrarci nel paesaggio di vulcani e laghi che offre il Guatemala.

Da oggi 28 gennaio inizia il nostro viaggio nei colori, nelle bellezze naturali, nelle tradizione e nelle credenze del Guatemala! Questa mattina ci trasferiamo a Chichicastenango, a 133 km circa da Guatemala City. Lungo il nostro tragitto, la guida ci racconta che il calendario Cholq’ij si compone di 20 Nahual e 13 gradazioni: secondo la cosmovisione dei Maya, ogni persona nel momento della nascita ha un Nahual, uno spirito animale che si incarica di proteggerlo e guidarlo, un’energia che accompagna l’uomo per tutta la vita, e c’è una stretta relazione fra la natura, l’essere umano ed il cosmo. Da questo momento ad ognuno sorge la curiosità di conoscere il proprio Nahual! E qualcuno si riconosce pure nella descrizione!

Guardando fuori dal finestrino del nostro autobus, i nostri occhi vengono attirati dai colori delle verdure che vengono vendute per strada e che si mescolano ai colori degli abiti delle donne che incrociamo. Vuol dire che stiamo per arrivare alla nostra meta.

Ed eccoci a Chichicastenango! Questo luogo è conosciuto in tutto il mondo come il mercato più grande del Centro America e caratteristico per i suoi colori e la sua vivacità. Chichicastenango significa letteralmente “luogo delle ortiche” e si trova a circa 2.000 metri di altitudine, incontriamo bambini con le guance rosse rosse per le basse temperature e vediamo molte persone anziane, infatti si dice che qua viva la popolazione più longeva (chiamata uanan go). La vivacità di questa cittadina non è soltanto nei colori, ma anche nei rumori e più ci avviciniamo al luogo del mercato e più i suoi si fanno intensi. È una continua contrattazione per riuscire a portare a casa il pezzo al prezzo migliore! È qui che si possono acquistare frutta e verdura, fiori, maschere di cartapesta, strumenti musicali realizzati in legno, presepini in terracotta, dipinti di scene di vita quotidiana guatemalteca, le bluse e teli che le donne ricamano con disegni dai colori vivaci.

Chichicastenango non è famosa soltanto per il mercato, ma è anche il luogo delle confraternite e dove si svolgono cerimonie con riti fra il cristianesimo e la tradizione sciamanica di origine maya. È proprio qui che, dopo aver percorso un sentiero su una collina, giungiamo in cima e assistiamo alla cerimonia con uno sciamano di montagna. Sembra quasi non accorgersi che ci siamo noi intorno che lo stiamo osservando in un rigoroso silenzio. È concentrato solo sulla sua preghiera e sul suo rito. Riscendiamo la collina e ora dobbiamo raggiungere il cimitero (qualcuno si sarà chiesto: ma perché ci portano al cimitero?) e per farlo decidiamo di salire tutti a bordo del cassone di un pick-up (vogliamo provare ogni tipo di esperienza!): il viaggio non è comodissimo, ma quante sane risate! Arriviamo al cimitero e tutti rimangono sbalorditi nel vedere un cimitero colorato: qua le tombe sono di color bianco, giallo, verde, rosso, celeste ed ogni colore ha un proprio significato. Per noi suona un po’ strano vedere questo gioco di colori perché ci sembra quasi in contrasto con l’oscurità della morte e il dolore della perdita, mentre per la cultura maya questo aiuta chi rimane sulla terra ad accettare la morte. Proprio in occasione di questa visita, possiamo fare l’esperienza di un rito maya insieme ad una sacerdotessa.

È giunta l’ora del pranzo e anche questa sarà un’esperienza autentica: oggi siamo ospiti di una famiglia di Chichicastenango che ci accoglie nel suo giardino per servirci e condividere con noi il pranzo: ci sentiamo a casa… ma in Guatemala! Siamo curiosi nel provare questi piatti tipici che ci propongono, assaggiamo tutto ciò che ci viene proposto: pollo in brodo e guacamole, riso all’interno di foglie di banano, pane di mais…la nostra attenzione va spesso anche ai bambini che ci guardano incuriositi e allo stesso tempo quasi vergognosi. È un’esperienza che rimarrà impressa nei nostri cuori!

È tempo di ripartire…dobbiamo raggiungere il Lago Atitlan!

Questa mattina, 29 gennaio, ci siamo svegliati in una bellissima posada fronte lago e soprattutto con vista sui vulcani Toliman, Atitlan e San Pedro: una vista mozzafiato! Saliamo a bordo di una lancia perché oggi ci dedicheremo alla visita di quei paesi e villaggi che vivono lungo le sponde del lago. Il colore che ci circonda è il blu… fino al molo del primo pueblo perché qui di nuovo le diverse tonalità di colore saltano di nuovo ai nostri occhi! Non a caso Atitlan in lingua maya significa “posto dove l’arcobaleno prende i colori”.

La prima tappa è a Santiago de Atitlan dove vive il popolo tzutukil e dove caratteristici sono gli abiti portati dai suoi abitanti soprattutto per i disegni ricamati. Mentre attracchiamo al molo, vediamo alcune donne che stanno lavando i panni sulle rocce del lago e questo perché ancora vi è la credenza che sia di buon auspicio lavare i propri abiti sulle pietre del lago Atitlan. Scendiamo e iniziamo a percorrere le stradine del pueblo. Luogo centrale della vita di Santiago è il mercato dove si trovano dalla frutta e verdura fino agli oggetti in pelle, ma soprattutto la nostra attenzione viene catturata dalle donne che trasportano pesanti cesti di verdura sulla testa e perfettamente in equilibrio. È qui che incontriamo inoltre un’anziana signora che porta ancora il suo copricapo tradizionale Tocoyal e che non esita a mostrarci come sia abile a indossarlo: un nastro di colore rosso di notevole lunghezza che giro dopo giro compone un elegante turbante concentrico.

Subito dopo proseguiamo verso il Parque de la Paz ed è qui che la nostra guida si commuove e decide di raccontarsi e di raccontare ciò che ha conosciuto da vicino: la guerra civile dal 1960 al 1996. Questo luogo ricorda la morte di 13 martiri del pueblo di Santiago de Atitlan che furono uccisi in mezzo alla folla nella notte del 2 dicembre del 1990 quando il popolo decise di scendere in piazza per cercare di aprire un dialogo con i militari in merito al sequestro di alcuni uomini considerati ribelli. Ogni famiglia in Guatemala è stata in qualche modo coinvolta personalmente in questa guerra civile e ognuno ha una storia triste da raccontare.

Continuiamo la nostra visita, dobbiamo raggiungere colui che qui viene chiamato affettuosamente “Nonno”: Maximon (diventato San Simon con l’arrivo del cattolicesimo), lo spirito guida che invocano i locali e a cui rendono omaggio. È una statua in legno dell’albero del fuoco vestita con cravatta, giacca, due cappelli in testa ed un sigaro in bocca e fu fatta scolpire proprio da Ry Laj Man (nome maya di San Simon) agli sciamani per proteggere il villaggio. Ogni anno la statua viene presa in custodia da una confraternita del villaggio e viene dedicata un’apposita stanza dove i locali possono recarsi in pellegrinaggio e portare in dono cibo, sigari e liquore.

È giunto il momento del pranzo, così risaliamo a bordo della nostra lancia e ci trasferiamo su un altro villaggio lungo le sponde del Lago Atitland: ci aspetta il pueblo di San Juan La Laguna. Appena scendiamo ci attendono i capofamiglia che ci ospiteranno per il pranzo. Oggi infatti faremo una bella esperienza autentica: divisi in gruppi da 3/4 persone faremo il pranzo nelle case delle nostre famiglie tzutujil ospitanti e impareremo a cucinare il famoso pepian dove ogni ragazzina già da piccola impara a preparare la ricetta dalla sua mamma. Il pranzo in famiglia non è soltanto un’occasione per gustare cibo tipico locale, ma rappresenta proprio una condivisione di momenti di vita quotidiana, di scambi culturali e di tradizioni e di racconti. Io sono ospite di una famiglia padre, madre e due bambini dolcissimi che vive in una casa modesta dove c’è un’unica stanza con la cucina ed il tavolo, due camere da letto ed un bagno e davanti si trova l’orto di casa dove scorrazzano liberi galli e galline. I due bambini sono dolcissimi e un poco timidi, ma si sciolgono subito quando inizio a fare loro qualche domanda: lui sogna di diventare pompiere, mentre lei vorrebbe diventare un’insegnante. Sono molto bravi a scuola e li esorto a continuare a studiare per esaudire i loro sogni. È una famiglia molto ospitale e ci tengo particolarmente a fare una foto con loro! Il tempo di gustarmi il caffè guatemalteco preparatomi dalla signora di casa nella moca e raggiungo il resto del gruppo per ascoltare i loro racconti e le loro esperienze vissute durante questo pranzo con le famiglie: tutti sono un fiume di parole, ognuno vuole raccontarmi chi sono i componenti della famiglia, che cosa fanno e quali sono le loro passioni. Sono tutti molto entusiasti di questa esperienza e mi dicono che non potranno mai dimenticarla!

Scendiamo lungo una strada che ci conduce alla Cooperativa delle Donne tessitrici che lavorano per sostenere economicamente le loro famiglie. Ci attendono queste donne nei loro abiti così colorati e dai ricami che attirano i nostri occhi. Ci mostrano come lavorano il cotone e come lo tingono con colori naturali ottenuti da piante e spezie che si trovano in natura: il giallo dallo zafferano o dalla curcuma, il verde dalle foglie di eucalipto, il rosso dalla barbabietola rossa, il blu dal succo di mirtillo… e questi sono soltanto degli esempi. Ci lasciano provare anche a filare il cotone…ma è davvero difficile, mentre loro sono davvero abili! Su un telo vediamo ricamato il Quetzal e la nostra guida coglie subito l’occasione per parlarci di questo uccello e del suo significato per il Guatemala ed i guatemaltechi: questo uccello è diventato il simbolo di libertà per il Paese ed è riportato anche sulla bandiera e sulla moneta nazionale. Secondo una leggenda popolare il Quetzal si lascerebbe morire di fame pur di non vivere in prigionia.

Dopo le tessitrici, visitiamo un’altra cooperativa: quella delle erbe medicinali. Ci viene spiegata l’importanza di ogni erba che vediamo piantata nel loro orto, anche se quelle che vengono utilizzate dalle comadronas (le donne ostetriche) e dalle curanderas sono in un campo più grande. Vogliono mostrarci come la combinazione fra loro di alcune piante possono allievare o risolvere alcune patologie più o meno gravi e quindi come queste donne si mettono a servizio di chi ha bisogno. Ci beviamo un bel infuso rilassante.

L’ultima tappa di questa giornata sul Lago Atitlan è alla Casa del Cacao: un edificio caratteristico così come quelli che lo circondano, con graffiti e murales colorati che rappresentano scene di vita quotidiana. È qui che ci viene mostrato come vengono lavorati i semi di cacao all’interno del frutto. Secondo una leggenda azteca-maya, l’albero del cacao fu un dono che il dio Quetzalcoatl fece agli uomini e insegnò loro a coltivare questa pianta, a raccoglierne i frutti e a macinare i semi per ottenerne una bevanda da insaporire con erbe e spezie. Sotto consiglio del dio Quetzalcoatl, anche le divinità della pioggia e della fertilità aiutarono gli uomini a beneficiare dei frutti della pianta del cacao. Assaggiamo del cacao appena macinato e non resistiamo dall’acquistare alcune barrette!

Siamo al termine di questa giornata intensa, si sta alzando il vento e dobbiamo rientrare a Panajachel a bordo della nostra lancia. Rientriamo nella nostra posada e dalle verande delle nostre camere, assistiamo seduti al tramonto del sole sugli imponenti vulcani che si mostrano davanti a noi.

È il giorno 30 gennaio e oggi lasceremo il Lago Atitlan in direzione di Antigua lungo una suggestiva e panoramica strada di montagna. Anche questa giornata sarà un tuffo nella cultura locale guatemalteca. La nostra prima tappa è ad una piantagione del caffè guatemalteco: il centro cultural Azotea. Per la prima volta vedo la pianta del caffè con le sue bacche rosse. Questi chicchi vengono raccolti e stesi a terra per lasciarli essiccare al sole ed ogni tanto vengono smossi dai lavoratori affinché tutti i chicchi possano essiccarsi in modo uguale…anche perché come dice il proverbio guatemalteco “un buon caffè deve essere nero come il diavolo, caldo come l’inferno, puro come un angelo e dolce come l’amore”. Facciamo una passeggiata nella coltivazione, è l’occasione per conoscere anche altre piante che ci sono in questo giardino. Lasciamo la coltivazione e ci dirigiamo verso la Finca Macadamia per scoprire le fantastiche proprietà di questa noce oltre al processo di lavorazione e alla sua storia. Qualcuna non ha resistito a provare un rilassantissimo massaggio!

Risaliamo a bordo del nostro pullman perché dobbiamo raggiungere Antigua, la città Patrimonio Unesco e tipica città in stile coloniale. Dopo circa un paio d’ore arriviamo e ci sistemiamo nella nostra posada che si trova proprio nel centro città.

È il 31 gennaio e questa giornata la dedicheremo interamente alla città di Antigua: questa capitale fu fondata nel 1524 con il nome di Santiago de los Caballeros ed era il centro della vita politica, culturale, economica e religiosa, ma è sempre stata anche una città che ha subito le alluvioni, le catastrofi naturali e soprattutto le eruzioni vulcaniche e continui terremoti. Quello più disastroso fu il Terremoto di Santa Marta che distrusse quasi completamente la città. Per questo motivo la capitale fu trasferita a Guatemala City e questa città fu nominata “Antigua”. Nonostante gli eventi, Antigua rimane una città ricca di patrimonio storico e culturale grazie ai suoi edifici in stile barocco e rinascimentale, alle sue piazze, alle sue chiese e monasteri che si ergono su lunghe e strette vie di ciottoli.

Visitiamo la Chiesa di San Francesco, la prima chiesa di Antigua e dedicata al missionario Santo Hermano Pedro de San Josè de Betancourt che girava la città suonando una campanella e dicendo “acordaos hermanos que un alma tenemos y si la perdemos no la recobramos”. All’interno è custodita la sua tomba dove i fedeli usano lasciare delle candele di colore diverso in funzione della propria preghiera: il giallo per la protezione, il blu per il successo nel lavoro, l’azzurro per lo studio, il bianco per la protezione dei bambini, il nero contro i nemici e l’invidia, il rosso per l’amore in famiglia. Inoltre nella chiesa vi è anche una parte dove si trovano stampelle, foto antiche ed oggetti personali lasciati dai fedeli in preghiera e in devozione in questo luogo per chiedere un miracolo.

Una breve sosta la dedichiamo anche alle rovine della Cattedrale di San Giuseppe, oggi un edificio a cielo aperto. Raggiungiamo il punto centrale della città di Antigua, il Parque Central con al centro la fontana con le sirene e ai lati gli edifici più importanti della città in stile coloniale. È su questa piazza che si trovano il palazzo del municipio e la Cattedrale di San Josè. Ho trovato interessante anche la Chiesa di Jesus de la Merced con la sua facciata di colore giallo e la sua fontana che è la più grande di Antigua e di tutto il Centro America. Piccola curiosità: una particolarità di questa chiesa è anche il grappolo di cacao che è rappresentato nella facciata e che in molti scambiano per grappolo di uva (ma non è possibile che sia uva perché in Guatemala non si conosceva).

Oggi faremo di nuovo un pranzo in famiglia in città: una volta aperto il portone, ci ritroviamo di fronte un bellissimo giardino curato con tanti fiori colorati e un gazebo allestito per noi e dove ci verrà servito il pranzo. È molto suggestivo pranzare all’aria aperta! Ci siamo sentiti un po’ a casa… soprattutto quando il proprietario di casa ci offre un bicchierino di buon Zacapa!

L’ultima tappa di questa giornata non poteva che essere al simbolo della città: l’Arco di Santa Catalina. Qualsiasi persona che visita Antigua, non la lascia senza aver scattato una fotografia davanti a questo arco… anche perché alle sue spalle si vede il vulcano Agua! Questo arco fu costruito per consentire alle suore del convento di attraversare la strada senza che venissero viste.

È tempo di andare a cena, ci facciamo una bella passeggiata in città e poi tutti a dormire perché domani ci attende una bella passeggiata per salire il Vulcano!

Purtroppo il nostro viaggio in Guatemala sta giungendo al termine e oggi, 1 febbraio, sarà l’ultimo giorno di visite per noi in questo meraviglioso Paese tutto da scoprire.

Oggi avremo un’avventura a stretto contatto con la natura: saliremo sul Vulcano Pacaya! Da ieri sera c’è il Vulcano del Fuego che ha iniziato a eruttare donandoci uno spettacolo scenografico che ne faceva da padrone nel buio della notte mentre lo osservavamo da in cima la terrazza della nostra posada, ma allo stesso tempo la preoccupazione cresce per le persone che vivono lungo le pendici del vulcano. Lungo la strada in direzione del Vulcano Pacaya incontriamo infatti degli esperti che stanno controllando e valutando la situazione.

Arriviamo al nostro vulcano Pacaya e giusto di fronte vediamo il vulcano del fuoco. Iniziamo la nostra passeggiata in salita, qualcuno preferisce provare l’esperienza a cavallo. Sono quasi 2 ore di camminata in salita, ma il panorama vale davvero la pena! Raggiungiamo l’ingresso del parco circondato da alberi verdi e iniziamo a salire lungo un sentiero di terra e sassi che dopo poco ci fa tuffare all’interno della foresta. Continuiamo a salire, non è un’escursione particolarmente faticosa anche perché ogni tanto ci fermiamo per riposarci all’ombra di qualche albero e abbiamo così l’occasione di conoscere anche la flora locale, ma non vediamo l’ora di vedere cosa ci attende. È così che iniziamo all’improvviso a percorrere un terreno brullo fino ad aprirsi di fronte a noi un paesaggio lunare con suolo di lava e di fronte a noi il vulcano che si erge imponente: che spettacolo della natura! Qualcuno preferisce godersi la vista da quel punto, con altri invece decidiamo di addentrarci ancora un po’ e di provare l’emozione di camminare in mezzo alla lava. Ogni tanto in qua e in là troviamo dei composti di lava che assumono forme diverse: non possiamo rinunciare a lasciare un segno dove siamo arrivati ed è così che con le rocce di lava decidiamo di comporre le lettere per noi così importanti “R” e “V” di alla Ricerca del Viaggio! Prima di riprendere la discesa, ci prendiamo un attimo di silenzio e ci godiamo il panorama! Tutti sono entusiasti di essere arrivati in cima. Non si sente più la stanchezza. La via del ritorno è un fiume di parole e di racconti.

Ora ci meritiamo quindi un po’ di riposo dopo questa bella faticata: tutti in piscina nelle acque termali di Santa Teresita! Ci meritiamo un bel tuffo e un bel bagno visto che i nostri piedi sono neri dalla lava del vulcano!

Purtroppo è giunto il momento di tornare a casa. Torneremo a casa arricchiti da questa nuova esperienza che ha rapito il cuore, gli occhi e lo spirito di ognuno di noi.



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